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Autore: TittaH    22/10/2011    1 recensioni
-Cambiare vita è sempre stato il mio sogno, sin da bambina; sognavo l’America, volevo andare a New York ed esaudire i miei desideri che in Italia non avrebbero mai preso forma.-
La storia di una ragazza al confine tra sogno e realtà.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter six





E’ passata una settimana, ma ancora non trovo lavoro.
Stefano si ostina a dire che devo lavorare con lui al caffè, ma non voglio perché sarebbe come ospitarmi a casa sua gratis- come d’altronde sta facendo.
Non ho nemmeno i soldi per comprarmi le sigarette e sono nervosissima; poi non ho potuto vedere i miei amati Mars in concerto sabato, sempre per la stessa questione.
Non ho detto nulla né a Stefano, né agli altri, per non sembrare una morta di fame o una pazza.
E’ una settimana che non faccio altro che svegliarmi, occuparmi dei pasti principali per Stefano, delle cene con gli amici e dei mestieri in casa. Ogni tanto gli do una mano col bar e gli ho pagato tutti i caffellatte arretrati. E’ il mio modo per ringraziarlo e per fargli capire quanto gli sono riconoscente.
Sto spolverando un po’ i mobiletti, perdendomi in foto di grandi città italiane, di bimbi ormai cresciuti e di ricordi mai sbiaditi.
Ne prendo una tra le mani e osservo per bene ogni dettaglio: c’è uno Stefano, che poteva avere diciotto anni e nemmeno, sorridente; ha i capelli un po’ più lunghi, gli occhi stretti in due fessure e i pollici alzati come a voler dire ‘Giorno memorabile!’. Come sfondo riconosco il cielo italiano, limpido e chiaro, con delle spruzzatine qua e là, e il Colosseo.
Roma.
Quanti ricordi porta quella città.
Quanti…
Non faccio in tempo a rimettere la cornice dov’era che sento il cellulare squillare e ‘Night of the Hunter’ si impadronisce della stanza.
Jordan.
“Baby, che succede?”
“Dì pure che sono un genio!”
La sua voce mi arriva forte e chiara all’orecchio e spalanco gli occhi, mettendomi una mano davanti alla bocca.
Non può essere!
“Sul serio, Jordie? Davvero?”
“Cominci domani come aiutante in uno studio fotografico.”
Credo che Jordan ora sia sordo, perché il mio urlo di gioia non sono riuscita a trattenerlo.
Lo sento ridere e comincio a saltare per casa, improvvisando un ballo della vittoria alquanto buffo e imbarazzante.
“Ti adoro, Jordie, tanto! GRAZIE!” gli schiocco un bacio e lo sento ricambiare.
“A stasera, bellezza!”
Attacco la telefonata e mi fermo a pensare.
In sette giorni ho fatto quello che in tanti anni riuscivo solo a sognare; in sette giorni sono stata in grado di abbattere ogni mio limite e essere finalmente me stessa.
Sorrido, rincuorata, e avverto amici e familiari dei miei progressi.
Non chiamo spesso casa, anzi non chiamo spesso, ma mi limito a degli sms perché sentire le loro voci o vederli in webcam mi farebbe star male.
Invio tutto a tutti e prendo la borsa per scappare da Stefano e brindare con un Frappuccino caldo.




