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Autore: Joey Potter    22/10/2011    5 recensioni
"Si strofinò gli occhi con i pugni, soffocando uno sbadiglio sul cuscino.
Odiava quello strano processo di osmosi che lo rendeva, giorno dopo giorno, sempre più simile alla persona con la quale condivideva il letto. E la stanza. E l’appartamento. E -ah, giusto- la vita."

Le parole :"Future!Furt" vi bastano?
E se ci aggiungo anche "delirio e prova di qualcosa di vagamente lime e allo stesso tempo serio" ?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Finn Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Finn/Kurt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Solli.
Che per prima me li ha fatti amare.

 
 
 
Capitolo 6- Mostrare
 

“Oh… why do you look so sad ?
Tears are in your eyes…
Come on and come to me now;
don't be ashamed to cry ,
let me see you through
'cause I've seen the dark side too
when the night falls on you
you don't know what to do.
Nothing you confess
could make me love you less.”

(“I'll stand by you”, The pretenders)

 
 
 
Il resto della giornata si mostrò fiacco e silenzioso; Carole aveva insistito con genuina allegria per andare a passeggiare al Central Park e, dopo numerose ore passate a convincerlo, persino Finn – raccolte le proprie lacrime e il proprio orgoglio – si era unito al gruppo.
 
Così Kurt si ritrovò incastrato tra il laghetto delle paperelle e un suo padre dal volto particolarmente imbarazzato e preoccupato, mentre Carole trascinava il figlio ad applaudire una band di musicisti improvvisati – nettamente inferiori al glorioso Glee Club delle New Directions –, e non poté non affrontarlo.
 
“Domani giocano gli Indians” esordì Burt con una voce traballante.
“Oh, già.” Replicò il Kurt, che in realtà non aveva nemmeno idea dello sport del quale stessero parlando.
“Credi che Finn… pensi che gli andrebbe di guardare la partita con me? Tu sei sempre stato una pessima compagnia, in questo.”
Il ragazzo annuì distrattamente e pregò che arrivasse velocemente al punto, senza girarci intorno con quell’aria impacciata.
 
“Quindi… lo ami ancòra”
Kurt non era sicuro che fosse proprio una domanda: suo padre lo guardava senza tradire una particolare emozione o chiedere una risposta.
“Credi che sia possibile… sì, insomma, continuare ad amare qualcuno e allo stesso tempo amare un’altra persona?” domandò di rimando, chinandosi per dare da mangiare alla papera Sally. “Perché io… non rinnego niente di quello che ho provato con Blaine. Ho amato così tanto Blaine, e così intensamente. Ma Finn… io non ho mai smesso d’amarlo.”
Burt annuì severamente, come a ribadire un concetto particolarmente difficile e allo stesso tempo così semplice e allungò una mano verso il mangime che Kurt aveva tra le mani.
“Se è quello che dici di sentire allora… beh, sì, è possibile.” Affermò mentre il papero Fritz gli beccava le mani.
Kurt lo guardò con aria riconoscente perché Burt era davvero il miglior padre che potesse mai capitargli: provava a capire suo figlio; e quando non ci riusciva finiva col dargli fiducia che un giorno Kurt sarebbe riuscito a spiegarsi meglio.
 
“E a te va ben… insomma, ti sta bene?” sussurrò.
“Ho parlato con Finn, ieri. E… quel ragazzo ha così tanta paura, Kurtie.”
Kurt sentì un forte senso di colpa pesargli nel petto: pensò che avrebbe dovuto aiutarlo, invece di comportarsi egoisticamente ed evitare di affrontare l’argomento per paura che scappasse via da lui; in fondo c’era già passato e sapeva quanto fosse difficile fare i conti con se stessi e i propri sentimenti.
“Non vorrei che… che ti ferisse.” Continuò Burt prendendo altro mangime e rivolgendo la sua attenzione agli animali. “So che è un brav’uomo, lo so, e gli voglio bene come a un figlio ma… le persone fanno cose… sai, quando hanno paura finisco col ferire gli altri.”
“Finn non mi farebbe mai del male, papà.”
“Non intenzionalmente, magari. Però… se tu decidi di… io sono pronto a dargli una possibilità.”
 
“Papà…”
“Lui ti rende felice, Kurt?”
Il ragazzo si voltò verso il gruppo di musicisti – dal quale proveniva adesso una musica decisamente migliore – e le papere ne approfittarono per rubagli l’intera busta di mangime; fissò Finn che con un sorriso stanco si era unito a quegli sconosciuti e che batteva dei rametti su quelle che sembravano delle percussioni di fortuna.
Il cuore gli batté più forte, nel vederlo più sereno, e rispose sicuro alla domanda del padre: “Sì.”
E Burt alzò le spalle, come a dire ‘ allora è okay’.
 
