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Autore: Mick St John    24/10/2011    1 recensioni
Mick sta lentamente riprendendo le forze dopo essere stato ferito nell'episodio precedente, il 18 (Death Symphony), ma il destino, oltre al suo corpo da vampiro, mette alla prova anche il suo cuore. Beth infatti ha troppi pensieri che la mettono in agitazione e capisce che qualcosa tra di loro sta cambiando.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Stagione di Moonlight in fanfic'
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15.

Fu una notte molto lunga per tutti. Per me, per Beth, per Josef e Cindy.
Lo fu persino per Talbot che continuava a pensare a quella nuova sconosciuta che aveva incontrato sulla 7th Avenue, che era quasi riuscita ad investirlo e che poi paradossalmente aveva dovuto consolare.
Aveva scoperto che si trattava di una profiler, avevano chiacchierato piacevolmente per una mezz'ora e Cindy gli era sembrata particolarmente interessante, molto diversa rispetto a quella che era stata la sua prima impressione profondamente negativa.
Così si erano anche scambiati i numeri di telefono, promettendosi di mantenersi in contatto.
Stranamente Ben aveva pensato più volte di richiamarla, ma si era controllato, perché quando prendeva il cellulare in mano finiva sempre per pensare a Beth.
I pensieri relativi ad entrambe si incrociavano, confondendogli le idee.
Si era notevolmente affezionato a Beth, ma ora che aveva conosciuto Cindy aveva l’occasione di distrarsi e concentrarsi su una possibile relazione concreta. Beth aveva il cuore già impegnato e Ben sapeva bene da chi.
Appena sdraiatosi nel letto si era sentito subito stanco ed era sicuro che si sarebbe addormentato subito, invece fu costretto ad alzarsi con una smorfia di disappunto per andare ad aprire la porta.
Sul pianerottolo c’era Phil a fissarlo con il suo sguardo determinato e Ben sospirò a fondo prima di strizzare gli occhi stanchi nel tentativo di togliere un po’ di torpore dalle palpebre appesantite dal sonno.
"E‘ tardi... Ma voi non dormite mai? Che cosa ci fa qui? E‘ successo qualcosa di grave?"
Domandò facendogli segno di entrare in casa.
"Ah non lo so... dimmelo tu. E piantala con questo “lei” diplomatico! Ho saputo che hai avuto un po‘ di problemi con Miss Turner per via della microspia."
"Si, beh... l‘ha trovata. Ora dovremo trovare un altro sistema per controllare St. John. Al momento non mi viene in mente nulla, ma risolverò, glielo...te lo prometto." Si corresse.
Phil, varcata la soglia fece solo qualche passo per permettergli di chiudere la porta. Poi lo avvisò.
"Ascolta, Ben... me ne vado subito ma prima devo ribadirti un concetto che mi sta molto a cuore. So che non è facile perchè ho capito che quella ragazza ti piace... Ma sforzati di non parlare con lei di nulla che riguardi la legione. E‘ ancora presto e non capirebbe. Cercheremo un contatto quando sarà il momento propizio. Ora limitati a starle vicino, a conquistare la sua fiducia e a tenerti buono St. John. Al resto penseremo io, Jim e gli altri. Abbiamo rintracciato di nuovo il ragazzo che avevamo sequestrato, Sam Jefferson, e se tutto va come previsto,presto ci porterà da Sebastian. Se riusciremo a prendere un Duvall avremo la possibilità di colpirli in profondità. Perciò non possiamo permetterci errori dovuti a stupide debolezze. Hai capito?"
Ben annuì lentamente abbassando lo sguardo.
"Spero di riuscirci, Phil... Voglio quanto te che la situazione migliori. Ora so chi, anzi “cosa” ha sterminato la mia famiglia. Non permetterò che continuino a fare ciò che vogliono, indisturbati."
"Lo so, Ben... Da quando fai parte della squadra ho capito che sei un più che valido elemento. Nonostante tu abbia poca esperienza hai dimostrato un carattere giudizioso e un’ottima capacità come mediatore, sei portato per questo “lavoro”. "
Phil gli diede due amichevoli pacche sulla spalla cercando di rassicurarlo.
"Ora goditi il meritato riposo. Anche io vado a letto. Mi posso prendere un momento di pausa, poi dovrò tornare a seguire il mio sorvegliato speciale che dovrebbe atterrare all‘aeroporto di Los Angeles tra..." Si fermò per controllare il suo cronografo e poi sorridendo, concluse.
"Circa 8 ore. Ho il tempo di farmi un sonnellino!"
Ben ricambiò il sorriso e accompagnò il suo ospite alla porta.
Dopo averlo salutato, tornò in camera e si rinfilò sotto le coperte, ma improvvisamente il sonno sembrava svanito e con il braccio appoggiato dietro la testa, non riusciva a sgombrare la mente dai ricordi di 10 anni prima.
Si era appena chiuso il primo semestre del College e per le vacanze di primavera era felice di poter ritornare a casa dai suoi.
Chiuse gli occhi lentamente rivedendo per un istante davanti a sé la scena che gli si era mostrata, quando aveva aperto la porta di casa.
Il corpo di sua madre era riverso sulle scale, mentre gli ultimi gradini erano puntellati di piccoli schizzi di sangue rappreso. Nell’immediato gli era sembrata svenuta e si era gettato subito su di lei per soccorrerla. Ma voltandola per guardare il suo volto ceruleo e cercare di svegliarla, si era reso conto del suo sguardo ormai opaco e privo di vita. Le sue braccia erano aperte a più tratti da tagli profondi fino a scoprire le vene e i muscoli.
Ben aveva invocato a gran voce il nome di suo padre tra i singhiozzi, mentre le lacrime gli rigavano le guance e gli riempivano gli occhi, annebbiandogli la vista. Ma sebbene distrutto da quel macabro ritrovamento, si trascinò in salotto per capire perché alle sue urla strazianti rispondesse solo silenzio. E nella sala da pranzo aveva trovato la tragica risposta alla sua domanda.
Anche suo padre era stato freddato ed era stato abbandonato sulla sua poltrona a peso morto e in maniera scomposta. La sua testa, piegata da un lato, rivelava la presenza di diversi tagli e graffi profondi fino alla giugulare. Come gli spiegarono in seguito, intorno a loro non c’era così tanto sangue quanto avrebbe dovuto trovarne in condizioni normali.
Entrambi i cadaveri erano stati accuratamente prosciugati per il 70% del loro liquido ematico.
Il rimanente era stato in parte assorbito dai vestiti.
Ma Ben in quel momento non lo aveva di certo notato.
Quello che invece gli premeva più di tutto scoprire era dove fosse finita la sua sorellina di otto anni.
Agli inquirenti fu chiaro sin da subito il movente del duplice omicidio e il rapimento della bambina. La donna che le aveva fatto da baby sitter per circa tre mesi, l’aveva rapita dopo avere massacrato la sua famiglia. Cosa avesse fatto del sangue delle sue vittime e della ragazzina, restò sempre un mistero per Ben, fino a che non gli era capitato tra le mani il dossier sul rapimento di Beth Turner e qualcuno gli aveva fatto avere una lunga lista dove figurava, tra tanti, un nome a lui troppo familiare.
Bridget Bishop.



