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Autore: hiromi_chan    27/10/2011    5 recensioni
Un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio alla scoperta dell'amore tra passato, presente e futuro.
"Senti deficiente, io ti conosco...dove cavolo ti ho già visto?"
[SpainxRomano][accenni FrUk]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando pioveva, Antonio “saltava” nel tempo.

Lui rimaneva fisso nello stesso luogo, mentre gli anni scorrevano in un battito di ciglia, vorticandogli intorno, fino a fermarsi precisamente in un 28 Dicembre di un certo anno. Ora che cominciava a capire le regole del gioco, le cose iniziavano a farsi quasi...divertenti.

Dopo aver rivisto i suoi amici nel '94 qualcosa era scattato nella testa di Antonio; un potere che gli aveva permesso di rivivere un bel momento non poteva che portare cose buone.

Ormai aveva disposto il suo animo in modo positivo; voleva capire, esplorare, agire.

Chiedersi dove si sarebbe trovato sta volta lo caricava di una certa aspettativa.

A piedi, la città sembrava praticamente identica alla sua, quella del '96. Negozietti affacciati su modeste vie, vetrinette illuminate da decorazioni natalizie, un vociare amichevole per le strade gelate. Tutto ciò fece per un attimo credere ad Antonio di essere tornato nella sua epoca.

Per assicurarsene c'era un solo modo: doveva chiedere. Ma come fare a chiedere in che anno si trovasse senza sembrare un completo idiota? Niente di più facile: visto che ormai il Capodanno era prossimo e che Antonio era un ragazzo ben educato, non gli costava niente salutare ogni passante che incrociava con un “buon anno nuovo!”, nella speranza di sentire una risposta illuminante.

Dopo un paio di “anche a te” o “altrettanto”, una bambina rispose finalmente:

Buon 1998!”.

Dopo aver registrato quell'informazione, il primo pensiero che passò nella mente di Antonio fu:

Allora Lovino è ancora un bambino”.

La verità era che si era immaginato inconsciamente di ritrovare un Lovino di sedici anni o giù di lì. Già si era figurato col pensiero quel sorrisetto impertinente incorniciato dal fisico snello...Antonio si sentiva, come dire...un po' deluso?

Speravo di trovarlo della taglia giusta, ecco!”.

Tuttavia non poteva nascondere di sentirsi felice all'idea di ritrovarsi faccia a faccia con quel musetto imbronciato e rotondo da bambino. Era così buffo...così carino! Eppure l'ultima volta, quando l'aveva intravisto urlare contro il nonno e Feliciano, gli era sembrato troppo triste e arrabbiato per un bambino che fa semplicemente i capricci.

Pensare che ci fosse sotto qualcosa di peggio lo turbava; ancora di più lo turbava averlo lasciato su due piedi al proprio destino. Antonio poggiò la mano sul cuore che gli martellava con insistenza: era in preda a una specie di senso di colpa?

Qualunque cosa fosse, l'avrebbe scoperto presto; ormai era arrivato a casa Vargas.

Non dovette prendersi neanche il disturbo di bussare alla porta: i due bambini Lovino e Feliciano se ne stavano in giardino nonostante l'aria frizzante, ritti in piedi, tenendosi per mano.

Guardavano fisso verso la direzione perpendicolare a quella da dove veniva Antonio.

Il ragazzo non si nascose ma neanche si mosse. Tutta la sicurezza di cui si era caricato si annullò alla vista degli occhioni di Lovino, seri e quasi cupi, puntati all'orizzonte.

Per quanto dobbiamo continuare ad aspettare qui fuori, fratellone?” disse Feliciano, balbettando un po' per il freddo.

Te l'ho detto che puoi andare in casa, scemo. Ci resto io qui” rispose Lovino senza guardare il più piccolo.

No, non ti lascio da solo, fratellone. Il nonno dice che dobbiamo restare sempre insiem...”

Fa come ti pare allora, ma non lamentarti. Non è colpa mia se quella stronza viene sempre a prenderti in ritardo”

Non parlare così della zietta! Se ti sentisse il nonno...”

Ma quale zietta? Piantala di chiamarli tutti così. Non sono davvero zii o zie, non sono parenti, lo sai”.

Antonio rizzò le orecchie, attento. Lovino parlava con una voce innaturalmente dura, quasi forzata, mentre Feliciano sembrava sul punto di piangere.

Cosa diavolo stavano dicendo quei due bambini?

Ma il nonno ci diceva di chiamarli così, e loro anche lo chiamavano nonno, il nostro nonn...”

E piantala con questa solfa, cazzo! Il nonno è morto, è morto già da un pezzo!” esplose Lovino.

Era morto?

Quel signore che Antonio aveva visto poco prima, quello alto e dal fisico ben piazzato, quello che portava sulle spalle Feliciano e rideva...

Eppure sembrava in salute” pensò stupidamente Antonio.

Ma era morto lo stesso, ed era per questo motivo che non l'aveva visto a casa Vargas nel 2005.

