Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Soferiel    30/06/2006    10 recensioni
- Io ricordo tutto. - La sua voce che si fonde a quella del diciottenne, la sua voce di uomo: solo a me sembra così amara? O anche lui è in questo locale per affogare i pensieri neri in cattive bevande? Questa storia ha partecipato al primo concorso del sito "Nocturne Alley Fanfiction Archive".
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DISCLAIMER: I personaggi di questa storia sono pure rappresentazioni fittizie, e sono comunque tutti maggiorenni. L'intreccio è liberamente ispirato ai romanzi della signora J. K. Rowling (che ne detiene i diritti) ed è scritto NON a scopo di lucro, ma per divertimento e per diffonderne la fama. In quanto parte della categoria slash avverto che i contenuti di questa storia non sono adatti ad un pubblico sensibile o comunque contrario all'argomento, sebbene NON vi sia descritta alcuna scena di sesso.


Uno Specchio in Frantumi - Soferiel


Lui ride e io mi volto.
E' un attimo, se ci pensi.
Avrei potuto lasciar perdere, sarei potuto andarmene... ma non l'avevo mai sentito ridere così. Forse non l'avevo mai sentito ridere affatto. Cento risate sprezzanti, certo, e mille sorrisi di scherno: ma mai gioia vera, mai la sua anima sulla punta della lingua.
E ora invece.
E' proprio lui quello, biondo e pallido e ubriaco da far male al tavolo di un pub babbano. Ce ne sono mille, di ragazzi così, in questa città di nebbia. Ma nessuno è come lui. Perché lui è il mio nemico e non riesco a distogliere lo sguardo. Si deve un saluto a tutti i conoscenti e forse a chi si odia si deve molto di più: nella mia immaginazione mi volto e me ne vado e nella realtà sono già al suo fianco.
Che stupido.
Solleva lo sguardo torbido e si sposta una ciocca di capelli dal viso, nel sentirmi incombere su di lui. Vacui quegli occhi chiari. Dov'è finito il loro ghiaccio? Forse a decorare l'ennesimo drink. Mi chiedo pensieroso se me ne importa davvero qualcosa. Mi rispondo che è già abbastanza strano che io sia qui, tanto per cominciare: appoggiato alla spalliera di una sedia di legno sgangherata nell'angolo del locale più sudicio e chiassoso che tu possa evocare nella tua fantasia.
E devi anche pensare al fumo. Fumo basso e luci soffuse. E devi pensare alle sue labbra che si incurvano in un sorriso. Mi avrà riconosciuto? Mai nella vita, amico. Ride beato e mi fa cenno di sedere, prima di appoggiare la testa sul braccio stanco: non mi ha mai sorriso così. Non ha mai invitato nessuno a sedersi al suo tavolo. Sembra strano che il primo sia io... o forse no.
Io non credo al destino, intendiamoci. Forse ti stupirà, ma dopo tutto quello che mi è successo sono Il Ragazzo Che Se Ne Frega. Eppure sento che qualcosa ci lega stasera, la mia curiosità e quella sua allegria ubriaca, qualche bicchiere di birra, una manciata di anni bruciati dal dovere. Se non riuscirò a scoprire cosa ci fa qua dentro creperò, me lo sento. Sono sempre stato un tipo curioso, dopo tutto, e lui... lui non era altro che se stesso.
Granitico, si potrebbe dire, nel suo essere sempre così fatalmente e magnificamente stronzo. Mentre c'ero dentro lo odiavo, e ora che non ci vediamo da un po' quasi mi manca. Quasi lo ammiro per la sua coerenza nel mettersi sempre dalla parte sbagliata.
Quasi.

- Bevi? - chiede lui con voce sorprendentemente lucida. Tra l'affabile e il faceto, quel luogo d'ombra di cui non credevo nemmeno conoscesse l'esistenza.