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16.

A svegliare me la mattina successiva, fu la fame. Mi ero abbandonato alla mia catalessi senza trovare nemmeno la forza di entrare nel mio freezer. Così, appena aperti gli occhi, mi ero alzato per versarmi da bere qualcosa di fresco e piacevole per le mie papille gustative.
Dopo avere fatto quella ricca colazione, mi sfilai il telefono dalla tasca per controllare le chiamate, ma da Beth non avevo ricevuto alcun segno e rendermi conto di non fare altro che attenderne uno, mise a dura prova il mio già provato sistema nervoso.
Ecco perché, quando bussarono alla porta, ero così stordito da non rendermi conto di quanto tempo fosse passato.
Eppure un odore conosciuto e a me tanto caro attirò immediatamente la mia attenzione.
Andai alla porta ad aprire con lentezza, stavolta. Avevo paura di leggere nei suoi occhi una risposta deludente alle mie aspettative.
"Beth..." Sussurrai sentendomi mancare la voce.
"Mick." Rispose lei con più sicurezza.
Entrò facendo due passi verso di me e poggiò la valigia a terra. Poi si voltò a guardarmi mentre si sfilava la sciarpa.
"Ho riflettuto a lungo. Mi ha fatto bene stare via."
"Sono contento di vederti... "
La aiutai a portare dentro il trolley e poi appoggiai le mani sui fianchi respirando a fondo.
"E di vedere che stai bene...Ma perchè sei andata via?"
Dovevo stare zitto, ma la domanda mi uscì del tutto naturale.
"Sei andata via perchè eri confusa su di noi?" Precisai.
Nemmeno aveva messo piede dentro casa che la stavo già aggredendo con le parole, anche se avevo controllato l’impulso di stringerla tra le braccia.
Beth si prese qualche secondo prima di rispondere.
"Si... ero confusa." Si guardò intorno un poco, prendendosi qualche momento per riflettere.
"Non... non esattamente" Aggiunse poi titubante.
"Ero confusa più che altro su di me." Disse azzardandosi a guardarmi finalmente negli occhi.
"Su di te?" Domandai senza capire. Anche se forse quella risposta mi preoccupava ancora di più.
Notai il suo sguardo sfuggente ma terribilmente penetrante.
"E...Ora non lo sei più?" Mi costava molto quella domanda, per la paura che avevo di sentirne la risposta.
Ma non potevo trattenermi dal fargliela, volevo sapere, anche se avrebbe potuto fare maledettamente male.
Beth deglutì a vuoto.
"Lo sono ancora...ma almeno ho deciso cosa voglio, e come affrontare questo mio problema." Disse piano alzando impercettibilmente le spalle, sul volto era chiaramente dipinta la paura della mia reazione e io abbassai lo sguardo per un attimo, smarrito.
Quel tono di voce e quella espressione non mi piacevano affatto. Facendo qualche passo a testa bassa, andai verso il divano.
"Beth scusami... ma faccio fatica a seguirti..." Le spiegai mentre, voltandomi di nuovo verso di lei, facevo un sorriso nervoso a metà.
"Sei confusa, ma sei decisa. E cosa vuoi, posso saperlo?" Avrei voluto sedermi ma l'agitazione me lo impediva.
Lei avanzò di un passo verso di me e prendendo coraggio, rispose.
"Io voglio stare con te, con tutto quello che comporta." Mi guardò negli occhi, mentre parlava e all'improvviso sentì di doversi giustificare.
"Mi dispiace di averti ferito Mick..." Sussurrò con la voce provata dall'emozione. Sembrava commossa e mi stava implorando di perdonarla. I suoi occhi mi chiedevano comprensione e affetto e io ricambiai il suo sguardo profondo, mentre ascoltavo in silenzio quello che avevo fretta di sentire.
La amavo così tanto da volerglielo gridare, ma non potevo. Dovevo prima capire cosa le aveva impedito di restarmi accanto, cosa era stato tanto insopportabile da dover fuggire da me.
"Allora cosa c'è che ti rende confusa, Beth?" Domandai con voce sicura, un po' infastidito dai pensieri che facevo. Non era da me quella sensazione, ma mi sentivo minacciato.
Sentivo bruciarmi dentro il fuoco della gelosia come non mi era mai capitato e fui incapace di controllarmi.
"In questa tua confusione... c'entra per caso Benjamin Talbot?"
Beth sospirò chiudendo gli occhi.
"Anche, ma quella è un'altra storia...una cosa che non riguarda me e te, è che io ho paura di non riuscire a proteggere il tuo segreto. Quella microspia era addosso a me, e io non me ne sono accorta!" La sua voce si alzò di un'ottava per la tensione e il nervoso.
"Tu non immagini nemmeno cosa è stato per me capire di averti messo in pericolo! Mi sono sentita..." Non riuscì a continuare, scosse la testa e ricacciando a forza le lacrime, concluse.
"Mi dispiace...sono un pericolo per te e per quelli come te."
Poi sospirò alleggerita in parte di quel peso e mentre parlava, io mi ero concentrato istintivamente sul battito del suo cuore.
Non lo avevo mai fatto prima. Non avevo mai avuto dubbi che mi dicesse la verità, ma in quel momento, non ero abbastanza lucido da impedire ai miei sensi di reagire a quella situazione soffocante.
Avevo bisogno di sapere. Ma Beth non mi stava mentendo, non lo avrebbe mai fatto e io lo sapevo bene nel mio cuore.
"Ah." Esclamai mordendomi il labbro a quella sua spiegazione. Non sapevo cosa fare. Si sentiva in colpa, ma se davvero la Black Moon l’avesse usata come spia a sua insaputa, come mi stava facendo capire, io non trovavo comunque un solo motivo per rimproverarla.
Mi massaggiai la fronte per qualche istante. Poi la guardai intensamente con occhi lucidi d'emozione.
"Io ti amo Beth... Amo solo te e del resto mi preoccuperò quando sarà il momento. L’unica cosa che voglio è che resti solo se sei davvero convinta di voler restare qui con me, anche a costo di questi inconvenienti. Ci seguiranno, ci ascolteranno… E io ho bisogno di sapere che sei qui perchè mi ami ancora e vuoi restare al mio fianco comunque..."
Beth respirò profondamente, tremando ancora un poco.
"Ancora?" Chiese stupita.
"Mick io me ne sono andata perchè ti amo e non voglio metterti in pericolo! Non ho mai smesso di amarti, come potrei? Ti amo da quando avevo quattro anni...in pratica da tutta la mia vita! Se sono qui è perché, sì, voglio stare con te per tutto il tempo che ci sarà concesso! Spero che tu possa perdonarmi per averti messo in pericolo."
Ricambiò lo sguardo sincero che avevo e aggiunse piano
"Prometto che starò più attenta, credimi, ce la metterò tutta."
Sentivo che aspettava il mio abbraccio e lo desiderava tanto quanto lo desideravo io.
Quell'allontanamento forzato ci aveva fatto capire molte cose del nostro rapporto che avevamo forse bisogno di cogliere nella loro interezza.
Non era Cindy il problema, non era Ben, era quel qualcosa che continuava a costituire la barriera tra il mio e il suo mondo.
Ma l'amore che provavamo sarebbe stato più forte, come sempre. Entrambi ci stavamo impegnando al massimo per farlo funzionare nonostante gli ostacoli. E io sorridendo in maniera più serena, cercai di farle capire anche il mio punto di vista.
"Ma di che parli, Beth? Pensi davvero che io ti dia la colpa di quella microspia? L'unica cosa che voglio è che io e te restiamo insieme!"
Mi avvicinai a lei per prenderla tra le braccia e stringerla forte a me come avevo desiderato dal primo momento che aveva messo piede in casa mia.
Ora che avevo capito quale era il motivo che l'aveva fatta fuggire, speravo di rassicurarla con il mio affetto.
Non ce l'avevo affatto con lei.
"Ma perchè non mi hai detto subito che si trattava di questo? Se non fosse stato per te, Beth, nemmeno io sarei qui ora."
Passai una mano tra le sue ciocche dorate accarezzandole la nuca all'attaccatura dei capelli. E nello stesso tempo piegai la testa avvicinando le labbra alle sue per baciarla, attirandola a me.
Ci scambiammo un bacio lento e lungo, che ci diede tutto il tempo di realizzare quanto amore provavamo l'uno per l'altra e quanta passione ci fosse nei nostri animi, legati già dalla prima volta che ci eravamo incontrati per volere del destino.
Quando le nostre labbra si separarono con un leggero schiocco, restando comunque abbracciati, fui io a scusarmi.
"Sono io che devo chiedere il tuo perdono per quello che è successo con Cindy... Ma non farlo più, Beth... Non lasciarmi più." Aggiunsi sorridendo dolcemente.
Cingendole la vita, intrecciai le gambe con le sue, accostandomi ancora di più a lei con tutto il corpo.
Una volta a contatto col suo, era impossibile nascondersi e resistere alla nostra profonda sintonia fisica.
"Ti amo... e riesci a sentire quanto ti voglio? Facciamo pace..." Suggerii con un sussurro malizioso al suo orecchio.
Beth rise di nuovo un po' imbarazzata e reciprocamente, iniziammo a toglierci i vestiti di fretta, eccitati come due matricole alla loro prima notte insieme.
Beth era alle prese con i miei pantaloni, mentre io le sbottonavo la camicetta, quando all'improvviso bussarono di nuovo alla porta.
"NO... non ora! Non importa..." Protestai, agitando una mano verso la porta, accantonando l'idea di andare ad aprire.
E continuavo a concentrarmi sui suoi bottoni mentre Beth mi spiava di sottecchi.
Bussarono di nuovo e stavolta lei, facendo un sorriso, cercò di farmi ragionare.
"Potrebbe essere importante, Mick..."
Mi scappò un nuovo sbuffo, innervosito da quella interruzione e andai ad aprire deciso a mandare al diavolo chiunque fosse.
Ma mi trovai di fronte Simone, la quale mi squadrò, e vedendo Beth oltre la mia spalla in uno stato un po' sconvolto, si scusò immediatamente.
Il suo sguardo triste smorzò all'istante ogni mio stato di eccitazione.
"Ciao Mick...ciao Beth... Oh perdonatemi, vi ho disturbato... Me ne vado subito. Volevo solo chiederti un favore, Mick.
Se vedi Josef... Puoi dirgli che non sono arrabbiata con lui, ma vorrei parlargli? Mi piacerebbe che restassimo amici, almeno... Non riesco più a contattarlo. In ufficio non l'ho trovato nè ieri nè oggi, a casa non c'è nessuno... Il cellulare è staccato..."

