Serie TV > NCIS
Segui la storia  |       
Autore: dalialio    23/10/2011    4 recensioni
Una ragazza entra a far parte della vita degli agenti dell’NCIS. La sua identità all’inizio li lascerà sconcertati, ma poi si abitueranno alla sua presenza.
La protagonista presto scoprirà di aver creato dello scompiglio nelle loro vite, ma grazie al suo aiuto qualcuno riuscirà a chiarire i propri sentimenti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'She Cαme Into Our Lives And Chαnged Everything'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Interceding Is Often Hard- Cap 9

Capitolo 9

Gli unici due uomini con cui all’inizio mi sentivo a mio agio sono ora fonte di imbarazzo


Il locale dove si svolgeva il ricevimento era una di quelle sale lussuose che si vedono più che altro nei film, raramente dal vero. C’era gente vestita elegantemente, il bancone del ponche, camerieri che giravano per la sala con vassoi pieni di tartine e drink vari... Non potevo fare altro che guardare il tutto senza toccare, visto che non potevo bere alcolici*. Mi limitai ad assaggiare due salatini.
Eravamo arrivati da nemmeno dieci minuti che subito Jethro volle ballare con me. Cercando di non risultare scortese, gli risposi che per il momento non me la sentivo di lanciarmi sulla pista da ballo, ma lui si accigliò e replicò, fingendosi offeso: “Credi forse che il tuo vecchio non sappia destreggiarsi nel ballo del mattone?”.
“Non lo pensavo”, dissi con un sorriso. Poi, vedendo la sua espressione insistente, non riuscii a rifiutare una seconda volta.
Jethro mi trascinò in un angolo della sala, il più distante possibile – come riuscii ad accorgermi – dall’entrata principale. La scelta del luogo mi lasciò interdetta. Per caso voleva che ci nascondessimo da qualcuno? Forse da Tony? Perché avrebbe dovuto, se mi aveva dato il permesso di ballare con DiNozzo? Scossi la testa e decisi che la mia era solo paranoia.
Iniziammo a dondolare scompostamente sul posto. Il nostro modo di ballare era quello di spostare il peso del corpo prima su un piede e poi sull’altro.
Davvero di classe.
“Allora”, iniziò Jethro. “Mi vorresti spiegare la storia della promessa che hai fatto a Tony?”.
Bingo. Allora ci avevo visto giusto. Lo zio aveva solo finto di non preoccuparsi quando gli avevo confidato del ballo con DiNozzo mentre eravamo in auto. In realtà era agitato quanto lo ero io.
“Ti ho già detto tutto”, risposi diplomaticamente, cercando di sviare il discorso. Non potevo mica dirgli la verità. Ne andava della reputazione di Tony.
“Ah”, esclamò Jethro, poco convinto. “Sei sicura?”.
“Sì”, risposi, cercando di convincere anche me stessa per non rivelare al mio cavaliere che quella era una bugia. “Perché?”.
Jethro rispose con un’alzata di spalle.
Lo fissai per qualche secondo, cercando di capire qualcosa dalla sua espressione, poi lui sbuffò. “Ti ho osservata, in questa settimana”, disse. “E sono preoccupato”.
“Per cosa?”, chiesi, sinceramente curiosa di sapere dove volesse andare a parare con quel discorso.
“Ho notato uno... strano attaccamento da parte tua”, rispose.
“Un attaccamento?”, ripetei, stupita da quelle parole. “E per chi?”. Avevo capito di chi stava parlando, visto com’era iniziato il discorso. Accennai ad una risata nervosa. “Non penserai mica...”
“Tesoro, non vorrei che ti facessi ammaliare dal suo bel faccino e dai suoi modi gentili. Non è il caso che tu...”.
“Zio”, lo interruppi esterrefatta. “Che discorsi stai facendo?”. Lo fissai a bocca aperta. “Credi che io sia così ingenua da...”.
“No, certo che no”, rispose Jethro. “Sono solo preoccupato”.
“Non sono interessata a Tony, come lui non lo è a me!”, mi difesi, forse con troppo impeto. “Lui...”. Stavo per dire qualcosa riguardo Tony e Ziva, ma mi bloccai in tempo. A Jethro non sarebbe certo piaciuto sentire che tra quei due c’era qualcosa...
“Lui?”, mi incitò, vedendo che mi ero bloccata.
