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Autore: valentinamiky    24/10/2011    6 recensioni
4^Classificata al "Cluedocontest" indetto da Tifa Lockheart90
Dal cap.1 "Arthur alzò gli occhi al cielo: possibile che il padre non avesse il minimo senso dell’umorismo?
-Stavo scherzando, ovviamente. Merlin è il figlio di Hunith-[...]
Uther lo guardò torvo.
-E tu come fai a conoscerlo?-
Arthur chiuse gli occhi, sperando pur sapendo di illudersi, che il padre non scatenasse un uragano dopo la sua semplice e schietta risposta.
-Viviamo insieme-"
Dal Cap.4 "-Arthur! No...no, vi prego! Sono innocente! Arthur, diglielo, ti prego! Non ho fatto niente, sono innocente!- Merlin continuò a urlare in preda alla frustrazione, disperato, voltandosi per quanto gli fosse consentito dalla morsa dei due agenti che lo stavano trascinando lontano, verso un loculo freddo e buio.
Aveva paura. [...]
Paura che, alla fine, anche l’ispettore lo abbandonasse al suo triste destino.
Fu proprio Arthur a riportarlo alla realtà: lo aveva afferrato per una spalla, rallentando così il percorso degli agenti. Lo aveva abbracciato, stringendolo a sé, protettivo.
-Giuro che ti tirerò fuori di qui, fosse l’ultima cosa che faccio...- aveva sussurrato, affondando il palmo nei suoi capelli scuri."
Genere: Commedia, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guilford Saga'
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Prometto che alla fine, vi ringrazierò tutte come si deve *_* Vi adoro, lo so di essere ripetitiva, ma è la verità!
Si avvicinano tempi di guai, per i nostri eroi. Con questo capitolo, si entra nel vivo del giallo...o almeno, io ci ho provato XD Non sono molto esperta del genere, se qualcosa non fosse chiaro, vi darò spiegazioni più esaurienti ^_^
Vi dico sin da ora, che i prossimi capitoli sono disseminati di indizi (in realtà anche i precedenti), ma non sono stati evidenziati in alcun modo perchè la sottoscritta è sadica e perfida. L'obiettivo era quello di arrivare all'ultimo capitolo e, finalmente, ricollegare tutto in una sorta di "Oh, ma è vero! E' successo questo e quell'altro" collettivo. Temo di aver fallito, ma questo me lo direte voi ^^'
Buona lettura!
PS: Intanto, posso dire che tutte avete indovinato a chi è toccato il triste destino =°
Un minuto di silenzio e una lacrimuccia per il best friend...


41 di sangue


Capitolo 4:
Le deduzioni del commissario

 

 Il mattino arrivò velocemente, con la sua luce dorata e il vociare di qualche passante che si affrettava per le strade.
Perceval salutò stancamente un felice e pimpante Gwaine: mentre quello scellerato del viceispettore se la spassava con qualche bellissima ragazza, lui si era dovuto sorbire il turno notturno, cosa che avrebbe fatto saltare i nervi a chiunque. Soprattutto dopo una notte noiosa come quella appena trascorsa. Per fortuna, l’agente aveva un encomiabile pazienza, quindi lasciò correre. In fondo, non era colpa di Gwaine.
Ma qualcun altro, non era dello stesso parere.
-Possibile che ne rimorchi una al giorno?- esclamò Lancelot, esasperato, quando il castano varcò la soglia con l’indice e il medio sollevati, in segno di vittoria: un modo idiota per dire che la preda era caduta ai suoi piedi.
-Che hai da lamentarti? Sei tu quello che ha deciso di accasarsi con la sorella di Elyan- rispose, senza un reale interesse per l’irriverente tono scocciato dell’amico.
-Ma nessuno sta indagando su di lei!-
Perceval abbandonò l’idea di tornare a casa a dormire, per pura lealtà di cameratismo. E sì, doveva ammetterlo, anche per impicciarsi degli affari altrui. Non tanto per il pettegolezzo in sé, sia chiaro; più semplicemente, Gwaine era un suo amico, nonostante fosse un suo superiore e doveva metterlo in guardia dai rischi che correva.
-Cosa cosa? Sei uscito con un’indagata? Ma sei pazzo! Se il commissario lo scopre...-
-Grazie papà- gli rispose sarcastico, voltandosi verso di lui. –Ma sinceramente non me ne importa un fico secco. Per una bomba simile, ne vale davvero la pena!-
L’interessante discorso venne interrotto dalla suoneria di Lancelot.
-Fammi indovinare...la tua mogliettina- lo prese in giro il viceispettore, scimmiottando un’espressione decisamente mielosa, che mandò in tilt il povero Lancelot per l’irritazione.
-Viceispettore Orkney, ci sono delle cartelle da riordinare nel suo ufficio e dei moduli da portare in archivio! E deve apporre la firma ai rapporti impilati sulla sua scrivania! Per non parlare del caso Priscilla! Ha davvero tanto tempo da perdere?-
-Per te, sempre!- lo stuzzicò il castano, sorridendo beffardo.
-Ti prego, Perce! Portalo via, prima che lo strozzi!- sbottò, prima di decidersi a rispondere alla sua amata.
