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Autore: Any Ikisy    23/10/2011    2 recensioni
Nell’edificio in disuso della biblioteca scolastica si comincerà a studiare solo nel momento in cui qualcuno pulirà i servizi igienici.
Per chiunque si chieda perché Sasuke dovrebbe indossare un profumo da donna; quando l’OOC giustificato diventa IC. Forse.
[ Partecipante al Redlight District {SasuNaru’s Day Flash Contest} indetto da Enameru e Knife ]
[ X classificata al Contest delle AU edite indetto da roro e superkiki92 ]
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Autore: Any Ikisy
Titolo: Scent of Silence
Oggetto e citazione scelta: Chanel N°5; come lunghi echi che da lungi si confondono in una tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e il chiarore del giorno, profumi, colori e suoni si rispondono.
Pairing: SasuNaruSaku
Genere: Scolastico, Erotico, Generale
Rating: Arancione
Avvertimenti: AU, One-shot, Yaoi, Lime
Note dell’autore: Vogliamo davvero parlarne?
Introduzione: Nell’edificio in disuso della biblioteca scolastica si comincerà a studiare solo nel momento in cui qualcuno pulirà i servizi igienici.
Per chiunque si chieda perché Sasuke dovrebbe indossare un profumo da donna; quando l’OOC giustificato diventa IC. Forse.




Banner Redlight District  

Scent of Silence

I hear you calling and it’s needles and pins;
I wanna hurt you just to hear you screaming my name
Don’t wanna touch you but you’re under my skin…
I wanna taste you, but your lips are venomous p o i s o n
[Your poison; Alice Cooper ~13 ottobre ‘11]