 
 
 

*  *  *

 
 
 
Rientrati a casa, Finn si era volatilizzato dai loro occhi; era riapparso solo per la cena, durante la quale Carole si era promulgata in una valanga di chiacchiere inutili ma – soprattutto in quel momento – essenziali, e poi era nuovamente sparito sulla terrazza dell’appartamento.
Inizialmente Kurt aveva cercato di seguirlo, ma suo padre si aveva bofonchiato un “dagli tempo” alquanto saggio, e il ragazzo si era rassegnato a seguire gli altri due in salotto e a sorbirsi uno noioso film comico.
“Vedrai che andrà tutto bene.” Gli aveva detto Carole, con uno sguardo che obbligava a credere alle sue parole.
 
Poi, quando tutti dormivano già da ore, Finn si infilò nel loro letto e lo strinse così forte che l’altro si svegliò per asciugare le sue lacrime, mentre le gambe gli tremavano di dolore.
“Mi dispiace.” Disse Finn, la voce impastata di panico.
“Di cosa?”
“Di non essere coraggioso quanto te. Io… mi vergognerei di avere un ragazzo come me.”
“Finn. Non-dire-stronzate.” Sillabò Kurt, all’improvviso arrabbiato. “Non c’è niente che… anche tu a me vai… io ti amo così come sei.” Il suo tono si addolcì, e prese a baciare le guance del ragazzo. “E niente che potresti dire o fare potrebbe far sì che io ti ami di meno. A parte ostinarti a indossare ancòra quelle polo orribili e fuori moda.”

Finn sorrise contro il suo orecchio.
“Ognuno ha… ha i suoi tempi.” Riprese Kurt ricambiando la sua stretta. “Ho sbagliato a non capirti. E a non aiutarti. Avrei dovuto… starti vicino e affrontare la questione.”
“Non è colpa tua. Io non volevo parlarne.” Si affrettò a sottolineare Finn.
“Lo so ma… ho aiutato persino David. E non sono riuscito a farlo con te e sai… ”
Finn lo zittì con un bacio, e solo allora Kurt si accorse di quanto gli fossero mancate quelle labbra goffe ed eccitanti.
“Va tutto bene, Kurtie.”
 
 

*  *  *

 
 
 
La domenica mattina si affacciò pigra su New York.
Finn si svegliò qualche minuto prima di mezzogiorno in un letto freddo e vuoto, sentendosi estremamente solo; cercò qualche pezzo di stoffa che fosse ancòra vagamente indossabile e ciabattò fino alla sala da pranzo, dove trovò Kurt immerso tra tempere e giornali.
“Cos- aww- cosa stai facendo, Ku- aww- Kurt?” chiese sbadigliando a bocca aperta.

Il ragazzo sollevò lo sguardo dalla propria creazione e lo puntò entusiasta negli occhi assonnati di Finn, il quale si guardò intorno e riconobbe una casetta di legno a misura d’uccellino.
“Stai… hai…” balbettò felice.
Allungò la mano verso la targhetta che Kurt stava terminando di dipingere e lesse ad alta voce: “Arthur ed Eames”.
Kurt annuì scostandogli la mano e andando a passare il pennello sul tratto di colore sbavato dalle dita di Finn.
“Credevo si chiamassero Boq e Fiyero”. Disse Finn.
“Sono pronto a negoziare.”

Quella frase lo colpì con tutto ciò che conteneva: Kurt si stava impegnando, impegnando sul serio, per far funzionare quella loro strana relazione e Finn sentì di dover ricambiare la fiducia del compagno.
“Ho fatto una promessa, una volta. So che è stato tanto tempo fa e che a volte non sono riuscito a tenerle fede ma… ho giurato che non avrei mai lasciato che qualcuno ti facesse del male. E te lo prometto ancòra, Kurt: non lascerò che qualcuno ti ferisca e… e soprattutto non sarò mai più io, a ferirti.”

Kurt alzò nuovamente lo sguardo dalla propria creazione, asciugandosi le lacrime con le dita sporche di tempera fresca.
“Perché io ti amo così come sei. Anche se hai tempi diversi dai miei. E lo mostrerò. Lo prometto: mi mostrerò.”
In quel momento accaddero sei diverse cose:

Burt mugugnò nel sonno, ignorando che gli Indians stessero battendo un out quaranta secondi prima della fine del nono inning, vincendo sui ben più quotati Yankees come nel più hollywoodiano dei film. La folla esultò felice, e lui si rigirò in una posizione più comoda, su quel fantastico divano giallo cenere.

