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Autore: Lady Aquaria    25/10/2011    3 recensioni
"La verità è che io faccio fatica a non pensarci, alla fine mi sono arreso. Ho smesso di provare a liberarmi un po' la testa ma non riesco perché lei c'è. C'è sempre. Con il suo sorriso e i suoi occhi, perfino col suo caratteraccio. E quando non c'è la cerco. La cerco in casa, a Rodorio, la cerco nelle canzoni dei Kiss che ho imparato ad apprezzare e dentro le frasi dei pochi libri che ha letto qui. E sai cosa? C'è ancora. E' ancora dappertutto. L'ho cacciata, ma non riesco a levarmela dalla testa."
E tutto questo, a partire da quel giorno al Goro-Ho.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 7 prequel

7.
Come with me.

Come with me, close your eyes,
Hold my hand, it'll be alright
Don't be scared, don't be shy
Lift your head it's going to be alright.
[Come with me-Phil Collins]
 
Il silenzio che seguì quelle parole lo spiazzò. Aveva posto quella domanda, stupidamente, e altrettanto stupidamente aveva pensato che Mei avrebbe accettato subito la sua proposta. Non sapeva nemmeno per quale motivo l'aveva fatta.
"Bè… io… dimentica quello che ho detto." balbettò. Si mise a sedere, riavviandosi i capelli umidi e sentendosi più stupido che mai.
Che dannazione gli era venuto in mente di chiederle una cosa simile?
Perché mai avrebbe dovuto seguirlo, in fondo lo conosceva appena, e lei -ne aveva avuto la prova poche ore prima- era una ragazza seria.
Scattò appena avvertì la sua mano posarsi sulla schiena.
"Mica ti ho detto di no." gli sorrise. "Non ho mai visto la Grecia. Ma… non sapevo fosse possibile per voi, portarvi una donna appresso."
Camus si girò verso di lei, incrociando le gambe e avvicinando la torcia.
"Al Santuario nessuna legge, scritta o verbale, ci vieta di avere una ragazza."
Ricevette un sorriso in risposta.
"Dohko mi disse che la vostra prima priorità dovrebbe essere la dea."
"A dire il vero, nessuno si è mai posto quel problema, visto e considerato che nessuno, salvo rari casi, ha mai avuto una… come dire… compagna. Dobbiamo obbedienza alla nostra Dea ma siamo comunque esseri umani, con i nostri bisogni e i nostri sentimenti."
Anche Mei si mise a sedere; Camus guardò i lunghi capelli che le coprivano il seno.
"Già."
"Quello che mi preoccupa di più saranno le reazioni dei miei compagni. Sai, non capita tutti i giorni che un blocco di ghiaccio come me si trovi una ragazza, e adesso che ne ho una, partiranno subito i commenti, soprattutto quelli di Milo." le spiegò Camus.
Gli sorrise, negli occhi un luccichio particolare.
"E da quando sono la tua ragazza?" sussurrò Mei.
Lui arrossì e abbassò lo sguardo, a corto di parole.
Si fece più vicina a lui, posando la testa sulla sua spalla e circondandogli la vita con un braccio.
"Di solito non amo i titoli, ma questo mi piace." gli sussurrò, felice. Era convintissima di quello che aveva appena detto. Era seriamente felice di seguirlo ad Atene, anche se agli occhi degli altri, era forse un passo troppo affrettato.
Ma aveva agito tutta la sua vita in modo assennato, pensando prima agli altri e poi, se avanzava, a sé stessa. Si sentiva bene.
Che male c'era in ciò?
Alzò lo sguardo e, seguendo un improvviso impulso, seguì con la punta delle dita la cicatrice che gli attraversava una spalla, sentendolo fremere, arrivando a una seconda che dalla scapola attraversava tutto il muscolo dorsale fin quasi al gluteo.
"Cosa fai?" mormorò Camus, voltandosi appena.
"Come ti sei procurato queste? Durante l'addestramento?"
