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Autore: hiromi_chan    23/10/2011    5 recensioni
Un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio alla scoperta dell'amore tra passato, presente e futuro.
"Senti deficiente, io ti conosco...dove cavolo ti ho già visto?"
[SpainxRomano][accenni FrUk]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1994, 28 Dicembre

 

 

Sulla targhetta sopra il campanello c'era scritto, in caratteri eleganti, “Beilschmidt Gilbert, Bonnefoy Francis, Fernandez Carriedo Antonio”.

Tra le parole “Beilschmidt” e “Gilbert” era stato maldestramente aggiunto con una penna nera “il magnifico”.

Antonio sorrise, teso. Si era diretto di slancio lì non appena aveva saputo in che anno si trovasse e, come al solito, aveva agito senza pensarci nemmeno per un secondo. Sebbene poco prima avesse riflettuto sul fatto che fosse meglio evitare di incontrare il se stesso di un'altra epoca, adesso stava rischiando un faccia a faccia diretto con l'Antonio di due anni fa.

Quello era un Antonio molto più spensierato di adesso.

Oltre che non avere la più pallida idea che sarebbe rimasto invischiato in una serie di eventi paranormali, ovviamente, pensava poco al dovere e molto al piacere. E come avrebbe potuto fare altrimenti, con quei due diavoli sempre insieme a lui! Francis, che sembrava tanto raffinato, tra tutti e tre era il peggiore, sempre pronto a spassarsela e a dileguarsi come un razzo quando si trattava di fare qualcosa di serio.

E Gilbert...oddio, Gilbert.

L'ultima volta che l'aveva visto era stata nel '95, ma quel singolo anno pesava come un macigno sul cuore di Antonio.

Rivederli, rivedersi insieme a loro durante quello che era stato il periodo più felice della sua vita, non aveva prezzo. Forse sarebbe stato male, dopo. Forse avrebbe sofferto per quei ricordi. Ma adesso la tentazione era troppo forte, impossibile da evitare.

Antonio, solo e in piedi davanti al modesto portone a vetri, sapeva cosa fare; infilò la mano dentro la cassetta esterna della posta per poi estrarne con un ghigno un mazzo di chiavi.

Così, anche se saremo ubriachi tanto da non ricordare dove teniamo le chiavi, non resteremo mai fuori casa”, aveva detto una volta Francis.

Idea un po' incauta ma utile, considerando quanto il francese amasse il vino, senza contare Gilbert e i suoi fiumi di birra e non dimenticando che Antonio buttava giù di tutto.

Meccanicamente le sue gambe si mossero percorrendo la scalinata familiare e l'unica preoccupazione che gli rimbombava nel cervello era quella di pesare bene i passi per non farsi scoprire. Senza accorgersene, fu dentro.

Era tutto come lo ricordava: il salone tentava di presentarsi elegantemente ma lo tradivano libri di tre materie diverse sparsi a terra, quelli di cucina di Francis dai quali spuntavano linguette rosa, quelli di arte di Antonio vecchi e consumati, quelli di Gilbert sotto le gambe del tavolino o usati come fermacarte; le mensole piene di bijou francesi, un tappeto di dubbio gusto tedesco, una chitarra elettrica comprata in un impeto di passione giovanile che serviva da piano di appoggio per una casetta per uccelli; nell'angolo cucina, sacro tempio parigino, padelle profumate di paella sbucavano insolenti dal lavello. Ogni cosa sembrava fuori posto, ma nel complesso non poteva essere un ambiente più intimo e colorato di così. Antonio sorrise alla vista di un albero di Natale decorato in tre stili vistosamente diversi; eppure la cosa funzionava.

Era sempre stato così tra loro; non sarebbero potuti esistere tre ragazzi più diversi uniti da una tale sintonia. Forse si trovavano bene insieme perchè infondo erano un trio così male assortito da compensare ognuno le mancanza dell'altro; forse era il fatto che fossero tutti un po' fuori di testa, vogliosi di divertirsi e di trovare un loro posto nel mondo; forse era anche perchè non avevano altro se non loro stessi, e per questo rimanevano vicini.

Infatti Antonio viveva in Italia da tanti anni, in Spagna non gli era rimasto più niente se non il ricordo delle sue radici. Francis aveva i genitori a Parigi, ma non erano in buoni rapporti e il ragazzo era più che deciso a dimostrargli di potersela cavare da solo. Gilbert invece aveva in Germania...