Sentì le lamentele del ragazzo, mentre veniva trascinato lontano dalle forti braccia del collega, quindi si concentrò sulla telefonata. –Tesoro!-
La risposta che ottenne, anziché lo sperato “buongiorno”, fu un pianto a dirotto. Sentiva in sottofondo dei singhiozzi disperati.
-Gwen! Gwen, cosa succede?- alzò la voce, apprensivo.
-Oh, Lance...Lance! È successa una cosa...una cosa...Oddio...-
-Gwen! Cosa? Cos’è successo? Perché piangi?- la paura crebbe, attorcigliandogli lo stomaco.
-Il ragazzo di Morgana, Will...lui è...l’hanno ucciso...-
Lancelot restò immobile per un momento, come se assimilare una notizia simile fosse davvero troppo per lui. Ma durò solo pochi attimi: non aveva tempo da perdere, non poteva lasciare sola Gwen, in quel momento.
-Dove sei?-
Gwaine e Perceval, che osservavano la scena da un angolo distante, notarono immediatamente l’agitazione del collega e appena riagganciò, gli corsero incontro.
-C’è stato un omicidio, al maneggio di Hunith!- disse, prima ancora che i due potessero chiedergli qualcosa.
Gwaine, come prevedibile, sbiancò.
-Cosa? A Wildwoods? Sei sicuro di aver capito bene, Lance?-
L’agente annuì.
-Sembra che poco fa abbiano trovato il ragazzo di Morgana, morto. Da quel poco che ho capito, lo hanno assassinato-
Il viceispettore deglutì, cercando di rallentare i battiti cardiaci: per un momento, aveva temuto che fosse accaduto qualcosa al suo amico Merlin. Ma la faccenda era comunque terribile.
-D’accordo. Allora muoviamoci!- i tre scattarono sul retro, dove li attendeva una volante. –Ti chiedo solo un po’ di pazienza, Perce. Dopo il sopralluogo, ti do uno strappo a casa-
L’agente annuì alla gentile offerta del viceispettore.
 
-Bene. Vediamo un po’ cos’abbiamo qui- Edwin Muirden, il coroner*, era già all’opera: varcò il nastro a strisce gialle e nere e si chinò sul telo bianco che copriva i resti della povera vittima. Lo sollevò leggermente e fece una smorfia, che risaltò maggiormente la grossa cicatrice da ustione che aveva sul volto. –Accidenti! Brutta storia!-
Gwaine s’inginocchiò al fianco dell’uomo, scrutandolo con curiosità: la scena del crimine era già abbastanza insolita, senza che ci mettesse lo zampino anche il coroner con le sue affermazioni sibilline.
-Sai dirmi a che ora è morto, Edwin?-
L’uomo scosse la testa.
-Credo che dovrete aspettare l’autopsia del medico legale per questo. Ma potrebbe essere stato, approssimativamente, intorno alle sette di ieri sera-
Il castano annuì, annotando l’informazione insieme a quelle che già aveva preso, su un block notes.
A trovare il ragazzo era stato il padre di Merlin, durante la sua solita cavalcata mattutina: Will era riverso, prono, sulla strada che dal maneggio portava fino al vecchio granaio, passando proprio in mezzo alle verdi radure della campagna. Attenendosi alle parole di Belinor, la prima cosa che l’uomo aveva notato, era stata la pozza di sangue vermiglio che si mescolava con la terra e l’erba, imbrattando i ciottoli e i sassi del sentiero isolato. In effetti, quel lago scarlatto non passava inosservato e i due agenti avevano già verificato che fosse visibile dalla curva da cui l’insegnante di equitazione affermava di averlo avvistato. Era bastato uno sguardo al corpo per capire che ormai, era troppo tardi per salvarlo, per questo aveva chiamato subito la polizia e non il pronto soccorso.
Il viceispettore afferrò il cellulare, per scattare alcune fotografie: la vittima aveva il braccio teso davanti a sé, come se...
Bingo!
-Ehy! Qui c’è scritto qualcosa!- annunciò, tenendo ben stretto un fazzoletto davanti a naso e bocca, per proteggerli dall’odore nauseabondo e pregnante.
Lancelot si chinò, per guardare meglio il punto indicato dal superiore. In effetti, sotto la mano insanguinata di Will, c’erano dei segni:
-Già. Ma cosa significano?- domandò, incuriosito.
-Non ne ho idea, ma te ne occuperai tu, Lance. Io seguirò le orme che il nostro assassino si è premurato di lasciarci, sembrano proprio un invito ad arrestarlo!- così, dopo aver dato una pacca d’incoraggiamento all’agente, si allontanò insieme a Perceval.
Quella faccenda puzzava di brutto: innanzi tutto, perché l’omicida aveva lasciato Will sulla strada che Belinor avrebbe percorso il giorno dopo? Era risaputo, che l’istruttore percorreva quella stessa strada tutte le mattine. Non che gli dispiacesse, in fondo aveva risparmiato loro la fatica di cercare un corpo ben occultato. Ma il fatto che lo avesse abbandonato proprio in un punto frequentato, lo lasciava perplesso e preoccupato. Che avesse in mente qualcosa?
Forse era una persona estranea a Wildwoods e per questo inconscia delle abitudini del proprietario? No, era improbabile: le orme si erano allontanate proprio in direzione del vecchio granaio, e a giudicare dalla distanza che intercorreva tra un’impronta e l’altra, l’assassino doveva essersela presa comoda. Quindi, non aveva agito in preda a una pulsione, ma calcolato ogni cosa con cura, di questo il viceispettore era certo.
