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Autore: Mick St John    24/10/2011    2 recensioni
Mick sta lentamente riprendendo le forze dopo essere stato ferito nell'episodio precedente, il 18 (Death Symphony), ma il destino, oltre al suo corpo da vampiro, mette alla prova anche il suo cuore. Beth infatti ha troppi pensieri che la mettono in agitazione e capisce che qualcosa tra di loro sta cambiando.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Stagione di Moonlight in fanfic'
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21.

Come avevo previsto, il giorno dopo Simone ottenne l’uscita su cauzione e Tony tornò a casa quella mattina stessa.
Beth era in fibrillazione e non tentò neanche di nascondermi il suo intento di tornare alla villa.
Ben si offrì di accompagnarla, come avevamo concordato e Beth accettò, nonostante all’inizio fosse stata un po’ titubante.
Josef invece si offrì di farmi compagnia e di torturarmi tutto il tempo, aizzando la mia gelosia nei confronti di Talbot.
"Ma cos‘hai in testa? Di certo non sei un tipo geloso! Quello non vede l’ora di rimanere solo con Beth e tu gliela servi su un piatto d’argento! Piatto d’argento che tu, tra l’altro, non puoi nemmeno sfiorare..."
" Josef, andiamo, non avevo alternative." Gli spiegai sedendomi sul divano fingendo un certo distacco.
"Dovresti essere qui per farmi rilassare, non per agitarmi!"
"Sei più divertente, quando sei agitato. E ti devo ancora un paio di destri in faccia per la storia di Virginia! Non credere che me ne sia dimenticato o che l’abbia ancora mandata giù!"
Per tutta risposta, sbuffai, prendendo il giornale e cominciai a leggere le notizie del giorno.

Intanto i due ospiti attesi erano ormai alla porta e quando bussarono, fu Tony stesso ad aprire loro, con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
"Vi stavo aspettando... Seguitemi, venite su con me."
Beth e Ben si scambiarono uno sguardo incuriosito e seguirono Tony al piano superiore, attraversando diverse stanze e corridoi lussuosi, fino a che il ragazzo non si fermò davanti ad una porta con la mano sulla maniglia.
"E‘ qui, Miss Turner... E‘ appesa al muro, sulla destra..." Spiegò Tony, temendo forse che la sorpresa potesse spiazzare esageratamente Beth.
Quando aprì, sia lei che Ben si resero conto di quanto la cosa potesse essere stupefacente. Ed entrambi restarono sbigottiti per la somiglianza di Beth con la donna del quadro.
"Ecco a lei, Miss Turner... Le presento Madame Jacqueline Elizabeth De Robert vissuta alla corte di Francia tra il XVII e il XVIII secolo!"


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Gli occhi di entrambi i visitatori brillarono vistosamente d’emozione e Tony cominciò a raccontare la sua storia.
"C‘è una leggenda che gira su questo meraviglioso personaggio della storia che ben pochi conoscono. Se conoscete i romanzi di Dumas saprete anche che la Regina Anna, sposa di Luigi XIII, fu tanto odiata, per la sua parentela con famiglie “pericolose” per la Francia, dal fidato consigliere del re, il cardinale Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu.
Si racconta che la regina avesse grossi problemi a portare a termine le sue gravidanze e che il cardinale le rimproverasse eccessiva immaturità nel continuare a fare vita di corte con tutti i suoi svaghi senza tenere conto del fatto che, ormai più che adulta, non aveva ancora dato a Luigi un degno erede.
La storia rivela che ebbe diversi aborti,spontanei, altri dovuti a delle cadute, prima di partorire dopo 20 anni di matrimonio, il famosissimo Luigi XIV che diventerà il Re Sole. In realtà prima di lui e di suo fratello Filippo, alcuni sostengono che Anna abbia dato alla luce una bambina. Nel romanzo dei tre moschettieri si parla approfonditamente di una relazione clandestina che Anna avrebbe avuto con George Villiers, primo duca di Buckingham. Quello che il romanzo omette, lo si è intuito analizzando alcuni documenti dell’epoca e cioè che la regina pare sia rimasta anche incinta durante la relazione col duca, che abbia dato alla luce appunto la bambina, ma che questa fosse morta durante il parto. Dopo questo spiacevole episodio, dopo l‘ennesimo scontro con Richelieu, la regina Anna si convinse ad interrompere la relazione col duca, che tornò definitivamente in Inghilterra. Non è del tutto da escludere che abbia simulato l’ennesimo aborto nel dubbio che il neonato fosse appunto figlio del duca e non un legittimo discendente dei Borboni.
Per anni non si seppe null’altro che questo, ma da alcune lettere intercettate e prelevate dalla corrispondenza che il Duca ancora intratteneva con la regina Anna, alcuni studiosi affermano di avere scoperto che la bambina cui fu dato nome Elizabeth, non fosse affatto nata morta, ma che fosse stata portata in Inghilterra dal presunto padre e cresciuta presso la famiglia della vera figlia del duca, che la adottò in maniera ufficiale. "