Ero sicuro che avesse gli occhi arrossati di pianto e il mascara leggermente sbafato all'attaccatura delle ciglia, dava conferma ai miei dubbi.
"Certo Simone... Glielo dirò. Però l’ho visto ieri, stava bene. "
O almeno così sembrava, quando l'ho beccato tra le cosce di Cindy...
"Vuoi... entrare?"
Mi stupivo di averglielo chiesto, ma la mia coscienza mi diceva che era in difficoltà e non volevo comportarmi con egoismo.
"No Mick... sei davvero gentile...Ma davvero, sono di corsa... Grazie e scusatemi ancora!"
Salutò con la mano e si voltò per allontanarsi velocemente verso l'ascensore.
Quando richiusi la porta, mi voltai di nuovo verso Beth per spiegarle della discussione con Josef e Cindy.
"Okay.. c'è una cosa che devo dirti. Quando sei andata via ho parlato con Logan per via di un'indagine che sto facendo per conto della nostra comunità. Con l'occasione gli ho anche consegnato la trasmittente che avevamo trovato, ma non è riuscito a risalire alla fonte. Comunque, per raccogliere informazioni sono andato da Josef e l'ho trovato con Cindy. Erano entrambi mezzi nudi nel suo ufficio... Insomma la verità è che la cosa mi ha mandato in bestia e per quanto abbia provato a controllarmi, ho alzato la voce sia con lui che con lei. Se lo meritavano, Beth... Conosci Josef ormai! Volevo solo tenerlo lontano da altre storie che potevano fargli del male! Per questo da ieri non l'ho più sentito nè visto... Me ne sono andato senza nemmeno chiedergli ciò che dovevo."
Mi fermai a guardarla con aria rammaricata.
"Adesso me ne sto pentendo un po'... Il fatto è che ero nervoso per altri motivi..."
Lasciai in sospeso la frase sapendo che lei capiva benissimo.
Beth si morse il labbro abbassando gli occhi colpevole, adesso si sentiva ancora in colpa, anche se in effetti la colpa di tutto era di Cindy.
Probabilmente stava desiderando ardentemente di avere un paletto a portata di mano, era certa che fosse stata lei a provocare Josef come le avevo fatto capire e quindi alla fine se io e lui avevamo litigato era soprattutto per colpa sua.
Non potevo leggerle nel pensiero ma il suo sguardo lasciava più o meno questo segnale
"Perchè per certe donne tenere le gambe chiuse è pura utopia?" ma ovviamente, guardandomi, lasciò comunicare quel pensiero solo con la sua espressione e alzò le spalle rassegnata.
"Mi dispiace Mick, l'ultima cosa che volevo era farvi litigare." Disse piano anche perchè sebbene gran parte della colpa fosse di Cindy, era convinta che se non se ne fosse mai andata, forse io non li avrei aggrediti a parole come avevo fatto.
"Prova a chiamarlo, sono certa che si chiarirà subito." Aggiunse cercando di mettermi fiducia e ci riuscì.
Ma io sospirai a fondo scotendo la testa.
"Beth non è stata colpa tua...Comunque si, lo chiamerò... non subito però... sbaglio o io e te siamo stati interrotti in un momento un po' delicato?" Dicendolo mi avvicinai a lei per riprendermela tra le braccia e Beth sorrise fissandomi con sguardo complice.
"Si, non sbagli"
Mi assicurò, passandomi una mano sul petto lentamente sopra la camicia, dimostrando di essere più che disponibile a fare finalmente pace.


