3. Le
scarpe della discordia
Con le gote arrossate per la rabbia, Kurt urlò entrando veloce nel salotto.
«Devi piantarla!» Era tanto veloce, che Dave lo
raggiunse solo dopo, i capelli dritti sulla testa e l’espressione di chi vorrebbe
commettere un omicidio.
«Piantala tu, stai sempre a lamentarti»
«Bene» fece Kurt, il mento alzato mentre si lisciava il gilet nero, «allora
tolgo il disturbo»
«Dove cazzo stai andando?» tuonò l’altro, raggiungendolo d’avanti alla porta
aperta e un paio di vicini a guardarli curiosi. Non era raro che quei due
litigassero. Anzi, era così frequente, che i loro amici ormai avevano imparato
a godersi le scenette. Mancava solo che preparassero i pop corn
e indossassero gli occhialini per il 3D.
«Fuori da questa casa»
Dave come al solito gonfiò il petto per far prevalere
la sua figura su quella del più piccolo.
«Non fare il cretino, torna subito dentro» lo tirò per un braccio e gli sbatté
la porta alle spalle, tanto forte che il numerino laccato appeso al legno, si
staccò.
Kurt si scostò da lui e si avvicinò al divanetto bianco del salotto ancora un
po’ spoglio, «Se non butti quelle vecchie scarpe nella spazzatura, scordati di
entrare nel mio letto, stanotte.» Alzò un dito e socchiuse gli occhi, «E lo sai
che il divano ti fa venire il mal di schiena»
«Non butto le mie scarpe solo perché non ti piacciono. Sono autografate» Le sue
povere scarpe, non le avrebbe mai buttate. Non dopo aver passato un’intera
notte su internet, gareggiando con un tizio che di football non capiva niente.
«Ma puzzano di cadavere decomposto!»
«Come tutte le tue cremine del cazzo» sbottò Dave, certo
di non avere tutti i torti. Quel pazzo del suo ragazzo aveva perfino comprato
una crema alla bava di lumaca, per “arrestare la comparsa delle prima rughe”.
Come se a vent’anni si potessero avere le rughe! Kurt di certo non le avrebbe
avute fino ai quaranta mentre a lui le avrebbe fatte arrivare nell’arco di sei
mesi.
«Non insultare le mie creme»
«E tu non insultare le mie scarpe»
«Ma le tue scarpe fanno schifo!» strillò acuto Kurt, poggiando una mano al
petto, nella solita posa da diva consumata che ormai non aveva più alcun
effetto sull’altro.
«E anche le tue creme. Ogni volta che ti tocco, mi scivolano le mani»
«Ah, è così?» Kurt corse fuori dalla stanza e si chiuse la porta della camera
da letto alle spalle.
«Lo sai che mi fai incazzare quando mi lasci litigare da solo!» urlò Dave, tirando un calcio al portaombrelli dell’ingresso,
«Esci fuori!»
Kurt, nella camera, aprì la scarpiera e brandì l’oggetto della discordia e,
dopo averle messe con disgusto dentro una busta di plastica biodegradabile,
entrò a passo di marcia nel piccolo cucinotto.
«Cosa c’è lì dentro?»
«Le tue scarpe appesta-armadi»
Dave chiuse gli occhi, mentre un ringhio sommesso
usciva dalla sua gola. «Non ci provare. Kurt, dammi quelle scarpe» strinse
forte i pugni mentre la rabbia cominciava a salire. Sarebbe esploso presto e
poi avrebbe preparato la cena, col suo ragazzo come portata principale.
Arrosto di Hummel, con contorno di cremine alla lumaca.
«Altrimenti?»
«Altrimenti ci dormi tu sul divano» Non sarebbe mai successo, lo sapeva bene.
Ormai quel divano era diventato il suo letto dopo ogni litigio. E la cosa
peggiore, era che Dave era troppo alto e grosso per
quel coso così piccolo e stretto.
«Sono più piccolo e più veloce di te, arriverei in camera da letto per primo»
Il più grande, ormai sull’orlo della follia, distolse lo sguardo e lo puntò sul
camino spento, con un sorriso sadico a disegnargli il volto.
«Allora oggi il camino si accenderà con i tuoi vestiti»
«Non lo faresti» boccheggiò Kurt. No, non lo avrebbe fatto, pensò. Quale pazzo
avrebbe fatto una cosa simile ai suoi vestiti? Solo un pazzo, appunto. E Dave non lo era. Poteva essere di tutto. Burbero, musone,
troppo attaccato allo sport.. ma non pazzo.