Tony indicò con la mano il quadro che aveva di fronte e Beth espresse subito le sue perplessità.
" Quindi... quindi se ho capito bene, Elizabeth è figlia della regina Anna e del duca di Buckingam?"
"Figlia della regina Anna, molto probabilmente... Ma non si può avere la certezza scientifica che fosse figlia del duca e non di Luigi. Se fosse stata concepita dal re, questa donna qui ritratta sarebbe in realtà una sconosciuta discendente della dinastia dei Reali di Francia, poiché nelle sue vene scorrerebbe sangue borbonico. Purtroppo nessuno ci svelerà mai questo mistero.
Il sangue della discendenza di Elizabeth, se anche fosse una sua lontana antenata, miss Turner, come si può pensare dalla somiglianza, non potrebbe essere comunque confrontato con quello dei Borboni che si estinsero alla fine del 1700 durante la Rivoluzione Francese. L‘intera famiglia reale fu condannata alla ghigliottina, come di certo saprete... Cos‘altro posso dirvi? Credo di avervi spiegato la storia, così come l‘hanno raccontata a me, ma è chiaro che si potrebbe trattare solo di pettegolezzi di palazzo. Forse di voci messe in giro dallo stesso cardinale Richelieu per gettare fango sulla reputazione della regina."

Mentre finiva di parlare, Tony venne interrotto dalla cameriera che lo pregò di raggiungere il padre al piano inferiore e il ragazzo si congedò con estrema gentilezza, sorridendo.
" Vi prego di scusarmi, ma voi restate pure, tornerò appena possibile."
Beth si avvicinò ancora di più al quadro per osservarlo da vicino e sfiorò appena la superficie della tela, con una certa incredulità.
"La somiglianza è davvero impressionante... " Si lasciò sfuggire Ben.
"Dal racconto di Tony sembra che tu possa essere una discendente dei Reali di Francia! E‘ incredibile... "
Ma Beth non lo stava ascoltando, rapita da quella sensazionale scoperta. Quando si voltò a guardarlo, i suoi occhi si posarono su un particolare che non le poteva sfuggire.
" Il Fleur de Lys..." L’incisione a giglio che aveva visto sulla porta alle spalle di Ben la attirò come una calamita.
E Ben la fissò turbato.
"Beth... di che stai parlando? Quale fiordaliso? "
Beth si accostò alla porta e la aprì senza un attimo di esitazione.
"NO! Beth! " Protestò Talbot raggiungendola.
"Che vuoi fare? Non possiamo andarcene in giro per la casa! Dobbiamo aspettare Tony!"
Beth invece di rispondergli, gli indicò il pavimento al di là di quella porta e Ben chinò lo sguardo suo malgrado per accontentarla.
"Che c‘è?"
" A me sembra una scala...Una scala a chiocciola. "
Ben guardò con attenzione e capì che avevano trovato un passaggio interno.
La scala lunga e stretta, sembrava condurre non al piano inferiore, bensì ad una sorta di seminterrato.
Beth si voltò a guardarlo negli occhi emozionatissima.
"Wow... a me sembra un passaggio segreto... "
Ben sospirò.
"Io scendo." Sentenziò lei mentre Talbot la fulminava con lo sguardo spalancato per lo stupore e la preoccupazione.
"No Beth, tu non vai da NESSUNA parte! Questa casa non è un parco giochi! Non stiamo giocando ad una caccia al tesoro, perciò noi non ficcheremo il naso in quel sotterraneo!"
"Ben... io ti credevo più coraggioso sai?"
"Io sono coraggioso quanto basta! E' solo che non sono avventato e incosciente come te! Ora andiamocene."