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17.

Beth era tornata con le idee più chiare e avevamo ritrovato il nostro equilibrio.
Quando la strinsi forte al mio petto, posandole un bacio premuroso sulla spalla nuda, la sentii fremere deliziata.
"Mmm...Mi sei mancata così tanto..." Confessai socchiudendo gli occhi e cercando di assorbire quelle sensazioni intense mentre appoggiavo di nuovo le labbra sulle sue.
Beth strinse ancora di più le sue braccia intorno alla mia vita, ricambiando il bacio con trasporto.
"Okay... solo altri cinque minuti. Poi ci alziamo, vero? Intanto provo a chiamare Josef."
Con un colpo di reni mi sollevai per allungare il braccio dietro la schiena e recuperare il mio Iphone.
Inoltrai la chiamata ma mi rispose immediatamente la segreteria.
Così lasciai un messaggio.
"Josef, sono io... Quando ti deciderai a riaccendere il telefono, richiamami, per favore. Devo parlarti."
"Ancora spento?"
Domandò Beth con tono preoccupato.
"Ancora spento." Confermai io ricambiando il suo sguardo.
"C‘è qualcosa che non va. Ora chiamo in ufficio... magari Lara sa dirmi che fine ha fatto."
Cercai il numero delle Kostan Industries e Lara mi rispose prontamente.
"Industrie Kostan, buonasera..."
"Lara, ciao, sono Mick St. John. Per caso Josef è lì?"
"Salve Mr St. John, no, mi dispiace... Anzi, la prego, aspetti un minuto in linea."
Aggrottai le sopracciglia sotto lo sguardo serio di Beth e le spiegai.
"Mi ha messo in attesa... "
"Forse sta controllando se è tornato?"
Scossi la testa confuso da quella sua domanda, ma prima che potessi azzardare ipotesi, sentii Lara tornare al telefono.
"Signor St. John è ancora in linea?"
"Si, Lara... Che succede? Va tutto bene?"
"Mi sono trasferita nello studio... Non voglio che mi sentano gli altri impiegati. Veramente no...siamo tutti un po’ preoccupati. Da quando lavoro qui, il Signor Kostan non ha saltato un solo giorno di lavoro senza avvisare. Stamattina non si è presentato ad una importante riunione e non sono riuscita a rintracciarlo da nessuna parte. Forse non dovrei dirglielo... non sono affari miei, ma lei è sicuramente la persona più vicina al signor Kostan che io conosca e fa l’investigatore... Insomma, potrebbe essere importante. Ieri mattina ha ricevuto una telefonata strana, dopo che lei è andato via... Mi sembrava turbato. Mi ha chiesto di prenotagli un volo per New York, ma aveva il rientro stamattina, proprio in tempo per la riunione. L’autista mi ha detto di averlo riaccompagnato a casa, ma lì non c’è nessuno e qui non si è fatto vedere... Io comincio ad avere paura che gli sia accaduto qualcosa. "
Lara aveva la voce tremolante d’angoscia.
"Hai fatto bene a parlarne solo con me, Lara. Dì a tutti che Josef ha una forte influenza e che tornerà appena possibile. Io ti chiamo appena so qualcosa. E grazie."
Io e Beth ci scambiammo uno sguardo eloquente che non aveva bisogno di commenti e a malincuore ci sciogliemmo da quel caldo abbraccio per rientrare nei nostri rispettivi vestiti.
Anche se avessi tentato di lasciarla a casa, non ci sarei mai riuscito.

Quando la mia Mercedes imboccò il vialetto della Goldstein house, mi accorsi subito che c’era qualcosa che non andava.
La villa di Josef era piena di vetrate e non era mai priva di personale. In casa invece, già da una prima occhiata, mi sembrava non ci fosse anima viva.
Parcheggiai e scendemmo dalla macchina per andare a bussare alla porta dell’ingresso principale, ma nessuno venne ad aprirci.
"Sembra non ci sia nessuno... Forse è a New York..."
"No, Beth, è dentro." Sentivo la sua presenza.
Ero sicuro che ci fosse.
"Allora vuole stare da solo, capita ogni tanto, a tutti... Mick... quella piscina è fantastica!" Esclamò ad un tratto lei sbirciando al di là del vetro.
Aveva lo sguardo rapito dal panorama e soprattutto da quella piscina pensile che aveva conquistato tanti cuori.
Io le passai delicatamente una mano sotto al mento per richiuderle la bocca con una carezza.
" Oh... è magnifica!" Disse lei con un sorriso imbarazzato come se volesse scusarsi di essere rimasta a bocca aperta davanti a quel capolavoro dell'architettura moderna.
"Lo so... La prima volta fa questo effetto a tutti."
Beth annuì e alzò lo sguardo per osservare meglio la casa nella sua interezza mentre io guardavo all'interno, facendomi ombra dal riflesso sui vetri, con la mano.
Ero sicuro di avere visto qualcosa riverso sul pavimento, ma i mobili mi impedivano la visuale e Beth richiamò la mia attenzione un po' allarmata.
"Mick, vieni! Guarda lassù! C'è qualcosa alle finestre...sembra..."
"Ha oscurato le finestre."
Chiarii io, alzando a mia volta la testa.
"Non è normale vero?" Il suo sguardo si era fatto molto più serio e preoccupato.
La fissai senza rispondere.
"Non lo so... Josef, dannazione! APRI O SFONDO LA PORTA!" Gli intimai, tornando a colpire violentemente il legno con il pugno e facendo vibrare rumorosamente la porta blindata. Ma sapevo di non poterla scardinare.
"Non sembra abbia intenzione di aprire... La sfondiamo?"
"Ci vorrebbero le granate al Napalm per sfondare questa porta, Beth..."
"Oh, ma tu hai detto... Ok, beh io le ho dimenticate nell'altra borsa... E tu?"
"Infatti, entreremo dalla finestra...La Goldstein House sembra di facile accesso, ma in realtà è una fortezza."