Risi nervosamente. “È troppo vecchio!”, dissi infine, riuscendo a trovare una risposta valida senza addentrarmi nel discorso tabù. Notai la strana occhiata di Jethro. “Per me”, chiarii. “Certo, non dico che lui sia vecchio di per sé...”.
Jethro continuava a guardarmi lanciandomi strane occhiate. “Oh, insomma, mi hai capita!”, esclamai, stufa di trovarmi in quella situazione sgradevole.
“Certo, certo”, rispose lui, imbarazzato.
“Gibbs”, disse una voce profonda dalle nostre spalle. Era il direttore Vance. “Mi dispiace interrompere il ballo con tua nipote, ma ho bisogno di te”.
Ci voltammo verso la voce per vedere l’espressione seria del direttore che fissava prima uno e poi l’altra.
“Beh, se il lavoro chiama...”, commentò Jethro. Poi mi guardò. “Torno subito”.
“Ah... non credo”, lo interruppe Vance, guardando lo zio con un’occhiata d’intesa.
“Va bene, allora tornerò tra un po’”, si corresse Jethro. “Ci sono McGee e Abby lì”, mi disse, facendo un cenno con la testa nella loro direzione. “Stai con loro intanto, non so quanto ci vorrà”. Detto questo, girò i tacchi e si allontanò con il direttore.
Appena i due furono fuori dalla mia vista, mi voltai verso Abby e Tim, seduti su una panca in un angolo della sala, per scoprirli coinvolti in una conversazione interessante. Entrambi accompagnavano le proprie parole con dei gesti ampi. Erano davvero presi dai loro discorsi. Non si accorsero per nulla di me.
Decisi di non disturbarli poiché non volevo essere d’impiccio più di quando già non mi sentissi – percepivo l’aria di estraneità di quel posto -, quindi mi avvicinai alla prima panca imbottita che trovai e mi ci accomodai.
Passai dei minuti a guardarmi intorno, scrutando e commentando tra me i vestiti delle altre signore nella sala. Improvvisamente sentii qualcuno sedersi pesantemente accanto a me. Anche senza guardare capii chi era.
“Questa festa è un mortorio”, si lamentò, sbuffando.
Non mi voltai verso di lui. Non ero dell’umore giusto per guardarlo in faccia. Non dopo il discorso che mi aveva fatto Jethro. “Si da il caso che questa non sia propriamente una festa”, risposi in tono quasi infastidito.
“Chiamala come vuoi”, rispose Tony, “ma se avessi saputo che la mia serata sarebbe stata così noiosa, me ne sarei rimasto a casa a guardare la TV”.
Me ne restai in silenzio, stranamente agitata. Non sapevo cosa rispondere.
“Ti va di bere qualcosa?”, suggerì lui vedendo che non replicavo.
A quel punto mi voltai e lo vidi. Indossava un completo scuro che non gli avevo mai visto addosso, accompagnato da una camicia grigia e una cravatta nera. Ero senza parole. Era tutto in tiro: quello non sembrava DiNozzo.
“Ho diciotto anni, non posso bere alcolici”, risposi con il mio tono neutro. La frase suonava ovvia anche alle mie orecchie.
“Giusto... un’acqua tonica?”, propose.
Scossi la testa. “Non mi piace”, continuai con lo stesso tono.
Passarono dei secondi di silenzio interminabili, che passai tutti a testa bassa a guardarmi le mani.
“Gibbs dov’è?”, domandò di punto in bianco. “Non è da lui lasciarti da sola senza una guardia del corpo”.
A quel punto sollevai la testa e alzai gli occhi al cielo. Che esagerazione. “Il direttore Vance l’ha rapito”. Terribile battuta.
“A-ah”, fece Tony, poco interessato.
“E la tua dama?”, chiesi, rendendomi conto di non sapere ancora con chi fosse venuto a quel ricevimento.
Alzò le spalle, indifferente. “Da quando si è fiondata tra le braccia di un giovane e ricco ufficiale non l’ho più vista”, rispose. “Guarda un po’ se non mi è capitata la civetta più superficiale di tutto l’ufficio”.
Chi prima arriva, meglio alloggia, pensai.
“Visto che siamo momentaneamente non impegnati – anche se credo che la mia situazione rimarrà la stessa per il resto della serata -, che ne dici di mantenere la tua promessa?”.
Lo guardai di sbieco, fingendo di non capire. “Cosa?”.
Tony esplose in una risata. “Oh, andiamo! Non dirmi che te ne sei dimenticata! O forse hai paura di me? Guarda che non ti mangio mica”.
“Non ho paura!”, replicai con una risata nervosa.
