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Autore: Milla Nafira    21/10/2011    4 recensioni
Silvia, Isabella, Bianca e Cinzia sono quattro diciassettenni milanesi che decidono di andare in vacanza insieme ad Oristano.
Silvia è una ragazza piena di sogni ma fragile e con problemi di anoressia, alla ricerca del suo posto nel mondo. E quell'estate, per caso, conoscerà per la prima volta l'amore, che la salverà dal tunnel dei suoi problemi alimentari, dandole una sicurezza fino ad allora sconosciuta.
L'amore si chiama Riccardo ed è di Firenze ma, una volta tornata a Milano, Silvia scopre che non è il Principe Azzurro che aveva creduto, e passa la più grande sofferenza della sua vita.
Otto anni dopo, i due si incontrano per caso a Milano, dove Riccardo di è trasferito per lavoro. Silvia adesso è una venticinquenne di agiata situazione economica che ha ancora le sue tre migliori amiche, che la stanno aiutando ad organizzare il suo matrimonio. Riccardo tenta di racimolare i soldi per l'affitto ogni mese, e a Milano non conosce nessuno.
Non avrebbero alcun motivo per vedersi ma, si sa, il primo amore non si scorda mai.
Le amiche di Silvia odiano Riccardo, lui l'ha ferita. Ma loro non sanno tutta la verità. Non sanno cos'è successo quella notte sulla spiaggia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNO

Silvia uscì dal negozio in via della Spiga e salutò Bianca con un abbraccio, prima di iniziare a camminare verso piazza Duomo. Il passo sicuro sulle espadrillas dalle zeppe alte faceva ondeggiare i suoi lunghi capelli scuri nel vento inesistente e il vestito estivo blu valorizzava la bellezza dei suoi venticinque anni. Aprì la borsa per cercare il cellulare mentre svoltava l’angolo, e urtò qualcuno.

-Stia più attenta-.

Silvia alzò lo sguardo adirato verso l’autore di quella lamentela: era stata colpa sua, ma era abituata che le persone le chiedessero scusa a prescindere e quel tono che, nella distrazione, non aveva riconosciuto, l’aveva indisposta. Non appena vide in faccia l’uomo che aveva parlato l’irritazione dipinta sul suo viso si trasformò in stupore. -Tu? Qui?-.

Lui arretrò di un passo per guardarla meglio e, dopo qualche secondo, assunse la stessa espressione di lei. -Silvia?-.

-Riccardo-. Mormorò lei come in trance. -Cosa ci fai a Milano?-.

-Mi hanno trasferito qui per lavoro-.

-Ah. E che lavoro fai?-.

-Davvero dopo tutti questi anni è questa l’unica domanda che vuoi farmi?-. Riccardo inclinò un sopracciglio. Silvia non rispose. -Sono impiegato in una ditta e mi hanno trasferito. Tu invece cosa ci fai qui?-.

-Ci abito-.

-Giusto-.

-Io devo andare-. Disse Silvia imbarazzata.

-Ehi, aspetta-. Riccardo le posò una mano sul braccio per bloccarla, e lei ritrasse in fretta il braccio. -Davvero non hai voglia di parlare dopo…-. Ci pensò su un secondo. -Cinque anni?-.

-Otto-. Corresse Silvia con un sorriso a metà tra il saccente e lo scocciato. -E ho molto da fare, scusa-.

-Scommetto che hai tempo per un caffè -. Replicò Riccardo con un sorriso.

Silvia diede una rapida occhiata al suo orologio da polso. -Solo dieci minuti-. Acconsentì. -E solo se me lo offri tu-.

-Andata-. Rispose Riccardo.

Silvia dovette fare strada fino al bar più vicino e i due si sedettero al tavolo, guardandosi imbarazzati, in silenzio. Il cameriere si avvicinò al loro tavolo dopo qualche secondo e Riccardo prese la parola. -Un caffè per me, e per la signora…-. Si fermò a guardò Silvia. -Tu lo prendi ancora macchiato, vero?-.

Silvia annuì con un gesto del capo, e le sue gote si tinsero di un lieve rossore, mentre il cameriere prendeva nota e si dileguava. -Sei di tante parole-. Commentò Riccardo dopo qualche istante.

-E’ che non so cosa dire-. Replicò Silvia con un’alzata di spalle.

-Non hai nulla da raccontarmi?-. Chiese Riccardo. -Dopo otto anni?-.

-Appunto, otto anni sono troppi-. Mormorò Silvia. -E’ passato così tanto tempo che non abbiamo più niente da dirci. Praticamente siamo due estranei-.