Le spiegai con risolutezza. Ma anche sfondare una portafinestra non era un'impresa facile, persino per me.
"Mick, ma come facciamo a rompere una finestra antisfondamento? Questa è a prova di proiettile!"
"Si, lo so..."
Dopo un attimo di esitazione in cui pensavo al da farsi, mi avviai alla macchina e aprii il bagagliaio per recuperare il mio crick.
"Tesoro... non mi sembra una buona idea..." Tentò lei con voce sempre più preoccupata.
"Beth, allontanati!" Ordinai e lei fece qualche passo indietro ubbidiente, ma non mi sembrò abbastanza.
"Ancora... e copriti gli occhi!"
"Stai scherzando? Non voglio perdermi questa scena!"

A quelle parole di replica, sbuffai.
"Non è un gioco! Mettiti gli occhiali da sole, almeno!" Le urlai perentoriamente.
A quel punto, caricai il colpo, afferrando il crick con entrambe le mani, stendendomi più che potevo.
Poi rilasciai con tutta la forza che avevo nei muscoli delle braccia, lanciando il crick contro il vetro come se fosse una mazza da baseball.
Al primo colpo il vetro si scheggiò in un punto preciso da cui si diramarono delle crepe profonde.
Caricai di nuovo e al secondo colpo, il vetro iniziò a cedere, piegandosi verso l'interno e perdendo compattezza.
Il terzo e ultimo colpo lo infranse, facendo schizzare alcune schegge impazzite.
Beth mi tornò subito vicino togliendosi gli occhiali.
"WOW...Questa cosa con me non la avevi ancora fatta, St. John!" Esclamò con un sorriso di vittoria, stringendomi il braccio per tastare il muscolo e io ammiccai.
"Con te cerco di essere delicato..." E Beth rispose, sfoderando uno sguardo malizioso. Poi tornò a preoccuparsi per Josef.
"Questo non lo farà arrabbiare, Mick?"
"Si, credo di si... ma lui entra sempre a casa mia senza bussare! Per una volta gli ricambierò il favore. Andiamo...Attenta ai vetri." La invitai ad entrare mentre ci scambiavamo un sorriso, che si spense all'istante quando ci ritrovammo nel salotto di Josef.
"Oh mio Dio, Mick!" Beth indicò a terra, dove c'era una ragazza sdraiata sul tappeto. Altre due erano riverse sui divani di pelle della Goldstein in maniera del tutto scomposta.
"Ah bene... Ha mangiato." Commentai io.
"Sono...morte?" Beth era rimasta ferma col fiato sospeso, poi mi aveva seguito per avvicinarsi ai corpi.
Entrambi avevamo visto i segni evidenti dei morsi, sulle braccia, oltre che sul collo. E questo ci aveva fatto pensare al peggio, ma io potevo percepire il loro battito cardiaco.
"No, dormono soltanto..." Raccolsi un bicchiere riverso sul tavolino e lo annusai.
"Credo che le abbia drogate."
"Si ma lui dov'è? Dorme? O forse non sta bene..."
Ipotizzò e io fui incapace di risponderle.
"Josef! Vuoi smetterla di giocare a nascondino? JOSEF!" Urlai affinché si decidesse a scendere. Ma non udimmo alcuna risposta e nessuna reazione a quel richiamo. Eppure il suo odore era più che percepibile al mio olfatto.
"E' al piano di sopra... Se non scende lui devo andare a prenderlo io!"
"Mick..."
Sussurrò Beth aggrappandosi al mio braccio.
Non mi ricordavo lo avesse fatto mai in quel modo da quando ci conoscevamo.
"Non ti nascondo che ho i brividi..."
"Lo vedo."
Le dissi accarezzando con la mia mano, la sua che stringeva forte la mia giacca.
"Ci sono io... Và tutto bene." Cercavo di rassicurarla, anche se nemmeno io ero tranquillo. E feci un ultimo appello, prima di prendere altre iniziative di invasione.
"JOSEF! SE NON SCENDI, SALIRO’ IO!"
Silenzio.
"Okay, STO SALENDO!" Lo avvisai.
Beth si manteneva dietro di me di qualche passo.
Mi seguì su per le scale e una volta al secondo piano, avvertimmo subito il cambio di temperatura.
Mi scambiai uno sguardo d'intesa con lei e mi tolsi la giacca per mettergliela sulle spalle.
"Grazie... Ma cos'è questo gelo?"
Io le indicai la porta e le spiegai.
"Quella è la stanza da letto... ha un'alcova che è come una cella frigorifera di diversi metri quadrati, una stanza che è in realtà un enorme freezer. Quando aziona il dispositivo di congelamento, si raffredda fino a raggiungere temperature molto basse. A giudicare dal freddo che fa deve essere acceso da parecchio."
"Stupida io a pensare che Josef dormisse in un congelatore come te... è poco chic!"

