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Autore: L_Fy    24/10/2011    35 recensioni
...Se lo disse anche a fior di labbra, sottovoce: "Veronica Alberice Scarlini della Torre, sei uno schianto."
Aveva diciotto splendidi anni, era raffinata, ricca, alla moda, trendy da morire, più fashion di Paris Hilton, più glamour di Anna Wintour, più sensuale di Monica Bellucci. Nessuno del centinaio abbondante di ragazzi della sua scuola poteva non sbavare mentre lei passava senza degnarli di un solo sguardo, nessuna delle 2000 oche della sua scuola poteva non morire d’invidia, nessuno del corpo insegnanti poteva non rimpiangere di non avere avuto un solo grammo del suo allure nella loro triste, patetica esistenza.
Quindi, non poteva essere altrimenti: lui finalmente l’avrebbe guardata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Si, Veronica, che colpaccio!”
“Ma perché non ci hai detto niente? Avrei pagato a te e a Tebaldo una stola di visone pur di essere con voi sul set!”
“Siete proprio due vipere… due vipere baciate dalla fortuna!”
Veronica, muta, si limitò a sbattere le ciglia: saggiamente decise di non fare domande ma di aspettare che le tre Marie palesassero il loro gioco, o la loro dipartita mentale, a seconda di quale fosse il reale motivo di quell’assurdo farneticare.
“Sì, ieri dopo che ho visto su You-tube quell’infamante video su di te confesso che ho pensato…”
“Eh, ma poi è stato pubblicato subito dopo quello con X-Aj… cioè, voglio dire, X-Aj!!”
“Giuro che quando stamattina ho visto la gigantografia sono…”
…gigantografia???
“… stramazzata a terra dall’invidia!”
 “Naturalmente l’avete fatto per una causa molto nobile, ma ti ricordo che anche io sono sempre stata favorevole al volontariato e avrei potuto…”
“… e chissà da quanto tempo ci stavate lavorando sopra, tu e Tebaldo! Ecco il perché di tutte quelle sue visite a domicilio…”
“… senza contare che in quella gigantografia sei favolosa! Quel cappello così trendy è quello della collezione Frankie Morello?”
Cappello… quella mortifera cuffia a fiori?
“Morello… no, quello è un… pezzo vintage.”
“Sei proprio un’icona fashion!” sospirò Maria Beatrice estasiata.
“Si già… e, ehm, dov’è che avrebbero piazzato questa gigantografia?”
Le tre Marie si lanciarono uno sguardo divertito e Veronica temette la gaffe diplomatica.
“Che sciocchina” chiocciò alla fine Maria Lucrezia magnanima “Non devi per forza fare la finta modesta… non con noi, almeno! Cioè, siamo o non siamo le tue migliori amiche?”
Veronica per un pelo non scoppiò a ridere istericamente.
“E comunque la gigantografia fa davvero un figurone, così davanti alla scuola!” sospirò Maria Vittoria girando il viso estatico verso l’uscita.
Veronica, quasi in trance, si avviò malferma in quella direzione, seguendo una traiettoria rettilinea.
La gigantografia c’era proprio, non era un miraggio… ed era proprio enorme! Per forza le Marie l’avevano presa in giro, passando davanti alla scuola era impossibile non vederla. Il fatto che le fosse sfuggita era un chiaro segnale dell’assurdo livello di stress durante il suo tragico ingresso a scuola. Veronica, a naso in su, osservò la gigantografia cercando di non far trapelare la meraviglia dal viso: in un satinato bianco e nero, divisa in tre fotogrammi, l’immagine riprendeva tre persone diverse intente ad accudire dei cani evidentemente rinchiusi nelle anguste gabbie di un canile.
La prima era una tizia dall’espressione un po’ assente con due cani enormi che le saltavano intorno giocosi; apparentemente quella tizia non faceva niente, se non stare lì con dubbio entusiasmo. Veronica faticò a riconoscersi in quel serioso bianco e nero, eppure con quella cuffia in testa non poteva essere che lei! Nel secondo fotogramma un bel ragazzo dal mento volitivo e l’aria un po’ arrogante spazzolava amorevole un grosso bastardone con la lingua penzoloni e l’aria soddisfatta. Tebaldo, in tutta la sua spocchiosa bella presenza, faceva la sua porca figura anche con addosso il grembiulone d’ordinanza e gli stivali da cavallerizzo; Sancho invece era più signorile e fotogenico di Gary Cooper. Nel terzo, il famosissimo cantante X-Aj coi suoi rasta al vento e i suoi tatuaggi in bella vista rovesciava dei croccantini in enormi ciotole assaltate da un’orda di cuccioli. Una scritta attraversava i tre fotogrammi a caratteri cubitali: BASTA UNA MANO, E PUO’ ESSERE LA TUA.