-Estranei?-. Riccardo aggrottò la fronte.

-Già-. Silvia sospirò e poi scosse la testa. -Da quanto tempo sei a Milano?-. Domandò, decisa ad intavolare una conversazione per non rendere la situazione ancora più imbarazzante.

-Due settimane-. Rispose Riccardo.

-Non ti manca Firenze?-.

-Un po’-.

Ci fu una lunga pausa interrotta dall’arrivo dei due caffè e dalla suoneria del cellulare di Silvia. -Pronto?-.

Riccardo smise di sorseggiare il suo caffè e prese a fissare intensamente Silvia. -Sì, va bene-.

Il suo sguardo si soffermò un attimo sulle labbra rosee e sui capelli scuri e lunghi, prima di spostarsi sul seno, che non ricordava così abbondante. -Okay, passo io da te. Ciao Isa, un bacione-.

Non appena Silvia riattaccò, Riccardo distolse lo sguardo e, se lei si era accorta di dove erano stati incollati gli occhi di lui per tutta la durata della conversazione telefonica, fece finta di nulla. -Isa?-. Chiese Riccardo. -Era quella Isa?-.

-Era la mia amica Isabella, perché?-. Fece Silvia, iniziando a bere il suo caffè macchiato.

-Era sua la casa, no?-. Continuò Riccardo. -La casa ad Oristano-.

-Oh, giusto, l’hai conosciuta-. Rispose Silvia con aria assorta. -Sì, comunque è proprio quella Isabella-.

-E’ passato un sacco di tempo, ma siete ancora amiche-. Osservò Riccardo.

-Sì, in questi otto anni abbiamo continuato a vederci e sentirci-. Replicò acida Silvia, rendendosi conto con una frazione di secondo di ritardo che quello di Riccardo era solo un semplice commento.

-Vedi ancora anche Cinzia?-. Domandò Riccardo, che non parve accorgersi dell’allusione della ragazza.

-Sì-. Rispose Silvia con voce piatta. -E anche Bianca. Sono le mie migliori amiche-.

-Dopo tutto questo tempo-. Commentò lui. -Si vede che ami l’idea delle relazioni eterne-.

-Che cosa ne sai di quello che amo io?-. Ribatté Silvia stizzita.

-Scusami-. Disse Riccardo, spaventato della sua reazione. -Era tanto per dire. Tanti anni fa, dicevi che l’amicizia non finisce mai e, anche se non l’avresti mai ammesso, credevi nel Principe Azzurro-.

-Già, era così-. Replicò Silvia, adirata. -Ma poi fortunatamente ho incontrato uno stronzo che mi ha aperto gli occhi-.

Riccardo tacque. Non ne aveva la certezza assoluta, ma non doveva fare grandi sforzi di immaginazione per capire chi fosse lo stronzo a cui si riferiva. Entrambi fecero silenzio, e lui prese a fissarla cercando, contro ogni istinto, di non fissarle le tette. Se le ricordava molto più piccole, come lei era più magra un tempo: adesso aveva più forme femminili, più curve, e quel vestitino le cui scollatura lasciava appena intravedere la riga del seno, lasciava immaginare tutto il resto.

-La smetti?-. Esclamò Silvia dopo un paio di minuti, sbattendo una mano sul tavolo.

Riccardo scosse la testa e si riprese, tornando a guardarla negli occhi. -Di fare cosa?-. Era sicuro di avere mosso lo sguardo abbastanza da non farle intuire i suoi pensieri riguardo le sue nuove forme.

-Di guardarmi così-. Rispose Silvia.

-Così come?-.

-Come se mi avessi vista nuda-. La ragazza si protese verso di lui, parlando sottovoce, come per paura che qualcuno potesse sentirla.

Riccardo sogghignò, e a Silvia sembrò di avere un déjà vu, cosa che le mise in subbuglio lo stomaco. -Come se?-.

-Smettila-.

-Non dirmi che ti vergogni, adesso?-. Riccardo ridacchiò sotto i baffi.

-Non mi vergogno affatto-. Protestò Silvia. -Ma mi infastidisce che mi guardi così-.

-Otto anni fa la cosa ti avrebbe lusingata-.

-Okay-. Silvia prese un respiro profondo per controllarsi. -Primo, ero giovane, non completamente stupida. Magari la cosa non mi avrebbe dato fastidio, ma mi avrebbe comunque imbarazzato. E secondo-. Fece una pausa. -Smettila di ripetere ‘otto anni’ in ogni frase che dici solo perché io ti ho ricordato quanti sono-.