- Perché no? Ti faccio compagnia... - mi sento rispondere con il mio miglior accento da bravo ragazzo. Se mi guardo allo specchio avrò un sorriso scintillante stampato in faccia, quello dei venditori porta a porta, per intenderci. La McGrannit cercherebbe di adottarmi, se mi vedesse. E non mi conoscesse, ovvio.
Trascino una sedia dall'altro capo dello stretto tavolino, mi ci accomodo e ordino una birra. Nel mentre la sua massima espressione di vitalità consiste nel tracciare col dito piccoli cerchi concentrici, ma io non me la prendo a male: sono un tipo paziente, o almeno ho sempre pensato di poterlo essere, un giorno o l'altro.

- Tu ce l'hai una donna? - mi domanda di botto, alzando lo sguardo. Sempre con una voce perfettamente controllata, perfettamente presente. Tutto il suo volto esprime la più tenace concentrazione. E non ha la minima idea di chi diavolo io sia.

- No, non ce l'ho una donna. E tu? -

Per qualche secondo si fissa le mani e mi convinco che non risponderà, perso dietro a chi sa quali pensieri alcolici. Poi invece riattacca col sorriso gioioso che stende: trentadue denti bianchi e smaglianti, fossette sulle guance e canini da lupo.

- L'ho appena fatta fuori. Non nel senso che l'ho uccisa... nel senso che l'ho scaricata per sempre. Forse avrei fatto meglio ad ammazzarla, vero? -

Adoro gli ubriachi, hanno sempre idee brillanti da raccontare agli amici. Uccidere Pansy Parkinson è una di quelle che metterei nella mia lista delle dieci priorità per il mese di Aprile. Riesco quasi ad assaporare il momento, meglio che pensi ad altro.

- Forse... E' per questo che sei qua a bere, perché hai mollato la tua ragazza? -

Lui ride e io non posso fare a meno di restare incantato. Se l'avessi saputo l'avrei fatto ubriacare di continuo: giuro che sembra quasi simpatico. Si tiene la testa fra le mani e si pettina i capelli chiarissimi all'indietro, con tocco da star consumata. La manica si sposta un po' verso il basso e sull'avambraccio spiccano un teschio e un serpente, ma io quasi non me ne accorgo... non più.
La verità è che sono tutto preso dai suoi occhi grigi e dalla strabiliante possibilità che saperlo infelice non mi dia piacere a livello fisico. Ci avrei scommesso, avrei fottutamente giurato di poter godere in modo letterale delle sue disgrazie. E invece no.
Il mondo sta cambiando. Draco Malfoy si sta ubriacando. Harry Potter cercherà di salvarlo? Chiederà un'altra birra chiara e poi alzerà le tende?

- Certo che bevo per quello... - sussurra il ragazzo dei miei incubi – questa cosa la devo proprio festeggiare alla grande. Tu non hai idea di come ci è rimasta. Ho una macchina fotografica babbana nell'armadio, ma non ero sicuro di poterci arrivare e immortalare l'evento senza prima essere schiantato. Le ho detto che amavo un'altra persona... -

Si passa un dito sulle labbra, scrutandomi con circospezione, come se stesse per rivelarmi un segreto capitale e non sapesse se fidarsi o meno. Il fatto che sia ubriaco non è importante, né lo è la camicia leggermente aperta sul suo collo sudato, né lo sono gli occhi che gli brillano febbrili nelle orbite. La cosa importante è che sto per ridergli in faccia naturalmente, perché io credo

perché io so

che lui non potrà mai amare nessuno.
Comunque lo perdono, d'altra parte è ubriaco e in secondo luogo la Parkinson è una vacca e se la merita, una balla simile. Ho la gola un po' secca.

- E lei come ha reagito? La tua donna, sai. Cos'ha fatto? -

Mi aspetto che rida e invece cambia umore veloce come il lampo e si incazza, un'ombra scura gli scende sui lineamenti che, per contrasto, sembrano ancora più pallidi. Ora si che lo riconosco! Mi sento quasi a casa...

- Mi ha sfasciato casa, quella stronza! Si è messa a urlare e ha fatto saltare i mobili per aria! Non che me ne fotta niente, sono foderato di soldi, cazzo! Ma non doveva permettersi di sbriciolare la mia giacca nera: tutto ma non quella! Lo sai da quanti anni la porto?! -

Quattro anni

- Quattro anni! E lei l'ha bruciata come un fiammifero... Oddio... - Mugugna, appoggiando la fronte al tavolo di legno scuro mentre io prego segretamente che non sia sul punto di vomitare. Mentre prego segretamente che non sia il momento della balla triste.