"N-no. Io... sì, ma fu a causa di una mia negligenza, sottovalutai le correnti del lago e uno spuntone di ghiaccio quasi mi aprì in due la schiena."
"Ahi." Mei risalì con le mani fino alle spalle, raccogliendo di lato i suoi capelli. "È per nascondere questi segni che porti i capelli così lunghi?"
"No, semplicemente perchè mi piace portarli così." le rispose, sorridendole. "A te non piacciono?"
"Sì." disse Mei. "È che prima di te non avevo mai conosciuto nessuno con i capelli rossi come i tuoi."
Si girò proprio mentre Mei aveva deciso di posare un bacio sulla cicatrice sulla spalla, e un brivido lo scosse.
"Mei." bisbigliò, cercando, senza successo, di tenere a bada la voce. Quando i loro sguardi s'incontrarono, alzò una mano, l'attirò a sé e la baciò.
Poco dopo, quando il bacio s'interruppe, Mei si mise a cavalcioni su di lui, scostandogli dei ciuffi dal volto.
"Dopo dovrò andare a prendere qualcosa in casa. Il minimo indispensabile, almeno."
"Certo." annuì Camus. Mei lo baciò ancora e lui spostò le mani sui suoi fianchi, scoprendo che aveva la pelle d'oca. "Mei, aspetta. Per te fa freddo qui... sarebbe saggio entrare in casa, prima che tu possa ammalarti."
Si rivestirono alla bell'e meglio, faticando a infilare i vestiti bagnati e rientrarono nella pagoda rabbrividendo all'aria della notte.
Fecero meno rumore possibile, tuttavia, quando passarono davanti alla porta di Dohko, questa si spalancò.
"Mei?!" mormorò Dohko, guardando la ragazza che, capelli scarmigliati e umidi, indossava una maglietta visibilmente più grande, tenendo stretti al petto i vestiti che aveva indossato quel giorno insieme a della biancheria maschile e un paio di mocassini. "Che cosa...? Camus?!" aggiunse, quando finalmente intravide anche lui, dietro Mei, praticamente svestito a eccezione dei jeans.
"Maestro…" disse Camus a mo' di saluto, imbarazzato come un adolescente scoperto a pomiciare.
"I-io... noi... ehm..." iniziò a balbettare Mei, avvampando. "Noi..."
Dohko notò dei segni inequivocabili addosso a Camus e sorrise.
"Non hai bisogno di darmi alcuna spiegazione, sono stato giovane anche io." sorrise Dohko.
"Se vi abbiamo offeso in qualche modo, vi domando scusa." interloquì Camus.
"Mio caro ragazzo, perchè dovrei essere offeso? Sono stanco, non offeso. Buonanotte." rispose Dohko, congedandoli.
Mei si sentì avvampare quando si chiuse la porta della propria stanza alle spalle. Girò la chiave nella serratura e intravide Camus intento a guardarsi intorno, le mani infilate nelle tasche dei jeans.
"Chiedo scusa, ha sempre avuto un'udito finissimo." esordì, sentendo la propria voce un po' tremula a causa della tensione.
"Immagino. È il Saint più potente del Santuario, il più anziano ed esperto..." commentò Camus. "L'udito fine è la dotazione standard, nel suo caso."
La tensione sessuale che li aveva attraversati prima di entrare in casa e prima di incappare in Dohko pareva essere scomparsa; sospirando, Mei aprì l'armadio, prendendo una borsa abbastanza capiente e dei vestiti asciutti.
"Puoi farti una doccia mentre io metto via qualcosa." gli disse, porgendogli un completo di cotone pesante, un karategi nero profilato di bianco. "Apparteneva a mio padre, a occhio e croce dovrebbe andarti bene... mi spiace, ma sono i soli vestiti da uomo che ho."
"Grazie." rispose Camus, prendendo rispettosamente i vestiti che Mei gli aveva offerto. "Tuttavia insisto affinché sia tu a farla per prima, io sopporto bene il freddo."
"D'accordo." sorrise Mei. Si sfilò la maglietta -blu notte, dell'Hard Rock Café di Parigi- e si chiuse in bagno, ripensando a quanto successo.
 