Cavolo, proprio una frase ad effetto! Sotto, discreti ma ben visibili, il logo dell’ente protezione animali e qualche sponsor, tra cui la casa farmaceutica gestita dal padre di Veronica.
Mentre ancora era a naso in su, una sensazione strana perforò il guscio annichilito che la avvolgeva: sollievo. Una immane, liberatoria leggerezza le sciolse le spire che le bloccavano il respiro, lasciandole addosso quasi un senso di languore.
Accidenti, se c’era andata vicino… dopo aver sfiorato la rovina sociale, trovarsi ancora incolume grazie quella foto le stava provocando quasi un senso di vertigine. Povera Gladi morta invano per una causa che non era nemmeno nata, pensò poi quasi con tristezza: Grimilde non disse niente, gongolando malvagiamente con lo scettro lucente in mano.
Niente, constatò Veronica esilarata, la schizofrenia non voleva abbandonarla… ancora di più si sentì tremare quando dalle acque del subconscio emerse il nome del deux ex machina di quel salvataggio in extremis: Tebaldo. Chi altri poteva essere se non lui? Veronica ne fissò l’immagine in bianco e nero, il sorrisetto allusivo anche in quella posa bizzarra, l’eleganza studiata, l’assoluta, snervante tranquillità con cui sembrava trovarsi a proprio agio dovunque… Una ridda confusa si sensazioni contrastanti accompagnò l’immagine del giovane.
Quell’incredibile cugino: se lo trovava sempre di fianco, quando inciampava e rischiava di cadere rovinosamente a terra… meglio non mitizzarlo però…
Quel machiavellico manipolatore: chissà com’era venuto a conoscenza di quel casino? E come gli era venuta in mente quella brillante soluzione? Magari era pure stato lui a ordire il tutto!
Quel porco patentato! E magari doveva anche essergli grata…
“Senorita, non ricominsar con le crisi de personalidad multipla” la rimproverò interiormente la voce riveduta e corretta di Inocencia: probabilmente era in lizza per prendere il posto della defunta Gladi come surrogato di coscienza, ridacchiò Veronica tra sé e sé.
Ma comunque: Tebaldo. Beh, ovvio che ci fosse il suo zampino di mezzo, quel maledetto riusciva a infilare quel suo aguzzo naso antipatico dovunque. Minimo doveva ringraziarlo: uffa, l’aveva anche preso a pesci in faccia, quella mattina… ecco perché sembrava ridersela tanto! L’ipotesi che Tebaldo in realtà fosse il sobillatore di Bianchi al solo scopo di umiliarla era sempre più plausibile. Mentre ancora le tre Marie stavano arrancando sulla sua scia, incerte sia per i tacchi 12 dei loro sandali sia per il contegno bizzarramente silenzioso dell’amica, Veronica fece dietrofront e marciò di nuovo all’interno dell’edificio.
“Ma dove vai?” si decise a strillarle dietro Maria Beatrice, frustrata.
“La nostra amica è un po’ strana stamattina” approvò Maria Ludovica a voce altissima, certa che gli astanti intorno non vedessero l’ora di sapere i rapporti che legavano quelle tre splendide Dee con la ragazza del cartellone “La nostra amica Veronica, quella che conosce X-Aj così bene da convincerlo a fare una pubblicità insieme!”
Aggiunse una risata acutissima e Maria Beatrice e Maria Vittoria si girarono a fissarla meravigliate, del tutto ignare dei moti mentali che la motivavano.
“MariaLu, ma ti senti bene?” si preoccupò Maria Vittoria mentre Maria Beatrice, più prosaicamente, si infilava di nuovo sulla scia di Veronica, seguendola dovunque questa stesse andando: in quel momento l’amica era la stella della scuola e Maria Beatrice era decisa a vivere il più possibile di luce riflessa, anche se quello voleva dire starle appiccicata come una cozza allo scoglio.
“Veronica, aspettaci!” gorgogliò quindi affannata, ticchettando sul pavimento di marmo dell’atrio come una diligente dattilografa sui tasti della macchina per scrivere.
Fu così che Tebaldo le vide arrivare: Veronica per prima, nel suo dignitoso abito nero con colletto di pizzo, e le tre Marie dietro, intente in una improbabile gara di corsa sui tacchi all’inseguimento dell’amica del cuore (leggi: fama e popolarità).