A quella frase mi voltai a fissarla accigliato. Era nervosa e cercava di sdrammatizzare con qualche battutina sarcastica.
"Grazie..."
"No ma... anche se non è chic, il tuo freezer è sexy! Cioè... A me piace molto..."
Confessò con un sussurro. Ma tremava e non era solo per il freddo.
Sentivo il battito del suo cuore accelerato dalla paura e quello che più mi allarmava era che Josef non accennava a muoversi per accoglierci.
Arrivati davanti alla porta, poggiai la mano sulla maniglia della stanza da letto.
"Ok, io apro. Ma tu resta lontana da noi... E qualunque cosa accada, non dire nulla se non ti guarda, hai capito?"
"Non dico nulla, se non mi guarda... ok... Ma perchè? Che gli sta succedendo Mick?"
"Succede che 400 anni di vita cominciano ad essere pesanti anche per lui. Credo sia in una fase di profonda depressione."
"Beh, capita... Sarà come per gli umani...no?"
"Adesso vediamo."
E mentre lo dicevo, si levarono le note di una musica ad un volume altissimo.
"ODDIO!" Gridò Beth sobbalzando.
"La voce degli angeli..." Mi scappò di bocca. E anche Beth la riconobbe, sebbene non ne conoscesse il titolo.
"Mi aveva detto che gli piaceva questa musica! Ma non credo gli faccia bene ascoltarla in questo momento!"
"NO, Per niente!"
Confermai mentre abbassavo la maniglia e aprivo la porta di scatto. Gettammo uno sguardo all'interno in un misto di stupore, curiosità e timore, ma solo io riuscivo a vedere bene, con tutto quel buio, nonostante dalla porta da noi socchiusa potesse entrare un timido spiraglio di luce fioca.
Josef era riverso sul letto, steso con la faccia sul cuscino. Indossava solo un pantalone di seta blu notte. Ed era immobile.
Sospirai profondamente e avanzai di qualche passo dentro la stanza, lasciando Beth sulla soglia, paralizzata dallo sgomento per quella nuova e del tutto inaspettata situazione.
"Josef, che ti sta succedendo? Questo... non è da te."
Non riuscii a strappargli nessuna risposta e così mi avvicinai ulteriormente per recuperare il telecomando dello stereo e spegnere quella musica straziante.
Ma sapevo che poteva sentirmi anche se avesse avuto le casse sulle orecchie.
"Josef! Sto parlando con te! Che diavolo succede?" Gridai con un tono più risoluto, mentre mi chinavo su di lui e forzatamente cercavo di costringerlo a voltarsi a guardarmi.
Lui allora chinò la testa dalla mia parte e aprendo gli occhi restò a fissarmi con lo sguardo più profondo che gli avessi mai visto farmi.
Josef aveva sempre un'espressione molto penetrante, ma non mi aveva mai rivolto uno sguardo di quel tipo. Era un'estrema richiesta di aiuto.
"Non ha funzionato, Mick... Ci ho provato, ero sicuro che funzionasse...Invece non è andata."
Aprì lentamente le dita lasciando cadere la cassetta che stringeva.
Era la mia cassetta della voce degli angeli. Riconoscevo l'etichetta segnata a penna.
Non mi ci volle molto a capire che l'aveva copiata e fatta ascoltare a Sarah, ma non era servita a risvegliarla come sperava.
Quella delusione, la seconda dopo averla abbracciata, gli aveva fatto capire che l'aveva persa di nuovo. Per la seconda volta. E mi ricordai quello che aveva detto a me nella sua stanza, davanti alla sua bella addormentata, la sua convinzione di avere il destino contro.
Iniziavo a credere anche io che il destino si accanisse perchè restassero separati.
"Josef... Non è un buon motivo per chiudersi dentro. Vuoi che ti prepari un buca di 6 piedi per farti seppellire vivo? Non cambierà la situazione!"
Lui, con lo sguardo perso in un angolo buio della stanza, accennò un sorriso.
"Ma... forse mi farebbe stare meno male. Sono stanco di vivere così... Voglio una ragione di esistere, Mick. Tu ce l'hai, tienitela stretta..."
Alzò gli occhi nella direzione di Beth e lei schiuse le labbra per parlare, ma Josef rivolse gli occhi a me di nuovo, spiazzandola.
"Io sono un vampiro e forse nemmeno a te è del tutto chiaro ancora cosa significhi questa frase."
"Lo so bene, invece."
"Mick... Noi non saremo mai amici come pensi. L’amicizia è un sentimento positivo esattamente come l’amore e tutti i sentimenti che caratterizzano i mortali. Vivono fino a che c’è un cuore che batte. Ma quando quel cuore si ferma, resta solo l’ombra sbiadita di quei sentimenti. In realtà io ti invidio... Sai essere molto simile al mortale che eri. Io non sono così. Io uccido senza rimorsi quando lo ritengo necessario, io mi nutro prendendo il sangue di chi vuole offrirmelo, ma in realtà non chiedo mai il permesso… Ti sei fidato di me e io ho deluso le tue aspettative. Come puoi avere la certezza che io non tradisca ancora la tua fiducia? Ci ho pensato molto e ho capito. Sarei capace di macchiarmi della più deplorevole delle crudeltà. Tradirei il mio migliore amico… Lo farei, se fosse necessario…
Dovresti uccidermi prima che io faccia del male a te...O a Beth."

Il tono della sua voce mi provocò un brivido inquietante. Non era più Josef, non era il Josef che conoscevo.
"Josef ma di che diavolo parli? Perchè dici queste cose? Non ha senso! Tu non mi tradiresti MAI e soprattutto non faresti MAI del male a BETH!"
Josef mi fissò prima di marcare il suo sorriso con ostinazione.
"Ne sei proprio certo? Io farei qualunque cosa per riavere Sarah... Ucciderei chiunque. Anche la tua Beth. Tradirei anche te. Mors tua, vita mea, dico bene? Perciò se non vuoi uccidermi, vattene e lasciami solo!"
"Che scemenze stai dicendo? Sei impazzito per caso?"

A quella domanda vidi i suoi occhi farsi più scuri e rossastri, raccogliendo quella poca luce che entrava dalla porta socchiusa.
La sua voce si alterò, divenendo più dura e rauca.
"Non sono scemenze e non sono mai stato tanto sincero! "
Improvvisamente si sollevò per mettersi seduto al bordo del letto e fissare ulteriormente il suo sguardo di fuoco nel mio. Poi, alzando la voce, urlò senza controllo.
"Tu lo sai chi sono io in realtà? EH? LO SAI? NO! Non sai niente di me, del mio passato, NIENTE! Come puoi fidarti di ME? IO POTREI TRADIRTI IN QUALUNQUE MOMENTO!"
Mentre ascoltavo quello sfogo, gli poggiai una mano sulla spalla sperando che potesse aiutarlo a calmarsi.
"Josef, io credo di no..." Ma Josef non mi stava ascoltando, era preda dei suoi pensieri violenti e autodistruttivi. E abbassando lo sguardo continuò sconsolato, ridimensionando anche il tono della voce.
"Potevo essere felice con Simone, se lei non mi avesse fatto capire che voleva essere abbracciata… E io non voglio vivere così! Se potessi tornare indietro, Mick, farei esattamente come te! Non trasformerei Sarah e anche se lei forse non capirebbe, sarebbe ancora viva!"
"Josef, si può risolvere con Simone..."
"NO, NO MICK! NON SI PUO’ RISOLVERE! Io NON... non la amo, capisci? E’ solo un pallido tentativo di dimenticare Sarah... Non riesco più ad amare, Mick... mi sento vuoto. L'unica persona per cui riuscivo a provare qualcosa di più e che sembrava amarmi per quello che sono, era Simone! E io l'ho allontanata dalla mia vita. E questo perchè mi sento in colpa con lei, la amo ma non quanto amo Sarah! E questo mi fa sentire anche in colpa con Sarah! Non riesco a togliermela dalla testa! Mi sembra di impazzire..."

