Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Panda_chan    27/10/2011    4 recensioni
Prima classificata a parimerito al contest 'Jinchuuriki e Bijuu (come stai dentro di me?)'
Immagina… Immagina. Sai immaginare, no? Volare con la fantasia e lasciarsi andare attraverso i sogni, e tutti quei bla bla idioti a cui vi lasciate andare voi umani. Insomma, pensa di essere quello che non sei. Immedesimati in me com’ero un tempo.
E com’eri un tempo?
Un tempo? Un tempo ero energia. Cerca di vedere, davanti a te, enormi masse di energia pura che sono quelle che voi definite cercoteri.
Un nostro cenno muoveva la terra, un salto creava uragani, un sospiro appena più precipitoso pestilenze, uno sguardo faceva vibrare l’aria.
Degli dei, pivellina. Potere assoluto.

Capisco.
In realtà no, non puoi capire. Dall’alto dei tuoi vent’anni, Amaru, non sei per me che una bambina. Io esisto dall’inizio dei tempi. Quando il tempo era neonato io c’ero già. E spadroneggiavo, insieme a tutti gli altri, su questo mondo che non poteva essere più lontano da come lo conosci tu oggi.
Qualunque nostro capriccio era nientemeno che legge.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti! =D
Approfitto, innanzitutto, per scusarmi della mia attuale condizione di ectoplasma – sì, insomma, mi dispiace ricomparire solo ogni tanto come un fantasma, ma davvero, uno crede di arrivare all’università e avere un po’ di pace finché non si accorge che in realtà la routine è ancora peggio.
Quindi mi scuso per aver sospeso gli aggiornamenti delle mie varie fanfiction e per non aver più recensito le varie storie, ma mi è mancato materialmente il tempo, e se adesso pubblico questa shot è solo perché l’avevo scritta tempo fa per il contest. =)
Dopo questo, una piccola introduzione alla shot: con mia profonda soddisfazione, si è classificata prima a pari merito con Emmevi (complimenti, a proposito, mia cara! =3) al contest Jinchuuriki e Bijuu (come stai dentro di me?) di dreamwolf91.
È incentrata sul rapporto tra il demone a zero code Reibi  (cercoterio che appare solo nel secondo film di Naruto, può mutare forma a suo piacimento ma predilige quella di verme nero con una maschera, e può sottomettere il proprio jinchuuriki solo in momenti di particolare debolezza, paura o frustrazione) e la sua forza portante Amaru (ragazza del Paese del Cielo, compare anche lei nel secondo film).
Non avendo io potuto vedere il film, tutto ciò che leggerete a parte le informazioni che ho inserito sopra tra parentesi fa parte di un contesto da me creato.
Il filo conduttore della shot è la rabbia.
Preciso che eventuali ripetizioni sono volute, e che lo stile è un po’ intricato perché ho cercato di rendere un dialogo che avviene praticamente attraverso il pensiero.
Spero che vi piaccia! =D
Panda

ooo

Freedom

 

 