Conosceva bene il maneggio e i suoi dintorni. Che questo lo avesse portato a un’eccessiva fiducia in sé stesso? O, forse, voleva sfidare la polizia.
-Viceispettore Orkney- l’agente al suo fianco lo richiamò alla realtà: mancavano una cinquantina di metri all’edificio abbandonato, ma in lontananza potevano scorgere le ultime scie di un fuoco, acceso con ogni probabilità durante la notte.
-Andiamo, Perce, ho una pessima sensazione- ordinò, accelerando il passo, seguito dall’amico.
Quando arrivarono ai piedi del falò ormai morente, Gwaine emise un lamento frustrato: il fatto che ci fossero delle impronte gli era sembrato davvero troppo bello per durare. Il colpevole aveva bruciato ogni vestito, così da eliminare le prove.
-Ma...se i vestiti sono qui...- Perceval osservò il suo capo, pensieroso.
-Ci ha fregati! Scommetto che non troveremo niente!- il ragazzo scosse il capo, amareggiato. –Di sicuro, aveva premeditato l’omicidio di Will. Ha portato dei vestiti per cambiarsi nel granaio e ha bruciato quelli usati per il delitto-
-Sì, ma qui c’è solo stoffa e legno. Questo significa che ha ancora addosso le scarpe. Forse le ha lavate con quella canna, a terra c’è del fango misto al sangue. Ma se eseguiremo delle prove al luminol, potremo comunque riconoscerle - gli fece notare l’altro.
Gwaine esultò mentalmente: il  loro uomo, aveva davvero commesso un errore, sopravvalutandosi a quel modo.
-Perfetto. Avvisa gli altri agenti, dobbiamo assolutamente trovarle! Dobbiamo cercarle in ogni angolo, qui attorno e alla fattoria!-
 
Uno spiraglio di luce colpì il volto dell’ispettore Pendragon, che mugugnò infastidito. Si rigirò tra le coperte, premendosi meglio contro “l’occupante abusivo” del suo letto. Ma svegliarsi con quel profumo non era poi così male. Certo, doveva abituarsi all’idea che le cose si fossero evolute in quel modo, ma era accaduto tutto in modo così naturale, da sembrare la cosa più giusta del mondo.
Sorrise tra sé, inspirando il profumo della sua pelle.
Non sapeva se lasciarlo dormire o meno, ma dei forti colpi alla porta, accompagnati da una voce autoritaria a lui ben nota, decisero per lui.
-Arthur! Apri immediatamente la porta, o la farò abbattere!- Uther sembrava infuriato e l’ispettore iniziò a sudare freddo: se suo padre avesse scoperto quello che era successo, ne sarebbe seguita una catastrofe! Inoltre come poteva spiegare l’assenza di Morgana? Era domenica, non poteva certo dire di averla già accompagnata a scuola!
Per sua fortuna, Merlin si alzò di scatto, come se si fosse scottato ed iniziò a raccattare tutte le possibili prove della loro colpevolezza, bisbigliando a denti stretti un isterico “Muoviti!”, lanciandogli addosso i vestiti, che Arthur indossò prontamente.
-Sto arrivando!- gridò, temendo che il commissario irrompesse senza preavviso.
Percorse a grandi falcate la distanza che lo separava dall’uscio e fece scattare la serratura. La porta si aprì cigolando, mostrando la figura autoritaria di Uther Pendragon, accompagnato da due agenti con cui il biondo non aveva molta confidenza.
-Perquisite la casa-
Arthur strabuzzò gli occhi: cosa diavolo andava dicendo suo padre?
I due poliziotti entrarono senza troppi complimenti, perlustrando ogni minimo angolo del corridoio. Quando spalancarono la porta della camera da letto, trovarono Merlin intento a rifare il letto e si avvicinarono minacciosi. Il moro, in un primo momento, non ci fece caso, ma quando un agente lo strattonò, sobbalzò leggermente.
-Ehy, cosa...?- l’altro agente disfò i due letti, sotto lo sguardo attento di Uther.
L’ispettore spalancò la bocca, adirato.
-Che significa tutto questo? Si può sapere cosa stai cercando?-
-Dovresti riconoscere la prassi. Cerchiamo delle prove.- suo padre rispose senza guardarlo, troppo impegnato a guardarsi attorno.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata interrogativa. In quel momento, Merlin si rese conto di un dettaglio a cui Arthur non aveva fatto caso; portò il pugno chiuso davanti alla bocca, fingendo un colpo di tosse, sperando che il biondo capisse. Ma niente, tutto ciò che ottenne in risposta da quell’idiota fu uno sguardo stranito.
Merlin abbassò lo sguardo sulla propria maglietta, augurandosi che il coinquilino lo imitasse e guardasse la propria. Ma non aveva fatto i conti con la sua ottusità.
Non gli rimaneva altro da fare.
“La maglietta!” mimò con il labiale, esasperato.
Arthur, finalmente lanciò un’occhiata al suo indumento e si accorse, con orrore, che l’aveva indossata al contrario. Agì d’impulso, sfilandola senza preavviso e lasciando basiti tutti i presenti.