“Santi numi” mormorò mentre le labbra gli si stiravano in un sorriso sardonico “L’intera delegazione delle streghe di Eastwick in grandi ambasce: speriamo che non siano a digiuno.”
Serena Colombi, che quasi spariva anonimamente al suo fianco, accennò un sorriso incerto, ma subito si perse ad osservare Veronica che si avvicinava. Non l’aveva mai vista così da vicino, la mitica Grimilde Alberici Scarlini della Torre: accidenti, era davvero bella. Gli occhi verdognoli, così dolorosamente simili a quelli di Tebaldo, spiccavano sul volto pallido incorniciati dai capelli neri in un allure drammatico e altezzoso, ma indubbiamente di grande effetto. Una Regina fatta e finita, senza nessun dubbio.
“Tu!” esclamò con voce imperiosa detta Regina quando arrivò a un metro da Tebaldo: gli si fermò fieramente di fronte senza nemmeno sfiorare Serena con lo sguardo, che non poté fare a meno di sentirsi un po’ mortificata.
“Vostra Maestà ha chiamato?” ironizzò Tebaldo con un inchino.
“Non credere che ti dica grazie!” ruggì Veronica corrucciata e Tebaldo fece spallucce indifferente.
“Infatti non dico niente. Sono molto diplomatico, io.”
“Si, diplomatico! Il re dei burattinai manipolatori. Comunque, beh… grazie.”
“Avevi detto che non me l’avresti detto.”
“Duecento metri quadri di cartellone e neanche un grazie… nemmeno nonna Veronica oserebbe tanta cafonaggine. Forse solo tu potresti.”
“Un grazie e un vaffanculo nella stessa frase, che classe! Come ci riesci?”
“Come sei riuscito tu, vorrei sapere.”
“A fare cosa?”
“Il cartellone. La celebrity. Il bianco e nero patinato. Lo slogan. Il cane che non è morto appestato dalla tua presenza. Soprattutto, l’informazione: come sapevi dei piani di Bianchi? Li hai ventilati tu poi ti sei pentito? Ti hanno rapito gli alieni e ti hanno detto di farlo? Spiegami, dai: qualsiasi ipotesi mi sembra buona.”
Nel frattempo erano arrivate le tre Marie che ben lungi dal considerare la faccenda degli alieni, si persero tutte a fissare Tebaldo con evidenti sentimenti contrastanti. Maria Vittoria sembrava vagamente intimorita, Maria Beatrice famelica e Maria Ludovica omicida.
“Buongiorno” salutò Tebaldo educatamente “Colgo i famosi due piccioni con una fava presentando a te, Veronica, l’alieno suggeritore e presentando la stessa ospite, la signorina Colombi, a Maria Beatrice, Maria Vittoria, Maria Ludovica. Non so bene quale nome associare a quale cofana di capelli, quindi fate voi…”
“Piacere.” pigolò Serena: gli sguardi delle quattro ragazze caddero su di lei quasi di schianto, facendola sentire di colpo piccola e insignificante come un seme di girasole: lo sguardo di Veronica, in particolare, le pesò addosso come un gigantesco macigno.
“Chi è?”
“Cos’è?”
Chiesero quasi in coro le Marie rivolte a Tebaldo, abbastanza scandalizzate.
“Colombi” sentenziò invece Grimilde con voce e sguardo freddi come se li avesse appena tolti dal frigo “La fidanzata di Bianchi.”
“Ex fidanzata.” dissero in coro Serena e Tebaldo.
Si guardarono e Veronica, per qualche assurdo motivo, si trovò prossima ad azzannare la ragazza per la giugulare.
“Devo parlarti in privato.” ordinò subito al cugino con voce così perentoria che persino Tebaldo non se la sentì di disobbedire e con un sospiro rassegnato, la seguì lontano dallo orecchie indifese di Serena e da quelle frustrate delle tre Marie. Veronica marciò per i corridoi senza meta e quando fu certa che nessuno avrebbe potuto seguirli né ascoltarli né leggere il loro labiale, si girò verso Tebaldo e gli arrivò bellicosa a un millimetro dal naso.
“Spiegami” ringhiò tra i denti “Avanti, raccontami tutto, scandendo bene le parole così anche una persona semplice come me può capire. Cosa c’entra il topolino grigio?”
“Lavora al canile e ha notato alcune manovre strane di Bambi e dei suoi amici. E’ venuta a riferirmele e io, memore della faccenda di Gladi dopo l’ultima visita dei Bianchi a villa Scarlini, ho pensato che fosse meglio preparare un piano di battaglia per parare il culo della mia diletta cugina in caso di crisi diplomatica.”