Che cazzo ne so perchè lo chiamavano nonno pure loro, magari era una specie di soprannome idiota ma comunque non lo sapremo mai perchè è morto e non ce lo dirà!” continuò Lovino.

Era rabbioso, parlava come qualcuno che conserva da tanto una rabbia latente dentro e cerca in tutti i modi di frenarla; allo stesso tempo, si esprimeva in tono stanco, come se avesse ripetuto quelle cose già molte, molte volte.

Lo so bene” disse Feliciano, continuando a tenere stretta la mano di Lovino, “lo so che quelli sono solo tutori...ma se faccio come diceva lui e li chiamo zio e zia, sarà come se il nonno fosse ancora con noi, no? Non è vero, Lovi?”.

E' arrivata la stronza, finalmente” fu la risposta di Lovino.

Una donna giovane aveva attraversato il vialetto dirigendosi con un gran sorriso verso i bambini. Ora si scusava per il ritardo e prendeva per mano Feliciano dividendolo dal fratello.

Staremo via fino a sta sera...sei proprio sicuro di non voler venire con noi, Lovino? Sarà divertente, vedrai!” disse la donna.

Sai che divertimento! No, vi aspetto a casa, voi andate pure a morire di freddo”.

La donna sorrise un po' tristemente.

Come vuoi, piccolo. L'ho capito che non serve a niente insistere con te...ma se cambi idea, chiamami e vengo subito a prenderti!”.

Detto questo, la donna si allontanò portandosi dietro Feliciano, che scoccò uno sguardo di preoccupazione verso Lovino.

Antonio pensò che quella preoccupazione non la provasse per se stesso ma proprio per il fratello. Infatti, appena uscito dal cortile, Feliciano aveva iniziato a parlare animatamente con la zietta che ricambiava con grandi sorrisi, mentre Lovino restava da solo.

E tanto più i due si allontanavano, tanto più la mascherina di durezza di Lovino si infrangeva pezzo a pezzo; la bocca iniziò a tremargli pericolosamente, le guance ad arrossarsi, gli occhi a incendiarsi di lacrime e il naso già gli colava quando il piccolo, sicuro di essere completamente solo, urlò:

Stronzo, stronzo che non sei altro! Per colpa tua che ci hai lasciato, adesso...adesso siamo da soli! Bastardo, bastardo, stronzo...”

Antonio non rimase un momento di più a sentirlo lanciare improperi contro il nonno morto; di cosa gli avrebbe detto per consolarlo, e soprattutto, della possibilità di spaventarlo comparendogli davanti all'improvviso, chissene importava?

Ora Antonio sentiva solo l'impellente bisogno di andare ad abbracciare quel bambino, perchè proprio non ce la faceva a vederlo piangere così.

Mentre si avvicinava a Lovino passo dopo passo, sentì che nonostante lo conoscesse appena non poteva negare di provare una specie di affetto spontaneo per lui; forse era per quegli occhioni smarriti che lo avevano intenerito, o per il carattere fragile che Lovino tentava di nascondere con atteggiamenti sprezzanti verso chiunque non facesse parte del suo piccolo universo...Antonio aveva la vaga idea che fosse fatto così.

E in quel momento seppe che per aiutarlo avrebbe rischiato tutto, senza risparmiarsi, come faceva per gli amici più cari. L'avrebbe fatto per il bambino che aveva davanti e per il ragazzino che sarebbe diventato, un'immagine ben scolpita nella mente di Antonio.

Adesso l'unico problema era far capire a Lovino le sue intenzioni.

Gli era ormai arrivato difronte senza che Lovino se ne accorgesse, impegnato com'era a pulirsi il viso dalla lacrime. A guardarlo dall'alto in basso da così vicino, sembrava ancora più piccolo della sue età e non dimostrava quasi i suoi dieci anni.

Ehilà” esordì Antonio, cercando di sembrare più rassicurante possibile.

Come prevedibile Lovino sobbalzò dalla paura e istintivamente indietreggiò di qualche passo, ma inciampò nei propri piedi e sarebbe caduto se Antonio non l'avesse afferrato al volo.

L'equilibrio non è il tuo punto forte” constatò.

Lovino, che aveva smesso di piangere per la sorpresa, lo guardò confuso e scocciato allo stesso tempo, con le sopracciglia inarcate come per dire “chi cazzo sei e cosa cazzo vuoi”. Antonio sorrise a quel pensiero e lo precedette prima che potesse parlare.

Non avere paura, noi due ci conosciamo. Non so se ti ricordi, io sono...”

Già, chi era lui per Lovino? Grattandosi la testa, Antonio fece in fretta mente locale e arrivò l'illuminazione. Si abbassò di scatto fino a raggiungere la stessa altezza del piccolo, frugò dentro il giaccone e in un attimo ne estrasse, sorridente...

La catenina con la croce!” esclamò Lovino, la voce ancora roca per il pianto.

Esatto, ti ricordi? Il treno...”