Spalanco gli occhi all’improvviso, terrorizzata, rabbrividendo all’eco sommesso di un urlo stridulo che sicuramente avrò lanciato nel sonno.
Il tempo di levarmi a sedere sul letto e mi accorgo che sto tremando; sudata fradicia, ovviamente, grazie all’effetto combinato incubo più coperta pesante più vari cambiamenti di posizione prima di svegliarmi.
Cerco di calmarmi socchiudendo gli occhi e stringendo nel pugno un lembo di coperta.
Inutile cercare di rallentare il respiro, ci ho provato migliaia di volte e non ha mai funzionato, quindi semplicemente aspetto qualche momento finché non avverto il mio cuore rallentare le pulsazioni e i miei polmoni collaborare con il resto del corpo.
Ti ho fatto prendere un altro colpo, ragazzina. Dei, ma quanto sei smidollata?
Ah, no. No, che mi lasci almeno in pace…!
Ah, ti sei offesa. Femminuccia.
Devo fare come se non ci fosse. Come non esistesse. Non è mica impossibile. Basta solo che io non gli risponda…
‘Come non ci fosse’? Che fai, rifuggi la realtà? Ma io ci sono, Amaru. Sono qui, dentro di te.
Dentro di me. Non fa parte di me, lui. Lui è altro. Lui non ha a che vedere con me.
Carina, ti piaccia o no io sono qui.
Cretinate. Ti ci hanno costretto a stare dove sei, ma tu non fai parte di me.
Non faccio… Come sarebbe? Vivo in te. Dove tu vai, io vado. Dove tu sei, io sono. Ciò che tu pensi, io lo sento, e lo so.
No. Tu sei con me, certo, ma sei come una volgarissima zecca attaccata ad un cane. Va dove va il cane, sente quello che lui sente, vede ciò che lui vede. Ma il cane e la zecca non sono mica la stessa cosa.
Hahahahahahah! E questo sarebbe lo stratagemmino logico che avresti creato per liberarti la coscienza, ragazza? Zecche e cani, ti facevo più sofisticata.
Vai al diavolo.
Ah, no, Amaru, non essere così scurrile. Non mandarmi al diavolo, da brava. Non mandare al diavolo te stessa…
Tu. Non. Hai. A. Che. Vedere. Con. Me! Non sei me! Non-
Quante volte abbiamo agito in simbiosi, stupida ragazzina? Quante? Quante volte ti ho dato il mio chackra in combattimento, quante volte non sei sopravvissuta che grazie alle mie potenzialità? Quante volte hai avuto salva la vita per un mio misericordioso intervento? Quante volte, tramite questo rapporto, le nostre esistenze sono state indissolubilmente saldate in un legame imprescindibile che sfiorava la fusione totale?
Taccio. Che potrei dire? Ha ragione. Un sacco di volte l’ho scampata solo grazie alla sua presenza, ma tante, davvero. In alcuni casi è bastato unicamente che lui si palesasse attraverso me perché il nostro nemico fuggisse a gambe levate, senza nemmeno guardarsi indietro.
Ha, pivellina, ti ho messo a posto, non è così? Non mi rispondi. Non rispondi. Sei solo una bimbetta codarda.
Non posso permettermi di raccogliere la sua provocazione. Non posso farlo. Pensa ad altro Amaru, distogli la tua mente…
Ormai ti ho messo il tarlo, pivellina. Che vuoi farci. Puoi distogliere la mente adesso, ma ci ripenserai.
Ha ragione, infatti in realtà non riesco nemmeno adesso a governare il corso dei miei pensieri.
Codarda, a me. Codarda a me che affronto ogni giorno per colpa sua discriminazione, sguardi spauriti, sussurri malevoli, spaventati, voci che cospirano alle mie spalle. Mi vogliono morta, lo so.
Me e il mio mostro.
Non sanno che non si libererebbero di lui con la mia morte.
Lui è speciale, lui vivrebbe con un corpo proprio.
Speciale… Parli come una ragazzina innamorata, pivellina.
Zitto!
Devo controllarmi. Sento già la rabbia sorda che mi monta nel petto, che mi rimescola le viscere. Non devo lasciarmi andare per nessun motivo.
Lui sfrutta la mia rabbia. La usa. Se ne serve per rendere la mia mente più malleabile, più vulnerabile alle sue odiose intromissioni.
Lui attende la mia furia con spasmodico entusiasmo, non vede l’ora che io mi arrabbi per cercare una fessura nel mio autocontrollo attraverso cui scivolare fuori.
Adora le situazioni instabili che potrebbero farmi arrabbiare, e il suo passatempo preferito è stuzzicarmi per irritarmi o approfittare dei momenti in cui dormo per tormentarmi, svegliarmi e infine godersi la mia frustrazione.
Povera ragazza.
Piantala.
No, davvero. La mia presenza deve averti reso la vita impossibile, non è così?
Sì. Sì, è così, ma tanto non cambierà nulla, finché non mi sotterreranno, quindi è inutile.
Parli così, ma ti ho fatto arrabbiare.
Infuriare. Infuriare, dannazione! Voglio una vita normale! Ti voglio fuori dai miei pensieri, estraneo alle mie azioni , lontano dal mio corpo. Puoi creartene uno tuo, e per di più in qualsiasi forma.
Fai attenzione, ragazza…
Attenzione? Attenzione?! Hai voluto provocarmi, hai voluto che mi infuriassi, che mi lasciassi andare. Di solito è il momento in cui tu giungi a prendere il sopravvento su di me. Che c’è oggi? Non lo fai? Non te la senti? E RISPONDIMI, dannazione!
Tu non ti senti mai in trappola?
Cosa?!
Ti ho chiesto: tu non ti senti mai in trappola?
La domanda mi lascia interdetta. Cosa rispondere?
Sì, mi sono sentita in trappola. Quando qualcuno mi guarda con una freddezza perfino superiore all’usuale, quando tu prendi il sopravvento mentre dormo, o quando mi sento debole, quando qualcuno decide per me perché sono una forza portante e devo obbedire a chi mi dice cosa fare, quando vorrei andarmene e allontanarmi da tutto questo e invece non posso farlo. Allora mi sento in trappola.
Bene, ti senti in trappola.
Pensa, allora, ragazzina.
Pensa a come dev’essere trovarsi confinato in un corpo umano e mediocre, profondamente insignificante e limitato.