“Perché?”
“Perché sono tragicamente bello e buono e questa illuminazione d’immenso dona tantissimo al mio profilo in fotografia.”
“Perché Topo Gigio è venuto a riferirti le manovre di Bianchi, intendo dire.”
“Mah… è una plebea, e chi lo sa quali assurde motivazioni muovono i cervellini atrofici di quegli esseri subumani… forse gentilezza d’animo? Ma no, che dico, quella cosa si è estinta coi dinosauri…”
“Smettila di fare il buffone e dimmi la verità!” minacciò Veronica visibilmente alterata.
“Non la capiresti” rispose Tebaldo pacificamente “Come fatico a capirla io. Ci ho messo due giorni per arrendermi e accettare il fatto che non c’è stato nessun motivo recondito per cui lei mi abbia avvisato, se non la pura, elementare equità. Semplicemente, l’ha fatto perché le sembrava giusto farlo: ha seguito quella cosa che a noi manca completamente dalla nascita, Grimi carissima, ovvero la voce della coscienza.”
“Stai parlando di Santa Maria Goretti o di topo Gigio?”
“Piantala con questa storia del topo.”
“Hai ragione, la poverina somiglia di più a una di quelle ciabatte in lana cotta che si usano in montagna. Ovviamente, al pari delle ciabatte, pure per la Colombi ci sarà un motivo esistenziale, anche se al momento mi sfugge.”
“Che cattiveria allo stato puro! Non è da Grimilde accanirsi così tanto, di solito il disinteresse è la sua arma preferita; dovrebbe forse chiedersi perché ce l’abbia tanto con lei. Comunque si chiama Serena.”
“Chi?”
“La Colombi. Serena Colombi.”
“Ti ricordi pure nome e cognome… diavolo, questo è vero amore!”
“Non capisci proprio niente, Grimilde.”
“Smettila di chiamarmi Grimilde!”
“E come dovrei chiamarti? Biancaneve? Bambi due la vendetta? O vuoi insistere a mettere di mezzo la povera Gladi?”
“Gladi è morta.”
“Pace all’anima sua.”
“L’hai uccisa tu, ti ricordo. Non ti dispiace neanche un po’?”
“Sono ovviamente dilaniato dal dolore per la perdita, ma non lo do a vedere perché sono un gentleman.”
“Eppure mi sembrava che Gladi ti fosse simpatica, visto come apprezzi il basso volgo ultimamente.”
“La trovavo teneramente folkloristica, la povera Gladi, e vorrei farti notare come sono divinamente diplomatico nel non insistere sul fatto che la prima a interessarsi al basso volgo sia stata proprio tu, con la tua assurda cotta per Bambi.”  
“E’ questo che ti brucia? Il fatto che io abbia notato qualcuno che non era della ristretta cerchia di Re Tebaldo? Sta a vedere che alla fine sei stato tu stesso a istigare la vendetta di Bianchi!”
“Anche se ammetto che sembra fantascienza pensare che Bambi possa avere idee proprie e spontanee, è offensivo che quando il tuo piccolino fa qualche marachella cerchi di mettere in mezzo me. O è perché non puoi fare a meno della mia presenza?”
“Ma sentilo! Sai cosa ti dico?”
“No, cosa mi dici, avanti!”
“Ti dico…”
Voleva dirgli un sonoro e liberatorio vaffanculo, ma era troppo vicina, gli occhi di Tebaldo lampeggiavano fosforescenti e come in un onirico dejà vù Veronica si trovò stampata contro le sue labbra prima ancora di pensare di finire la frase.
Di nuovo.
Come la volta precedente non fu un bacio calcolato o studiato o appena concesso: fu come inciampare e cadere in un burrone infinito, con l’adrenalina che intasava la gola e un unico desiderio impellente che lampeggiava come un neon, quello di stringersi a Tebaldo, avere le sue mani addosso, sentire il suo respiro dappertutto, il suo sapore dovunque… una sete alimentata dall’acqua di mare delle sue labbra, che invece di placarla la acutizzavano ferocemente.
Come la volta precedente, durò un secolo o un millesimo di secondo: Tebaldo si staccò bruscamente e Veronica non cadde lunga distesa per terra solo perché causalmente si appoggiò al muro alle sue spalle, ansimante e febbricitante. Tebaldo si riprese subito, aggiustandosi il colletto della camicia in un gesto così inusuale per lui che Veronica vi inchiodò sopra gli occhi affascinata.  
“Accidenti, Grimilde” gorgogliò lui e la sua voce era quasi rauca “Capisco la crisi d’identità e tutto il resto, ma non è che puoi finire per saltarmi addosso tutte le volte che litighiamo!”