Stupidi occhi verdi da bamboccio...stupidi capelli né lisci né ricci...non mi dimentico mai la faccia di un bastardo” disse, squadrandolo in modo piuttosto critico, a braccia incrociate.

...Sssì, perfetto. Hai una buona memoria, piccoletto”.

Lo so da me”.

Lovino lo guardava tenendo il nasino arricciato e la bocca piegata in una smorfietta antipatica, ma dalle occhiate che scoccava verso Antonio e dai piccoli movimenti del corpo traspariva una certa curiosità nei suoi confronti.

Allora...che cazzo ci fai qui?”.

Antonio sorrise; la riposta da dare giunse spontanea.

Sono venuto apposta da te per farti smettere di piangere” disse, ed era la verità; era proprio quello che adesso desiderava per davvero.

Io non stavo piangendo”, si agitò il bambino.

Sì che piangevi, ti ho visto”

Allora sei una spia bastarda!”

Non ti stavo spiando, passavo per caso e ho visto...”

Come per caso? Non eri venuto apposta per farmi smettere di piangere?”.

Accidenti, Lovino sapeva metterlo in difficoltà senza un attimo di esitazione...ed aveva solo dieci anni! Ad Antonio scappò una ghigno divertito.

Era lì accucciato a fissare il bambino che ricambiava lo sguardo a braccia conserte, occhi verdi negli occhi verdi, e la conversazione era un po' ridicola, ma era anche divertente.

Diciamo che è stata una combinazione di due fattori a portarmi fino qui da te: il caso e la mia volontà, ok?”

Si, come no...”.

L'espressione del piccolo era tutta un programma; evidentemente era un tipetto che non si lasciava abbindolare da un frase un po' romantica, o forse tentava di non darlo a vedere...

Si può sapere che hai da fissare tanto? Hai intenzione di farmi un buco in faccia?” urlò Lovino.

Ah, aveva reagito esattamente come il ragazzo di sedici anni! Quant'era...carino!

Quando Antonio piegò la testa guardandolo con una certa tenerezza, Lovino lo spinse di scatto per le braccia per allontanarlo da lui. Lo spagnolo, colto di sorpresa, finì schiena a terra; rimase un attimo in silenzio e poi scoppiò a ridere.

Una cosa è certa...sei coerente, tu” disse a Lovino.

Poi si tirò su mettendosi a sedere sull'erba a gambe incrociate, e sospirò.

Era forse arrivato il momento di andare un po' più affondo. Voleva conoscere Lovino, capirlo; non c'erano secondi fini. Adesso non glie ne importava niente di scoprire che cosa ci fosse di tanto speciale in quell'esserino per far scomodare addirittura il tempo, lo spazio, la magia o quello che era. Voleva parlarci e basta, sapere cosa lo tormentava, cosa lo rendeva triste, e magari aiutarlo anche a stare meglio.

Tuttavia non era sicuro che chiedere a Lovino perchè avesse pianto fosse la mossa giusta; l'aveva già capito che era triste per la morte del nonno, ma forse, se fosse riuscito a farlo aprire, Antonio avrebbe potuto dargli un consiglio; in una situazione simile anche lui c'era passato.

Decise di provare a confrontarsi con Lovino sperando di non fare mai quel passo falso che avrebbe potuto farlo infuriare, o peggio, che avrebbe potuto rattristarlo di nuovo.

Quindi Antonio pensò di fare una cosa a cui non era in genere solito: ascoltare attentamente quello che gli si diceva e parlare di conseguenza, dopo averci riflettuto.

Non era tanto facile per uno abituato a non trattenersi mai dall'esprimere la propria opinione, ma sembrava arrivato il momento di prendere un'accortezza simile per il bene del bambino.

Allora parlò, ma senza addolcire la voce o caricarla di pena; parlò semplicemente come avrebbe fatto con un ragazzo della sua età.

Prima stavi male perchè sentivi la mancanza di tuo nonno?”

Gli sembrò che porsi da pari a pari con Lovino potesse essere la tecnica giusta; pareva proprio che Lovino avesse capito che non lo riteneva solo piccolo e sciocco, perchè non reagì male, seppure si mantenne sulla difensiva.

Non perchè mi mancasse...no, lui non manca a me, perchè dovrebbe? Non ha mai fatto nulla per meritarselo! Invece manca a Feliciano” disse piano.

Ma mezzo secondo dopo prese un respiro ed esplose, parlando velocemente ed alzando il tono della voce:

E che gran bastardo ad andarsene così, lasciandoci soli! Un vigile del fuoco morto durante un salvataggio...che cazzata! Se aveva intenzione di salvare qualcuno, avrebbe dovuto pensare prima di tutto alla sua pelle e poi avrebbe fatto meglio a non dimenticarsi di noi! Se non voleva farlo per me, almeno poteva evitare di morire per Feliciano che gli piaceva tanto!”.

Antonio piegò un sopracciglio con aria sconcertata.