Il mio fratellino!” sbraitò una voce proveniente dalla zona notte.

Antonio sobbalzò, tuffandosi dietro il divano. Era entrato in casa senza avere un piano, ma adesso era necessario inventarsi qualcosa se non voleva che i suoi coinquilini lo vedessero. Non si trattava di una cosa facile, dato che vivevano in un appartamento neanche tanto grande.

Ah, quel mascalzoncello di Ludwig...” piagnucolava la voce un po' stridula di Gilbert.

Su su, magari invece sta volta...” rimbombò il fortissimo accento francese di Francis.

La testa di Antonio fumava.

Quei due potevano trovarsi in una delle loro tre camere, e sperando ardentemente che non fossero nella sua, si avviò verso il corridoio come un ladro in casa propria.

Gattonando, passò davanti alla prima camera, quella di Francis, che aveva la porta chiusa. Proprio accanto c'era la stanza di Antonio, ma il ragazzo sbirciò dalla serratura e vide che Francis e Gilbert non erano lì. Escludendo che i due amici fossero in bagno a spettegolare come ragazze, Antonio si infilò nella seconda porta convinto di aver trovato un luogo sicuro da dove poter origliare.

Solo quando fu dentro gli passò per la testa l'idea che magari poteva trovarsi lì anche il se stesso del '94.

In un nanosecondo si maledisse e, contemporaneamente, si accorse che non c'era nessuno e poté tornare a respirare.

Anche da lì riusciva ad udire abbastanza distintamente le voci familiari. Con il cuore che batteva più forte, si inginocchiò sul suo letto appoggiando l'orecchio al muro.

Ti dico che Ludwig non verrà a trovarmi nemmeno quest'anno e i nostri zii non si azzarderanno mai ad accompagnarlo qui se lui non glie lo chiede esplicitamente, cazzo!” stava dicendo Gilbert, seccato.

Mon Dieu...voi tedeschi e il vostro caratteraccio!”

Ma che caratteraccio! Qui si tratta di fermezza di volontà, del nobile sangue di stirpe prussiana che ci scorre nelle vene”.

Gilbert parlava, o meglio blaterava, nel suo solito tono sempre troppo sopra le righe, mentre Francis cercava di essere accomodante. Antonio sorrise mordendosi il labbro, tentando di appiccicarsi al muro quanto più poteva, con la paura un po' spasmodica di perdersi anche solo una parola.

Però prima o poi ci verrà qui in Italia, Lud, me l'ha promesso! Ma ha detto che lo farà solo quando sarà abbastanza grande per venirci a studiare, e diavolo se non sarà così!” disse Gilbert scoppiando a ridere sguaiatamente, seguito a ruota da Francis. Antonio dovette tapparsi la bocca per non far sentire la risata che gli scappò. Era proprio come essere ancora tutti e tre insieme.

Ludwig nemmeno ci penserà a poggiare qui le sue magnifiche zampette da pulcino fin quando non lo riterrà giusto” aggiunse il tedesco, quasi urlando.

E' piccolo ma è un duro, mantiene sempre la parola data e sopratutto non romperà mai una promessa fatta a me” terminò, ma senza più ridere.

Nonostante fosse ben nascosta dietro il tono strafottente, Antonio notò una punta di rammarico nella voce dell'amico. Sicuramente anche Francis se ne era accorto, perchè per un momento nessuno disse nulla.

Era chiaro che Gilbert avrebbe voluto che Ludwig rompesse quella solenne promessa pur di poterlo rivedere; neanche il tedesco se la passava tanto bene economicamente e non aveva molte occasioni di andarlo a trovare in Germania.

Quando verrà arrostirete tutti i wurstel che vorrete e faremo una grande festa...ma parlando di festa, mon amie...” iniziò Francis, rianimando la conversazione.

Senti, secondo te può funzionare se quest'anno invito un'altra persona...?”

Dove?” fece Gilbert, sfoderando una voce da soprano. “Proprio qui a casa nostra? Alla nostra cena di post-Natale? ”.