“Io!” lo interruppe Veronica quasi strillando “Ma se sei tu che ogni volta che mi avvicino mi pianti quella tua stupida bocca addosso!”
“Ho dovuto strapparti la camicia dalle dita, dai!”
“E le tua mani dov’erano parcheggiate, di preciso?”
“Tu…”
Erano di nuovo vicinissimi e per un attimo da capogiro Veronica si sentì ancora calamitata verso di lui con la potenza atavica di un polo magnetico. Li in mezzo, in quella manciata di nulla che li separava, si addensò un desiderio quasi tangibile, insopportabile: Veronica dovette conficcarsi le unghie nei palmi per non cadere di nuovo addosso a Tebaldo e alle sue (maledettissime!) labbra. Tremando dallo sforzo di resistere, vide riflesso lo stesso suo sconcerto negli occhi di Tebaldo, e questo la aiutò a fare un passo indietro, un passo che le esaurì le forza lasciando che si appoggiasse debolmente di nuovo contro il muro. Tebaldo fece altrettanto, muto: e quel mutismo e quello sconcerto erano così ridicolmente palesi che nessuno dei due se la sentì di fingere che non esistessero.
“Ok” mormorò Tebaldo con voce asciutta “Evidentemente i tuoi cambiamenti atmosferici interni provocano qualche ripercussione anche alla sfera di chi ti sta troppo vicino, quindi forse è meglio se… stai un po’ lontana.”
“Non capisco.” ammise Veronica in un insolito slancio di sincerità.
“Credo che qualcosa ci voglia dire che sul piano fisico siamo abbastanza compatibili.”
“Forse. Ma non succederà mai che io e te torniamo insieme.”
Le era scappato di bocca, più come per esorcizzare una paura inconscia che per dire qualcosa che pensava realmente. La faccia di Tebaldo, per un momento, assunse una comica espressione scandalizzata.
“Insieme… io e te? Certo che no! Chi ti ha messo in testa quest’idea apocalittica?”
Già, chi gliel’aveva messa in testa? Il fatto di trovarsi Tebaldo spalmato addosso ogni santa volta che gli stava a meno di un metro non poteva di sicuro essere un motivo valido!
“Io pensavo… ti sei fatto in quattro per aiutarmi con la faccenda di Bianchi e del suo piano per rovinarmi che io…”
Tebaldo rise: la classica risata tebaldesca grondante schermo, quella capace di mortificare persino una regina come Grimilde
“Ma davvero, tu  pensavi! Grimilde carissima, proprio non ti riconosco più! Te lo spiegherò con parole semplici, così capisci, qualsiasi cosa stia succedendo al tuo povero cervellino placcato d’oro: l’unico motivo per cui ti ho aiutato è che siamo cugini e la tua rovina sociale significa la mia rovina sociale. Mi è toccato correre ai ripari per non finire con te nel ridicolo. Fine, punto. Ma davvero credi che io potrei essere innamorato di Grimilde?”
Innamorato… innamorato? E chi aveva mai parlato di amore? Chi aveva mai voluto anche solo ventilare l’ipotesi… perché, c’era un’ipotesi? Veronica era del tutto scombussolata: doveva aver esaurito tutto il suo sangue freddo il giorno prima con Bianchi perché in quel momento, pur scavando il fondo del barile, non ne racimolava nemmeno un pò.
“Perché, Grimilde e una creatura così spiacevole?” fu l’unica pietosa domanda che riuscì ad articolare. Tebaldo le riservò uno dei suoi lunghi sguardi sprezzanti.
“Si lo è” disse infine, lapidario “Grimilde è sostanzialmente una superficiale che diventa profonda solo quando intende essere crudele. Non gliene frega di niente e di nessuno. Io innamorato di una strega simile? Fammi il favore. Francamente, cerco di meglio.”
Lè, sistemata Grimilde una volta per tutte; inchiodata da poche scarne parole al suo trono, la faccia di pietra e il cuore di ghiaccio. Com’era che Veronica sentiva ancora e sempre più potente quel pungolo ritmico in mezzo al petto che doleva come un cuore infilzato? Senza porsi altre domande, alzò impercettibilmente il mento, pallida come se tutto il sangue le fosse defluito dal corpo.
“Non ti sei nemmeno accorto che ti sei fatto l’autoritratto” ribatté con voce asciutta “Grimilde ringrazia, comunque, per la chiara esposizione dei fatti. E’ anche contenta che il tuo infallibile istinto per le persone buone, quello che indubbiamente ha mosso il tuo cuore in questi 19 anni di vita, ti abbia avvicinato alla tua bianca Colomba. Perché immagina che sia lei la perla rara che stavi così affannosamente cercando, no?”