Si portò la testa tra le mani affondando le dita nei suoi capelli spettinati. Quei repentini sbalzi di umore mi preoccupavano seriamente.
"Aiutami Mick... Aiutami. Tu... se sei un vero amico UCCIDIMI. Fallo ora, prima che io faccia del male a qualcuno... A te, a Beth, a chiunque. Sono così disperato che venderei tutto il mondo, pur di riavere Sarah. Pensieri come questo mi fanno capire che sono fuori di me... "
"Non lo faresti... non hai ucciso quelle tre ragazze al piano di sotto... "
"No, lo avrei fatto al prossimo pasto."
Precisò lui con un sorriso sadico.
"Josef... smettila!" Mi sfuggì.
E in quel momento mi spiazzò totalmente e si trasformò davanti ai miei occhi.
Mi si rivoltò contro con un ruggito che fece trasformare di rimando me e impallidire terrorizzata Beth.
I suo occhi glaciali e la bocca aperta a scoprire i canini aguzzi mi fecero allontanare la mano che avevo lasciato sulla spalla, mosso dallo spirito d’amicizia. La sua voce aveva un tono alterato che non gli avevo mai sentito.
"MICK! TI HO DETTO DI ANDARTENE! VATTENE! E PORTATELA VIA! Sono stanco di sentire le tue cavolate! VATTENE!"
L’unica paura che avevo era per Beth. Non volevo che vedesse quello spettacolo, ma non avevo alternative.
Mi ero reso conto che Cindy aveva saputo vedere ben oltre quello che avevo visto io. Mi ero concentrato sulla mia vita e sui miei sentimenti per Beth, dimenticandomi del dolore di Josef, dando per scontato che fosse abbastanza forte per superarlo.
Quante volte lo avevo sgridato di comportarsi in modo incomprensibile e non mi ero accorto che si trattava solo di un modo per alleviare quel dolore straziante che lo martoriava giorno e notte.
Pensare a come lo avevo trattato, a quanto ero stato insensibile, mi innervosì molto e da vampiro, ero pronto a respingere ogni suo attacco, ma con la volontà di cantargli anche le mie ragioni perché tornasse in sé.
La nostra amicizia non era affatto un’utopia come l’aveva descritta lui. E io ci credevo sempre di più.
"Vuoi litigare! Perciò, d’accordo, litighiamo! Io non ho problemi!" Affermai risoluto scoprendo a mia volta i canini. E lui mi guardò incredulo, spalancando i suoi occhi di terso ghiaccio.
"Sei sempre il solito testardo... Ma non dire che non ti avevo avvertito!"
"No, tu hai parlato, ora stai a sentire me! Dunque noi non contiamo nulla, vero? Sarebbe inutile tentare di farti capire che non sei solo, giusto?"

Gli spiegai indicando anche Beth in riverente attesa sulla soglia, sebbene avesse tutta la voglia di scappare via di lì.
"Voi? Mick, sono solo capace di complicarmi la vita! Non sono stato nemmeno in grado di starti vicino quando avevi bisogno di me! E non nascondermelo, sei andato lì, nel covo della B.M. da solo, perchè mi avevi promesso di prendere quei tizi! Tu avresti dato la vita per me, io mi sono domandato se fossi in grado di fare lo stesso per te. Non ti farebbe piacere conoscere la risposta... così come non è piaciuta a me!" E nel dirlo aveva usato il tono più freddo che potesse avere.
"Non ho altro che me stesso e non ci credo più come prima... Almeno sono onesto come te, per una volta e ti mostro la parte più vergognosa del mio animo. Ma io sono così... Devi rendertene conto."
"Credi che io sia stato sempre sincero con te? Onestà? E' questo che vuoi? "