*
 
"Vai da qualche parte?"
Mei si voltò a guardare il fratello, fermo sulla porta della sua stanza.
"Sì."
"Ti cerco da tutto il pomeriggio, e ti trovo solo ora. In compagnia di quel Gold Saint a quest'ora di notte."
Gold Saint che, in quel momento, si trovava nel suo bagno.
"Cos'è successo tra di voi?" incalzò Shiryu.
"Come?"
"Non far finta di non capire. Sinceramente, Mei, io non ti capisco. Lo conosci appena. Come puoi fidarti di lui al punto da... seguirlo dall'altra parte del mondo? Come puoi essere così avventata, sorella?"
"Io non sono avventata. Mi sento di farlo, mi fido di lui."
Shiryu annuì.
"Certo. Ti è bastata una settimana scarsa per fidarti di lui?"
"Hai detto bene, non capisci. Non puoi capire quello che provo." protestò Mei. "È che a te non va giù che per una volta penso a me, prima che a te."
Le afferrò un braccio, fermandola.
"Sei cattiva, se pensi questo di me. Mi sta a cuore la tua felicità, ti voglio bene. Ma io non ci vedo nulla di buono in tutto ciò. Potresti provare a conoscerlo meglio prima, no? Insomma….Lo frequenti, ci esci un po’, magari fra qualche mese…"
Mei si liberò dalla sua stretta.
"No no no, aspetta. Shiryu… sveglia! Siamo nel ventunesimo secolo, non nel diciottesimo!" esclamò Dohko, comparendo alle sue spalle. "Ai miei tempi si faceva così, ragazzo, adesso i tempi sono decisamente cambiati! Lascia stare tua sorella, e và a dormire."
Camus uscì dal bagno, nel karategi prestatogli da Mei; Shiryu scosse la testa poi uscì.
"Non sto simpatico a tuo fratello." disse Camus.
"Fa sempre così, con tutti." cercò di giustificarlo Mei.
"Era una constatazione, non una domanda. So di stare antipatico a tuo fratello."
Mei chiuse finalmente la zip della valigia.
"Lo so. Lo fa con tutti." ripeté. "Credo di essere pronta. Possiamo andare."
Camus annuì, quindi, dopo averla attesa mentre salutava cognata e fratello, l'attirò a sé, teletrasportandosi al Santuario.
"Ed eccoci." le disse, lasciandola andare e prendendole la borsa che si era portata dietro. "Però, viaggi leggero. Tutto bene?"
A dirla tutta si sentiva come se avesse fatto un viaggio in ascensore a velocità elevata.
"Mi gira un po' la testa, ma adesso passa." replicò Mei, guardando al di là del parapetto. Aveva visto il mare una volta sola, durante le uniche vacanze che avevano trascorso, tutti insieme in Italia, nella terra di sua madre.
Non aveva calcolato il fuso orario, però.
Aveva lasciato il Goro-Ho in piena notte, e ora era catapultata indietro di sette ore, alle nove di sera. Il sole era tramontato da un po’, e in lontananza s'intravedeva un faro, e le luci del porto e della costa, ferventi di vita.
Spostando lo sguardo, Mei intravide gli altri templi.
"Sarebbe possibile visitare la casa del Maestro?"
"Dovresti avere il permesso del suo custode, ma non hai problemi in tal senso, quindi credo proprio di sì." le rispose. "Andiamo dentro, Mei. Sarai stanca."
Annuì seguendo Camus, che non si era accorto dell'arrivo di Aphrodite.
"E che cavolo, và avanti!" sbraitò DeathMask, il naso incollato allo schermo del cellulare, scontrandosi con lui.
"Hai visto anche tu?" sussurrò Aphrodite, facendogli cenno di non gridare.
"Che cosa? Che la compagnia telefonica mi ha di nuovo fregato due euro?"
"Ma no! Camus. E' in compagnia."
Death sollevò lo sguardo, finalmente, dall'apparecchio.
"Ferma, frena un attimo!" esclamò. "Monsieur Ghiacciolò… s'è portato una donna a casa?"
 
**
 
"Come mai gli altri hanno una casa rettangolare, e tu… tonda?" domandò Mei, entrando.
"L'anticamera è tonda. La parte in fondo, quella con i miei appartamenti, è squadrata." rispose Camus, posando la sua borsa sul tavolo. "Ma comunque, non ti saprei rispondere."
"L'importante è avere un tetto sulla testa, quadrato o tondo che sia." commentò Mei, pratica. In quello che doveva essere il salotto, intravide una libreria zeppa di cd e lp. "Ma… accidenti, quanta musica ascolti!"
"Mi piace avere dietro tutta la mia musica preferita. Molti di questi erano dischi dei miei genitori…" spiegò Camus. "Li ho portati da Parigi, quando mi sono riappropriato del mio appartamento."
"Prima o poi ci tornerai?"
Si strinse nelle spalle.
"Forse, un domani."
"Ah, capisco…"disse lei. Non ne voleva parlare, probabilmente. Scorse i titoli dei vari cd. Musica pop, chanson française, classica. Almeno un centinaio di cd, a occhio e croce; innumerevoli gli lp. Ne estrasse uno: l'Aida, cantata da Maria Callas. "Vedo che ti piace anche la musica lirica."
"Sì, l'apprezzo molto." disse Camus, precedendola in cucina. "E a te piace l'opera?"
"Difficile non apprezzarla se tua madre era una soprano. Non la seguo più come una volta, mi risveglia troppi ricordi. Ma da piccola, quando mamma si preparava per un'opera, stavo ore ad ascoltarla. Più di una volta ho seguito la prima direttamente dietro le quinte. Tuttavia, non disdegno anche alcune sue colleghe come Maria Callas o Mirella Freni."
"Tua madre era una cantante lirica?"
"Soprano e mezzosoprano, aveva studiato per entrambi i toni. Mi capitò di vederla interpretare la Bohème in due ruoli diversi: Mimì e Musetta... io la preferivo quando interpretava Musetta. Era strepitosa."
"Oh."
"Tra tutte, amo la Tosca: è stato amore a prima vista.  E adoro la Bohème. E dimmi, tu ne hai?"
Non ebbe modo di risponderle, però, perché Milo comparve davanti alla porta degli appartamenti, un sorriso sornione stampato in faccia, mentre passava lo sguardo dall'amico alla ragazza.
"Yasas."
 
***
Lady Aquaria's corner.
[Capitolo revisionato in data 22 gennaio 2015]
-Maria Callas e Mirella Freni sono due straordinarie soprano, che io ascolto e apprezzo particolarmente.
-Yasas: in greco, significa ciao o salve.
E Milo è….bè. Il solito impiccione.
Ma a noi piace così, no?
 
Alla prossima, e grazie, davvero grazie, a chi legge, recensisce e segue. Grazie!

Lady Aquaria

   
 
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