- ...ce l'avevo in tasca e quella strega me l'ha rotto... - Ecco la balla triste. Eppure, nel bel mezzo dei suoi biascicamenti, l'unica lucida preoccupazione che mi raggiunge è su come i suoi capelli riescano ad essere lucenti anche in una simile situazione di merda.

- ... mi ha rotto il tuo specchio... -

Oh cazzo.

- Come hai detto? - chiedo con una vocetta stridula che catalogo subito come petulante e odiosa. Credevo di essere impermeabile alle sorprese, ormai. Ma quanto sono stronzo...

- Ho detto, - scandisce rialzando il viso e piantandomi in faccia i suoi occhi da rapace – che ha rotto il tuo fottuto specchio, Potter. -
E immagina che abbia detto la parola “Potter” come se l'avesse sputata. Io c'ero ed è così che è andata. Mi ha sputato il nome in faccia, si è frugato nelle tasche con un grugnito, e ha sbattuto sul tavolo uno dei due specchietti che il mio padrino mi regalò poco prima di morire. Sirus Black, sai: quello che stava ad Azkaban e che io amavo come un padre e che è andato al creatore quando ero solo un ragazzo. Eccetera eccetera. Se la storia in sé è triste lo è molto di più l'espressione di lui, nel porgermi lo specchio infranto. Perché in un attimo è cambiato, in un attimo non è più arrabbiato, acido, ubriaco e bello: è solo meravigliosamente a pezzi.

- Non so se si potrà riparare... - biascica sconsolato, guardandomi da sotto in su.

- E' solo uno specchio, Draco. Ci tenevo, ma vedrai che non morirò. In realtà... pensavo che tu l'avessi gettato mesi fa. -

Ricomincia a ridere. E magari è solo nella mia testa, quella nota stridula di violenta nostalgia e di nebbia, la nebbia nella quale ci nascondevamo per conto dell'Ordine della Fenice. Il Prescelto, l'uomo di Silente fino in fondo, e il Reietto, il serpeverde col Marchio Nero sul braccio. Assieme nel pericolo, in luoghi dove tutta questa gente che ci circonda non metterebbe mai piede. E se abbiamo fatto bene il nostro lavoro, nessun babbano o mago dovrà mai passare quello che abbiamo passato noi due. Quello che ci ha scosso e unito come pochi al mondo. Ora siamo qui, in un locale che sa di birra e tristezza, ma un tempo (non molto tempo fa) combattevamo fianco a fianco, mentre il mondo in cui eravamo cresciuti cadeva in pezzi e vorticava, ed eravamo,

a modo nostro

solo a volte

e per qualche ora

felici. Avvicino i cocci dello specchietto l'uno all'altro, sorridendo della sua ilarità e di quel modo sottile e scientifico che ha sempre posseduto di farmi uscire dai gangheri. Lo sa, eccome se lo sa, che odio la sua risata sprezzante come poche cose al mondo. Mi chiedo se conosca anche l'effetto che produce in me la sua risata sincera.

- Pensavi davvero che potessi buttarlo, dopo che questo specchio mi ha salvato il culo almeno... hum... tre volte? O magari credevi che avessi qualche altro motivo? Come se me ne importasse... - mi schernisce bevendo l'ultimo sorso dal proprio bicchiere. Ha adocchiato anche il mio, questo bastardo, ma sono passati i giorni in cui dividevamo tutto, persino la borraccia dell'acqua, i vestiti, la vita.

- Veramente ti ho salvato molto più che tre volte... - lo dico per farlo arrabbiare, il che era uno dei miei sport preferiti ai vecchi tempi. Ma evidentemente sono arrugginito, perché non da segni di avermi sentito. Ha gli occhi incollati su di me però, fissi nei miei e così seri come gli ho visto solo altre due volte nella vita: il giorno che abbiamo ucciso suo padre; e il giorno in cui ci siamo detti addio.