La schiena minuta e vagamente regolare di Sakura scompare dietro le porte scorrevoli della biblioteca, non appena i vetri coperti di volantini e la calca dell’ora di punta la inghiottono in una frenesia tipicamente quotidiana.
Indossa ancora la divisa scolastica; un intimo a fiori d’arancio si intravvede da sotto la gonna, quando una sferzata del vento di Novembre ne solleva le pieghe. Le spalline del reggiseno spuntano oltre il fiocco sgualcito sul suo colletto spiegazzato.
Si guarda attorno, chiedendosi chi le possa aver guardato le mutandine, e Naruto sghignazza con un tappo di penna mangiucchiato tra le labbra che non ha davvero mai visto tempo migliori.
«Dobe,» una penna nera si puntella con forza sul dorso della sua mano «ti vuoi concentrare?»
«Ahi!» la ritrae prontamente, colto alla sprovvista, squadrando con sconcerto Sasuke per il suo gesto. È sul punto di chiedergli perché l’abbia fatto, ma l’indifferenza con cui lo ignora coglie il suo interesse: «Stavo pensando… non trovi che Sakura negli ultimi tempi sia diventata molto più carina?»
Ha il capo chino su di un foglio a righe coperto d’inchiostro, mentre la stilografica scorre come un fiume sulla carta, convogliando i kanji¹ in un’ottima calligrafia e raggiungendo le ciocche corvine di una frangia forse troppo pronunciata. Ondeggia in maniera lieve ed incostante, risentendo delle vibrazioni della sua mano veloce e precisa.
Naruto non scrive, con la scusa di attendere una sua risposta.
«Scrivi, Usuratonkachi
«Teme!-»
A scambiarsi complimenti come in quel pomeriggio, in cui il sole tiepido scalda persino le ombre dei grattacieli in lontananza, prima erano in tre: Sasuke doveva per forza sapere che, senza Sakura nei paraggi, non sarebbero resistiti a lungo prima di mettersi le mani addosso, in un modo o nell’altro.
Indossa quegli occhiali un po’ spessi ma ugualmente eleganti sul viso diafano, increspato solo da uno sguardo lievemente seccato che gli rivolge all’incirca da quattro secondi; prima o poi capirà anche che problema di vista abbiano in famiglia, con le congiuntiviti² che prendono.
La loro ultima lezione di giapponese, Naruto l’aveva trascorsa a contare i banchi nella propria classe e tentare di ricordare i nomi di tutti i suoi compagni; di tanto in tanto abbottonava e sbottonava l’ultimo bottone della camicia chiara, consunta, che ormai indossava da più di sei ore. La sua unica speranza per la verifica di domani è quel pomeriggio di ripasso con Sakura e Sasuke, anche se non ne ha la minima voglia.
Lui non è nemmeno giapponese, accidenti!
«Allora? Che ne pensi?» incalza.
«Naruto…» il tono di Sasuke è costretto in un’atmosfera di calma piatta simile a quella che incontra sulla via del ritorno verso casa: non una foglia viene smossa dal freddo che lo avvolge. «Non sbraitare come a tuo solito: siamo in biblioteca.»
Indossa quella montatura da quando hanno iniziato ad incontrarsi senza necessariamente prendersi a calci, ma li sfila con la stessa rapidità con cui entra nella sua stanza da letto.
Lo vede poggiare mollemente il capo sul dorso della propria mano; il polso sottile, coperto in parte da un orologio dal design sobrio ed asciutto, rimane esposto proprio in parte al suo collo nudo, proteso in avanti. «E smettila di farmi perdere tempo.»
La sua pupilla e la sua iride sono incredibilmente simili, rasentano il confine della montatura che li protegge. Naruto potrebbe quasi pensare che rispondere lo irriti.
Il posto accanto al suo è ancora caldo, non è passato nemmeno un minuto da quando Sakura si è alzata per andarsene; sente quasi il suo profumo aleggiare sopra di loro, monito di un pessimo voto sulla sua pagella a fine mese; richiamo della speranza di ritrovarsi assieme anche l’anno prossimo.
Lo sguardo inflessibile che Sasuke gli rivolge suggerisce stia pensando ad altro; probabilmente a quando Sakura si è posta l’obiettivo di diventare più posata e gradevole, abbandonando i modi bruschi delle medie, anche per essere più piacente ai suoi occhi freddi e distanti.
Naruto di quel periodo ricorda solo i piccoli sfizi a cui ha dovuto rinunciare per raggiungere la quota di denaro stimata con Sasuke per il suo regalo di compleanno: trentacinque³ miseri millilitri di Chanel N°5, la fragranza femminile per eccellenza, nella sua elaborata confezione ricolma fino all’orlo di un miele dorato molto più prezioso del nettare di qualunque altro Dio.
Si era preso orgogliosamente il merito anche all’epoca di quell’idea insolitamente geniale per dimostrare a Sakura il loro sostegno; l’aveva resa felice, anche se questo aveva significato dare fondo al proprio portamonete già vuoto.
Però ne era valsa la pena, deve ammettere a conti fatti, solo per sentire quel fondo di ambra e vaniglia sul suo petto morbido e delicato; immergersi nel cuore di gelsomino ed iris stillato dal cotone leggero della sua camicetta scollata. Un profumo penetrante, tra le sue cosce aperte e roventi, tra i suoi seni acerbi quanto sui suoi capezzoli turgidi. Sui suoi polsi, sulle sue mani, sulle sue labbra dolci, intrise di saliva e di un sapore che le rende uniche e lo manda in estasi.
Naruto, allarga le gambe.
Si sente in colpa solo quando realizza che Sakura non riuscirà mai a compiacere Sasuke solo con un profumo pagato, per altro, anche dalle sue tasche.
In fin dei conti, è come se entrambi lo sapessero da sempre.
È in quei momenti che l’essenza penetrante di quel profumo si fa intossicante, quando non c’è mai abbastanza bagnoschiuma nella doccia per toglierselo di dosso.
L’intonaco si sgretola facilmente tra le mura della vecchia biblioteca in disuso della scuola; è così friabile da sbriciolarsi ad un calcio e precipitare rovinosamente al pavimento, accumulandosi in una polverina bianca farinacea lungo i bordi del muro. Lo sguardo di Naruto ci si sofferma innumerevoli volte, quando si sente vicino al punto di confessare le proprie mancanze di integrità a Sasuke. Quando sarebbe più facile allontanarsi da lui.
Dai suoi occhi dal taglio tipicamente orientale, dalle tinte pastello che ornano il centro dell’iride e che vanno opacizzandosi verso l’esterno, in un connubio di blu notte dalle molteplici sfaccettature.
Nel momento in cui li incontra si limita a sorridere, perché non potrebbe sostenere un peso simile per chiunque altro; condividerlo sarebbe inoltre una mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Finché non lo avverte distintamente.
Quell’odore che Sakura non porterebbe in un normale giorno di scuola, realizza.
«Sasuke…»
Come onde concentriche che increspano la superficie dell’acqua col loro moto ridondante e definito, gli odori che percepisce, i colori con cui si confronta e i suoi pensieri contrastanti collidono fra loro, incontrandosi univocamente.
«Stai indossando il profumo di Sakura.»