In mezzo al suo viso di pietra, lo sguardo di Tebaldo era verdognolo e impenetrabile.
“Forse.” rispose piano.
Veronica, chissà perché, pensò a un muro crollato, pieno di macerie grigie e polverose.
“Che cosa sorprendente” continuò, sempre con quella voce che veniva da una bocca piena di ovatta “Se me l’avessi detto prima che cercavi una donzelletta a cui raccattare il fazzoletto da terra, avremmo potuto farci due grasse risate molto tempo fa… questa parte di te mi è completamente nuova.”
“Grimilde non ha mai voluto sapere niente di me che andasse al di là della marca delle mie cravatte.”
“Può darsi. Grimilde è un po’ stronza, in effetti.”
La dichiarazione sembrò sorprendere Tebaldo che le riservò uno sguardo blandamente incuriosito.
“Comunque” tagliò corto Veronica allontanandosi di un passo “Quello che conta è che la regina sia salva, Bianchi sistemato e  tu e Topo Gigio per sempre felici e grigiastri insieme. Che favola deprimente: devo farmi fare un massaggio o mi verranno le rughe a pensarci. Beh, ancora grazie, caro cugino, Grimilde trova lodevole il tuo attaccamento alla dignità della famiglia Scarlini della Torre. Ah, Grimilde saluta e ringrazia anche Topo Gigio, falle avere l’ambascia quando la vedi.”
“Non mancherò” rispose Tebaldo altrettanto asciutto “Ma attenta: parlare di se stessi in terza persona è sintomo di profonda instabilità mentale.”
Veronica fece un altro passo lontana da lui, e irragionevolmente sentì freddo.
“Forse ti sfugge il fatto che parlando di Grimilde non parlo più di me stessa.” mormorò a voce bassa: poi non attese risposta, girò i tacchi e se ne andò via a testa alta.
*          *          *
Eccola, era finalmente arrivata: Paolo Bianchi sentì lo stomaco scendergli sotto i piedi quando Veronica Scarlini della Torre entrò in classe, seguita quasi a passo di danza dalle tre Marie. Era regalmente sobria e modesta in quell’abito nero che sembrava impallidirla: le lunghe ciglia nere frangiavano gli occhi abbassati, quasi indifferenti al brusio eccitato che l’accompagnava. Un’eroina vittoriana, pensò Bianchi inchiodato al suo banco senza sapere di condividere il pensiero di Tebaldo Santandrea della Torre: una stramaledetta eroina che faceva pure la pudica stando tutta sulle sue, accettando regalmente i complimenti con un mesto sorrisetto. Paolo non sapeva se esserne ammirato o disgustato: in ogni caso, doveva togliersi il peso di parlarle, perché non aveva chiuso occhio quella notte e anche se al mattino, arrivando a scuola, la gigantografia all’ingresso l’aveva tramortito come trovare il Santo Graal sulla via di Damasco, continuava a sentirsi fastidiosamente in colpa ed era già stufo di arrovellarsi nei rimorsi. Gli ci era voluta giusto una notte in bianco per capire che la vendetta non faceva per lui. A dire il vero erano poche le cose che riguardavano Veronica Scalini della Torre e che facevano per lui. Forse.
Già, forse.
Perché dopo il rimorso, ciò che più gli intorpidiva le budella erano le parole buttate lì da Grimilde, con quel tono piatto che poteva voler dire mille cose o forse nessuna.
“Quel bacio era vero.”
Francesco e Pasquale lo avevano interrogato due ore su quella frase, di che bacio stesse parlando Grimilde, chi avesse baciato chi o cosa, se bacio era una metafora freudiana o se stava a significare qualche minaccia di stampo mafioso… e poi a casa,  la propria crocifissione a opera delle sorelle… e poi di nuovo all’ingresso della scuola, davanti a quel mega cartellone, sorelle e amici associati a chiedere cosa diavolo fosse successo, proprio a lui che era l’ultima persona che poteva sapere qualcosa! Non aveva avuto tempo materiale per pensare al bacio di Grimilde. A essere del tutto sinceri, non aveva voluto pensarci: quel bacio aveva scoperchiato il vaso di Pandora della consapevolezza che Gladi non esisteva, da cui era scaturita tutta una serie confusa di cose, la delusione, la convinzione di essere di nuovo per la millesima volta preso per il culo, la rabbia, la sete di vendetta. E dopo, il rimorso, di nuovo la rabbia ma stavolta con se stesso, l’esasperazione… solo in quel momento di relativa calma, a lezione appena iniziata, aveva effettivamente il tempo e la voglia per pensare a quel bacio. Quell’assurdo, surreale contatto con la bocca di Grimilde, quella delizia folle nel sentirsi inondare la narici dal suo profumo buono e costoso, quella sorpresa nel sentire la morbidezza delle sue labbra… all’inizio non era sicuro che gli fosse piaciuto perché era troppo sconvolto. Ma in quel momento, con la regale schiena di Veronica rigida nel banco di fronte, con la voce soporifera della professoressa di latino che parafrasava Ovidio, poteva finalmente chiederselo e rispondersi che si, in fondo gli era piaciuto. Se solo non fosse stata Grimilde…
“Quel bacio era vero.”