Ordinò tirandola per il polso.
Ma Beth sentiva qualcosa che la attirava verso l'ignoto. E non era solo curiosità. Con uno strattone si liberò dalla presa di Ben e si precipitò giù per la scalinata. Una volta aver sceso a perdifiato tutti i gradini, si ritrovò di fronte ad un percorso obbligato.
C’era uno stretto corridoio che si diramava in profondità ma la cui fine era preclusa al suo sguardo.
Gettò un’occhiata in alto verso Ben che le urlava di risalire e stava già scendendo a sua volta per raggiungerla, poi guardò verso il tunnel per un istante in cui capì che doveva percorrerlo fino in fondo.
E varcò la soglia della galleria, pronta ad avventurarsi.
Vedeva un bagliore azzurro in lontananza dietro la prima curva di quel budello. E quella luce con quel colore, la rassicurava e la attirava.
Ben sbuffò contrariato ed esitò prima di raggiungerla.
"Beth... ti prego. Per l'ultima volta...torniamo a casa. Non voglio che Mick mi dissangui se non ti riporto da lui tutta intera..."
Aveva usato la parola giusta.
Dissanguare era proprio quello che avrei fatto se la situazione gli fosse sfuggita di mano. E Beth avrebbe dovuto capire.
La aveva usata di proposito per richiamare la sua attenzione, ma lei non lo aveva nemmeno sentito.
A causa della poca luce Beth fu costretta ad assottigliare lo sguardo e le sembrò di scorgere delle ombre agitarsi.
"Ben... vieni qui... C'è qualcuno laggiù!"
Ben si accigliò e il suo sguardo si accese di una luce più forte. Ora temeva davvero che le cose andassero come non aveva previsto.
"Sembra... Un bambino!"
Gridò ad un tratto Beth ed iniziò a correre prima che lui potesse bloccarla.
"BETH! DOVE DIAVOLO VAI? ASPETTA!"
Entrò anche lui nel tunnel cercando di raggiungerla ma dopo avere svoltato l'angolo s'era ritrovato ad un bivio e l'aveva persa.
Beth invece aveva visto una sagoma non molto alta. Era quasi certa che fosse quella di un bambino e voleva raggiungere a tutti i costi.
"Ehi TU!"
Gli gridò in un tratto di strada più rettilineo. Ma mentre correva inciampò in qualcosa e cadde.
Piantando i palmi a terra aveva attutito la caduta, ma si era tagliata sotto il pollice e alzando lo sguardo si accorse di non essere sola.
La figura che aveva intravisto precedentemente era di fronte a lei, accucciata.
"Ti sei fatta male?" Domandò una vocetta flebile ma sicura.
"Sto bene..."
Gli rispose Beth alzando lo sguardo incredula, mentre le sue mani cercavano un fazzoletto per avvolgerlo intorno al taglio.
Il bambino piegò lentamente la testa da un lato, incuriosito, mentre Beth si rialzava, scrollandosi di dosso una nuvola di polvere e terra.
Poi il suo sguardo si posò su quella piccola e curiosa presenza.
Ebbe l’impressione di avere già visto quell'espressione, perché gli sembrava di riconoscere quel gesto.
Sentì improvvisamente un’ondata di calore invaderle il cuore mentre lo osservava con attenzione.
Doveva avere forse 6 o 7 anni, aveva un paio di pantaloncini sporchi di fango e un ginocchio sbucciato, i capelli spettinati sulla fronte e la sua piccola mano stretta forte intorno ad un aeroplanino di plastica.
La fissò con uno sguardo serio e intenso che penetrò a fondo in quello di Beth. Uno sguardo sicuro e allo stesso tempo dolcissimo.
Uno sguardo che una parte remota del suo animo trovò stranamente familiare, troppo familiare.
"Ma perchè scappavi? Non devi avere paura...non voglio farti del male! Come ti chiami? "
Gli chiese Beth ancora dolorante.
"Mi chiamo Elliot."
Rispose il ragazzino facendola sobbalzare.
"Elliot..."
Sussurrò con un filo di voce Beth e un brivido le passò lungo la schiena.
"BETH! BETH DOVE SEI??"
Talbot cominciava ad agitarsi e ad innervosirsi.
"RISPONDIMI, BETH!"
Ma Beth non riusciva a smettere di fissare quel bambino, proprio non ci riusciva, quella piccola sensazione si stava ingrandendo, più lo guardava più la sentiva diventare una certezza.
"Elliot... che ci fai qui?"
La sicurezza nella sua voce svaniva lentamente, lasciando il posto ad un tremolio incerto.
"Mi sono perso..."
"Adesso vieni con me...ti aiuto io ad uscire..."