La mia rabbia monta ancora di più. Mi rende la vita impossibile… E si azzarda anche a lamentarsi di me?
Arrabbiati ragazza, quanto vuoi. Per me non fa differenza, davvero. Anzi, meglio.
Allora TACI, te ne prego. Lasciami in pace.
E finalmente tace. Mi lascia un po’ di tempo per riflettere in pace, da me, da sola, o quantomeno senza interferenze.
Non capisce. Non sa.
Prendo a respirare profondamente, come volessi soffiare fuori la rabbia, espirazione dopo espirazione, e in effetti dopo un po’ la rabbia pare scemare a poco a poco.
Devo dire, però, che le sue ultime parole mi hanno colpito.
Perché io non so cosa si provi ad essere incarcerati anche fisicamente, a non potersi muovere, ad essere, volente o nolente, parte di un corpo che non mi appartiene.
Io, se voglio, dopo una sfuriata, dopo una battaglia, dopo una delusione, un dolore, un’emozione, prima o poi posso fare qualcosa. Non importa se è correre, scoppiare in singhiozzi, urlare fino a lacerarmi la gola, prendere a pugni il muro fino a farmi sanguinare le nocche.
Posso fare qualcosa.
Lui cosa può fare? Che potere ha? Che sfogo ha? Tormentarmi.
Come io mi sento viva cercando di dimostrare ogni volta che sono un corpo di carne e sangue che si muove pensa soffre capisce, lui si sente vivo attraverso le reazioni che mi provoca irritandomi.
Forse non ci ho mai pensato. Forse non ci ho mai dato la giusta importanza. Forse…
Reibi?
Mi sento abbastanza un’idiota a fare questo, nemmeno parlassi col mio amico immaginario.
Tra l’altro lui ha sicuramente già percepito ogni mia emozione.
Non so nemmeno se ha voglia di rispondermi ora, oltretutto. Non è mai stato quel che si dice un tipo condiscendente.
Reibi?
Credevo volessi essere lasciata in pace, mocciosa.
Bingo. Reibi uno, Amaru zero.
Non chiamarmi mocciosa, comunque.
Ma tu sei una mocciosa.
Ho vent’anni.
Hahahahahahahah! Ha vent’anni, lei. Lei è vissuta cinque lunghissimi lustri. Rendetele omaggio, inchinatevi!
Piantala.
Hai cominciato tu, stavolta.
Effettivamente. Ma non per discutere. Volevo farti una domanda.
Una domanda?
Una domanda.
Strano che ti interessi a me.
Non dire cazzate. Mi sono sempre interessata a te, anche perché trovo difficile ignorarti, dato che sei inquilino abusivo della mia coscienza. Ma devo ammettere che non avevo mai sentito la necessità di chiederti ciò che voglio chiederti.
Cosa vuoi chiedermi?
Ma tu… Tu come stai, dentro di me?
Silenzio.
Credo di averlo messo ko con la domanda inaspettata. Ha. Reibi uno, Amaru uno.
Che razza di domanda è?
Una domanda interessata.
Assurdo.
Come ti pare. Libero di non rispondermi.
Ancora silenzio.
Strano davvero, in momenti come questi mi pare quasi di sentirlo sospirare frustrato. Come fosse una presenza anche fisica nel mio torace, come sentissi il suo fiato espulso stizzosamente contro le mie costole.
Va bene, mocciosa. Vuoi sapere? Te lo dirò.
Grazie.
Non farci l’abitudine.
Ci mancherebbe.
Immagina… Immagina. Sai immaginare, no? Volare con la fantasia e lasciarsi andare attraverso i sogni, e tutti quei bla bla idioti a cui vi lasciate andare voi umani. Insomma, pensa di essere quello che non sei. Immedesimati in me com’ero un tempo.
E com’eri un tempo?
Un tempo? Un tempo ero energia. Cerca di vedere, davanti a te, enormi masse di energia pura che sono quelle che voi definite cercoteri.
Un nostro cenno muoveva la terra, un salto creava uragani, un sospiro appena più precipitoso pestilenze, uno sguardo faceva vibrare l’aria.
Degli dei, pivellina. Potere assoluto.