Da come parlava, era chiaro che Lovino fosse convinto che suo nonno amasse il fratello molto più di lui, anzi, che non l'amasse affatto.

Era così, non si sentiva amato da una persona che ormai non c'era più e che se n'era andata all'improvviso, negandogli per sempre la possibilità di migliorare le cose tra loro.

Incomprensioni, frasi non dette, paure e incertezze impossibili da placare quando ci si mette di mezzo la morte... Antonio si sentì la gola secca; un po' lo capiva.

E adesso era arrivato di nuovo il suo turno di parlare...ma dio, quanto era difficile ragionare su cosa fosse meglio dire! Non voleva offendere o ferire il suo piccolo interlocutore, ma neanche riusciva più a trattenersi dall'esprimere ciò che pensava.

Infondo Antonio era Antonio, aveva il sangue latino che gli scorreva nelle vene! Con un semplice consiglio dato a un bambino non avrebbe potuto sbagliare, un'opinione magari...

Senti...non esiste al mondo un nonno che non ami il suo nipotino. Secondo me...” tentò. Ed è qui che fece il passo falso.

Secondo te...secondo te?! Ma tu che cazzo ne sai? Mio nonno non mi voleva bene, e sai come lo so, signor sapientone? Feliciano è sempre stato il più coccolato perchè anche se siamo uguali...”

Lovino esitò, guardandosi le scarpe.

Dopo una breve pausa rialzò la testa fieramente, con le narici larghe dalla rabbia.

Ci assomigliamo troppo e così si notano ancora di più le cose in cui lui è migliore di me ed è facile amarlo, per questo...è impossibile amare me! ”.

Aveva parlato con un misto di furia e pena così singolare per un bambino piccolo che Antonio se ne era sentito subito toccato. La cosa peggiore era che Lovino sembrava assolutamente convinto di ciò che stava dicendo.

Non gli faccio una colpa per aver amato mio fratello più di me, è così per tutti! Ma lo sai perchè nonno Roma è stato veramente un bastardo con me...? Lo sai?”

Lovino...”

Adesso te lo dico! Una volta il nonno ebbe il coraggio di presentarsi senza un regalo per me il giorno di Natale, mentre a Feliciano aveva comprato i fogli e i colori che gli piacevano tanto!” continuò, sconsolatissimo, come se quel fatto fosse abbastanza eloquente per poter chiudere la discussione per sempre.

Antonio si sentiva male. Non sapeva cosa fare, percepiva i sentimenti di Lovino ma non lo capiva bene e non solo perchè era piccolo o perchè lo conosceva da poco.

Sembrava proprio che il modo che aveva Lovino di reagire a una perdita fosse parecchio diverso dal suo, che al contrario non era abituato a esprimersi con la rabbia.

Inoltre, senza volerlo aveva peggiorato la situazione e ora Lovino gli stava buttando addosso tutti i risentimenti e i sensi di soddisfazione che evidentemente aveva coltivato per anni.

Eppure era solo un bambino, e i bambini soffrono in modo diverso dai grandi, perchè la loro rabbia sa di tristezza. Il piccolo infatti, esaurita l'ondata di furia iniziale, continuò sommessamente con la voce che tremava.

Ma ormai è morto da tre anni e io mi ci sono abituato al fatto che non potrò più dirgliele in faccia queste cose...che non potrò più chiamarlo “stronzo”...che lui non potrà più fare quel sorriso scemo quando...quando mi prendeva per mano e...” provò a dire Lovino, ma le lacrime, che avevano ripreso a scendere copiose, gli impedirono di andare avanti.

Antonio era ormai dispiaciutissimo. Quanto stava soffrendo quel bambino, quanto doveva sopportare e per quanti anni ancora avrebbe dovuto farlo! Se solo avesse potuto fare qualcosa per lui...d'istinto, allungò la mano per accarezzargli i capelli, in un gesto che non voleva esprimere pena ma comprensione.

Io ti capisco” iniziò a dirgli, “quando si perde qualcuno è davvero...” ma si fermò.

Com'è quando si perde qualcuno? Perché non riusciva a trovare le parole per esprimere una sensazione che conosceva benissimo?

...è davvero brutto” fu il meglio che riuscì a mettere insieme. “Anche io...”

Allora Lovino scacciò la mano di Antonio dalla sua testa come se fosse stata una mosca fastidiosa, brontolò qualcosa sul fatto che non glie ne fregava niente di lui e della sua vita e gli diede le spalle con fare offeso.

Nonostante il momento non fosse il più adatto, ad Antonio scappò per l'ennesima volta una risata.

Sembrava che Lovino avesse il potere di farlo sempre ridere con le sue reazioni imprevedibili e oneste e gli venne da pensare che forse, in quel momento, ridere fosse proprio quello di cui aveva bisogno anche Lovino stesso.

Tanto ormai chi era morto era morto, e chi aveva dovuto soffrire aveva sofferto!

Che poteva farci Antonio?