Gli rispose lei con un sorriso tremante, rendendosi conto che tra i due, la spaventata era lei.
Si chinò fino a trovarsi alla sua altezza e con una mano incerta quanto il suo sorriso, che avrebbe voluto essere incoraggiante, gli accarezzò i capelli scarmigliati sulla fronte.
Erano morbidi e lei sentì che anche quel gesto le era familiare, era come se lo avesse già fatto. Il suo sorriso diventò più fermo e la sua mano si tese verso il bambino.
"Io sono Beth! Vieni, Elliot. " Ripetè con dolcezza mentre lo osservava prendere la sua mano.
"No... vieni tu..." Le rispose il bambino tirandola verso la fine della galleria. Improvvisamente si ritrovarono dentro una stanza dalle pareti di roccia e con il pavimento ricoperto di strane scritte in latino. Al centro della stanza c’era un libro aperto ed Elliot glielo indicò.
"Cercavi quello, vero? Tutti cercano quello..."
"Non lo so... "
Rispose Beth timidamente.
"Non so cosa sia. "
Elliot la fissò senza battere ciglio e poi rispose.
"Quel libro è pieno di risposte. "
Beth si avvicinò incuriosita e stringendo gli occhi per poter leggere nonostante la pochissima luce, riuscì a capire il senso di quelle pagine.
Ma non era sicura di essere sveglia o di vivere un sogno ad occhi aperti.
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"BETH! Dove sei? BETH RISPONDI! "
"BEN VIENI, HO TROVATO UN BAMBINO!"
Gridò ad un tratto, indietreggiando e uscendo dalla stanza per andare incontro a Ben, nell’ oscurità da dove sentiva provenire la sua voce. Ma il bambino che aveva al fianco si bloccò di colpo e Beth fu costretta a fermarsi.
Piegandosi sulle ginocchia verso di lui, cercò di rassicurarlo.
Talbot arrivò proprio in quel momento. E la vide chinata a parlare piano.
"Beth, finalmente ti ho trovata! Ma con chi parli?"
Beth si voltò verso di lui con un sorriso.
"Con Elliot, lui... si è perso..."
Ben sbirciò il muro oltre la sua spalla prima dal lato sinistro, poi dal destro.
"Beth, ma che stai dicendo? Non c'è nessun bambino!"
Le disse afferrandola per le spalle e scuotendola con una certa forza.
Beth si voltò e si rese conto che di Elliot non c'era più neanche l'ombra.
Ma quello sguardo che aveva visto, lo ricordava fin troppo bene, impresso a fuoco nella sua mente come tutte quelle sensazioni che aveva provato, quel calore, il senso di gioia che aveva avvertito nell'accarezzarlo.
Quando si sentì afferrare da Talbot, scoppiò in lacrime, senza alcun controllo.
Non riusciva a fermarle, sebbene si sforzasse.
Aveva improvvisamente realizzato cosa le era successo.
"O mio Dio Ben.. Elliot! Elliot somigliava...Aveva lo stesso sguardo di... Quello... Era ...era... Non è possibile!"
Sentiva lo stomaco premuto in una morsa e si abbandonò tra le braccia del viceprocuratore, mentre lui cercava di rassicurarla.
Era scombussolata, stordita, sconvolta, mentre parlava in modo sconclusionato e incomprensibile.
"Chi era, Beth?"
Chiese lui stringendola, non capendo cosa volesse dire.
"Era...Io lo so chi era..."
Ma non riusciva a dirlo. Le restava fermo in gola.
Ben sollevò il suo viso e la guardò negli occhi.
"Chi Beth? Chi?"
"Era..."
Lei non riuscì a continuare, l'unica cosa che vedeva era quel bambino in mezzo alle lacrime che le riempivano gli occhi azzurri.
"Ti dico che non c'è nessuno qui! Era solo una tua fantasia, Beth... Va tutto bene... Ora mi credi? vedi che è meglio andare via di qui?"
Beth si asciugò una guancia, cercando di reprimere i singhiozzi.
Piangeva in modo incontrollato e si sentiva stupida.
Ma le emozioni che aveva vissuto non erano spiegabili. Erano innaturali.
Solo lei poteva sapere quello che le era capitato e dentro di sè aveva la certezza che quel bambino fosse parte di lei.