Quella della cena di post-Natale era una tradizione che si erano inventati loro; siccome tutti gli anni Francis tornava in Francia per il 25 Dicembre, avevano semplicemente pensato di posticipare i festeggiamenti natalizi a quando si fossero ritrovati tutti i tre insieme, e quello era anche il giorno in cui si cambiavano i regali. Da quando vivevano nella stessa casa, a quella cena non era mai mancato nessuno di loro.

Ma certo, qui, e dove sennò?” disse Francis. “Secondo te chi è che voglio invitare?” aggiunse con voce suadente.

Per Antonio non fu difficile immaginarsi Francis mentre sfoderava il suo solito sorrisetto soddisfatto, e neanche indovinare la risposta; se lo ricordava bene chi fosse l'ospite arrivato quell'anno...

L'inglese con la scopa perennemente conficcata nel culo!” sparò subito Gilbert.

Esatto, proprio lui...aspetta, dovrei riprenderti per quello che hai detto ma non lo farò perchè dopo tutto è la verità” disse Francis, sovrappensiero. Gilbert rise.

Secondo te Antoniò la prenderà a male? Non vano molto d'accordo, loro due”.

Antonio si fece ancora più attento, provando un misto di irritazione al pensiero dell'espressione piena di sé di Arthur Kirkland e di curiosità nel sapere cosa pensassero i suoi amici a tal proposito.

Non è che non vanno d'accordo, si detestano proprio, direi. Fidati del mitico parere del sottoscritto, che è sempre corretto”

Sì sì lo so bene...ma temo che prima o poi Antoniò si arrabbierà con me per quello che sto iniziando a provare verso quel piccolo isterico di Arthur”.

Antonio deglutì. Dunque già da allora c'era qualcosa tra Francis e Arthur Kirkland.

Rendersi conto che a quei tempi fosse completamente ignaro di tutto e che magari col suo comportamento aveva in qualche modo frenato Francis provocò una forte stretta allo stomaco ad Antonio.

Ma che dici, stupido frocetto francese che non sei altro!” intervenne Gilbert.

Innanzitutto Antonio è così lento che prima che si accorga che ti piace Kirkland gli arriverà il vostro invito di nozze”...appunto.

E poi lo conosci...è talmente idiota che non se la prenderebbe mai con te. Non potrà essere in collera con te per questo, te lo dice il magnific...”

In quel momento il suono fu soffocato da qualcosa e Gilbert emise una specie di gemito di dolore, mentre Francis, che evidentemente gli era saltato addosso, parlava nel tono in cui ci si rivolge ai neonati ripetendo quanto dolce fosse il suo tedescuccio.

Antonio si sentiva strano. Solo da una conversazione origliata aveva capito cose che ignorava, ma non gli piaceva affatto l'idea di esserne venuto a conoscenza in quel modo.

Anche se doveva ammettere che alla fine niente di ciò che aveva sentito era davvero una novità, gli sembrò di essersi comportato come un ascoltatore estraneo nei confronti dei suoi due migliori amici. Era quasi come se restare lì a spiarli in quel modo equivalesse a far loro un torto.

Avrebbe tanto voluto vederli, farsi vedere, abbracciarli...quanto poteva essere cambiata la sua figura dal '94 al '96? Era così diverso? Magari Gilbert e Francis non si sarebbero accorti di nulla...

Proprio allora Antonio udì chiaramente un rumore di passi che si faceva vicinissimo alla porta e la voce di Francis che diceva “andiamo a svegliare il bello addormentato!”.

E se invece fosse stato tanto diverso? Se invece fosse, che ne sapeva, dimagrito tanto senza accorgersene, se avesse avuto un taglio di capelli differente, se il loro legame fosse stato tanto stretto da far percepire a Francis e Gilbert che c'era qualcosa di strano, se...

Antonio scoprì in tutta fretta il letto, come morso da una tarantola, e si allacciò le lenzuola fin sopra la fronte giusto un secondo prima che gli altri due facessero il loro ingresso nella sua stanza. Li sentì ridacchiare mentre il cuore gli usciva dal petto.

Poi uno di loro gli si avvicinò. Antonio ne percepì la presenza vicino al suo orecchio e poco ci mancava che prendesse l'avventata decisione di saltare in piedi e scappare dalla finestra, ma...

Alza quel tuo culo spagnolo dal letto, è giorno da un pezzo!” gli ululò Gilbert dritto nel timpano.