Un bel niente, ma già che era lì poteva togliere il broncio da quel musetto arrossato e tentare di trasformarlo in un bel sorriso sereno. Ora che ci pensava, l'aveva mai visto Lovino sorridere per davvero?

Che cose gli sarebbe potuto piacere? Antonio cercò di rimettere insieme tutto quello che sapeva su di lui, ripercorrendo velocemente i momenti trascorsi insieme. Certo non lo conosceva molto...

La cosa che più era sembrata piacere a Lovino, da quando l'aveva visto la prima volta, era la sua catenina con la croce, ma dato che quella era un'opzione fuori discussione, Antonio dovette ripiegare sulla seconda possibilità: gli era sembrato che ascoltarlo suonare la chitarra potesse, se non divertire Lovino, per lo meno acquietarlo.

Mi è venuta un'idea! Se ti va di ascoltarmi, potrei suonare la chitarra per te!” disse quindi, allegro nel rivolgersi alla piccola schiena di Lovino.

Suonare...per me?” brontolò quello, girando appena il viso per potergli lanciare un'occhiata scettica.

Per me...come...com'è che te ne esci con questa cazzata? No aspetta, non aggiungere altro” disse, bloccando Antonio che aveva aperto la bocca per rispondere di slancio. Poi riprese in fretta:

Anche ammesso che io abbia voglia di sentirti suonare, e che sia chiaro, non è vero, come pensi di farlo? Io non ce l'ho una chitarra e a meno che tu non la tiri fuori da sotto il giaccone...”

Davvero adesso non hai una chitarra in casa?” disse Antonio.

Questa non se l'era aspettata.

Perché mai dovrei avere una chitarra? E soprattutto, te l'avevo appena detto! Si può sapere che problemi hai? Ah, meglio così comunque, altrimenti un coglione come te sarebbe stato perfino capace di farmi la serenata come in uno stupido appuntamento!”

Ma certo!” esclamò Antonio, girando completamente Lovino per averlo faccia a faccia, prendendogli le manine nelle sue.

Costi quel che costi, era deciso a regalare un sorriso a quel buffo nanerottolo o, se non altro, a distrarlo dai pensieri tristi. Ormai quello era diventato il suo obiettivo e non avrebbe rinunciato finché non ci fosse riuscito. Era disposto a provarle tutte! Alla fine ce l'avrebbe fatta ad andare d'accordo con Lovino, in qualche modo. Infondo lui ci sapeva fare con i bambini, no?

La verità era che, indipendentemente da questo, voleva andare d'accordo proprio con Lovino, anche se non lo capiva tanto.

Anzi, voleva assolutamente andarci d'accordo, e forse era proprio perchè non lo capiva tanto.

Allora cosa c'era di meglio di un uscita tra amici per imparare a conoscersi e per scacciare via ogni malumore? Per quanto potesse essere un tipetto difficile, anche Lovino avrebbe sicuramente apprezzato l'idea di andarsi a divertire insieme.

Dai Lovino, usciamo insieme, tu e io!” disse quindi Antonio, aumentando di poco la calorosa stretta sulla manine e piegandosi di nuovo sulle ginocchia fino a raggiungere l'altezza dell'altro.

Lovino lo guardò con gli occhioni sgranati e lucidi, mentre la faccia gli si colorava di una densa sfumatura bordeaux.

Che cazz..?!” balbettò, ma senza spingere via Antonio come aveva fatto prima.

Ti sto chiedendo di uscire con me” disse lo spagnolo con un sorriso incoraggiante.

Ti...tipo un...appuntamento?”

Lovino aveva parlato incespicando, tanto che la parola “appuntamento” era stata ridotta a una specie di mucchietto di suoni indistinti, che, ovviamente, Antonio non recepì.

Allora i modi bruschi e razionali di Lovino si fecero di nuovo sentire, quando, accantonato per un breve attimo l'imbarazzo, chiese senza esitazioni:

Ma ce li hai i soldi?”

I soldi. Quello sì che era un problema. Già, perchè Antonio, quando era uscito per comprarsi un pacco di pasta in quel giorno del '96 che ora gli sembrava tanto lontano, non si era portato dietro che pochi spiccioli; e tutti erano stati mangiati dalla cabina telefonica nel tentativo di “comporre il giusto numero telefonico senza sbagliare”...adesso Antonio l'aveva finalmente capito che non era tanto strano che Francis avesse cambiato il numero di telefono, a distanza di dieci anni.

Questa tua espressione vuota da coglione parla da sola. Certo che prima mi inviti ad uscire e poi fai una figura di merda! Per sta volta ti faccio credito io, ma ormai con me hai già perso la faccia, accattone!”.

 

Camminavano già da un po' per le viuzze della loro città senza sapere di preciso dove andare, ma erano rilassati e Antonio si sentiva piuttosto contento, oltre che amichevole come non mai.

Era bello guardare le vetrine insieme a quel bambino, commentare quello che vedevano, scambiarsi opinioni su quale pasticceria fosse la migliore e quale bar facesse “il caffè più piscioso” a detta di Lovino.