- Ti ricordi... - inizio titubante. Vorrei dirgli molte cose, se solo potessi ottenere qualcos'altro oltre al suo disprezzo, eppure mi mancano le parole per iniziare un discorso che nella mia mente non è mai finito. Lo rivedo sporco di sangue, con la bacchetta stretta in pugno dietro al muro diroccato di una casa abbandonata. Si volta e mi fa cenno di tenermi sulla destra, mentre attorno a noi vorticano le scintille di decine di incantesimi mortali. Ha diciotto anni Draco Black, come ha deciso di farsi chiamare da quando lui e sua madre sono passati dalla nostra parte: è giovane, spaventato e ha una mano rotta.
Eppure sorride in modo così gioioso da farlo sembrare un ragazzino.
E' stato allora? E' stato allora che ho capito di essere diventato qualcosa per lui, e che lui era diventato qualcosa per me? Non più due nemici costretti a pericolose missioni in coppia, solo perché l'Ordine era a corto di uomini... Ma forse, forse...

- Io ricordo tutto. - La sua voce che si fonde a quella del diciottenne, la sua voce di uomo: solo a me sembra così amara? O anche lui è in questo locale per affogare i pensieri neri in cattive bevande? Quando sono entrato qua dentro non me ne importava niente della sua vita da mago qualunque, né mi importava davvero del perché fosse ubriaco, anche se non l'avevo mai visto conciato così per via dell'alcool. Mi sentivo forte, mi sentivo in vena di battute del cazzo. E ora guarda come mi riduco per tre semplici parole! Ad aspettare che continui, per sapere se sarà bianco o nero, o fottutamente Draco.
E allora dille queste parole, Draco Black, fammi male finché vuoi. Se ne sei capace.

- Ricordo la prima volta che entrai a Grimmauld Place. La faccia che hai fatto: impagabile. E le chiacchiere sotto voce della Granger e di quello stronzo di Weasley. E la donna che urlava nel ritratto. Tutto così terribilmente privo di stile. Ti si addiceva, lo sai?
Ricordo le prime sere passate a chiedermi quanto ci avresti messo a venire nella mia stanza e provare a strangolarmi nel sonno. Perché avevo fatto ammazzare il tuo Silente... Ricordo le prime ronde e le prime risse e i primi pianti di mia madre. E le ronde successive, i successivi lividi, i pianti sempre più sporadici.
Ricordo la notte che abbiamo passato aspettando che Peter Minus uscisse da quella baracca in cui si era nascosto... e ricordo le sue urla... la nostra prima missione segreta, nel senso che nemmeno l'Ordine ne sapeva nulla. -

Draco si interrompe giusto il tempo per lanciarmi uno sguardo di fuoco.

- Non mi dirai mai perché l'hai lasciato scappare, vero Potter? -
Scuoto la testa e nella mia mente parla Silente, parla e mi dice che ho fatto la cosa giusta.
- Continua... - aggiungo. Vorrei pregarlo, ma non posso. Non è così che funziona fra di noi.

- Ricordo il giorno in cui è morto Blaise. Come potrei dimenticarlo? Sono io che l'ho ucciso. L'ho coperto col mio mantello e ce ne siamo andati per informare Lupin dell'agguato che ci avevano teso... e tu mi hai messo sulle spalle la tua giacca nera. -

Si accarezza il Marchio Nero attraverso la stoffa candida della camicia e io fremo. Fremo perché vorrei allungare la mano e toccare il suo braccio, lì dove è piagato. E dirgli che non me ne importa nulla, di teschi e serpenti, sperando che a lui importi qualcosa del resto di noi, di quello che vive in Harry e Draco al di sotto della carne bruciata da Voldemort.

- Ricordo... tutte le sere e le albe e le notti gelide. E mai che ci mandassero in missione durante il pomeriggio, giusto per cambiare un po'. La signora Weasley che mi prepara la torta da mangiare per strada. Ci ho pianto su quella torta, te l'avevo mai detto? Anzi, non ne ho avuto bisogno... quei tre anni li abbiamo passati sempre assieme. Mi hai preso per il culo? Questo non me lo ricordo... -

No, Draco, non ti ho preso per il culo. Ho mangiato la mia fetta di torta, che sarebbe stata amara senza di te. Perché stavamo perdendo ed eravamo nella merda come non mai... e tutto ad un tratto salta fuori che anche tu sei un essere umano e puoi piangere, proprio come nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Puoi piangere perché ti rendi conto di voler bene ad una stupida Weasley.