**********************
22.

Lentamente ripiegai il giornale e lo appoggiai sul tavolino prima di rialzarmi dal divano.
"E così è saltato fuori all’improvviso un testimone che, dopo 8 anni, ha dichiarato che i rapinatori erano due e che a sparare all’agente sia stato l’altro, e non Mark. Questo ha convinto il governatore a concedere la grazia. Okay senti... Io ho i miei sospetti su chi possa essere stato a parlare con Schwarzy..."
Gongolai fissando Josef e lui, evitando accuratamente di incrociare il mio sguardo, scolò tutto d’un fiato il suo bicchiere.
"Allora avevo ragione... ce l‘hai ancora un cuore...Lara te ne sarà debitrice a vita. L‘hai licenziata?"
"Non avrebbe avuto senso licenziarla ora che ho comprato la sua riconoscenza per tutta la vita, non ti pare? Ora è mia schiava fino al suo ultimo respiro."
" Mmm... come sei sadico... L’unico sadico dal cuore tenero che io conosca!" Replicai alzandomi per dargli una pacca sulla spalla.
In quel momento il sorriso mi si congelò sulle labbra, sentendo Beth singhiozzare fuori dalla porta. Ben l’aveva accompagnata fino al pianerottolo, ma poi Beth aveva preteso che finalmente la lasciasse sola. Solo che dopo neanche 30 secondi che il suo amico era entrato in ascensore, le era presa una nuova crisi di pianto.
"E io che ti avevo detto? Questo è il risultato dopo averla mandata in giro da sola con Talbot!"
Freddai Josef con lo sguardo mentre mi precipitavo alla porta e abbracciando Beth, cercai di farla calmare.
"Dov’è Talbot? Che è successo?" Le sussurrai appena all’orecchio portandola verso il divano per farla sedere.
"Ben... l‘ho mandato via io...Non...lui non c‘entra..."
Balbettò Beth, ma era sconvolta e faceva fatica persino a deglutire.
"Restale vicino, ma senza stressarla." Intimai a Josef e lui sfoderò un’espressione ferita e contrariata per la mia precisazione. Io invece mi allontanai da lei solo il tempo di prenderle un bicchiere d’acqua.
Beth sorseggiò cercando di riprendere fiato e si scusò. Poi iniziò a raccontare la storia della dama del quadro, di quanto le somigliasse. Ricordare ebbe l’effetto di distrarla. Ma quando arrivò alla parte più preoccupante della storia, tornò a sussultare tra i singhiozzi. Ci parlò delle pagine del libro e di quello che aveva letto sugli immuni. Josef era più perplesso di me e ascoltava in rispettoso silenzio.
"Smettila di piangere..."
Le ripetevo continuamente, tenendola stretta a me più che potevo, mentre le accarezzavo i capelli sulla nuca. Ma non riuscivo davvero a capacitarmi di ciò che era successo.