Beh, forse non era Grimilde in quel momento. Peccato non fosse stata Gladi.   
“Anche Gladi era vera.”
Gladi non esisteva.
“Solo che si chiamava Veronica.”
Oddio, che confusione! Ormai ogni convinzione che aveva stava vacillando: era sicuro di odiare Grimilde e di apprezzare Gladi, ma dopo quel bacio e dopo il putiferio scatenato da quel suo aborto di vendetta infelice e maldestra, Paolo non era più sicuro di niente.
Ci mise un’intera giornata di lezione per rielaborare tutto e di nuovo giunse alla conclusione che doveva parlare a Grimilde. Scusarsi, anche se non ce n’era più bisogno perché, a quanto pareva, le aveva fatto un favore, vista la botta di popolarità che quella foto aveva scatenato. In ogni caso, popolarità o no, lui doveva fare qualcosa per smettere di avvelenarsi il sangue a quel modo. Quindi al termine dell’ultima lezione, schizzò in piedi come sparato dal cannone per placcare Grimilde sulla porta, ma si trovò ostacolato dal muro umano dei compagni di scuola che si accalcavano per complimentarsi con la nuova star del momento. La quale, inalberando sempre quella sua nuova e aristocratica modestia, veleggiò tranquilla lungo tutto l’atrio della scuola senza che lui riuscisse a vederne più di un pezzo alla volta e mai in viso. Quando erano quasi all’uscita, in uno slancio degno di un mezzofondista olimpico, Bianchi riuscì a guadagnare la posizione al suo fianco.
“Veronica, ti devo parlare.” si affrettò a dire tutto d’un fiato all’altezzoso profilo della ragazza: non aveva capito che Veronica aveva rallentato in prossimità di un’altra strana coppia che si stava dirigendo verso di loro. Si ritrovò quindi quasi di colpo in un tete à tete a quattro con Grimilde, il temibile Tebaldo Santandrea della Torre e…
A sorpresa, la piccola ed evanescente Serena Colombi, quasi aggrappata al suo fianco. 
*          *          *
Serena non era abituata ad essere guardata: di solito la gente nemmeno si accorgeva della sua presenza ed era talmente abituata a quello stato dell’arte che in quel momento, dove la stavano guardando tutti, si trovava in forte difficoltà.
“Tebaldo” sussurrò quindi al giovane che le camminava vicino “Mi dici perché devo seguirti?”
Lui non rispose: se ne stava crucciato con le mani in tasca e lo sguardo fisso, come se andasse da qualche parte ma non sapesse bene dove.
“Tebaldo” lo chiamò di nuovo Serena a voce più alta “Mi senti? Puoi… puoi sbarcare di nuovo sulla Terra e darmi udienza, per favore?”
“Lo sai che quel crotalo cornuto ha osato dire che l’idea della vendetta di Bianchi sia mia?” sbottò lui perfettamente a sproposito come se continuasse un discorso lungo di ore.
“Si” rispose Serena con un accenno di impazienza nella voce “Me l’hai già detto più volte. Quello che non so di preciso è cosa sia un crotalo cornuto, ma visto che ti riferisci a Veronica non deve essere niente di buono per forza. Ah, e continuo anche a non sapere perché sono qui.”  
Tebaldo stavolta sembrò averla sentita perché il suo sguardo cupo si animò mentre fermava impettito la sua marcia prussiana.
