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Autore: __delirium    25/10/2011    7 recensioni
«Sono contento che tu non sia ancora partita.» disse il ragazzo sedendosi vicino a lei.
Lei scrollò le spalle, guardando all’orizzonte. « Le lezioni iniziano fra otto giorni; volevo godermi ancora un po’ casa. » rispose. Harry fece un gran respiro, cercando qualcosa da dire. “Sono contento?” bugia. “Non partire?” è da egoisti. “Dammi un’altra possibilità?” troppo inutile.
«Mi manchi Sharon. » mormorò infine, «davvero tanto. »
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay, allora. Parto dal fatto che Harry Styles non mi appartiene e che la storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Non scrivevo una OS da circa un anno e boh, quest'idea è nata ascoltando canzoni come ad esempio Lego House di Ed Sheeran ( da cui prende il titolo.) e You could be Happy dei Snow patrol. Detto ciò, vi lascio leggere, grazie in anticipo :3(mi scuso per eventuali errori di grammatica o sviste).

***

«Dannazione.» imprecò la ragazza mentre l’ennesima folata di vento sparpagliava i suoi appunti sulla panchina. Non era né il luogo né la giornata adatta per studiare, ma almeno era riuscita a distrarsi per qualche ora.  Sbuffò, incrociando le gambe e sbattendo i fogli nel quaderno con non curanza, consapevole del fatto che tutto ciò che aveva scritto nelle ultime ore non le sarebbe entrato in testa nemmeno se avesse pagato tutto l’oro del mondo.  Si fermò qualche minuto a contemplare il tramonto, osservando come il sole spariva lentamente dietro ai vecchi palazzi ormai abbandonati.  Sospirò ancora una volta, quando i suoi pensieri furono interrotti dal rumore delle foglie pestate flemmaticamente da qualcuno, quasi a non voler farsi sentire. Tentativo fallito, pensò lei.
«Sapevo che prima  o poi saresti tornata qui.»disse quella voce roca, tremendamente familiare.
Lei si girò, ritrovandosi di nuovo davanti a quegli occhi grigio- verdi, perforanti più di una pallottola sparata alla massima velocità. Non erano come li ricordava però. Erano stanchi,  gonfi e arrossati. Lo facevano sembrare quasi un’altra persona, una persona completamente diversa dal suo ragazzo.  Anzi, ex ragazzo.
«Harry…» sospirò lei osservandolo attentamente. Le mancava così tanto.  «Da quanto tempo non dormi? » disse poi, senza pensarci più di tanto. Lui sorrise debolmente e poi rispose: «Circa due settimane. » La faccia di lei s’ incupì, mentre i ricordi di qualche giorno precedente prendevano pian piano  il sopravvento sulla sua mente, invadendola completamente.
 