-Avevo caldo- motivò, cercando di risultare serio.
Uther scosse la testa, contrariato.
-Cambiamo stanza, qui non c’è niente- ordinò, infine.
I due agenti lo seguirono in cucina. Il commissario Pendragon osservò con ribrezzo i resti della padella bruciacchiata.
-Ma che accidenti è successo in questa cucina?-
-Ecco...Arthur stava cucinando e...- Merlin iniziò a spiegare, ma venne bruscamente interrotto dall’uomo.
-Nessuna persona sana di mente glielo lascerebbe fare! È come dare della dinamite a uno psicopatico!- esclamò adirato, mentre il volto assumeva un’espressione incredula.
-Si è impossessato dei fornelli mentre dormivo- si difese Merlin, cercando di non scoppiare a ridere di fronte al viso offeso del biondo.
-Guarda che stava uscendo alla perfezione! Se tu non avessi gridato, non mi sarei distratto! Non avrei dimenticato di spegnere il fuoco e tutto il resto!- sbottò Arthur, senza riuscire a trattenersi. Solo dopo si rese conto di quello che aveva fatto: la domanda spontanea di Uther non tardò ad arrivare.
-Gridato per cosa?-
Merlin s’irrigidì leggermente. Non gli andava di parlare a tutti delle sue fobie!
-Un ragno- mentì prontamente, lanciando un’occhiata complice all’ispettore, pregandolo con gli occhi di non dire la verità.
Il ragazzo sospirò, in risposta.
Merlin, sono Will. So che sei impegnato, ma devo dirti una cosa. È una questione urgente, raggiungimi a Wildwoods appena ricevi il messaggio!
Un agente aveva notato la spia lampeggiante della segreteria telefonica: la voce di Will impregnò la stanza.
-A che ora ha lasciato il messaggio?- Il commissario tornò serio, più austero che mai.
L’agente riavvolse il nastro.
Messaggio delle 18.23 - Merlin, sono Will. So che sei impegnato, ma devo dirti una cosa. È una questione urgente, raggiungimi a Wildwoods appena ricevi il messaggio!
-Le 18.23, commissario.-
Il padre di Arthur annuì, poi posò lo sguardo sul coinquilino del figlio, che ricambiò incuriosito.
Ma poteva avvertire una strana atmosfera nell’aria e non gli piaceva affatto.
-Portate Merlin Emrys in commissariato-
L’ispettore aprì la bocca, indignato.
-Come sarebbe? Vuoi dirmi che sta succedendo?-
-Puoi venire anche tu, Arthur. Così mi spiegherai per quale motivo hai mentito e coperto la piccola fuga d’amore di tua sorella!-
Merlin lanciò uno sguardo preoccupato al ragazzo di fronte a sé. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma era spaventato. Perché quegli agenti erano piombati in casa loro? Perché lo stavano trascinando giù dalle scale e accompagnando a una volante della polizia, come se fosse un criminale? Che cos’era successo?
Inoltre, sembrava che tutto fosse partito da quel messaggio che Will gli aveva lasciato in segreteria.
Arthur era, se possibile, ancora più spiazzato di lui: lo aveva raggiunto subito dopo essersi reso presentabile e aveva preso posto accanto al moro, irritato.
-Non guardarmi così, Merlin. Ne so quanto te- sbottò.
Lo studente provò a fare qualche domanda al commissario, ma quest’ultimo gli intimò di non dire nulla, che avrebbe spiegato tutto quando sarebbero arrivati a destinazione.
 
Con sommo stupore dei due ragazzi, una volta arrivati al commissariato trovarono i loro conoscenti: Gwen, Morgana, Elyan e come era prevedibile, Lancelot.
Inspiegabilmente, il loro ingresso sortì un effetto imprevisto: senza preavviso, la voce rotta dai singhiozzi di Morgana rimbombò tra le pareti color pesca. Guardò Merlin con gli occhi iniettati di dolore e follia, sputandogli addosso parole cariche di rancore.
-Ti odio! Ti odio, Merlin, non ti voglio più vedere! Che cosa ti aveva fatto, eh? Come hai potuto fargli questo, Merlin? Sei un mostro!-
Merlin, basito, aveva aperto la bocca senza riuscire a proferire parola. Si voltò in direzione di Lancelot, sperando che almeno lui gli spiegasse qualcosa, ma l’agente non ne ebbe il tempo materiale: i poliziotti lo accompagnarono nell’ufficio del commissario. Arthur desiderava seguirli, ma il padre lo bloccò, tendendo il braccio a simboleggiare una barriera.
-Non è ancora il tuo turno, Arthur.- disse semplicemente, prima di dargli le spalle e chiudere la porta.
-Ma che accidenti è successo, Lancelot? Morgana?- il biondo si voltò, sempre più costernato a fissare i due.
Morgana si era accasciata su una sedia, gli occhi gonfi di pianto e Gwen, al suo fianco, le porse un fazzoletto.
Arthur si rese conto che non l’aveva mai vista in quello stato e la sua ansia crebbe.
-Arthur, ti prego, devi aiutare mio figlio! Ho provato a telefonargli, per avvertirlo di quanto era successo, ma il cellulare era spento! Sapendolo in quel modo terribile, gli verrà un colpo!- Hunith gli corse incontro, generando una reazione a catena e tutti iniziarono a parlare contemporaneamente.