Antonio lo guardò; gli stava davanti di un paio di passi, emettendo nuvolette dalla bocca come una piccola teiera.

Ora che ci pensava, fino a quel momento Lovino gli aveva sempre camminato davanti, anche quando aveva sedici anni. Una volta addirittura aveva camminato per i fatti suoi, con Antonio che lo seguiva come una specie di maniaco...ma non andava bene, no! Insomma, ormai avevano fatto amicizia, anzi erano piuttosto intimi, dovevano passeggiare insieme, non uno davanti e uno dietro!

Fu facile per Antonio affiancarsi a Lovino e prendergli la mano con stretta sicura. Meno facile fu tentare di evitare che Lovino glie la mordesse, quella mano.

“Eddai, i più grandi tengono sempre la mano dei più piccoli quando sono per strada!”

“Ma io non sono piccolo! Non. Sono. Piccolo. Sono ancora nel periodo della crescita! Ah, sta a vedere, quando sarò completamente cresciuto sarò alto quanto te, se non di più!”

“Questa l'ho già sentita”.

Antonio rise di cuore, non mollando per un attimo la presa sulla mano di Lovino; era calda e morbida, quella mano tanto più piccola della sua, ed era bello tenerla stretta. Antonio si chiese se sarebbe stato altrettanto bello stringere la mano di un Lovino più grande.

“Senti, dato che non stiamo facendo un cazzo adesso si va dove dico io!” esclamò a un certo punto il più giovane, rosso sulle orecchie, sul naso, sulle guance...forse per il freddo, pensò Antonio.

E così lo spagnolo non oppose resistenza e si lasciò guidare fino al centro commerciale, un edificio che anche lui conosceva bene.

Nonostante la loro fosse una piccola città, i servizi offerti erano piuttosto buoni e quel centro commerciale era un po' il vanto dei cittadini, con i suoi tre piani ristrutturati dopo un incidente che anni prima aveva distrutto buona parte del complesso.

Tuttavia non era una costruzione particolarmente piacevole da un punto di vista estetico e neanche c'erano mai stati negozi chissà quanto alla moda, almeno nel '96.

Come mai sei voluto venire qui? Hanno aperto qualche bel negozio?” chiese Antonio a Lovino con una certa curiosità.

Ma il bambino non rispose e, continuando a camminare a testa bassa, anziché farsi largo tra la gente nel corridoio di ingresso, si imbucò in una stradina esterna dell'edificio. L'avevano ormai costeggiato fino ad arrivare al parcheggio sul retro, quando Lovino si fermò proprio accanto al muro, indicando con aria soddisfatta...

L'ascensore di servizio! In realtà lo può usare solo il personale del centro commerciale, ma chi cazzo se ne frega? Io lo uso sempre, nessuno controlla e quindi nessuno è mai venuto a dirmi niente! Avanti...” disse, e fece per entrare, tirando Antonio per la mano.

Il ragazzo invece rimase impalato al suo posto, iniziando a sentirsi invadere da un'ondata di calore poco piacevole.

Io...non posso entrarci, lì” disse con un sorriso stirato.

Quando Lovino lo guardò con aria interrogativa e vagamente incavolata, di sicuro perchè gli stava rovinando i piani, Antonio aggiunse:

Sono claustrofobico...mi dispiace, non posso prendere l'ascensore”

Oddio, sei proprio un cesso!” si lamentò Lovino, roteando gli occhi al cielo.

E va bene, tu usa le scale, io non ho intenzione di farmi tre piani a piedi. Ci vediamo in cima!”

Detto questo, mollò la mano di Antonio senza tanti complimenti e lo lasciò da solo. Il ragazzo sospirò, ma non si perse d'animo; che sarebbero mai stati tre piani?

E invece evidentemente qualcosa erano, quei tre piani ricchi di scalette basse e strette, sistemate a chiocciola, tanto che arrivato in cima Antonio si ritrovò con il fiato corto.

Sono già cinque minuti che ti aspetto qui. Bell'affare farsi invitare a uscire da uno che ti fa aspettare da solo!” fu la calorosa accoglienza con cui lo accolse Lovino.

Antonio sorrise a mo' di scusa, mentre il respiro tornava regolare.

Si trovavano sulla terrazza del centro commerciale, deserta perchè non era permesso l'accesso a nessuno se non al personale che ci lavorava; come mai Lovino aveva voluto portarlo lì? Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, il bambino parlò, volgendo il mezzo profilo al paesaggio che era ben visibile da quel punto.

Questo è il mio posto. Da quando è morto il nonno...ci vengo sempre quando non so che fare o quando mi va perchè non c'è nessuno; è bello, e quando il sole tramonta è anche meglio”.

In effetti erano stati in giro tutto il pomeriggio ed era proprio arrivata l'ora del tramonto.

Il cielo era un miscuglio impossibile di arancione e del grigio di alcuni nuvoloni che iniziavano ad addensarsi.

