Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi
Ricorda la storia  |      
Autore: laFrantz    25/10/2011    0 recensioni
Il destino può remare contro anche ai marinai più arditi.
(Un'altra metafora così e mi daranno il nobel per la letteratura)
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il marinaio 
_  Quand’ero adolescente affrontai l’ira tremenda di mio padre informandolo della mia ferma decisione di arruolarmi su un mercantile, sogno che, da che io ho memoria, aveva sempre riscosso in me il più risoluto e febbrile entusiasmo: già bambino imposi costose lezioni di nuoto in piscina al bilancio familiare e week-end lacustri ai riposi festivi di mio padre, mentre dalle finanze dei miei nonni ottenni le mie approvvigioni spirituali in modellini di barchette, libri illustrati a tema piratesco e manuali su nodi marinari. È trai miei ricordi anche qualche lettura mirata, come i libri di Conrad, che servirono bene il loro scopo d’infervorarmi e farmi ritenere la scelta del Grande Blu – come fraternamente avevo iniziato ad appellare il mare – con un certo snobismo intellettuale, e l’immagine di me vestito con capi da marinaretto, i quali davano di me un ritratto distinto, se non da capitano, quantomeno da secondo.
_  Tutto era in me proteso verso l’acqua e il sale, e poco importasse a quella mia maniacale mente che vivessimo a parecchi chilometri dalla prima pozza d’acqua e che questa fosse nient’altro che un laghetto, ben differente dall’impietoso grande blu, per raggiungere il quale, invece, si richiedeva il varcare più di un confine nazionale prima di arrivare ai bordi del suo contenitore naturale, la spiaggia dei continenti. Ma, per quanto la geografia mi fosse avversa, maturai comunque la ferma decisione di imbarcarmi alla prima giusta occasione.
_  Lessi sulla gazzetta di un mercantile coreano che, rilevato da una impresa locale, avrebbe iniziato a battere la mia medesima bandiera, malgrado la sua nascita così esotica: mi ci identificai: una nave dall’aspetto ora tutto continentale, ma venata da uno spirito wokuo non meno che dal suo sartiame. Dissi a mio padre di questa edificante lettura e assistei per l’ultima volta alla sua cecità a un destino così ovvio, quale il mio; risoluto, scappai.
_  Calatomi nella notte dalla finestra di casa, feci rotta verso la costa, la collana naturale dalle stupende perle portuali, ornamento di ogni golfo. Pagando con denaro contante la rapidità, subitaneamente venni nei pressi della città in cui attraccava la mia nave: pochi chilometri mi separavano da essa ed ero così teso all’idea di vederla per la prima volta che decisi di fare l’ultimo tratto a piedi, in modo che l’eccitamento non minasse troppo le pareti del mio cuore, ma giungesse passo dopo passo a piccole dosi e non galoppando con la corriera che mi aveva portato sino ad allora. Di temperamento romantico e sprezzante della fatica, come giudicai dovesse essere ogni buon marinaio, mi incamminai a piedi all’alba, sicuro di potermi presentare alla mia nave in tarda mattinata, ma timoroso di giungervi lercio di melma e fango, materia vile animatasi improvvisamente a causa della pioggia della notte appena trascorsa.
_  Camminavo fiero, quando scivolai nel fango: nella caduta sbattei la testa su una pietra miliare che riportava il numero due e persi i sensi.
_  Ah! Crudele destino! Destino crudele! Un marinaio come me, soggetto alla più perfida sfortuna, quella scacciata assieme alle donne dal legno, quella che fa ululare la vedetta alla vista di un colombre, quella che ogni tanto il cuoco sotto coperta è sicuro di aver visto nel minestrone. La medesima che uccide con più gusto se si è a brevissima distanza dall’agognato porto dopo un lungo (o meno) viaggio.
_  Affogai.
_  In una pozzanghera, non molto profonda, ma infida e lurida, io lì affogai.
_  Quando spirai con l’acqua nei polmoni, decesso non molto dissimile da quello di molti nostromi, capitani o semplici mozzi, si impadronì in me un senso di incompletezza e insoddisfazione: ovviamente con l’idea di aver mancato al mio destino non potei divenire altro che un fantasma, un ululante spirito marino la cui spettrale apparizione nelle notte estiva è segno prodromo dello scatenarsi di frequentissimi tifoni nei lontani mari cinesi.
_  Peccato che la posizione del mio decesso mi avesse per sempre legato a quella pietra miliare con scolpito il numero due: da allora il mio ululato segna l’avvicinarsi di una tempesta a parecchie migliaia di chilometri da lì e i due chilometri mancanti alla città portuale. Ciò genera sempre molta confusione riguardo la mia attrazione negli opuscoli turistici della pro-loco: eppure la cerata gialla parla da se…
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Fantasmi / Vai alla pagina dell'autore: laFrantz