«Lo sai che ti amo, vero? » chiese Harry accarezzandole delicatamente il braccio.
«Certo. Tu sai che ti amo anch’io?»rispose lei dopo qualche secondo di silenzio . Lui annuì incerto.
«Cos’ hai?»le chiese poi.  Lei s’irrigidìEra sempre lui, solo e soltanto lui che riusciva a capire quando qualcosa non andava, probabilmente perché solo a lui importava realmente. Sospiròcercandole paroleadatteper dirlo.  «Perché sembra tutto così…così strano. Tra me e te intendo. » disse chiudendo gli occhi. «Ti amo, amo passare il mio tempo con te, amo il fatto che tu voglia ancora stare con me, nonostante migliaia di ragazze si buttino ai tuoi piedi ogni giorno, ma sembra quasi che non sia abbastanza.» Harry si alzò dal letto, prendendo la sua maglia da terra e infilandosela. «So esattamente cosa intendi.» rispose. «Mi manchi così tanto quando sono lontano, ogni volta che vado in tour diventa più difficile. Però so che ci sarai quando torno, a farmi distrarre…» Lei lo interruppe. «Oh, quindi sono una specie di “ragazza di sicurezza”? E’ quel che sono?» disse in qualche modo offesa. Non era brava a parlare dei problemi fra loro due, e quando decideva di farlo finiva sempre per diventare acida, non lo faceva neanche apposta, succedeva e basta. Era una specie di auto difesa. «No. Non ho detto quello. Intendevo che mi da una ragione per non mollare sapere che tu cu sarai quando torno a casa.» Rispose lui pacatamente.Seguì un momento di totale silenzio. Sarebbe potuto cadere uno spillo e chiunque l’avrebbe sentito.«Non posso più vivere così Harry. Non sopporto l’idea di vederti mentre cerchi disperatamente di infilarmi in un ritaglio di tempo. Devo concentrarmi sui miei esami, non posso continuare a vagare per il Paese per vederti quando ti va…Ho un lavoro e mi devo prendere cura di mio padre, la sua malattia sta peggiorando.  » Harry si sentì come se una montagna di mattoni gli crollò addosso. «Che stai cercando di dire Sharon?» chiese con un tono quasi inudibile.
«Non lo so.» rispose allo stesso modo lei.
« Sono tropo sbattimento per te?» chiese poi lui, con molta più potenza nella sua voce. «No…io…» balbettò lei, non sapendo neanche cosa dire.
«Non valgo abbastanza per te da viaggiare per il Paese? » il suo tono incrementava sempre di più, andando di par passo con la rabbia e tutte le cose non dette, lasciate soffocare dentro, una sopra l’altra.
«Bhè, no.»
«E allora cosa? Sei stanca di vivere sforzandoti per noi due? Cosa?» Il ragazzo era giunto al limite e urlava per davvero, camminando avanti e indietro per quella stanza che tutto d ’ un tratto sembra così stretta ed asfissiante. Lei, invece, si sentiva minuscola, mentre il suo cervello era  circondato da decine e decine di pensieri, che però non l’aiutavano ad uscire da quella situazione.«Vaffanculo Harry, con tutto il cuore.» gli tirò un pugno sul petto, con le sue piccole e deboli mani, senza però procuragli il minimo dolore.«Vai all’inferno. » mormorò poi a denti stretti, mentre le prime lacrime iniziavano a rigarle le guance. Si lasciò cadere sul letto, senza forze per continuare quella inutile battaglia. Non erano mai arrivati a questo punto in tre anni di relazione. Harry si sentiva ferito, come poteva arrendersi così? Come poteva scaricargli la colpa quando lui faceva il possibile per vederla e per dimostrarle che  il sentimento nei suoi confronti non era cambiato? Forse aveva ragione Louis quando diceva che la distanza rovina i rapporti. Forse anche il loro era cambiato, in peggio. Doveva saperlo, ma non voleva dirlo. Non riusciva a dirlo.
Avete mai voluto chiedere una domanda, ma non l’avete fatto perché sapevate che il vostro cuore non avrebbe retto la risposta?
Harry strizzò forte gli occhi, quasi a voler scacciare quel pensiero che lo tormentava da un po’ e si prese la testa fra le mani, con l’adrenalina che gli pompava nelle vene. Come mai tutto ciò non era venuto fuori  prima? Sapeva che fosse dura per lei quando lui non c’era, ma lo era anche per lui. La loro relazione era davvero così debole? Era perso nel tumulto dei suoi pensieri, quando lei parlò. E ciò che uscì dalla sua bocca fu esattamente quello che lui moriva dalla voglia di sapere.
«Quindi finisce qui?»chiese grattandosi via nervosamente lo smalto dalle unghie. Lui aprì gli occhi fissandola. «E’ ciò che vuoi?» disse poi.  Sharon guardò il soffitto, sperando che magari le crollasse addosso e  non la facesse rispondere. «Ti amo…ma forse è meglio così.» sussurrò sentendosi morire.
Lui sorrise amaramente, se lo aspettava, è vero, ma  sentirlo dire equivaleva a doverlo accettare, e lui non sapeva come avrebbe fatto.  Se è quel che vuole, tanto vale non insistere, pensò poi. «Allora finisce qui.» Lei si strinse di più nella sua felpa, quasi a voler sparire e dopo aver cercato il suo sguardo un’ ultima volta, guardò il ragazzo prendere le sue cose e  dirigersi verso la porta con passo deciso,  sbattendola dietro di se.
 