Immersi in quei due colori, gli occhi verdi di Lovino brillavano e mandavano lampi.

Se ne stava lì in piedi con le mani appoggiate sui piccoli fianchi, in silenzio. C'era un atmosfera strana che lo faceva sembrare più grande.

Era una bella immagine che provocava sentimenti contrastanti in Antonio. Chissà a cosa pensava Lovino, chissà quali idee gli ronzavano in testa per fargli affiorare quel sorriso amaro sulle labbra.

In quel momento Antonio pensò che se Lovino fosse stato di qualche anno più grande, avrebbe potuto facilmente innamorarsi di lui.

Allora...la giornata è finita e ho praticamente fatto tutto io durante quest'uscita, stronzo” disse Lovino, interrompendo la catena di pensieri di Antonio.

Che posso fare per rimediare?” chiese lo spagnolo, scherzoso.

E che ne so...l'hai detto tu che sei quello più grande, mentre io sono solo un bambino! Che dovrei saperne io di cosa si fa alla fine di un'uscita insieme?”

Bé, è facile! Ci si saluta con un bacio!” disse Antonio di slancio.

A quella risposta Lovino arrossì vistosamente e di botto, iniziando ad insultare l'altro che, a detta sua, stava “ragionando con il culo”. Dopo qualche esitazione, Antonio riuscì a convincere il piccolo che un bacetto non era niente di che, niente di cui vergognarsi.

Dopo aver appurato che non si stava assolutamente vergognando, Lovino si schiarì la voce e chiuse gli occhi, preparandosi a ricevere il bacio.

Antonio sorrise. Dio, era proprio adorabile! E mentre si chinava per raggiungere la guancia di Lovino, si accorse che quello aveva iniziato a sporgere in vanti il viso e...le labbra!

Voleva un bacio sulle labbra?!

Antonio rimase interdetto. Ma cosa aveva capito quel bambino? Cioè, alla fine anche un semplice e innocente bacetto sulle labbra non sarebbe stato la fine del mondo, ma...

Lovino aprì un po' gli occhi, imbarazzatissimo, trovandosi a un millimetro dal naso un esitante Antonio. Gli occhioni verdi iniziarono a gonfiarglisi di lacrime e la bocca a tremargli, e Antonio, terrificato dalla reazione, non fece neanche in tempo a dire nulla che Lovino gli sferrò una testata micidiale sullo stomaco, incredibilmente violenta.

Ecco perchè dicono di non fidarsi di chi ti chiede un bacio il primo appuntamento!” urlò.

Antonio, seppure piegato in due dal dolore, non poté evitare di soffocare una risata diverita.

Il primo appuntamento!

Ecco, quel dettaglio gli era sfuggito, ma ora che ci pensava, prima si era espresso in modo un po' vago e non doveva essere stato difficile per Lovino fraintendere...così l'uscita tra amici era diventata una specie di uscita romantica senza che Antonio se ne rendesse conto.

Oh, scusami Lovino, scusami” disse, parecchio divertito dalla situazione.

Ma poi guardò meglio il piccolo amico, che oltre che infuriato sembrava anche, in un certo qual modo, deluso.

Prima non...ero pronto, ecco. Riproviamoci, dai” gli disse, nel modo più incoraggiante che poteva.

Lovino lo fulminò per qualche secondo con un'occhiata omicida, che voleva tanto dire “se fai qualche cazzata sei morto”, ma alla fine concesse ad Antonio un'altra possibilità chiudendo gli occhi.

Allora Antonio si avvicinò piano alle labbra morbide e rosse per il freddo di Lovino e vi appoggiò le proprie in un bacio veloce e leggero. Dopo un breve momento si ritrasse.

Era stato tutto molto innocente e forse, proprio per questo, era stato più tenero del previsto.

Chissà invece come sarebbe stato baciare un Lovino più grande...

Mentre Antonio sorrideva a quel pensiero, Lovino riaprì lentamente gli occhi ma non riuscì a sostenere a lungo lo sguardo dell'altro, perchè dopo il bacio era mille volte più imbarazzato che prima.

Le...levatiiiiiii!” gridò, spingendo via Antonio.

Subito dopo corse verso le scale per rifugiarsi dietro la porta, che chiuse ermeticamente dall'esterno.

Ah, cosa doveva fare Antonio con quel bambino?

Ma qualcosa volle che lo spagnolo non potesse fare in tempo a pensare altro; il cielo fu squarciato da un forte tuono che lo fece girare di scatto, così che il ragazzo vide una coperta di dense nubi nere pronte a scaricargli addosso la pioggia. Aveva tutta l'aria di stare per succedere da un momento all'altro!

Oh no, ma perchè proprio ora? Lovi!” disse allora, allarmato.

Se Lovino non gli apriva la porta delle scale, non avrebbe avuto altro luogo per ripararsi dalla pioggia perchè nell'ascensore proprio non poteva salire, fosse stato anche solo per un attimo, e allora avrebbe perso per sempre quel momento.