-Uno alla volta!- tuonò l’ispettore.
Quella giornata era iniziata in un modo terrificante!
Lancelot lo prese da parte, spingendolo nell’ufficio del viceispettore: Gwaine non c’era, ma il suo gilet era abbandonato sulla spalliera della sedia, segno evidente della sua presenza al distretto.
-Ok, ti spiegherò ogni cosa, ma prometti di non perdere la testa-
Arthur annuì, sorpreso dal tono grave dell’amico e dal suo sguardo, fin troppo serio. Deglutì, attendendo che proseguisse. 
 
-Sai, quando ti ho visto l’altro giorno ho pensato che tu fossi un idiota- esordì tranquillamente Uther, guardando negli occhi lo studente seduto alla sua scrivania. –Ma non pensavo che lo fossi fino a questo punto. Hai lasciato un mucchio di prove-
Merlin ingoiò saliva, stupito. Perché quell’uomo lo scrutava come se volesse leggergli i pensieri?
-Non capisco...-
-Fare il finto tonto non ti servirà a niente- sospirò il commissario, tirando fuori da un cassetto un sacco trasparente, contenente una scarpa usurata.
Merlin la riconobbe: faceva parte di un paio che usava spesso, quando era al maneggio, per non rovinare le sue tennis.
-Continuo a non capire- quella situazione non gli piaceva affatto. Sembrava che Uther lo stesse accusando di qualcosa, che ancora gli sfuggiva. E poi, lui non aveva fatto proprio niente!
-È tua, questa scarpa?- domandò l’uomo, a bruciapelo.
-Sì, ma...- la sua risposta titubante venne interrotta.
-Non avevo dubbi. Guardala bene, non ti rinfresca la memoria?-
Merlin avvicinò il viso alla busta trasparente, ma a prima vista gli sembrava che fosse tutto a posto, anche se era bagnata. Scosse il capo, frastornato e un attimo dopo si ritrovò con il cuore in gola, per il forte pugno che Uther aveva tirato al tavolo: il rumore inaspettato lo aveva fatto sobbalzare.
-È inutile mentire! Abbiamo già fatto analizzare l’altra scarpa con il luminol ed è piena di tracce ematiche! Vuoi ancora nascondere di averle indossate per commettere l’omicidio?-
Merlin alzò la testa, guardando Uther come se fosse impazzito.
-Ma di che omicidio parla? Io non ne so niente!-
-Parlo del modo barbaro e spietato in cui hai ucciso il povero William Grant!- il commissario sibilò di rabbia, ma nel pronunciare il nome della vittima, il volume s’impennò, facendo trapelare tutta la sua collera.
Merlin sbiancò di colpo, gli occhi spalancati per la sorpresa e il dolore che si faceva strada come un serpente nel suo petto, stringendo le sue spire attorno alla cassa toracica, mozzandogli il respiro.
No. No, Will non poteva essere morto. Quello era senza dubbio un incubo.
-Voglio sapere perché lo hai fatto e dove hai nascosto l’arma del delitto- Uther prese posto alla sua poltrona girevole, guardando in cagnesco il giovane Emrys.
Lui scosse la testa, con le lacrime che si affacciavano agli occhi sconvolti.
-Will...Will non può essere morto, è una bugia!-
-Oh, allora è per questo che lo hai lasciato sulla strada. Lo hai colpito in preda a un raptus di follia e quando ti sei accorto di essere ricoperto di sangue, hai semplicemente pensato di sbarazzarti delle prove. In fondo, era evidente che lo avesse ucciso un principiante!-
Merlin boccheggiò, senza riuscire a difendersi: tutto ciò era assurdo. Era uno scherzo, un orribile scherzo.
-Ti faciliterò le cose. So già quello che hai fatto: appena ricevuto il messaggio di Grant, sei andato a Wildwoods, dove la vittima ti aspettava impaziente sulla strada che conduce al vecchio granaio. Avete parlato e le cose sono degenerate, gli hai strappato di mano il forcone con cui stava lavorando e lo hai colpito. Poi ti sei allontanato. Non potevi tornare al maneggio, perché sapevi che a quell’ora sarebbe stato troppo pericoloso e che qualcuno avrebbe potuto vederti. Quindi ti sei recato al vecchio granaio, dove sapevi che avresti trovato una canna per lavarti ed eliminare le tracce di sangue. Hai trovato degli indumenti per cambiarti nel capanno degli attrezzi e hai pensato bene di bruciare quelli usati per commettere l’omicidio. Ora dimmi. Dove hai messo l’arma del delitto?-
-Non sono stato io!- Merlin sentiva che se il commissario lo avesse tenuto sotto torchio ancora per un po’, sarebbe esploso: l’aria iniziava già a mancargli. Le finestre erano chiuse, tutte quelle insinuazioni lo opprimevano. –Per...per favore, aprite la finestra...-
Il suo respiro stava già ignorando i normali ritmi.
-Non ci penso nemmeno!- ribatté il commissario, torvo.
Merlin lo supplicò con lo sguardo, ma non ottenne nulla.
-Per...per favore, io...soffro di claustrofobia...-
Uther scoppiò a ridere. Una risata ironica e distaccata.