Capisco.
In realtà no, non puoi capire. Dall’alto dei tuoi vent’anni, Amaru, non sei per me che una bambina. Io esisto dall’inizio  dei tempi. Quando il tempo era neonato io c’ero già. E spadroneggiavo, insieme a tutti gli altri, su questo mondo che non poteva essere più lontano da come lo conosci tu oggi.
Qualunque nostro capriccio era nientemeno che legge.

E poi?
E poi siete arrivati voi, gli umani. Avete iniziato a intrecciare le dita in modo bizzarro, a creare strane combinazioni con le mani, a scrivere incomprensibili formule su interminabili rotoli, a forgiare armi, a combattervi tra voi, formando eserciti e riunendovi in città. Diventando ninja, e avvicinandovi a quanto siete ora.
Non rispondo a Reibi.
In realtà non dice nulla di speciale, ma non ha mai parlato in questo modo prima. Così a lungo, e così amaramente. All’improvviso, mi rendo conto che se anche nel quotidiano è la bestia che ho imparato a conoscere e a sopportare, non è poi tanto lontano da un vecchio stanco che rivanga il passato glorioso che ha vissuto e che ora è indiscutibilmente inafferrabile, eppure gli danza ancora davanti agli occhi.
Fu allora che cominciaste a temerci per la minaccia che rappresentavamo per i vostri agglomerati urbani e per la vostra incolumità. Inoltre vi rendeste conto di quanto avreste potuto trarre dalla nostra potenza immensa, se solo foste riusciti a imbrigliarla.
Energia pura. Potere assoluto.

Mi sta venendo la pelle d’oca. Possibile? Queste cose le sapevo già, dannazione. Tutto quello che mi sta dicendo è che ad un tratto i ninja hanno iniziato a sigillare cercoteri. Semplice.
Vennero da noi, uno ad uno. All’inizio, le rare volte che ci incontravamo – non amiamo le riunioni, noi demoni, ci limitavamo a scorrazzare ognuno per il suo spazio, e se ci si incrociava si prendeva unicamente atto della presenza dell’altro e si proseguiva con le nostre opere di distruzione – non facevamo altro che ignorare il problema.
Cosa avreste potuto farci? Cosa può fare un miliardo di formiche, contro un elefante?
Nulla, diresti. Sbagliato.

Sbagliato, già.
Possono infastidirlo, tormentarlo, spingerlo all’esasperazione ed infine braccarlo quando si getta a terra esausto. Ne schiaccerà un bel po’ di formiche quell’elefante, puoi starne certa, ma prima o poi cadrà a terra. Così è stato per ognuno di noi.
Ognuno?
Ognuno. Da dove mi trovavo, ogni volta, mi giungeva la voce del vento che mi sussurrava chi era stato il malcapitato ad essere sigillato, come si dice, quella volta. Io ero fortunato. Posso crearmi un involucro corporeo, un corpo, insomma, e posso mutarlo a piacimento, quando sono libero – questo già lo sapevi. Non sono un semplice concentrato di chakra, come lo sono gli altri. Per questo mi hanno braccato per ultimo.
E come l’elefante con le formiche, ad un certo punto mi sono accasciato anche io.
E mi sono svegliato dentro un umano, che poi eri tu, ragazza. Niente più corpo, niente più trasformazioni.
Umile servilismo.

Non sei mai stato servile.
No? NO? Oh, sì, Amaru, lo sono stato. Sono stato buono buono, no? Non ti ho mai fatto impazzire. Avrei potuto farti schizzare fuori di testa in un baleno. Non lasciarti dormire nemmeno un minuto, come fa Shukaku, o divorarti piano piano dall’interno, come Kyuubi. Non l’ho mai fatto. Non avrebbe avuto utilità. Mi avrebbero preso di nuovo, perché ti controllavano ben bene.
Allora stai male, dentro di me.
Immagina di avere la consapevolezza di poter plasmare il mondo e non poterlo fare perché ti hanno rinchiuso. Staresti bene?
No. Mi sentirei frustrata.
Esattamente. Morderesti le sbarre fino a romperti tutti i denti. Cercheresti il modo di sentirti libera, anche se non effettivamente, non materialmente.
Bel modo hai trovato tu. Tormentarmi. Farmi arrabbiare.
Non hai ancora colto il significato vero della rabbia, pivellina. La potenza inimmaginabile della furia fredda.
Io prendo il sopravvento massimo quando ti arrabbi, ancora più che quando dormi. Non ti sei mai chiesta il perché? Principalmente è il motivo per cui cerco sempre di farti infuriare più spesso che posso.