E lei non sentendosi creduta, non si sentiva rassicurata dal mio abbraccio come doveva.
"Mick... perdonami, ti prego... non so cosa mi è preso..lo so che è una cosa assurda e stupida da pensare, ma io te lo giuro... me lo sento... Quel bambino... era nostro figlio!"
Ogni volta che lo aveva detto avevo avvertito una fitta al cuore. E quel dolore mi era insopportabile.
"Era solo una tua proiezione, Beth... Hai avuto una allucinazione, in quel tunnel dovevano esserci delle piante velenose... Quando sei caduta e ti sei ferita hanno fatto effetto sulla tua psiche..."
Sapevo che non sarei stato in grado di darle un piccolo Elliot come voleva e il solo pensiero che lei lo avesse sognato ad occhi aperti, mi faceva stare malissimo.
"Ma io lo avevo visto prima di cadere, Mick! L'ho visto correre prima ancora di entrare lì dentro! Ha detto di chiamarsi Elliot! Elliot, Mick! Capisci? E' stato incredibile... E guardami, mi ha turbata, ma non sono spaventata, è solo che... mi ha toccata nel profondo! Io ho visto te in lui, Mick! Aveva il tuo stesso sguardo...E' stato pazzesco, ma bellissimo, credimi..."
Josef ci guardava taciturno, scotendo la testa.
Poi mosse le labbra senza emettere suono mentre lo fissavo preoccupato.
E capii perfettamente cosa voleva dirmi.
"Magia bianca."
Cui io risposi scotendo la testa a mia volta.
"No...Veleno. "
Era una cosa paradossale, ma ora che era accaduta ne vedevo gli effetti devastanti sullo spirito di Beth.
Noi rischiavamo la vita a contatto con quella gente, ma Beth rischiava di perdere la ragione. Era la sua integrità psicologica ad essere messa a dura prova, confrontandosi con cose ben più grandi di lei.
Quella casa nascondeva molte cose incomprensibili.
Il quadro era la prima che non mi convinceva affatto, così come la storia della discendenza dei reali di Francia con cui Tony pensava che Beth potesse essere imparentata.
Il secondo elemento fortemente sospetto era il proprietario di casa, assolutamente inesistente nel nucleo familiare ma apparentemente sempre presente con le sue direttive.
Ora si aggiungeva la storia del passaggio segreto e del tunnel allucinogeno.
"Non metteremo più piede lì dentro. Hai capito? Mai più, né tu né io." Mormorai a Beth chiudendo gli occhi.
Josef intanto, rifletteva su tutta quella storia dell’immunità pensando a Sarah e ad un tratto ci salutò ricordandosi che doveva passare dal suo ufficio. In realtà doveva essere una scusa per togliersi di mezzo e tornare a dedicarsi ai suoi piccoli problemi.