-Mi ricordavo benissimo-.

-Ah, sì?-.

-Certo. È stata l’estate in cui sono diventato maggiorenne-.

-Ah, certo-. Commentò Silvia, stizzita. -Per quello ti ricordi-.

-Non solo-. Replicò Riccardo, a bassa voce, quasi avesse paura di farsi sentire.

Nuovamente calò il silenzio. Silvia iniziò a fissare con particolare interesse il motivo del ricamo della tovaglia, mentre Riccardo cominciò a fissare con particolare interesse lei. -Perché non mi hai più chiamata?-.

-Cosa?-. La domanda colse Riccardo di sorpresa.

Silvia sollevò lo sguardo. -Dopo che me ne sono andata, perché non ti sei più fatto sentire?-. Riccardo sospirò e si grattò la nuca, come in cerca delle parole giuste. -Non sei costretto a rispondere, se non vuoi-. Aggiunse Silvia

-So quello che pensi, ma io non volevo sparire-.

-Ma l’hai fatto-.

-Avevo diciotto anni, Silvia-. Lei sentì i battiti del cuore accelerare sentendolo pronunciare il suo nome. -Non volevo una relazione a distanza, o forse non ero pronto per una relazione in generale-.

-E chiamarmi per dirlo sarebbe stato tanto difficile?-. Domandò Silvia a bassa voce. -C’era bisogno che sparissi completamente? Che non rispondessi ai miei messaggi e alla mie chiamate?-.

-Te l’ho detto, avevo diciott’anni, ero un ragazzino-. Si giustificò Riccardo. -E in quel momento mi sembrava la cosa più giusta da fare-.

-La più giusta o la più facile?-.

-Davvero, dopo tutto questo tempo che non ci vediamo, vuoi litigare per una cosa successa otto anni fa?-. Svicolò Riccardo.

-No, avevo solo la curiosità di saperlo-. Rispose Silvia. -Dopotutto, me lo sono chiesta per tanto tempo senza riuscire a darmi una risposta-.

Di nuovo entrambi tacquero, fino a quando un suono annunciò l’arrivo di un messaggio sul telefonino di Silvia. -Devo scappare, Riccardo, ma è stato un piacere rivederti-. Constatò che le faceva uno strano effetto pronunciare il suo nome.

-Dove scappi?-.

-Devo vedere il mio fidanzato-. Rispose Silvia con un sorriso, alzandosi.

-Aspetta-. Le disse Riccardo. -Dammi almeno il tuo numero-.

-Non credo che sia una buona idea vederci ancora-.

-Perché?-.

-Perché sarebbe imbarazzante, come lo è stato adesso, e perché non abbiamo niente da dirci. E poi, io non ho molto tempo-. Rispose Silvia, con un gesto di scuse della mano.

-Il tuo fisico-. Trovò il coraggio di dirle Riccardo prima che lei se ne andasse. -Il tuo fisico è cambiato dall’ultima volta che ti ho vista-.

Silvia si fermò, fece un passo per avvicinarsi ulteriormente al tavolo e sfoderò un sorriso ironico. -L’ultima volta che mi hai vista avevo diciassette anni, Riccardo-. Commentò lentamente, scandendo ogni parola per mantenere la calma e parlando a voce bassa. -Sono cambiate un sacco di cose-. Mosse qualche passo, poi si fermò e si voltò verso Riccardo che, ancora seduto al tavolino, la fissava con aria stralunata. -Ma non il mio numero di telefono. Quello è rimasto lo stesso-.

ANGOLO AUTRICE

Eccomi, con la mia nuova storia. So che questo capitolo è corto, ma è per sempre un primo capitolo, dovevo buttar giù un’un introduzione alla storia che non fosse un mattone e ho pensato di scriver un primo capitolo corto, al contrario degli altri che prevedo più lunghi.

Mediamente, la storia sarà strutturata in modo che da un capitolo all’altro cambi il periodo, ovvero: il prossimo capitolo sarà ambientato nell’estate di otto anni prima, il terzo ancora a Milano otto anni dopo, il quarto otto anni e prima e così via… in modo da sviluppare le due storie parallelamente.

Non ho mai provato questo tipo di scrittura, quindi è un esperimento.

Vi prego, se passate dalla mia storia, di lasciare un commento, sia positivo o negativo, per farmi sapere cosa ne pensate della storia, del modo in cui scrivo, dell’idea, e o per darmi qualche consiglio (anche le critiche costruttive sono bene accette).

Grazie,

Milla Nafira J

   
 
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