“Buongiorno.” disse poi affabile e solo allora Serena si accorse che si era fermato davanti a una coppia che probabilmente appariva surreale e disarmonica quanto lei e Tebaldo affiancati: si trattava di Veronica Scarlini della Torre, magnifica e inappuntabile col suo bell’abitino nero, e Paolo Bianchi, biondo, evanescente e tutto sghembo in jeans spiegazzati e maglioncino azzurro col bordo slabbrato. Lo sguardo di Serena scivolò via da Veronica e si fermò sugli occhi di porcellana azzurra di Bianchi, spalancati dalla sorpresa. Per un attimo fu paralizzata da un improvvisa e lancinante nostalgia: l’azzurro degli occhi di Bianchi era così pulito e noto, tiepido e chiaro, come l’abbraccio di una vecchia coperta pulita. E dopo la cacofonia imbarazzante dei fan di Tebaldo, i bisbigli alle spalle, le occhiate gelide delle Marie e la demolizione verbale ad opera di Grimilde, Serena sentiva di avere tanto bisogno di una coperta calda.
“Ciao.” pigolò quindi con voce tremante.
“Ciao?” rispose Bianchi ancora flashato dalla sorpresa.
“Anche a tutti voi, saluti e ossequi vari” aggiunse seccamente Veronica “Ora che ci siamo dimostrati così educati e riguardosi gli uni nei confronti degli altri, se permettete andrei a casa a farmi un idromassaggio disintossicante, grazie.”
Ma per quanto si sforzasse, non riuscì a partire: guardava Serena e benché il suo sguardo fosse ostile, c’era anche della curiosità e… del timore, si avvide Serena con malcelata sorpresa,
c’era proprio del timore negli occhi di Grimilde. Che avesse paura di lei? Lei, Serena Colombi? E perché? C’era… no, impossibile… ci poteva essere l’assurda e remota ipotesi che la Regina Grimilde potesse vedere lei, il topino grigiastro, in competizione…?
“Immagino di doverti dei ringraziamenti” disse ad un tratto detta Regina, rivolgendosi palesemente e pubblicamente a lei “Non so bene in che misura e in che maniera, ma visto che il caro Tebaldo intende farsi portavoce della tua beatificazione, non posso che condividere il suo entusiasmo.”
Le sorrise magnanima, come se si aspettasse una riverenza: Serena fu lì lì per farla davvero.
“Oh, ah… graz, ehm… prego?” balbettò invece arrossendo.
“E il caro Bianchi l’hai ringraziato?” sospirò dolcemente Tebaldo “Senza il suo fervente aiuto niente di tutto questo sarebbe stato possibile.”
Veronica lanciò una breve occhiata a Paolo, come se si  fosse accorta solo in quel momento di lui: Paolo infiammò di colpo e strisciò i piedi abbassando pudicamente lo sguardo.
“Io, ehm, ero qui proprio per, cof!, dire che… io sono uhm, sono, ecco... volevo parlare con te, Grim… ehm, cof!, Veronica.”
“Parla.” suggerì lei con voce polare.
“Si, Bambi, sentiti libero di esprimere te stesso liberamente.” rincarò la dose Tebaldo con un sorriso da pescecane.
“In… privato?” tentò Paolo ma lo sguardo di Veronica non ebbe bisogno di essere verbalizzato.
“Io sono… ci ho pensato e devo dire che… non so come dirti che… mi dispiace.”
L’ultima parola la disse sottovoce, sfinito. Strizzò gli occhi bassi e poi trovò il coraggio di alzarli e fissare lo sguardo terso e azzurro su Veronica.
“Davvero” aggiunse con voce un po’ più ferma “Mi dispiace.”
“Come minimo.” sussurrò Serena con un palese tono di rimprovero per il quale subito dopo sembrò la più sgomenta di tutti.
Bianchi sembrò diventare ancora più rosso e disperato, ma non abbassò gli occhi e suo malgrado Veronica ne apprezzò il coraggio.
“Ho sbagliato tutto” mormorò ancora “Sono stato un pirla. Persino chiederti scusa mi sembra una stronzata, perché non ho scuse. Volevo solo che sapessi che ho capito e che mi dispiace sul serio.”
Tebaldo, con lo sguardo soddisfatto del gatto che ha sotto la zamba un grasso canarino, stava per aprire la bocca e demolire Bianchi con poche affilate parole, e persino Serena e i curiosi intorno che fingevano indifferenza e origliavano assetati sapevano che quella sarebbe stata la naturale evoluzione di quel dialogo. I plebei in qualche maniera sarebbero stati demoliti, mai perdonati, messi alla berlina, insultati senza una sola parola sconveniente. Persino Bianchi, la vittima sacrificale, aspettava paziente sull’ara, sperando solo che si facesse presto.
Fu per tutti quindi una spiazzante sorpresa sentire Veronica precedere di un pelo Tebaldo e con voce impersonale e viso di marmo rispondere in maniera impossibile.
“Ok.”
  
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