Gli domandai guardandolo fisso, corrugando la fronte.
Non ero solo contrariato, mi sentivo pugnalato da ogni parola che aveva detto. E stavo solo aspettando il suo prossimo scatto d’ira. Solo che in quel momento avevo un’idea ben precisa in testa e invece di calmarlo, cambiai strategia.
"Ora l'avrai. Hai ragione, mi fai pena, Josef Kostan! Sei un viziatissimo damerino che non fa altro che piangersi addosso...Un pallone gonfiato senza spina dorsale! Sei schifosamente egoista come al solito, ma ora sei anche patetico! Che fine ha fatto l'uomo forte e maledettamente sarcastico che conoscevo? Se non altro prima eri un bastardo divertente! Ora sei noioso e sì, sai fare solo danni, nella tua vita! Non sei stato capace di costruire un accidente se pensi solo ai soldi e ti dimentichi degli amici! Hai ucciso la donna che amavi! E l'unica cosa decente che io ti abbia visto fare da 50 anni a questa parte è stata quella di allontanare Simone prima di uccidere anche lei! E mi hai stupito sai? Almeno per una volta hai usato la testa giusta, per prendere una decisione intelligente, quella che hai sul collo!"
Josef ricambiava il mio sguardo, infuocato dalla rabbia che gli stava salendo.
"Mick, ti prego..."
Beth voleva implorare di calmarci, ma come le avevo detto, faceva appello a me senza mai rivolgersi a Josef.
Avrei voluto darle ascolto ma proprio non potevo farlo. Dovevo pungolarlo nell’orgoglio finchè non fosse esplosa tutta quella miriade di sentimenti negativi che covava dentro e che gli stava macerando quelli positivi. Dovevo mortificarlo, mio malgrado, dovevo farlo.
"No, non mi serve un amico così... debole e insulso che piagnucolando come un moccioso, continua a ripetersi che sbaglia ma non fa nulla per cambiare! E alla fine neanche io sono l'amico perfetto che hai sempre fatto finta di rispettare! Anche io ho sbagliato tanto. Ricordi Virginia, la tua amica vampira, quella stagista di Boston, che ti piaceva tanto? Beh, me la sono portata a letto prima di te!"
Quelle parole arroganti sferzarono Josef in profondità, cui reagì spalancando la bocca e fissandomi con odio impastato allo stupore di quella inaspettata rivelazione.
"MICK! Per favore!" Gridò di nuovo Beth sempre più spaventata.
"E non puoi immaginare che picco ha toccato il mio orgoglio quando Cindy ha detto che avrebbe preferito venire a letto con ME, piuttosto che con TE! Non sei bravo nemmeno a fare ciò di cui vai tanto fiero! Sarai anche un bravo amante, ma probabilmente non sei l’unico! Sei contento adesso?"
"Ma brutto figlio di..." Josef scattò velocemente in piedi, ma prima di sentirgli finire quella frase, gli assestai un bel gancio sul mento, chiudendogli la bocca.
E lui perse immediatamente il controllo, gettandosi su di me per rispondere ai miei fendenti con altrettanta forza e velocità.
Un pugno ben assestato sullo zigomo mi sbilanciò da una parte, ma riprendendo l’equilibrio, replicai con uno in pieno stomaco, abbastanza forte da farlo cadere all‘indietro di qualche metro.
Tuttavia Josef si rialzò immediatamente. La violenza con cui ci colpivamo faceva urlare Beth disperatamente, creando ancora più confusione. Mentre Josef si preparava a caricarmi di nuovo, afferrai una sedia per rompergliela addosso, ma alzando un braccio con molta disinvoltura, si parò dal colpo, mandandola in frantumi. Poi riprese a colpirmi, passando ai calci e improvvisamente mi ritrovai contro la vetrata.
Prima ancora di poter tentare di evitarla, l'avevo già sfondata con la schiena, precipitando giù in terrazza.
Restai sdraiato sulla schiena per qualche secondo, come paralizzato, ricoperto da schegge di vetro.
Non ci eravamo mai trovati a combattere l’uno contro l’altro e stavo riscoprendo in Josef una forza che non conoscevo ancora.
Forse era lui a risultare più forte del solito, non essendo in sé, o forse ero io a non essere in grado di colpire il mio migliore amico come avrei dovuto fare per potermi difendere a modo, restava il fatto che lo sentivo prevalere con un grande scarto.
E quando Josef non esitò a saltare giù per raggiungermi e mi afferrò per la gola, serrandomi con determinazione, non reagii come lui pretendeva. Questo lo innervosì ancora di più e lo fece scattare con maggiore violenza.
Mi strattonò piantandomi di nuovo quegli occhi di brace nei miei prima di gettarmi addosso altro dolore.
Speravo proprio che la cosa lo aiutasse a superare quel momento difficile in cui si stava allontanando troppo dalla sua parte umana.
"Non vuoi proprio capire, eh Mick? Potrei staccarti la testa e appendermela in salotto con una bella targhetta commemorativa degna di te “In ricordo del mio Migliore Amico!” così tutti sapranno quanto ti ho voluto bene!" E mentre lo diceva, fissava i miei occhi grigi che facevano appello alla parte della sua personalità che conoscevano bene e in cui credevano ciecamente, nonostante quella rabbia incontenibile lo avesse trasformato in qualcosa cui non volevo dare un nome.
Voleva dimostrarmi di poter essere spietato, di poter avere la forza di uccidermi sotto lo sguardo scioccato di Beth.
Voleva spaventarmi per allontanarmi, ma non glielo avrei mai permesso. Non gli avrei mai permesso di perdersi definitivamente.
E forse leggere nel mio sguardo la compassione e la fiducia che riponevo in lui, mentre sentivo le sue unghie iniziare a tagliarmi la gola in quella stretta cui non mi opponevo, gli provocò un istante di esitazione che sfruttai per ribaltare la situazione.
Con un guizzo deciso, mi liberai e lo atterrai.
Girandomi di scatto, fui sopra di lui e serrandogli la gola col braccio, mi piegai per afferrare una delle schegge di vetro e gliela puntai sul petto. Non era un paletto, ma era abbastanza appuntito da potergli penetrare nel cuore provocandogli un dolore insopportabile. Ma a me serviva solo per una dimostrazione pratica.
"Scusami Josef, potrei ricambiarti il favore appendendo il tuo cuore come prova che una volta ne avevi uno! Non sono sicuro che mi piaccia arredare il mio salotto in questo modo... Ma sono sicuro che questo cuore ha amato molto e sa ancora amare moltissimo..."
Con un altro strattone, cercò di liberarsi ma lo avevo bloccato troppo bene in quella morsa.
"TORNA IN TE JOSEF! HO BISOGNO DEL TUO AIUTO... DA SOLO NON POSSO FARCELA, LO SAI, E NON SMETTERO’ MAI DI CREDERE IN TE! ANCHE SE TI COMPORTI IN MODO COSI' ASSURDO!"
Gli gridai.
E lui alzò lentamente una mano per fermarmi.
"O.. okay... Hai vinto...Lasciami..." Mormorò riprendendo il suo aspetto umano, tirando la testa all‘indietro con una smorfia di sofferenza. E a quel punto mollai la presa e mi sollevai per sedermi accanto a lui sul bordo della piscina.
Aveva bisogno di tirare fuori quel male che lo stava mangiando dentro.
Josef era troppo orgoglioso per versare lacrime e questo non gli permetteva di sfogarsi come doveva. Aggredirlo per fare a botte era l'unico modo che conoscessi per dargli una strapazzata e scuoterlo.
Lui mi fissò ancora accigliato, mentre si passava una mano sul petto, dove il taglio che gli avevo fatto si stava cicatrizzando a poco a poco e replicò.
" Non... Non è vero, quello che hai detto di Cindy..."
"Si, che è vero..." Risposi accennando un sorriso sornione.
"No... Stai mentendo St. John e sei un pessimo bugiardo! Ma sul serio sei stato con Virginia? Prima di me? Non posso crederci..."
Lo sguardo provato e il tono lamentoso mi fecero capire che quella precisazione me la dovevo risparmiare. Cercai le parole giuste per alleggerire la confessione che mi era sfuggita.
"Ma cosa importa Josef? E' successo 50 anni fa... è roba stravecchia!"
Josef invece si accigliò ancora di più.
"Come hai potuto? Tu lo sapevi quanto mi piacesse..."
"Okay... quella sera... Lo sai, mi ero lasciato da poco con Coraline e avevo bisogno d'affetto... Ammetto che mi sono sentito un verme e infatti è stato solo quella volta. Poi mi sono fatto da parte proprio perchè avevo capito quanto ci tenessi..."
"Vatti a fidare degli amici!"
Esclamò lui con l’ennesima smorfia di disapprovazione, mentre lo aiutavo a rialzarsi.
"Questa me la paghi, St. John... "
"Oh si... anche a me! Me la pagate tutti e due!"
Esclamò Beth avvicinandosi e poi voltandosi di colpo verso Josef gli diede un sonoro ceffone che mi fece rabbrividire, temendone la reazione.
Invece Josef restò a bocca aperta a fissare il riflesso dei suoi occhi in quelli di Beth e lei, subito dopo averlo colpito, gli si gettò al petto, piangendo e rimproverandolo.
"Non pensare mai più quello che hai detto. Ti vogliamo bene, Josef..."
Il vampiro abbassò lo sguardo con aria vagamente colpevole e alzò un braccio per posare la mano sulla schiena di Beth e massaggiarla delicatamente.
"Scusatemi, ho avuto un crollo nervoso simile a quello che ho avuto dopo aver abbracciato Sarah... Mi dispiace per quello che ho detto."
Io gli posai di nuovo la mano sulla spalla, sicuro che fosse di nuovo tutto sotto controllo.
"Josef... Scusami per le vetrate... Ma adesso che sei tornato normale devo chiederti una cosa molto importante... Devi parlarmi di Sebastian DuVall."
Josef si rattristò e scosse la testa debolmente.
"Passi per le vetrate, Mick... Ma adesso questo nome come è saltato fuori? Vedi che ho ragione? Sei tu che hai il vizio di metterti nei guai e di frequentare le persone da cui ti chiedo di restare alla larga! Hai degli ex cognati decisamente interessanti... ma anche pericolosi. Sebastian è molto abile nel combattimento, ed è anche furbo. E‘ uno dei più giovani dei DuVall, ma non so dove si nasconda, né che giro abbia. Evita ogni contatto con lui e i suoi, per il tuo e il nostro bene." E finendo quella frase indicò Beth con lo sguardo.
"Sta partendo per Parigi, ha il volo prenotato tra poche ore... Posso raggiungerlo all‘aeroporto. Non so perché ma sento che devo farlo, devo incontrarlo."
Beth mi fissò preoccupata, mentre si scostava da Josef asciugandosi il viso con la mano.
"Io non ti ci faccio andare da solo. Ci vai soltanto se io posso restarti accanto."
Josef ci guardo entrambi, e poi sospirò.
"All’aeroporto in mezzo alla gente, forse sarete al sicuro. Ma niente mosse false, Mick! "
"Te lo prometto. Grazie Josef... ma ora chiama Lara, era molto in pensiero. E anche Simone... "
Lui annuì in risposta e lasciammo la sua casa.

Sebastian DuVall
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