Antonio sobbalzò tenendosi le coperte ben strette alla faccia, mugolando come uno che si è appena svegliato e non ha intenzione di alzarsi tanto presto. Gli altri due risero di gusto, dirigendosi in cucina con Francis che prometteva di preparare una delle sue specialità e Gilbert che intimava ad Antonio di sbrigarsi o non avrebbe trovato nulla.

Rimasto solo, lo spagnolo sospirò. Adesso era davvero in trappola se i due amici gli bloccavano il passaggio verso la porta. Inoltre, prima aveva rischiato, era vero, ma...gli bastava?

Sentire le loro voci, sentirli così vicini, quasi come partecipare ancora insieme ai loro giochi...non poteva fermarsi adesso! Non gli sarebbe mai più ricapitato...e poi quello, il 1994, era stato l'ultimo anno che avevano passato tutti i tre insieme.

Già, l'ultimo che avevano passato insieme.

Avrebbe dovuto rischiare comunque di essere visto, se voleva uscire di lì, quindi perchè non farlo subito?

In punta di piedi Antonio sgattaiolò fuori dalla sua stanza. Strisciava contro la parete senza staccarsi, fino a quando non incontrò, incollato al muro, il mobiletto su cui poggiava il telefono. Mentre lo aggirava con cura, l'occhio gli volò sul calendario appeso sopra l'apparecchio.

Era abitudine dei tre amici fare una croce sopra i giorni trascorsi, come in una sorta di conto alla rovescia.

L'ultima croce si era fermata al 27 Dicembre.

Antonio sorrise. Ormai l'aveva intuito, ma quello fu la conferma che fin'ora durante i “viaggi” che aveva fatto era cambiato soltanto l'anno, mentre il giorno era rimasto fisso al 28 Dicembre.

In quel momento un nuovo suono di passi che si avvicinavano gli ridestò di colpo l'adrenalina. Che fare adesso? La stanza di Francis era chiusa (lui la chiudeva sempre a chiave per nascondere “i suoi tesori”, diceva) e la sua era troppo lontano, se quattro passi si può considerare lontano. Il nascondiglio più vicino, e tanto più invitante perchè la porta era socchiusa, era lo sgabuzzino.

Ma Antonio proprio non poteva rinchiudersi lì per colpa della sua più grande nemica: la claustrofobia.

Tutti questi pensieri affollarono la sua testa nel giro di una frazione di secondo e altrettanto bastò perchè la necessità spingesse Antonio a prendere un grosso respiro mozzato e a buttarsi nell'angusto sgabuzzino.

Intanto Gilbert aveva spinto un allegro Francis fino al telefono. Antonio, immerso nel buio del suo nascondiglio, poteva vederli attraverso un sottilissimo spiraglio che aveva deciso di lasciare aperto, perchè nonostante avesse paura di venire scoperto, gli faceva più paura rimare completamente chiuso lì.

Già aveva la gola come serrata da un grosso sasso e iniziava a sentire le gambe molli; sapeva che durante i suoi momenti di crisi quello era solo l'inizio della fine, ma con tutto se stesso sperò, si convinse, che quella volta sarebbe stato più forte e avrebbe vinto la sua claustrofobia.

A volte pensava delle cose davvero sciocche.

Mentre Francis componeva il numero telefonico e Gilbert gli ronzava intorno, Antonio si ripeteva mentalmente “resisti, resisti ancora un po'” e intanto, per distrarsi dal sudore che iniziava a imperlargli la fronte, osservava.

Bonjour caro bruco” disse Francis alla cornetta, assumendo una posa elegante come se fosse effettivamente impegnato in un discorso faccia a faccia.

Gilbert prese a dargli pizzicotti sui fianchi.

Resisti, resisti” pensava Antonio.

E piantala!...Come? No no, non dicevo a te, Arthur”

No che non la pianto, vediamo quanto resisti” disse Gilbert.

Resisti ancora un po'”, pensò a denti stretti Antonio.

Ma io non mi rivolgerei mai a te in questo modo! Que? Io mi rivolgo a te in modo anche peggiore?”

Non la smetto, non la smetto...”

Puoi farcela...” ma il pensiero di Antonio si era fatto più flebile e le mani tremavano.

Guarda che sei tu che cerchi sempre di litigare, veramente io mi sono anche preso il disturbo di chiamare per invitarti a...”