Le piastrelle del bagno portano tinte pastello estremamente fredde: risalgono il primo metro delle mura interne, prima d’incontrare il bianco stinto reso accecante dalla luce al neon; le braccia spoglie di Naruto risentono della gelida corrente che penetra attraverso un pertugio a ridosso delle turche, la stessa che richiude sonoramente la porta alle loro spalle.
Sasuke si sente uno stupido al pensiero che l’odore incredibilmente acre all’interno del gabinetto possa coprire quello che porta addosso, mentre chiunque altro la troverebbe un’osservazione tutt’altro che ingenua.
Stringendo un pugno di capelli biondi tra le dita, inclinando il collo da parte e lasciandolo esposto per affondarci il viso, avverte il suo inconfondibile odore muschiato, lievemente stemperato da un velo di sudore dovuto probabilmente al repentino cambiamento di temperatura: ne porta uno simile sulla pelle; forse meno pungente e più delicato.
Nulla a che vedere col soffio di profumo che la sera prima ha provato dietro il suo stesso orecchio, di cui in seguito non è riuscito a liberarsi.
Lo stesso che ottenebra i suoi pensieri ad un complimento rivolto a Sakura ed accende gran parte dei diverbi con Naruto, quando lo innervosisce sentirglielo addosso.
Intrattiene la sua lingua voluttuosa, rende le sue labbra tumide per i baci, le umetta per cogliere schegge della sua saliva da poter saggiare ancora una volta.
Socchiude le palpebre, improvvisamente leggere.
Si era sempre chiesto cos’avesse di speciale quel profumo così rinomato; quando la sera prima è entrato nella stanza di sua madre e lo ha intravisto tra le altre fiale colorate ed intarsiate nel vetro soffiato, lo ha trovato persino altezzoso: rivendicava la propria fama in una confezione estremamente semplice. Troppo, un’etichetta come quella.
D’altro canto, l’aveva scelta Naruto: sembra essere attratto da qualunque cosa ostenti presunzione.
Separa i due lembi sgualciti della sua camicia, prima uniti da una fila di bottoni.
Una fine peluria bionda attraversa il suo addome, celandosi poi al di sotto della cintura consunta che ancora indossa; non perde tempo per scorrere la cinghia oltre il suo fermo metallico.
Non vorrebbe ammetterlo, ma ha l’impressione che la confusione dei pensieri di Naruto sia la motivazione della sua permissività: il modo in cui gli porge docilmente la clavicola è simile ad una tacita richiesta di perdono, ma d’altro canto scorge una implicita richiesta di attenzioni atipica da parte sua; come se considerasse l’ipotesi che anche Sasuke l’abbia tradito, proprio come lui stesso ha fatto.
Vorrebbe potergli imporre di sussultare in quel modo lascivo con maggiore impeto, ma la coscienza di trovarsi in un edificio pubblico elimina questa oziosa possibilità; d’altro canto, il luogo non rende tutto più eccitante come si potrebbe credere.
Non quando questo gli arreca privazioni di tal rilievo.
«Naruto…» impreca sommessamente, tra una lappata e un morso a fior di pelle sul suo zigomo; annaspa alla ricerca di ossigeno come probabilmente sta inconsapevolmente facendo a sua volta.
Affonda nel suo corpo stretto ed accogliente, mentre sorregge le sue gambe allacciate dietro la schiena e si aiuta col muro alle sue spalle per sostenerlo; nonostante non crede di aver mai provato quella posizione prima, si muove rapidamente ed entrambi sanno esattamente dover portare le mani.
Afferra con una mano il retro del suo collo e spinge le sue labbra ad unirsi nuovamente, in parte colto dal timore di sentir pronunciare a volume troppo alto il proprio nome o, ben peggio, quello di un’altra persona; sente di esserci vicino.
I capelli di Sasuke sono arruffati e spettinati: a Naruto piace maneggiarli. Stringerli per stemperare il dolore che avverte al basso ventre, accarezzarli mentre lavora sul suo petto, poi misurarne la lunghezza arricciandoli sull’indice quando i loro corpi madidi di sudore e tracce di sperma giacciono sul pavimento della sua stanza, in una cornice di vestiti tutt’attorno.
Forse è l’unica persona a cui lo lascia fare senza opporre resistenza; non ammetterà mai che, se si tratta di lui, può sopportare qualsiasi cosa sin al punto di diventarne dipendente.
Il muro alle sue spalle è scolorito, segnato dalla suola di diverse scarpe; scorge quelle di Naruto che si puntellano lasciando l’ennesima impronta che nessuno pulirà né ricorderà, a testimoniare uno dei loro slanci di passione.
Il suo viso contratto è una maschera di piacere, dipinta minuziosamente in ogni sua piccola ombra.
Finché non viene per lui, sui loro petti, prima che il peso di entrambi per le sue gambe sia troppo da sostenere e Sasuke si accasci al suolo, stremato.
Sasuke non sarebbe uscito di casa con quell’odore addosso, se avesse sapute che sarebbe finita in quel modo; non avrebbe regalato un profumo a Sakura solo per sentirlo tra i vestiti di Naruto e, dannazione!, non avrebbe mai portato quella stessa fragranza addosso per puro caso.
Nonostante tutto, Sasuke serba ancora qualche dubbio su quale tra i due lati del suo collo Naruto vorrebbe avere sotto il naso in questo preciso istante.
«Sakura…»
Il soffio caldo che accarezza la conchiglia del suo orecchio sopperisce scarsamente alla sua necessità di calore; quel nome è l’ultimo che Sasuke desideri sentire. Eppure la mano che copre il suo capo e s’intreccia teneramente tra i suoi capelli lo conforta profusamente.
Scivola senza sforzo sulla spalla nuda e umida di Naruto, esibendo il retro del proprio orecchio bagnato di Chanel N°5 alla brezza gelida e disinteressata della corrente novembrina, inebriandosi di un odore tutt’altro che femminile, ma non per questo meno afrodisiaco.
«Non ha mai avuto speranze.»