Me l’ero chiesta, certo. Non che io sia mai arrivata ad una risposta.
L’uomo quando è arrabbiato perde la propria razionalità, e diventa la bestia che in cuor suo paventa e disprezza. Si avvicina alla sua natura di animale.
Si immedesima nell’anima feroce della natura, diventa una fiera e si lascia andare al proprio impeto selvaggio, esattamente come facevo io.
Il momento in cui ti arrabbi è quello in cui più mi assomigli.
Quello in cui maggiormente mi sei affine, e in cui più facilmente io posso infiltrarmi con cautela nelle crepe che la foga crea nella tua volontà e imporre invece la mia, di volontà.
Curiosamente non reagisco a questa rivelazione. Non mi arrabbio. Non so.
Forse ho sempre saputo ciò che lui mi ha detto, in una misura o nell’altra.
Non credo di potergli dare torto.
Potesse farlo, raderebbe al suolo il mondo. Ma non è anche lui, in fondo, una creatura imprigionata?
Darling, piantala con queste riflessioni patetiche. Non avrei dovuto spiegarti un bel niente.
Ancora una volta, rimango zitta e penso, rifletto.
Mio dio, cosa stai pensando?!
Adesso nulla. Adesso agisco.
Te ne pentirai. Non sono così idiota da cercare di fermarti. Ma non credo che i tuoi amichetti del villaggio ne saranno felici, oh no. D’altronde, se è quello che vuoi… Haha, per me è solo un favore!
Corro. Corro a perdifiato, attraverso il villaggio, i campi, le campagne. Raggiungo i confini della provincia del villaggio, li varco, mantengo la rotta diretta verso la mia meta finché non la raggiungo.
Mi fermo.
La Valle del Silenzio.
Rocce in ogni dove, in questa valle. Sassi, e pietre, massi e pulviscolo che costituiscono una specie di enorme conca.
Qui venivo ad allenarmi.
Qui non c’è mai nessuno, quindi non corro rischi nel caso lui decida di prendere il sopravvento su di me.
E poi comincio.
Ragazzina, sei assurda.
Taci.
Proseguo, continuo. Ripenso. Ripenso a tutti i torti che ho subìto, ad ogni singola ingiustizia.
Ad ogni lacrima che ho dovuto asciugarmi da sola, ad ogni insulto che ho dovuto mandare giù, ad ogni notte insonne.
Ed eccola, la rabbia sorda.
Prima si stiracchia pigra nel mio petto, quasi come un gatto che ancora non ha deciso se alzarsi dalla comodissima posizione che ha trovato su di un cuscino; ma poi sopraggiungono anche le immagini di mia madre che mi guarda con la paura negli occhi, di mio padre che mi sorveglia nemmeno fossi una criminale e nemmeno fosse colpa mia se sono una forza portante, e allora la collera decolla, scuote ogni mia fibra fino alle ultime terminazioni nervose, e quando le prime lacrime di rabbia solcano il mio viso comincio ad accorgermene.
Distruggi quel bosco. Radi al suolo quegli alberi.
Vado.
Quell’unico laghetto… Ora ci penseremo noi, vero? Addio, pesciolini…
Mi avvicino allo specchio dell’acqua. Farò come dice.
E poi, poi… Tutti questi ciottoli da sbriciolare, uno ad uno. Non capisco perché non ti opponi, ma…
Se sei così condiscendente, andiamo.

Le mie gambe si muovono verso una direzione che non ho scelto io.
Proseguono, vanno, come mosse da un ninja marionettista.
E quando, al ricordo di mia sorella che mi urla ‘mostro’, un guizzo di collera mi acceca non mi oppongo e lo lascio fare.
Vai, Reibi. Invadimi. Ti regalo la mia libertà.

 

 

**********

 

Naturalmente, trattandosi di un contest, ho già avuto il mio giudizio, ma le impressioni di chi legge sono sempre bene accette.
Grazie mille! ^^
Alla prossima,
Pandina

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Panda_chan