-Questa è la scusa più patetica che abbia mai sentito!-
-È la verità! Deve credermi! E poi, non avevo nessuna ragione per uccidere Will, era il mio migliore amico!- Merlin si sentiva male: un nodo in gola gli rendeva difficile respirare e lo stomaco si era attorcigliato. Aveva la nausea. Quelle accuse erano assurde, così come la situazione nel suo insieme: ancora non riusciva a credere che Will fosse morto e che il principale indagato fosse proprio lui. Non aveva fatto niente di male!
Voleva bene a Will, dannazione! Perché il commissario era cieco, di fronte alla sua sofferenza?
-Confessa, o ti farò marcire in galera- gli occhi turchesi di Uther fiammeggiarono, minacciosi.
-Sono innocente!- Merlin urlò. I nervi stavano cedendo, per la disperazione. Sentiva gli occhi ricolmi di lacrime: perché non gli credeva? Perché lo stava accusando?
-Allora guarda queste! Prima di morire, William Grant ha cercato di scrivere il nome dell’assassino sul terreno, con il dito! Purtroppo, è riuscito a scrivere solamente la “M” e parte della “E”-
Improvvisamente, la stanza sembrava troppo stretta, l’aria troppo poca. L’atmosfera asfissiante.
Appena il commissario mise davanti alla sua vista le fotografie scattate durante il sopralluogo, indicando le fantomatiche lettere accanto alla mano della vittima, , Merlin fu costretto a mettere la mano davanti alla bocca, per costringersi a non vomitare.
Il malessere che lo aveva colpito all’addome era risalito velocemente, diramandosi anche alle altre parti del corpo.
Singhiozzò, in preda al panico. Cosa doveva fare? Come poteva convincere quell’uomo che stava dicendo la verità? Che non riusciva a spiegarsi la ragione che aveva spinto Will a scrivere il suo nome.
-La prego...la prego, deve credermi- lo supplicò, ma ottenne solamente un’altra occhiata colma di disgusto.
-Non credo agli assassini-
-Ora basta! La smetta, commissario!-
La porta dell’ufficio si era spalancata di colpo e Arthur aveva fatto il suo ingresso con passo deciso, guardando furioso il padre. Si avvicinò al coinquilino, poggiandogli una mano sulla spalla, rassicurante, sorridendogli. Poi tornò a rivolgersi a Uther, che lo osservava con cipiglio severo.
-Arthur, questo ragazzo è un assassino. Abbiamo le prove che lo inchiodano-
-Un paio di vecchie scarpe non significano nulla, potrebbe averle indossate chiunque!-
-E le lettere, allora?-
-Non è detto che Will volesse scrivere proprio “Merlin”! E poi, ieri sono stato con lui tutto il giorno, non avrebbe avuto il tempo per commettere l’omicidio!-
-La vittima è morta verso le sette di ieri sera. Poteva benissimo sgattaiolare fuori e commettere l’omicidio, mentre eri con Morgana per mettere in scena quell’assurda pagliacciata. A proposito, come hai potuto farlo?-
Arthur scosse la testa, convinto.
-Va bene, lo ammetto, non avrei dovuto assecondare Morgana. Ma questa è un’altra faccenda! Merlin è innocente, ne sono sicuro!-
-Sentiamo, cosa te lo fa pensare?- Uther si era alzato in piedi e si era avvicinato lentamente al figlio, specchiandosi nei suoi occhi azzurri: non c’era incertezza nel suo sguardo.
-Perché dopo aver accompagnato Morgana al Break Time, sono tornato subito a casa. Sono partito verso le sei e saranno state al massimo le sette e cinque quando sono tornato, ma lui stava già dormendo!-
-Purtroppo, stando a quanto ha detto il coroner, la vittima non è morta immediatamente. Ha perso i sensi quasi subito, questo è vero, ma è deceduta solo in seguito, per dissanguamento. Quindi potrebbe essere a Wildwoods appena ricevuto il messaggio, diciamo le sei e quaranta? Aver commesso l’omicidio ed essere tornato a casa-
-È impossibile che abbia ucciso Will e sia tornato a casa in meno di trenta minuti! Di sicuro ci sarebbe andato in bicicletta, Merlin non usa mai i mezzi!-
-Dannazione, Arthur! Questo lo sapremo quando si deciderà a confessare! E poi, Will nel messaggio diceva che era urgente, forse stavolta li ha presi- ipotizzò Uther, ormai certo della colpevolezza del giovane.
-No, non uso i mezzi perché sono claustrofobico! E non mi ero accorto del messaggio, mi sono addormentato appena Arthur è andato via!- Merlin provò a spiegarsi, ma il commissario non voleva sentire ragioni: ormai lo aveva etichettato come assassino.
-Questa volta avete preso un granchio, commissario e ve lo dimostrerò- assicurò, sprezzante l’ispettore.
-Come vuoi, figliolo. Ma fino ad allora, il tuo amico resterà in cella. Agenti!-
Merlin scattò in piedi, terrorizzato e il biondo intuì le sue preoccupazioni: lui odiava i posti chiusi e bui, sarebbe certamente morto di paura, nel giro di una notte.
-Non puoi farlo!- tentò di convincere il padre a lasciarlo andare, mentre due poliziotti accorrevano, attirati dal tono imperativo del commissario Pendragon.