***************
23.

Ben lasciò Drexel Avenue dirottando verso casa, ma il cellulare squillò facendolo sobbalzare.
"Okay Ben, calmati, è tutto sotto controllo... Qualunque cosa Beth abbia visto, non era reale! Devo chiedere spiegazione a chi di dovere!" Si ripetè prima di prendere la telefonata. Ora che Beth era di nuovo con me si sentiva più tranquillo ma non aveva ancora smaltito l’adrenalina.
"Ben... Scusa se ti disturbo, come stai?"
Riconobbe subito quella voce sexy.
"Cindy? Ciao... io sto bene e tu?"
"Bene, grazie... Volevo chiederti... beh, se non sei già impegnato stasera... Ti andrebbe di cenare qui da me?"
Ben deglutì prima di rispondere, facendo mente locale.
"A Cena? Oh... Va bene, ti ringrazio... A che ora? "
"Alle sette... per te va bene?"
"Va bene... alle sette, ci sarò. Ciao, a dopo..." Rispose Talbot controllando nello specchietto retrovisore con un sorriso di compiacimento.
"Fantastico! A dopo!" Esclamò Cindy di rimando con l’entusiasmo di una ragazzina al suo primo appuntamento.

Dall’altra parte di Down Town invece Josef rientrava in ufficio per uscirne solo al calare del sole.
Quando lasciò il suo ufficio quella sera, lui e Lara si salutarono con uno sguardo diverso, quasi complice.
E una volta rientrato in casa accese tutte le luci come non faceva da diverso tempo. Si tolse i vestiti, si infilò la vestaglia di seta bordeaux e si versò da bere. Poi prese in mano il samsung per chiamare Simone ma nel farlo urtò accidentalmente il bicchiere, facendolo cadere a terra e versandone il contenuto sul parquet.
"Ma porc...!"
Stranamente il cristallo dondolò restando intatto e quando si chinò per raccoglierlo, avvertì un rumore sordo che aveva già sentito, riconoscendolo subito.
C’era una cimice anche in casa sua.
Il liquido che aveva distrattamente versato era entrato a contatto con la microspia, mandandola in corto circuito.
Quando si tirò su, con lo sguardo ancora stupito per quel ritrovamento, qualcuno suonò alla sua porta.
Josef andò ad aprire, incuriosito e guardando dritto davanti a sé, le sue pupille si restrinsero di colpo.
Il cellulare gli cadde pesantemente dalle mani.
Quella notte capì una cosa molto importante della sua vita.
Ora se ne ricordava perfettamente.
Non importava di quanto il destino volesse dare o togliere ad ognuno di noi.
Importava ogni nostra emozione, ogni nostra sensazione seppure impercettibile, capace di far vibrare di vita ogni singolo secondo.
E Josef, che aveva perso di vista lo scopo principale del suo esistere, in quel momento si ripromise di recuperarlo con una nuova consapevolezza.
Quando il battito del suo cuore avrebbe superato le ombre del passato... allora l'amore sarebbe riuscito davvero a trionfare sul destino.
Doveva solo chiedersi se fosse pronto.


Fine Destiny - Ep 19

Per il seguito... Stay Tuned!


Cast di questa puntata:

image Mick St. John: Alex O’Loughlin
image Beth Turner: Sophia Myles
image Josef Kostan: Jason Dohring
image Benjamin Talbot: Eric Winter
image Logan Griffen: David Blue
image Carl Davis: Brian White
image Juliet McLow : Shiri Appleby
image Tony (Anthony) Romeo: Jason Behr
image Cindy Morrigan: Naomi Watts
image Roger Kale: Patrick Thompson
image Long John Silver/Jim: Michael Chiklis
image Julie Roberts: Claire Danes
image Mary: Idina Menzel
image Jack Sr. Turner: Paul Bettany
image Mark Collins: Shemar Moore
image Duke Collins: Julius Tennon
image Lara: N.P.
image Le pulitrici: N.P.
image Annie St. John: Jennifer Connely
image Michael St. John : Gary Oldman

image Sebastian DuVall: Henry Cavill
image Sam: Vincent Kartheiser
image Elliot: Saxon O'Lachlan
  
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