«Sono contento che tu non sia ancora partita.»  disse il ragazzo sedendosi vicino a lei.
Lei scrollò le spalle, guardando all’orizzonte. « Le lezioni iniziano fra otto giorni; volevo godermi ancora un po’ casa. » rispose.  Harry fece un gran respiro, cercando qualcosa da dire.  “Sono contento?” bugia. “Non partire?” è da egoisti. “Dammi un’altra possibilità?” troppo inutile.
«Mi manchi Sharon. » mormorò infine, «davvero tanto. »
Lei si morse il labbro e, cercando di non sembrare troppo disperata, rispose: «Anche tu Harry. »
Lui abbozzò un sorriso, e la guardò. Gli era mancato poter fare anche quel piccolo gesto. Osservare ogni singolo particolare del suo viso, perdersi in quegli occhi color caramello o semplicemente vedere quel tenero sorriso un po’ da bambina che gli faceva diventare le ginocchia come gelatina al sole. Un’altra folata di vento fece rabbrividire la ragazza ed Harry non aspettò un singolo secondo per posarle il braccio attorno alle sue spalle minute, ma lei si scostò. Non perché non volesse, dio, no, Harry la faceva sentire al sicuro. Però non poteva. Avevano bisogno di una pausa e in poco tempo lei sarebbe partita per il college e lui avrebbe ripreso la sua carriera da popstar.
«Mi dispiace. » pronunciò poi lui, guardandola andare via.
 

***

Sharon scosse violentemente la testa, cercando di non far cadere le ennesime lacrime. Non doveva piangere, lei era forte, si ripeteva. Sorseggiò un po’ di cioccolata calda, mentre provava a concentrarsi sul film che doveva vedere per scuola, ma nulla da fare. Le immagini di Harry continuavano ad apparirle come se fossero scene di un film, ma d’altronde stavano buttando al cesso tre anni di relazione.
Harry, invece, era incerto sul da farsi. Non voleva lasciarla andare un’ altra volta, ma allo stesso tempo si sentiva egoista a non lasciarla andare come lei gli aveva esplicitamente chiesto. Però il pensiero di non sapere cos’aveva fatto o con chi aveva passato gli ultimi 15 giorni lo uccideva dentro. C’era sempre stato per lei, da ben prima di iniziare la loro relazione.  Lei aveva qualcosa in più di chiunque altro; l’aveva intrigato dalla prima volta che si erano parlati, in quarta elementare, quando lei gli aveva chiesto un pennarello e lui voleva prestaglielo solo a costo che lei lo baciasse sulla guancia. Quel giorno tornò a casa con tutta la faccia pasticciata e comprò un pacco di pennarelli solo per Sharon. Sorrise e prese le chiavi della macchina, correndo fuori casa per raggiungerla e sapendo esattamente cosa fare.
«Harry» disse sorpresa Sharon aprendo la porta. Il ragazzo entrò senza esitare in casa e si tolse il cappotto, lanciandolo sul divano. «Cosa ci fai qui? » continuò lei, con voce tremante e debole. Lui le sorrise dolcemente senza dire niente e avvicinandola a se. Lei cercò di opporsi, anche se in realtà era l’ultima cosa che voleva fare. «Ti prego, vattene, esci e vai-» le sue parole poco convincenti furono interrotte dalle morbide labbra di Harry che si posarono su quelle di lei con talmente tanta dolcezza e passione allo stesso tempo che sembrava quasi irreale. Le era mancata tanto, troppo, e non c’era altro che potesse esprimerlo meglio come quel bacio. Le mani freddolose di lui si appoggiarono sulle guancie rosse e calde di lei, la sua bocca assaporava il gusto di cioccolata calda e il suo maglione si impregnava ancora una volta con il profumo di zucchero filato, che tanto amava.  Lei portò una mano dietro la sua schiena, tirandolo di più a se,  e l’altra tra i ricci morbidi, baciandolo con tutto l’amore che aveva in corpo.
«Sharon?» sussurrò lui staccandosi leggermente.
«Si?» rispose lei respirando affannosamente.
«Ti amo» disse semplicemente lui, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Ti amo Harry. » sorrise infine lei.
Il ragazzo la strinse nuovamente a se, baciandola con più foga e lei rispose ugualmente, entrambi pronti a dimostrare quanto fossero davvero dispiaciuti.
 
 

I'll pick you up when you're getting down 
And out of all these things I've done I think I love you better now.

  
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