E dai frocetto inglese, non farti desiderare!” gridò Gilbert al telefono dopo aver strappato la cornetta a Francis.

Antonio non ce la faceva più, la vista gli si stava annebbiando ed era difficile pure rimanere in piedi. Stava male, malissimo, forse perchè il ripostiglio era così piccolo e oscuro e poi c'era quello spiraglio così stretto, una feritoia sottile di luce che gli ricordava...gli ricordava...gli...ricordava...

Eddai Gilbert!” strepitò Francis.

Va bene me ne vado, tanto devo pisciare!”.

Successe nel giro di qualche secondo; Gilbert era scomparso in bagno e Francis, immerso nella sua conversazione telefonica, dava completamente le spalle ad Antonio.

Ora o mai più...aiutami fortuna!” pensò lo spagnolo, e, raccolte le energie con uno sforzo enorme, uscì come una saetta dal ripostiglio, raggiunse in un paio di secondi la porta e volò fuori casa fino ad arrivare al piccolo giardino all'esterno.

Si buttò di schiena su un cespuglio, sprofondandoci completamente, e si rannicchiò su se stesso, senza fiato.

Miracolosamente Francis non l'aveva visto. Era fatta.

 

Antonio restò lì nascosto per diverso tempo; di preciso non sapeva quanto, ma il sole che iniziava a calare gli fece ipotizzare che fosse passata più di un'ora.

Sta volta non se ne stava incerto senza sapere cosa fare come già era successo in quel breve periodo in cui la sua vita era stata stravolta da fatti fuori dal comune; adesso Antonio stava aspettando l'arrivo di una persona precisa: era in attesa di se stesso.

Prima infatti si era assicurato di non aver visto la sua controparte in casa, quindi le soluzioni possibili erano due: una era che l'Antonio del '94 fosse uscito per fare chissà cosa e fosse in procinto di rientrare. Se era quella la verità, Antonio si era ben convinto a seguire l'insano impulso di vedersi coi propri occhi andare a festeggiare con i suoi coinquilini. Voleva farlo perchè qualcosa non gli tornava; infatti i ricordi che conservava dei festeggiamenti di quell'anno erano più che chiari, e per quanto si sforzasse non gli sembrava proprio di essere andato da qualche parte prima di aver scambiato i regali con Francis e Gilbert.

Magari si sbagliava, ma era poco probabile: alla cena post-Natale non era mai mancato, neanche una volta, e intimamente possedeva la sicurezza di aver tenuto caro nella memoria ogni secondo di quell'ultimo festeggiamento che aveva condiviso con gli amici.

Inoltre ricordava alla perfezione di essere stato proprio lui ad aprire la porta ad Arthur Kirkland al suo arrivo. E invece Arthur era arrivato pochi minuti prima, impettito in un giaccone scuro, e Francis era sceso per accompagnarlo in casa.

Non preoccuparti per il ritardo, non siamo ancora tutti...manca Antonio”, aveva detto.

Al che Arthur aveva risposto alla stupida rana francese che no, lui non era assolutamente in ritardo e in breve i due avevano messo su una specie di teatrino al quale si era aggiunto Gilbert, sceso con in mano una bottiglia di birra.

Antonio, nascosto nei cespugli, li guardava per ingannare una certa ansia che cresceva pian piano perchè non vedeva arrivare se stesso.

Francis dava sfoggio del suo solito aspetto romantico; ora che ci pensava bene, Antonio trovava che non fosse poi così diverso dalla sua versione più vecchia vista, seppure di sfuggita, nel 2005. E Gilbert era semplicemente Gilbert, con i suoi capelli biondo chiarissimo e gli occhi marrone accesso che, per uno strano contrasto con la pelle d'avorio, sembrano fulvi.

Erano sempre gli stessi idioti casinisti che aveva amato e lo sarebbero sempre stati. Guardarli così era come osservare un vecchio video di cui si è dimenticata l'esistenza: dolcemente dolorosissimo.

Antonio pensò che poteva bastare.

Sentiva che continuare a interferire nel suo passato era una sorta di mancanza di rispetto non solo verso se stesso, ma anche verso gli altri.

Inoltre era difficile ammetterlo, ma si rendeva perfettamente conto che, benché tutto quello fosse davvero successo da qualche parte nel suo passato, ormai le cose non stavano più così e non sarebbero mai più tornate come prima. Non era un illusione, ma ci andava vicino; era quasi un sogno, ed era tempo di svegliarsi.

