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Autore: Blackie_    24/10/2011    1 recensioni
Bill è un angelo, o almeno dovrebbe esserlo, ma i suoi capelli corvini lo tradiscono, così come la sua profonda propensione verso i sentimenti umani e sbagliati che prova per Lara, una semplice ragazza terrena. Soltanto Tom, unico amico e confidente proverà ad aiutarlo, senza però riuscire a proteggerlo dallo stravolgimento di un Destino non scritto di cui soltanto Bill potrà essere l'artefice.
"Tutto pur di non essere come loro, tutto pur di non dover trascorrere un'eternità monotona, tutto pur di non essere un angelo"
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I TokioHotel, in particolare Bill Kaulitz, non mi appartengono.
I fatti descritti in questo racconto non corrispondono minimamente alla realtà.
Questa è una FanFiction scritta non a scopo di lucro ma per un semplice piacere di scrittura, ne è vietata la copia parziale o totale previa permesso dell'autrice stessa.

Note: Eccomi qui, prima FF che posto qui su EFP... Mi è stata ispirata dalla passione che nutro fin da bambina per gli angeli e un po' per il sovrannaturale in generale^^ Sono già abbastanza avanti con i capitoli , quindi dovrei riuscire ad aggiornare regolarmente (salvo casi eccezionali di cui avviserò per tempo)
Gradirei moltissimo qualche recensione, se vi piace la storia, ma anche qualunque tipo di critica costruttiva è bene accetta...
A voi il primo capitolo.
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00Heaven

 

Capitolo I: Infinite Dreams

 

Era una normalissima giornata, per quanto potesse valere una giornata, c'era il sole, come se un giorno ci fosse mai stato qualcosa di diverso, mi sentivo molto, molto più apatico del solito, non che mi fossi mai sentito molto meglio. Ero stanco e non avevo la minima intenzione di alzarmi dal mio giaciglio.
-Bill, forza svegliati!!-
L'urlo di Tom mi svegliò dal mio stato di trance
-Arrivo!- Mugugnai poco convinto, mentre mi alzavo a sedere a fatica, sistemandomi una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio. Mi sciacquai il viso con l'acqua fresca e cristallina, poi lo sguardo mi cadde sul paesaggio bianco e monocromatico fori dalla finestra.
Sospirai pesantemente, mi attendeva un'altra giornata infernale intrappolato nel paradiso.
Ho sempre saputo di essere diverso dagli altri, tanto per cominciare, dal mio aspetto:
Occhi scuri e capelli ancora di più, più neri della notte, una di quelle scure e senza luna, che qui non arrivavano mai.
E poi ero sempre stato innaturalmente pallido, e magrissimo, a discapito del senso di benessere e prosperità che dovremmo rappresentare. Ma quale benessere? Non ci ho mai trovato nulla di bello qui, e pensare che la gente, laggiù, farebbe di tutto per guadagnarsi un posto accanto a noi.
Stupidi, infinitamente stupidi e ignoranti, se avessero passato duemila dannatissimi anni qua sopra, probabilmente cambierebbero idea.
Un' altra cosa che mi differenzia dai miei simili è l'odio verso la mia stessa entità, per natura, noi non dovremmo odiare, o amare, o qualunque altra cosa che ci renda umani ed imperfetti.
A me però piaceva tutto questo, mi piaceva sentirmi dire che ero diverso e difettoso, mi faceva sentire più importante, un passo in avanti rispetto a tutti, o forse uno indietro…ma che importava?
Nonostante ci fossero delle eccezioni, come il mio migliore amico Tom, ognuno degli esseri che mi stavano accanto mi guardavano in modo strano, per loro ero quello "venuto male" da tenere alla larga nemmeno fossi affetto da chissà quale pestilenza contagiosa (e anche se fosse, non si sarebbero mai potuti ammalare)
Ma ho imparato a convivere con questo,meglio essere deriso e umiliato che perdere la mia essenza, l'unica cosa che mi faccia dare un senso a questa esistenza che sono costretto a passare.
Tutto pur di non essere come loro, tutto pur di non dover trascorrere un'eternità monotona, tutto pur di non essere un angelo.
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- Lara, svegliati! È mattina!-
Mi tirai le coperte fin sopra alle orecchie per non sentire mia madre sbraitare. Possibile che dovessi davvero andare a scuola? Quel giorno mi sentivo tremendamente pigra e non avevo la minima voglia di scambiare il mio morbido e caldo lettuccio con un vecchio banco arrugginito(come facesse ad avere la ruggine poi, visto che era un banco di legno)
-Alzati!!- Urlò di nuovo.
Mugugnai forte in segno di dissenso
-Sto male!- Finsi, quel giorno avevo pure la verifica di algebra, inutile dire che non ci avevo capito un fico secco e di sicuro un tre non avrebbe migliorato il mio stato d'animo
-Tanto sai che non attacca!- Disse mia madre aggiungendoci anche una risatina, troppo sveglia quella donna.
A malincuore mi costrinsi ad alzarmi e a vestirmi, arrivando poi in cucina con un espressione da zombie sonnambulo
-Caffè!- Ordinai, senza provare ad essere gentile, ma tanto ormai mia madre si era abituata al mio pessimo carattere di prima mattina.
Ad una cosa, però, non aveva ancora fatto l'abitudine, ancora una volta aveva apparecchiato per tre.
-Mamma, ti sei sbagliata, siamo solo io e te qui- Dissi, molto lentamente, cercando di non urtare la sua sfera emotiva, pur sapendo che sarebbe stato impossibile.
Guardò verso la sedia vuota e poi si batté una mano sulla fronte
-Già, è solo che è mattina, ero soprappensiero e… mi sono dimenticata che papà è…-
"Morto. Avanti, dillo, è passato quasi un anno ormai, l'abbiamo superata ricordi?"
Mio padre era morto in un incidente stradale, mentre tornava da un viaggio di lavoro, semplicemente, un ubriacone gli era andato addosso e lo ha spinto fori strada. Deceduto sul colpo, clamorosamente, invece, l'altro tizio è ancora vivo e vegeto, strano il destino no?
Comunque me ne ero fatta una ragione, con il tempo, anche le ferite più profonde si rimarginano...Per quanto resti comunque una brutta cicatrice, pronta a riaprirsi quando meno te lo aspetti, e quella di mia madre non era ancora del tutto guarita.
La salutai con un veloce bacio sulla guancia e uscii di casa, camminando a passo spedito verso la fermata dell'autobus