Precisazioni inutili:

¹ kanji: caratteri di origine cinese utilizzati nella scrittura orientale;
² congiuntivite: infiammazione della congiuntiva;
³ trentacinque millilitri di questo profumo costano 57,90 euro;

Noi europei siamo abituati a classi piuttosto sgombre, relativamente parlando: ci avvicineremo alle classi giapponesi, ricolme fino all’orlo di studenti, con quest’ultima riforma scolastica, in cui è previsto un numero massimo pari a trentadue alunni. Provate voi a ricordarvi tutti quei nomi, considerando che ogni anno le classi vengono rimescolate e si hanno di volta in volta compagni nuovi.
Quando parlavo di nettare di Dei, non ho pensato a qualcosa che la mia beta mi ha fatto notare: Chanel non sarà mai all’altezza delle urine del Quasi Dio Kò.
Indovinate chi era la beta, a questo punto.
Le note finali in questa fan fiction si sprecano: inizialmente, la trama che ho immaginato prevedeva un concetto di threesome più definito e marcato. Mi era stato chiesto in un commento, per questo avrei voluto un risultato migliore.
La trama iniziale, come l’avevo immaginata, era entusiasmante. Quel che ne risulta ora spero di poterlo rileggere fino alla fine tra un paio di mesi; fino ad allora, dimenticherò che esiste.
Vi starete chiedendo ‘Perché partecipante anziché classificato?’. Semplicemente, non abbiamo raggiunto la quota minima di partecipanti: a fine contest c’eravamo solo io e Yamiko neesan.
In conclusione, posso solo dedicare questa piccoletta ad Enameru e Knife, per aver indetto questo contest, anche se non è andato a buon fine, e per il banner se non altro, nonché chiedere umilmente perdono ad Annamariz ancora una volta; lei sa perché.
Grazie a chiunque abbia letto. Questo scritto, nonostante tutto, mi ha veramente sciupato.



  
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