Lovi, aprimi dai!” disse, iniziando a muovere inutilmente la maniglia.

No, non ti voglio vedere adesso, voglio restare da solo”

Lovino ti pregooooo!”

Quello...quello è stato il mio primo bacio!”

La voce del bambino venne accompagnata da un tuono più forte del precedente; doveva essere una specie di richiamo, doveva essere arrivata l'ora, pensò Antonio.

Ma almeno avrebbe salutato Lovino per bene! Già, cosa dirgli...qualcosa che sarebbe potuto essergli utile, magari nei momenti in cui si sentiva triste, qualcosa che gli sarebbe potuto rimanere nel tempo...qualcosa per fargli capire che, se anche può succedere che le persone ti abbandonino, lui non l'avrebbe mai fatto.

Mai, mai finché avrebbe potuto, avrebbe abbandonato Lovino.

E proprio in quell'istante ricordò il ragazzo dagli occhi da gatto quella volta in cui, imbarazzato e adorabile, gli aveva sussurrato:

Me l'avevi detto...che saresti tornato”.

Allora Antonio gridò contro la porta come mai aveva gridato prima, e con tutto il fiato che aveva in gola:

Ascolta Lovino, io non ti abbandonerò, capito? Tornerò da te, ci rivedremo sicuramente quando avrai sedici anni, mi hai sentito? Tornerò da te! E' una promessa!”.

Che sarebbe stato così era sicuro; solo, desiderava dal profondo del cuore che anche Lovino potesse percepire che era la verità, e forse era proprio successo, perchè il bambino stava finalmente girando la maniglia. Antonio intravide perfino un occhio verde, lucido per le lacrime, farsi largo nella feritoia che lentamente si stava aprendo...ma era ormai troppo tardi.

Uno scroscio d'acqua lo bagnò completamente nel giro di un secondo e qualcosa, una forte spinta, lo buttò a terra, due passi lontano dalla porta.

Per il dolore e la sorpresa, il mondo di Antonio si fece per un momento tutto bianco, quasi come fosse rimasto accecato.

Quando riuscì a schiarirsi la vista pioveva ancora, e lui, seduto sul pavimento bagnato, si ritrovò a guardare dal basso verso l'alto una figura che gli stava davanti e lo sovrastava.

Gli occhi verde oliva di un ragazzo con in mano un ombrello giallo rilucevano di stupore.

Lo fissavano intensamente, ardenti e fermi come solo quelli di un giovane uomo potevano essere.

Antonio gli sorrise, con il cuore che già batteva forte da prima e che adesso quasi voleva volargli via dal petto.

Oddio, cosa non stava provando in quel momento...gioia e paura e ansia e curiosità e dubbio e qualcosa di molto simile all'affetto più tenero, alla simpatia immediata, gli vorticavano dentro e lottavano per decidere chi dovesse prevalere.

Un attimo di silenzio, poi Antonio disse a Lovino, cercando di sembrare più spiritoso e tranquillo di quanto non si sentisse:

Allora...sta volta lo dividiamo per davvero l'ombrello?”

Ma la sua voce suonò fortemente commossa anche al suo stesso orecchio.

 

 

 

***

 

 

 



Ci è voluto un po' ma finalmente Antonio ha trovato un Lovino della taglia giusta per lui! Adesso che succederà? Vi anticipo solo che questo capitolo in cui Antonio si rapporta con un piccolo Lovino mi è servito per appoggio al successivo, spero che sia stato comunque di vostro gradimento!

Ammetto che personalmente ho adoro l'idea dell'appuntamento...insomma, che fortunato che è Lovi a ricevere il primo bacio da Antonio xD e poi non vedevo l'ora di inserire una delle testate di Lovi xD

Dunque, siamo arrivati al quinto atto...potrà non sembrare tanto ma per me è un record importante! Inoltre vi svelo un'altra informazione...questa storia si aggirerà intorno ai dieci capitoli, il che significa che siamo arrivati più o meno a metà ^-^ e se sono arrivata fino a qui lo devo a chi mi ha seguito, che mi è stato di grande incoraggiamento. Dunque mi sono sentita in dovere di ringraziare direttamente voi, che mi aiutate a scrivere con entusiasmo!

Chi ha messo la storia tra le seguite: Funny e basta, Hi_no_Koshka, Kumiko095, Lollyware99, Marycry, revy21, Rot Apfel, SakuraHime_ , seya, yayachan18, mimi098 (quest'ultima non c'era bisogno che lo facesse ma la amo lo stesso xD)

Chi tra le ricordate: PureMorning

Chi tra le preferite: AllenNeko, Jaqueline, KawaiiBonBon, Pupa2009, s_theinsanequeen, Tifawow

Chi ha commentato: Tifawow, The Naiads, Funny e basta, chaska, s_theinsanequeen

 

Grazie a tutti, spero che continuerete a seguirmi nei prossimi aggiornamenti! ^-^ (chiedo scusa ma ho dei problemi con l'editing O-O )

   
 
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