«Ah no?» L’altro afferrò un pezzo di
stoffa rossa e in due falcate fu vicino al camino. Era quella la parte positiva
del vivere in un bilocale grande quanto la sua macchina: due passi e girava
tutta la casa.
«No. Ehi, quella sciarpa è di Donna Karan!»
«E’ un’amica tua?» David fece dondolare la sciarpa davanti al camino, fiero
della sua parte demoniaca, almeno per una volta. «Allora possiamo bruciarla»
«No!» Kurt si lanciò per prendere la sua adorata sciarpa, ma l’altro fu più
veloce e se la nascose dietro la schiena.
«Tregua? Io mi tengo le scarpe e tu ti tieni la sciarpa della tua amica»
«Kurt Hummel non scende mai a compromessi» incrociò
le braccia al petto e alzò il mento, in segno di sfida.
«E allora può dire addio a questo» Dalla tasca dei jeans, Dave
estrasse l’Ipod di Kurt. Si era preparato, afferrando
tutto quello che avrebbe potuto essergli utile, non appena aveva sentito il
primo strillo dell’altro.
«La mia compilation di Wicked»
«Addio compilation di Wic..» si fermò guardando
allucinato l’aggeggio che teneva per le cuffiette, «quel coso che mi hai fatto
vedere tre volte? Allora lo brucio davvero!»
«Ti prego, ti prego, ti prego»
«Lascia stare le mie scarpe e forse io mollo il tuo Ipod»
con la sciarpa rossa appesa a una spalla, David pensò che quella fosse una
causa persa e sobbalzò sorpreso quando sentì l’ “ok, va bene” stizzito
dell’altro.
«E non le butterai quando non ci sono»
«Non lo farei mai!» fece Kurt, offeso. O forse fingeva di esserlo, ma a David
questo non importava. Lo conosceva, così come conosceva le sue manie «un patto
è un patto»
«E chi ci crede più?»
«Bene, non le tocco le tue dannate scarpe.» Beccato, pensò bene di dare
un’ultima steccata all’oggetto del suo odio, «Almeno mi evito l’epatite»
«E io non tocco il tuo ipod, così mi evito la frocite»
«Cosa ti eviti?» Kurt scoppiò a ridere. Si poggiò con le mani sul divano,
mentre l’altro sbuffava.
«L’hai capito» borbottò Dave, roteando gli occhi alla
vista del suo ragazzo che continuava a ridere.
«No, invece»
«Si, invece. Non farmelo ripetere, non so nemmeno da dove m’è uscita questa
stronzata»
«La frocite» rise ancora Kurt, «Ormai sei in ritardo
per pensare di evitartela. Sei quasi più gay di me, e dire che fino a poco
tempo fa mi sembrava quasi impossibile.»
«Io sono un vero maschio.» sbottò Dave, «Tu, invece,
sei una fatina»
«Un vero maschio non custodisce gelosamente il poster di quattro giocatori di
football coperti solo da una palla nei punti strategici»
«E’ un’edizione limitata!» esclamò per poi abbassare subito la voce, «E poi è
per lo spirito di squadra e.. la
beneficenza.»
«La beneficenza, si» Kurt annuì per niente convinto. Ma, alla fine, quel poster
piaceva anche a lui quindi non aveva nulla di cui lamentarsi.
Anche se quei palloni ovali avrebbero anche potuto toglierli!
«Tu non mi credi» Dave si avvicinò tanto da arrivare
a toccarlo, «vero?»
«Ma certo che ti credo»
«E invece no, quindi ora» allungò una mano e lo attirò a sé con un gesto secco,
«ti faccio vedere com’è un vero maschio»
«Ma io non voglio vederlo» sussurrò Kurt sulle labbra del ragazzo. Era alzato
sulle punte, con il braccio di Dave attorno ai
fianchi e un sorriso malizioso sulle labbra.
«Davvero?»
«Davvero» fece e un urletto gli scappò quando si ritrovò steso sul corpo del compagno, il gilet
slacciato e i capelli spettinati.
Ale’s Corner
Chiedo perdono, questa cosina non so nemmeno da dove mi sia venuta.
Sono come Dave, a volte penso e dico cose che nemmeno
so da dove vengano.
È un po’ piccolina ma sono sicura che, se fossi andata oltre, sarebbe venuta
una cosa illeggibile.
Spero comunque che a qualcuno sia piaciuto e sarei contenta di leggere le
vostre opinioni.
La prossima settimana pubblicherò di lunedì, giusto per la One
Shot su Halloween e poi.. via col Santittany
che mi manca tanto.
Un abbraccio stritolatore a tutti voi, Alessia.