Aspettò che io continuassi, ma non avevo il coraggio di dire altro. Improvvisamente l’idea di ballare con Tony mi terrorizzava.
“Allora?”, fece lui, sollevando un sopracciglio e sfoderando un’espressione che sfiorava la derisione.
Fissai storto la sua mano, tesa verso di me, che aspettava una mia risposta. Il mio cuore iniziò a battere frenetico e mi si formò un nodo in gola. Distrattamente cercai di trovare il motivo della mia reazione, ma ero troppo nervosa per riuscire anche solo lontanamente a formare un pensiero.
Non riuscendo a spiccicare una parola a causa del peso che bloccava le mie vie respiratorie, con un gesto automatico posai la mano su quella di Tony, che intrappolò la mia in una stretta calda e delicata. Si alzò in piedi, trascinandomi con sé, e mi portò più verso il centro della sala. Mentre ci mescolavamo tra le persone, mi chiesi perché diavolo avevo accettato di ballare con lui.
Mannaggia a me!
Iniziammo a dondolare su e giù. Rimasi sorpresa dall’abilità di Tony nel danzare: il nostro non era un ballo del mattone, come quello mio e di Jethro. Anthony era più sciolto, non era teso come un palo come mi sarei aspettata. D’altronde, se aveva tanto successo con le donne, probabilmente la sua attitudine al ballo contribuiva ad aumentare il suo fascino italiano.
Ma, in quel momento, quello che provavo non era attrazione, ma... un profondo disagio.
Io, Amy Steel, che non avevo fatto altro che prendere in giro Tony per tutta la settimana, quella sera dovevo sentirmi imbarazzata in sua presenza?
Che storia era quella?
“Allora”, iniziò Anthony dal nulla. “Che cosa mi racconti di bello?”.
“Non lo so”, risposi, cercando di non incontrare il suo sguardo.
“Oh, andiamo!”, esclamò. “Un’adolescente che non trova un argomento di conversazione non si era mai vista. Non hai qualche pettegolezzo da dirmi o qualcosa di simile?”.
“Un pettegolezzo?”, ripetei io, confusa. “E riguardo chi?”.
“Beh, qualcuno della squadra”, rispose Tony ridendo.
“E perché credi che io sia a conoscenza di qualche indiscrezione sui tuoi colleghi?”, continuai, sempre più perplessa.
DiNozzo alzò le spalle con aria da finto innocente. “Perché in questa settimana eri dappertutto in ufficio. Sei stata alle nostre scrivanie, da Abby, nella sala relax, in ascensore... avrai quantomeno notato qualcosa”.
Rimasi interdetta dal suo discorso. Non riuscivo a capire dove Tony volesse andare a parare. Voleva sapere se avevo notato qualcosa che riguardava lui oppure era davvero interessato a qualche pettegolezzo sugli altri?
“Lavori con i tuoi colleghi da anni”, risposi. “Dovresti conoscere tu qualcosa di più di me”.
“Beh, sai... non tutti si aprono con me come possono fare con un’ingenua diciottenne”.
Quell’affondo fece male. “Ingenua?”, risposi in tono acido, enfatizzando la parola. Il primo istinto fu quello di strizzare forte la mano che stringeva quella di Tony e affondare le unghie nella sua carne. Ma riuscii a trattenermi.
Tony sogghignava. Sembrava sinceramente divertito dalla mia reazione.
“Senti un po’, non so come fossi tu alla mia età, ma di sicuro non eri ingenuo”. Poi non riuscii a contenermi. “Beh, ora che ci penso un pettegolezzo l’avrei”, continuai con una smorfia. “E riguarda te”.
“Oh, davvero!”, esclamò ridendo. “Dai, sentiamo”.
Sorrisi maleficamente, pronta a dargli il colpo di grazia. “Perché non hai invitato Ziva a questo ricevimento?”.
L’espressione di Tony mutò improvvisamente, diventando grave. “Cosa?”, domandò, fingendo di non capire.
“Sai di cosa sto parlando”, dissi seria.
Ci mise un po’ a rispondere. “Era già impegnata”, replicò infine.
“No, non è vero. Lei ha trovato un cavaliere solo ieri mattina. Hai avuto tutta la settimana per chiederglielo”, replicai con lo stesso tono.
Tony sbuffò.
“Non gliel’hai nemmeno chiesto”, continuai. “Perché?”.
“È complicato”, rispose seccamente.
“No, non lo è!”, esclamai con forse troppo vigore. “È semplicissimo, sei tu che rendi tutto difficile”.
“Che ne sai tu?”, domandò quasi rabbioso.