 

Chissà oggi, dove mi porterà?
Attraversando mille mari
Forse, via, in una nuova città
O di nuovo da te, magari

Ora che tu, davanti a me appari
Lasciami guidare sola, il mio destino
Navigherei per più di mille mari
Pur di averti, un ultima volta, vicino



"Questa è bella, devo scrivermela da qualche parte!"
Ogni tanto mi venivano in mente alcune rime, per lo più tristi e malinconiche, ma comunque con uno sprizzo di speranza, forse perché, nonostante tutto, ero ancora troppo ottimista per abbandonarmi alla deriva.
Tirai fuori dallo zaino il mio personale diario nero, nel quale annotavo tutte le rime, o qualche frase speciale, che ogni tanto mi saltavano in mente. Io ho sempre avuto bisogno di scrivere, racconti, poesie, frasi filosofiche inventate sul momento…Ogni cosa uscisse dalla mia testa doveva venir tramutata in parole che scrivevo su milioni di fogli bianchi, sui muri grigi della città e a volte sulla mia stessa pelle.
Risultato: io vivevo per scrivere e scrivevo per vivere, avevo bisogno di scrivere come di respirare e d'inchiostro come del sangue stesso che mi scorreva nelle vene.
Entrai nella corriera gialla con l'Ipod a palla nelle orecchie.
Musica: un'altra cosa senza la quale, probabilmente, non sarei qui in questo momento, ad ogni istante della mia vita legavo una canzone e quel giorno "Infinite Dreams" Degli Iron Maiden mi faceva riflettere e rabbrividire.

 

There's got to be jus more to it than this
Or tell me why did we exist?
I'd like to think that when I'll die
I'll get a chance another time
And return, and live again
Reincarnated, play the game
Again and again and again and again*



Ascoltando e riascoltando le canzoni che sapevo ormai a memoria, ma che ancora avevano tanti dettagli da scoprire, arrivai in un batter d'occhio alla mia scuola.
"Perfetto" pensai rassegnata"Un'altra giornata tra queste quattro mura grigio topo" poi, sospirando, varcai il cancello.

 

* Traduzione:
Deve pur esserci qualcosa in più di questo
Oppure ditemi, perché siamo esistiti?
Mi piace pensare che quando morirò
Otterrò ancora una volta una possibilità
E ritornare, e vivere ancora
Reincarnato, giocare la partita
Ancora e ancora e ancora e ancora



 



 

  
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