Boq e Fiyero contemplarono fieri la loro nuova casetta rosa fresia e blu oceano, sulla quale spiccava una targhetta dorata che riportava con elegante grafia i nomi ‘Arthur ed Eames’, circondati di stelline di Rachel Berryiana memoria. Pensarono che quella casetta dall’aria accogliente e dai colori improbabili valesse la dieta a cui sarebbero stati costretti se avessero accettato di viverci.

Finn scivolò alle spalle di Kurt, urtando qualsiasi oggetto trovasse a sbarrargli il cammino, e lo abbracciò con forza, curvandosi a seppellire il naso nei capelli ordinati del ragazzo.
Sussurrò al suo orecchio una serie infinita di “Ti amo, ti amo, ti amo” e si sentì un’idiota romantico e zuccheroso, ma non gli importò nemmeno per un istante.

Kurt vide un barlume di serenità inondargli il voltò, e tornò a respirare e a baciarlo con foga, perché si fidava delle sue parole e sapeva che le cose sarebbero migliorate, perché in fondo – dopo tutto quel tempo – loro erano ancòra là, insieme, stretti in un abbraccio.

Carole osservò i suoi ragazzi stritolarsi con affetto, e fu sul punto di piangere di gioia nel vedere i suo figlio finalmente coraggioso e pronto ad accettare se stesso.
Intercettò lo sguardo di Kurt – che cercava di liberare il proprio naso dal petto soffocante di Finn – e cercò di trasmettergli tutta la propria felicità.

E i due compagni le mostrarono i loro sorrisi più sinceri, mentre si figuravano l’agognato momento in cui – finalmente – i loro adorabili genitori si sarebbero tolti di torno e gli avrebbero permesso di tornare a fare l’amore in ogni stanza della casa a qualsiasi ora del giorno.
 
 
 
 

 
 
L'angolino dell'autrice

Ancòra non ci credo, ma siamo arrivati al capitolo finale *-*
Non posso che ringraziare tutti voi lettori, per la pazienza e l'entusiasmo dimostrati; sono schifosamente indietro con le risposte alle vostre meravigliose recensioni ma davvero, non so come ringraziarvi per le vostre parole.
Il Furt è il pairing più sfigatello del fandom italiano: vagamente canon (almeno one-sided per la prima stagione), letto e apprezzato lentamente, è spesso solo e abbandonato. Io gli voglio un gran bene, e ogni tanto ci provo a popolarlo ma ecco, sì, non sarebbe male leggere qualcosa di Furt che non sia mio, almeno una volta ogni cinque mesi.

Passando a cose più serie: negli ultimi due giorni ho modificato alcuni tratti dei capitoli precedenti (soprattutto del terzo) e chi di voi li rileggerà potrà trovarli leggermente diversi. Sostanzialmente non ci sono grandi cambiamenti ma ho cercato di renderli più leggibili e sensati, perché molti dettagli erano rimasti nella mia testolina ed erano invece fondamentali per comprendere questi miei !futureKurt e !futureFinn.

Ringrazio in modo particolare tutti i lettori non Furtiani (uhm sì, Agnese sto parlando con te) che hanno dimostrato di apprezzare questa mia creatura: per me è un traguardo meraviglioso, e spero di essere riuscita a convertirvi almeno un po'.
E abbraccio forte le mie piccole Furtiane DOC: Flan, Sara, Elisa, wren ed elysenda. Senza il vostro sostegno e Furt-entusiasmo probabilmente mi sarei arresa.

Piccolo piesse: qua c'è questa cosetta, una community italiana Furtiana in crescita. Ha bisogno di voi, tanto bisogno di voi! Wacthatela, Joinatela, insomma fate voi. Aspettiamo tante piccole cosette Furt.
 
 
Tante piccole note sparse:
- Le paperelle sono quelle del secondo capitolo
- Uhm sì, lo so che le partite solitamente non si giocano alle dieci del mattino, ma tanto è abbastanza improbabile pure che gli Indians riescano a battere gli Yankee, quindi consideriamola una bella e grossa licenza poetica, bien?
- Qualcuno mi ha fatto notare che nella realtà la casetta per gli uccellini non andrebbe costruita con tempere e colori, ma noi ce ne freghiamo altamente perché tanto Boq-Arthur e Fiyero-Eames sono passerotti obesi e speciali e a loro non importa ù.ù
   
 
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