Era ironico come, nonostante il tono che aveva preso il nostro discorso, riuscissimo a continuare a danzare come se nulla fosse. Dovevo ammettere che Tony era davvero bravo a condurre il ballo.
Sbuffai seccamente dal naso. “Ho diciotto anni, come tu continui a ricordarmi, e per quelli della mia età i problemi di cuore sono praticamente all’ordine del giorno”. Feci una pausa, aspettando da Tony una risposta che non arrivò. “In più”, continuai, “in questa situazione io sono una persona non coinvolta, quindi posso essere obiettiva”.
“Va bene, mi hai convinto”, rispose Tony spazientito. “Okay, lo ammetto, non l’ho voluta invitare”.
Ero orgogliosa del mio lavoro: ero riuscita a farlo confessare. “Perché?”, domandai con un tono più calmo.
“Non sono affari tuoi”.
“Vuoi ricominciare ad essere scontroso?”, esclamai, infiammandomi come poco prima. Districai la mia mano dalla sua presa. “Allora accomodati pure. Non ti aiuterò”, dissi furiosa, poi mi allontanai da lui, facendomi strada tra gli altri ballerini, e mi diressi verso la panca imbottita dove prima Tony mi aveva invitata a ballare.
Sentivo Anthony camminare dietro di me. Mi raggiunse prima che potessi sedermi, afferrandomi per un braccio e facendomi voltare violentemente.
“Ascolta, non so cosa tu abbia intenzione di fare”, disse pacato. Il suo tono discordava con la sua espressione tesa. “Quindi cerca di spiegarmelo”.
“So perché non hai invitato Ziva: hai paura”, decretai. Alla fine, dopo molte riflessioni, avevo capito cos’era successo. “Temi di dire qualcosa di troppo e di farla allontanare da te. Ma non accadrà, te lo posso assicurare”.
Tony mollò la presa dal mio polso e mi scrutò di sottecchi. “Come fai a saperlo?”, chiese diffidente.
Improvvisamente percepii uno sguardo. Mi voltai e scorsi Ziva, a una decina di metri da noi, vicino al bancone delle vivande, che ci fissava con interesse. Era avvolta in un abito lungo blu elettrico che le lasciava scoperte le spalle e che faceva risaltare la sua silhouette snella.
Il mio imbarazzo arrivò alle stelle. Ad un tratto mi sentivo un’intrusa in quella situazione. Dopo tutto il tempo passato a quel ricevimento, quello fu il primo momento in cui mi chiesi seriamente cosa diavolo ci facessi là, cercando di capire cosa volevo veramente fare con Tony.
Mi si formò un nodo in gola al pensiero che avrei potuto combinare un casino tra Anthony e Ziva. Ero entrata nelle loro vite e le avevo scompigliate. Con quale diritto avevo agito in quel modo? Chi ero io per decidere della loro vita? A stento riuscii a trattenere le lacrime.
Tony si accorse del mio sguardo insistente e lo seguì, incontrando gli occhi di Ziva.
“Va’ da lei”, dissi, pregando che la mia voce non si rompesse. “Parlale, dille ciò che provi”.
Tornò a guardarmi e probabilmente notò che ero scossa. Aprì la bocca per dire qualcosa.
“Ti prego”, lo anticipai. “Ho già combinato abbastanza guai per oggi, non voglio complicare di più le cose”.
“Okay”, rispose Tony con un’espressione fiduciosa. Poi si voltò verso Ziva e la raggiunse con passo sicuro, pronto a sopportare le conseguenze delle proprie azioni.
_________________________________

Nota di fine capitolo:

*: Negli Stati Uniti bisogna aver compiuto ventuno anni per poter bere alcolici. La nostra protagonista ne ha diciotto, quindi lei non può bere.













*Nota dell'autrice*

Ok, posso dirlo?
Sono davvero fiera di questo capitolo.
Ecco, l'ho detto! :)
Sì, sono davvero fiera, perché credo che sia venuto bene. Cioè, mi sono davvero impegnata per scriverlo, scervellandomi per riuscire a scrivere un dialogo tra la nostra eroina e Tony che fosse verosimile... e il risultato mi piace! :) è proprio quello che mi immaginavo venisse fuori :)
Credo proprio che questo sia il mio capitolo preferito, nonché il più lungo :)
Spero che il capitolo sul ballo sia stato all'altezza delle vostre aspettative :) ditemi come vi è sembrato! :)
Ci vediamo la prossima settimana! :) Bacioni a tutti!
Chiara
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: dalialio