- Ma sai cos'è che mi ricordo meglio di tutto, Potter? Il giorno che mi hai dato lo specchio. “Uno a me e uno a te. Ho fatto fatica a far ricostruire uno specchietto gemello a questo... Così se sei nei guai ci soffi sopra e ci possiamo parlare.” -

Soppeso le sue parole inarcando un sopracciglio, perché non credo proprio di avergli mai parlato in tono così civile. Non nei primi tempi della nostra collaborazione, ma si sa che l'alcool fa miracoli. Giocavamo al poliziotto buono e a quello cattivo... o come diceva lui, al poliziotto buono e al poliziotto bello; ma di certo non ci amavamo con cordiale gentilezza da educande. Gli avrò detto qualcosa del tipo: prendi qua e soffiaci sopra se sei nella merda. Sempre che tu possa ricordarti come funziona per più di cinque minuti.
Va a suo discapito il fatto di essersi ricordato più che bene come si usava... gran polmoni quell'anno, e gli anni successivi. Un gran talento per farsi scoprire sempre e comunque.

- Ho cominciato a odiarlo quello specchio del cazzo! Mi bruciava nella tasca almeno una volta a settimana.
Potter, mi hanno visto dalla strada... Potter, mi stanno correndo dietro... Potter, mi è andato a fuoco il culo... -

Un grugnito dall'altra parte del tavolo mi ricorda che le risate amichevoli sono un optional in casa Malfoy. O in casa Black? Merlino sa se Draco e Sirius erano i parenti meno somiglianti che conoscessi, anche se in fondo in fondo (molto molto in fondo) avevano qualcosa in comune, nel caratteraccio e nella spacconaggine. Il sangue è sangue, giusto? Il sangue è importante... soprattutto per me, che non ho nessun parente con il mio nelle vene. O vuoi venirmi a dire che Zia Petunia è un essere umano come tutti?

- Non ho proprio la forza di arrabbiami, stasera... - mugugna il mio compagno di bevute, reclinando il capo all'indietro e poggiandosi allo schienale della sedia malferma. Fa il bello e maledetto anche quando è ubriaco, lo stronzo, ma io ho tutto il diritto di dire la mia: non sono mai stato zitto un giorno della mia vita e non inizierò ora che potrei parlare per ore di quanto l'ho odiato. Anche se dare aria alla bocca è uno sport più pericoloso del Quidditch.

- Sai invece cosa ricordo io, Malfoy? - un suo gesto spazientito mi fa cenno di continuare. Magari sono io a vedere irritazione in ogni suo movimento, anche quando non c'è; e mi chiedo se lui si specchi in me allo stesso modo. - Ricordo la sera in cui abbiamo scoperto il rifugio di Bellatrix... -

Accavalla le gambe. Le stende. Si passa una mano sulla fronte. Sospira.

E io non dico nemmeno una parola.

- E' passato tanto tempo... - mugola infine, sorseggiando un'ultima inesistente goccia della mia birra chiara. Adoro vederlo sulle spine. Questo sì che è piacere a livello fisico. Fammi ridere Draco, fammi credere che hai un'anima nella tasca interna della tua giacca sportiva preferita.

- Mi hai baciato e il giorno dopo hai detto che non era mai successo. - finisco con voce incolore. Sto per ridergli in faccia o per piangere di rabbia? Più probabile che stia per spaccargli il muso, ma chi se ne importa ormai? Non abbiamo più l'età per sputarci addosso... oppure sì?

- E con questo? -

Ecco. Era una delle dodici risposte su cui avrei scommesso un galeone. Peccato che non fosse la mia preferita: “Non capisco di cosa stai parlando”. Ma sono un tipo che si accontenta e magari sotto sotto sono anche il tipo che sa aspettare.