Alla fine la compagnia smise di far baldoria al freddo e Francis e Gilbert sparirono oltre la porta, prendendo l'ospite per un braccio ciascuno e lasciando Antonio nuovamente solo.

Ogni secondo che passava si faceva largo nel suo cuore la convinzione che la sua attesa fosse vana. L'istinto gli diceva che, per quanto avesse aspettato, non avrebbe visto il se stesso del '94.

Ed ecco la seconda soluzione che gli era balenata in testa quando ormai aveva messo da parte il concetto di “impossibile”: se lì c'era lui, non ci sarebbe stato nessun altro Antonio. Forse in qualche modo la sua presenza impediva al se stesso di quell'anno di esistere lì in quel preciso istante.

Ogni attimo che viveva, Antonio lo stava sottraendo al suo passato...ne era quasi sicuro, se lo sentiva dentro. E di questo aveva paura.

Perché non avrebbe permesso che la sua vita trascorsa cambiasse; voleva quel preciso ricordo, voleva quel preciso giorno del 1994, quella precisa e stupida ultima festa con gli altri. Quindi, per preservarla, voleva andarsene da lì. Avrebbe dovuto farlo, o non avrebbe mai lasciato il posto all'altro Antonio...glie lo stava gridando la sua anima, e non l'avrebbe ignorata.

Forse sapeva anche come fare e per questo continuava ad aspettare; aveva avuto un presentimento, una specie di visione.

Qual'era stato l'esatto momento in cui era saltato da un anno all'altro le due volte precedenti? Che cosa era successo in quell'istante? Credeva proprio di averlo capito. Come a riconferma dei suoi pensieri, un fulmine illuminò per un breve secondo il cielo, carico di promesse di pioggia.

Antonio, sfoderando un sorriso soddisfatto e sentendosi un leone, rimase steso sull'erba fredda accanto al suo cespuglio, allargando le braccia.

Avanti, vediamo se ho ragione”.

Che cosa sarebbe successo non lo sapeva. Di dove si sarebbe ritrovato non aveva idea; tornare a casa sua, nel suo 1996? Non sarebbe stato male, ma neanche sarebbe stato pienamente soddisfacente. Antonio che credeva nella fortuna, Antonio che credeva nel fato, aveva maturato l'idea che tutto ciò stesse accadendo per un motivo preciso ancora da scoprire.

E Lovino Vargas dagli occhi verdi, che aveva incredibilmente incontrato tutte le volte, era forse la chiave per svelare il mistero. Qualcosa diceva ad Antonio che, prima di tornare a casa, avrebbe continuato ad imbattersi in lui, ad essere attratto vero di lui.

Allora vediamo cosa succede. Sono in ballo e ho intenzione di ballare come si deve...forza, vediamo se ho ragione” ripeté il ragazzo a mezza voce, verso il cielo grigio.

La prima goccia che arrivò gli bagnò la fronte.

Antonio aveva avuto ragione.

 

 

***

 

 

 

Dico solo...Bad Trio power!! ù_ù nei miei piani iniziali avevo pensato di dedicare alla visita di Antonio alla sua vecchia casa solo metà capitolo, ma poi questi tre amici (più Arthur xD) hanno reclamato tutto il loro spazio occupando l'intera scena, e di fatto questo è il capitolo più lungo fin ora!! Come conseguenza però, sta volta Lovino non appare direttamente. Nel prossimo capitolo ci sarà, eccome se ci sarà, e ci saranno pure delle cosette un po' zuccherose... :3

Come avevo già detto, questa storia è stata ispirata dalla OST del drama “Secret garden”; vi lascio il link alla canzone a cui mi sono rifatta per le atmosfere di questi primi quattro capitoli! E' una strumentale misteriosa e dolce, e nella mia testa parte tutte le volte in cui succede qualcosa di strano o importante. Il titolo è “Mistery Garden”, ascoltatela se vi va ^-^ ( http://www.youtube.com/watch?v=ue6ztsz4K-I )

Ringrazio ancora infinitamente chi commenta, segue, legge! E' grazie a voi che sto procedendo abbastanza speditamente! Ci vediamo al prossimo aggiornamento verso mercoledì ^-^

   
 
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