-Certo che posso. Quel ragazzo è il solo indagato per l’omicidio volontario di William Grant, fino a prova contraria resterà in cella. E non guardarmi così!- gridò, perentorio e vagamente stizzito dal comportamento infantile del figlio.
-Arthur! No...no, vi prego! Sono innocente! Arthur, diglielo, ti prego! Non ho fatto niente, sono innocente!- Merlin continuò a urlare in preda alla frustrazione, disperato, voltandosi per quanto gli fosse consentito dalla morsa dei due agenti che lo stavano trascinando lontano, verso un loculo freddo e buio.
Aveva paura.
Paura che quell’incubo non sarebbe mai finito.
Paura che il commissario, così ostinato, se la prendesse con lui, lasciando in libertà il vero assassino.
Paura che quest’ultimo colpisse ancora le persone che amava.
Paura che, alla fine, anche l’ispettore lo abbandonasse al suo triste destino.
Fu proprio Arthur a riportarlo alla realtà: lo aveva afferrato per una spalla, rallentando così il percorso degli agenti. Lo aveva abbracciato, stringendolo a sé, protettivo.
-Giuro che ti tirerò fuori di qui, fosse l’ultima cosa che faccio...- aveva sussurrato, affondando il palmo nei suoi capelli scuri.
A Merlin non era rimasto poi molto da fare, quindi si era limitato ad annuire, inspirando a fondo il profumo dell’amico per farne scorta. Quello stesso profumo che lo aveva cullato nel buio, aiutandolo ad addormentarsi la sera prima.
Continuò a guardare l’ispettore, mentre i due agenti lo trascinavano lontano da lui. Lontano da tutto e tutti.
La sua nuova casa, sarebbe stata una cella piccola e stretta, di fredde mura e sbarre.
Quando la serratura scattò, lasciandolo solo in quella prigione, fu come essere pugnalati allo stomaco. Avrebbe potuto gridare la sua innocenza per ore, finchè la gola non avrebbe iniziato a raschiare ed i polmoni a bruciare. Ma sarebbe stato completamente inutile: solo Arthur gli credeva, ma non poteva fare nulla contro il padre. Perfino Morgana, sembrava convinta della sua colpevolezza.
Ora poteva solamente aspettare e sperare che il biondo trovasse il vero colpevole...
 
Arthur sbatté con forza la porta dell’ufficio, pronto ad affrontare il padre. Doveva convincerlo dell’innocenza di Merlin, ad ogni costo.
-Come puoi pensare che sia stato lui? L’hai guardato bene?- gridò, roso di rabbia.
Uther nemmeno lo guardò: tornò a sedersi alla scrivania, appuntando qualcosa su un fascicolo.
-Allora, Arthur. Quand’è che troverai un coinquilino con la testa sulle spalle? Prima un’adultera e ora un assassino! Il prossimo chi sarà? Un ladro?-
-Mi vuoi ascoltare? Conosco Merlin, non ucciderebbe mai qualcuno!-
-Tutte le prove dicono il contrario. Appena Gaius finirà di esaminare le scarpe e il corpo di William Grant, avremo le conferme necessarie-
-Ma non è evidente che stanno solo cercando di incastrarlo?-
-Dannazione, Arthur! Questo è il rapporto, se non credi a ciò che dico leggilo e cerca un’altra strada!-
-Puoi contarci, che lo farò! Le tue teorie sull’omicidio sono completamente sbagliate, ti sei fissato su Merlin solamente perché è il mio ragazzo e questo non ti va giù!- gridò, con tutto il fiato che aveva.
Sentiva la testa più leggera del solito...
Solo in seguito però, si accorse del clamoroso errore appena commesso.
-Bene. È evidente che sei troppo coinvolto per occuparti di questa faccenda.-
-Cosa? No! Io...io posso!-
-Temo che quel ragazzo abbia approfittato dei tuoi sentimenti per costruirsi un alibi. Se fossi in te, non perderei tempo facendo l’avvocato del diavolo e cercherei un nuovo coinquilino- Uther lo liquidò, congedandolo.
Arthur uscì dall’ufficio visibilmente scosso: anche se non lo avrebbe ammesso, le parole del padre lo avevano insidiato di dubbi. No, di sicuro il commissario si sbagliava.
Ma allora perché non aveva trovato la forza di ribattere e difendere Merlin da quelle insinuazioni?
Entrò abbattuto nel proprio ufficio, dove lo aspettavano Gwaine e Hunith.
-Arthur!- la donna gli corse incontro. –Ti prego, devi fare qualcosa, mio figlio è innocente, lo sai anche tu! Non avrebbe mai ridotto in quello stato il suo migliore amico...-
Con sgomento, l’ispettore si rese conto che il padre aveva perfettamente ragione: non era lucido. Non sarebbe mai riuscito ad affrontare il caso con la dovuta razionalità. Gli rimaneva solamente una cosa da fare.
-Mi spiace, Hunith. Ma non devi convincere me. Sono stato sollevato dall’incarico-
La donna si portò le mani alla bocca, stravolta dal dolore.
-Mio figlio è innocente!- continuava a ripetere.
-Vedrai, troveremo il vero assassino Hunith- Gwaine le strinse affettuosamente la spalla, anche se il suo viso continuava a mostrarsi amareggiato.
Arthur sospirò.