- Credevo che saremmo morti... - mormora fissando il vuoto alle mie spalle, fitto e tangibile in questa nottata da dimenticare. Ha stampata addosso l'espressione di chi se ne frega e se ne sbatte e trova anche il tempo di farti sentire in colpa. - Credevo che non ci sarebbe stato un seguito. Un bacio e via. Mi ero sempre chiesto... sempre... che cosa avrei provato... -

Io rido e lui si volta.
E' un attimo, se ci pensi.
Rido perché negli anni ha scoperto le maniere civili, ha lottato contro il demone della brillantina per capelli, ha strusciato le sue labbra contro le mie, ancora e ancora, nell'unione dei nostri fiati roventi e della nostra paura. Ha posato un giglio bianco sulla tomba di Luna Lovegood. Ha toccato il mio cuore o qualsiasi organo tu voglia assimilare ad esso. Ma in realtà non si è mosso di un passo, è rimasto immobile nella pozza stagnante dei suoi undici fottuti anni: chiedendosi che cosa avrebbe provato a baciare Harry Potter, senza nemmeno tentare di immaginare che cosa avrei provato IO.

- Sono stanco di te, Draco. - Gli sibilo alzandomi dal tavolo e cercando alcune banconote, per poi gettarle sul legno umido. Non voglio nemmeno vedere l'espressione del suo viso: sapere che in realtà non c'è proprio nessuna espressione da vedere o, peggio ancora, sapere che non mi è mai passata davvero. Che ha piantato le sue unghie nella mia carne e niente al mondo potrà fargli mollare la presa. O sono le mie unghie affondate nei suoi capelli?

Aggiro il tavolo e lo trascino in piedi e butto a gambe all'aria la sedia mentre premo con forza le labbra sulle sue labbra. So che la tasca interna della sua giacca è vuota, non sono stupido. Ma cosa ci sarà nella mia, di tasca? In tutti i giochi di prestigio la mano è più veloce dell'occhio. Quindi probabilmente non lo saprò mai, saprò solo che il suo sapore non mi ha abbandonato nemmeno per un giorno, come l'odio che gli porto.
La sua mano pallida mi afferra il collo ma non si sottrae al contatto, non si è mai sottratto a nulla che avesse a che fare con me e con la nostra stupida sfida. Riesco a sentire il battito furioso del suo cuore mentre ci stringiamo petto contro petto, incuranti degli sguardi della gente che probabilmente avrà altro di meglio da fare. E tutto quello che riesco a pensare è: Sono stanco di te, stanco di te, così stanco... nel bel mezzo del calore del suo bacio, della sua risposta.

Sciolgo la morsa che ci serrava e lo sento rilassarsi per quanto glielo conceda la sorpresa: alza gli occhi liquidi e imperscrutabili, colmi di un sano divertimento per il quale potrei anche ucciderlo. Ride di me, ride di noi, o ride nei fumi dell'alcool. In ogni caso, gran bella serata del cazzo.

- E' nella tua tasca? - mi chiede a fior di labbra e io non riesco a capire. Resto come un pesce all'amo, a dibattermi fra la rabbia e la curiosità, mentre mi fruga addosso senza ritegno, privo del ben che minimo imbarazzo. I suoi capelli biondi mi solleticano il collo. I suoi capelli...
Avrei dovuto capirlo, che cercava quello, ma a mia discolpa posso dire che erano quattro mesi che aspettavo questo momento. O fantasticavo di soffocarlo a mani nude. Cercava lo specchio sano.

- Questo lo prendo io, - aggiunge asciutto, sciogliendosi dall'abbraccio sobrio e composto. - Scommetto che mi servirà. Tu fai riparare quello rotto e vedi di non farti strane idee: io ti odio, chiaro? -

Chiaro.

*

Buonasera a tutti: questa fanfiction è stata scritta per il primo concorso del sito Nocturne Alley Fanfiction Archive, con tema "Uno specchio in frantumi" ed un massimo di 4000 parole. Sono arrivata terza e spero che la storia vi sia piaciuta. A presto, Soferiel.

  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Soferiel