“Allora, signorina Anna Fiore, mi parli di lei.” chiede un signore paffuto con dei folti baffi chiari e due occhi simpatici.
E’ leggermente pelato, con i denti un po’ irregolari e un sorriso dolce e paterno.
“Beh, signor Wallas ho quasi ventisei anni, sono italiana, pazza per la musica e per la fotografia, laureata e diplomata col massimo dei voti rispettivamente in Lingue e Letterature Straniere e Scienze Umane e sono qui perché voglio lavorare nel mondo della musica, ma non perdere il mio amore per l’arte della fotografia. Ho seguito alcuni corsi in Italia e vinto dei premi e diplomi di merito per alcune mie foto e… Mi dia del tu, la prego!”
Al signor Wallas scappa un sorriso, ma osserva il mio curriculum molto interessato e annuendo ad ogni mia parola.
“Jordan mi aveva detto tutto e già avevo un pensiero positivo su di te, ma adesso devo dire che ne ho uno ottimo. Assunta a tempo pieno!”
Reprimo l’istinto di saltargli al collo e mi limito ad un’energica stretta di mano con tanto di sorriso a settantadue denti.
“Puoi cominciare subito se vuoi, Anna.”
“Sarebbe un vero piacere, signor Wallas.” dico convinta.
Lui mi fissa serio e temo di aver sbagliato qualcosa.
Si avvicina a me e mette la sua mano grande sulla mia spalla esile, si addolcisce.
“Ti do del tu ma tu fa’ lo stesso, Anna.”
Sorrido ancora e rido leggermente.
“Hai ragione Jhon, scusami. E grazie mille, non te ne pentirai.”
Mi accompagna in uno stanzino ordinato, pulito e profumato e mi fa mettere la divisa dello studio- essendo uno di quelli professionali- che comprende un pantalone scuro, una maglia rossa con la targhetta identica all’insegna del locale e poi mi dirigo alla mia postazione: una scrivania piena di fogli bianchi, un Mac nuovo di zecca e un bicchiere colmo di penne e matite di ogni tipo e colore.
Mi siedo e Jhon mi dice di aprire la cartella dove ha appuntato gli impegni di oggi; eseguo gli ordini e scorro la pagina fino a trovare il giorno odierno.
Il primo appuntamento è un certo Burner James che deve fare un servizio fotografico per un book; aspirante modello.
Niente male come lavoro!” mi concedo di dire in italiano e attendo l’arrivo, preparandomi ad aiutare in tutto ciò che posso e devo.
Certo sarebbe stato grandioso poter fotografare e sfoggiare il mio talento, ma avrei dovuto procedere per gradi e conquistare la sua stima e la sua fiducia.
Arriva James e non è affatto un signore, ma un ragazzo tutto infiocchettato dalla pelle d’ebano e un sorriso alla Chuck Bass di Gossip Girl.
Lo ricevo, avviso Jhon e lo faccio accomodare nella sala d’aspetto.
Il mio capo lo chiama e lo fa mettere davanti ad un telo bianco con uno sgabello nel centro.
“Anna, allora, tu sposti le luci e mi passi gli obbiettivi che mi servono. Poi gli sistemi quel ciuffo di capelli che gli copre l’occhio e mi suggerisci un paio di pose che potrebbero piacere alle donne.”
Sorrido imbarazzata ed impacciata, ma mi avvicino al ragazzo e gli arruffo un po’ il ciuffo e sistemandogli la cravatta come a farla sembrare malfatta e sistemo la luce verso il basso; passo l’obbiettivo che Jhon mi dice  e comincia a scattare cominciando a ‘sparare pose’.
“Sporgiti un po’ in avanti, sì, benissimo! Ora poggia il mento sulla mano sinistra e accavalla le game, un po’ di meno… No, un po’ più sciolto, non sorridere, più serio. Perfetto!”
Osservo ogni minimo gesto e ogni minima espressione e mi esce spontaneo dire: “Morditi le labbra, indurisci lo sguardo e gioca con la cravatta.”
Jhon mi fissa e poi mi concede la sua macchina fotografica.
“Sorprendimi!” dice e io, titubante, l’afferro e scatto improvvisamente.
James sorride sghembo e io immortalo quel momento.
Il capo è soddisfatto e dopo una cinquantina di scatti Jhon mi ferma e lascia andare James.
Lo vedo sparire nella sala rossa e noto che il modello ammicca prima di uscire dallo studio.
Scuoto il capo, pensando a Stefano.
Jhon esce dalla sala e, sistemando alcune cose, dice: “Questo sabato andrò a stare per una settimana da mio figlio che sta poco bene, a Los Angeles, quindi ti occuperai tu di tutti gli appuntamenti.”
Sgrano gli occhi e lui se ne accorge; infatti, mi guarda come a voler dire‘Stai tranquilla, sei brava.’ e cerco de crederci.
“Segna per sabato pomeriggio il ritiro del book per Burner e poi manda in stampa questa roba e cerca di contattare Evelyn per il materiale appuntato sul foglio. Grazie!”
Prendo appunti mentalmente e passo in rassegna le cose da chiedere ad Evelyn, cerco il suo numero e la informo subito, poi vado in sala stampa e premo qualche pulsante qua e là senza poi tanta sicurezza e poi ritorno alla mia postazione computer.
Apro la pagina degli appuntamenti di sabato e scrivo nome, cognome e commissione, ma proprio mentre sto per chiudere un cognome salta alla mente.
Non può essere…


 

 
Mi scuso per il ritardo, ma tra estate, problemi di salute, problemi personali, problemi di cuore, inizio della scuola e blocco dello scrittore, non avevo tempo e voglia.
Spero mi perdoniate e spero seguirete ancora la mia storia.
N.B: Non ho idea di cosa faccia realmente  l’assistente di un fotografo, ma da me fanno così e ho immaginato così anche in America.
Cosa mi dite? Vi piace ancora la storia? Che cognome ci sarà scritto tra gli appuntamenti?
Alla prossima,
TittaH.
P.I.A.
  
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