Improvvisamente, una domanda affiorò spontanea alle sue labbra.
-Hunith... Merlin è davvero claustrofobico?-
Il viceispettore Orkney lo guardò come se stesse dicendo un’assurdità, ma la madre del moro annuì.
-Sì, da quando era piccolo. In realtà, ha iniziato a manifestare questo disturbo dopo un incidente in macchina, ma lui non lo ricorda. Credo sia convinto di averne sempre sofferto. Ha anche paura del buio.-
Arthur si morse la lingua, per non parlare: Merlin lo ricordava eccome, quell’incidente. Gliene aveva parlato la sera prima ma, evidentemente, non voleva che i genitori lo sapessero. Probabilmente, lo teneva nascosto per non farli preoccupare. Il solito, stupido e generoso Merlin, insomma.
Improvvisamente, molti tasselli iniziarono a combaciare, nella sua mente: le finestre spalancate d’inverno, la porta del bagno perennemente aperta, le salate bollette della luce. Tutte strategie per evitare degli attacchi di panico, come quello della sera prima, quando il moro si era risvegliato al buio.
No, rifiutava di credere che una persona altruista come lui fosse un assassino spietato. Anche se...
-Will ieri pomeriggio mi voleva parlare. Ma in quel momento stavo cercando Aridian, per interrogarlo riguardo a Morgause, quindi gli avevo chiesto di venire in commissariato o di passare da casa. Ma lui ha risposto che voleva parlarmi in privato, senza Merlin. Hai idea del perché abbia detto una cosa simile?-
Hunith scosse il capo.
-Se non si fidava di Merlin, perché chiedergli di raggiungerlo a Wildwoods?- domandò retorico Orkney.
-Infatti non ha senso e Merlin non l’ha nemmeno ascoltato quel messaggio! Credo l’abbia sentito la prima volta quando i poliziotti hanno visto la spia lampeggiare, accanto al telefono- aggiunse l’ispettore.
-Ne sei sicuro?-
-Sì. La nostra segreteria ripete l’orario in cui è stato lasciato il messaggio solo dal secondo ascolto in poi. E quando è partito il nastro registrato, non ha annunciato l’ora. Questo significa che Merlin non aveva fatto caso al messaggio e che non aveva ricevuto l’invito di Will.- spiegò Arthur, appollaiato sulla sedia, accanto alla madre del coinquilino.-
-E non è possibile bloccare la segreteria dopo che è stata pronunciata l’ora?-
-No, la ripeterebbe, come un nastro rotto-
-Già...sarebbe una prova, se solo riuscissimo a dimostrare che Merlin fosse già addormentato quando Will ha telefonato e quindi non abbia sentito il messaggio mentre veniva inciso-
-Questo non posso testimoniarlo, purtroppo...-
Gwaine sospirò, affranto.
-E che mi dici dell’altro giorno?-
Arthur si accigliò: di che stava parlando il suo collega?
Dall’espressione del biondo, il viceispettore intuì che non aveva colto il collegamento. O, più probabilmente, non ne sapeva niente.
-Poco fa, tornando dal distributore, ho scoperto alcuni agenti che parlavano di Merlin. È uno studente di Belinor, proprio come Morgana. Se i loro pettegolezzi arrivassero al commissario, accadrebbe un pandemonio!-
-Quali pettegolezzi?-
-Dicevano che Merlin potrebbe aver tagliato le cinghie di tua sorella- rivelò infine Gwaine.
-Questo è impossibile! Quel giorno Merlin era in università per un esame. Figurati se un secchione come lui si farebbe rimandare a settembre per fare un dispetto a Morgana! Ho visto il suo libretto, sono certo che i suoi docenti confermeranno la sua presenza a scuola. E se fosse stato sugli spalti, lo avrei visto!-
-Bene, almeno non dovremo lasciarlo in balia della furia di Uther. Sai bene quanto può diventare vendicativo, se c’è di mezzo lei-
Arthur annuì. Aveva una tale confusione, in testa e il solo pensiero di tornare a casa, consapevole che non avrebbe trovato Merlin come ogni giorno, lo fece sentire vuoto, come se gli mancasse una parte di sé stesso...
 
Morgana si buttò distrutta sul letto, privata persino delle lacrime, ormai completamente esaurite. Will...
Pensare che la sera prima, si era perfino arrabbiata con lui, per non averla chiamata. Mentre lei si divertiva con Gwen e Elyan, lui stava morendo!
Se solo avesse seguito l’istinto, se gli fosse andata incontro, se invece che andare al Break Time si fosse fatta accompagnare al maneggio, forse tutto questo non sarebbe successo.
E Merlin!
Ripensò ai bei momenti trascorsi con il moro e Will. Non riusciva a credere che fosse stato proprio lui!
Era totalmente sconvolta, non riusciva a pensare a nulla. Sembrava che niente avesse più importanza. Neanche la ragione per cui Will era morto: saperlo, non lo avrebbe certamente riportato in vita o alleviato il suo dolore. Già, il dolore.
Era quella, la sola cosa che le era rimasta...
 
*Nei paesi anglosassoni, il coroner si occupa dei sopralluoghi, ma non delle autopsie, che vengono eseguite dal medico legale. Quindi, li ho inseriti entrambi, per rendere più verosimile la fic.

 

  
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