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Autore: SilentVoice13    28/10/2011    2 recensioni
Adauchi ha dodici anni, un'infanzia costellata di sventure e un segreto inconfessabile che grava sulle sue fragili spalle. Il giorno in cui l'uomo che lo ha salvato da morte certa viene ucciso, coincide con il giorno in cui il suo passato torna alla luce.
Chi è Uzumaki Minato e perchè lo vuole con sè al suo villaggio? Chi è Obito Hatake e perchè sembra odiarlo tanto? E soprattutto perchè tutti sembrano volergli nascondere la verità su suo padre e sulla sua storia? L'erede dello sharingan torna a combattere per distruggere la sua maledizione.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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Disclaimer:i personaggi qui citati non mi appartengono, fatto eccezione per quelli da me inventati; i fatti narrati sono tutti frutto della mia fantasia malata. Un ringraziamento a Kishimoto per l’opera fantastica.
 




Il bambino venuto dal cielo



“Accidenti.” Un’imprecazione a mezza voce, un fischio, poi l’esplosione. Lo sharingan brucia terribilmente, ma Kakashi decide che non è quello il momento per farci caso. Un nugolo di schegge di legno lo travolge prima che possa spostarsi.

Cazzo.
Stringe i denti, stille di sangue nero gocciolano lente dalla spalla e da entrambe le gambe. Ha l’impressione che qualcuno gli abbia appena sventrato un braccio ma si costringe a pensare ad altro. Iruka. Il suo nome squarcia per un attimo il velo di indifferenza sul suo volto. I loro inseguitori saranno lì a breve, deve trovarlo prima che sia troppo tardi.

“Iruka!!!” La nebbia si dirada appena, ma tutto ciò che riesce a scorgere intorno a lui sono le sagome cupe degli alberi. L’odore acre di fumo e di carne bruciata è come un pugno sferrato dritto allo stomaco. Per un attimo il jonin si piega su se stesso, nauseato, vomitando sangue e ondeggiando in preda ai capogiri. La vista tentenna, si agita, e per qualche istante il mondo si fa buio; quando riprende coscienza di sé si ritrova a terra sopra un mucchio di cadaveri e di foglie.
“Pensavo fossi morto.” Biascica puntellandosi sul gomito sano per riuscire a rialzarsi, Iruka incontra il suo sguardo ma non sorride; è coperto di sangue e ansima pesantemente stringendo con forza insospettata un kunai nella mano destra. Visto così fa paura. Kakashi immagina che in fondo il suo aspetto attuale debba essere anche peggiore.

“Il ragazzino è salvo, ma dobbiamo muoverci di qui.”

Il ragazzino. Un paio di occhi verdi si affacciano sui suoi pensieri facendolo trasalire e il jonin si maledice mentalmente per essersene dimenticato. Cerca di regolarizzare il respiro per calmare il mal di testa che si agita furente nella sua mente. Lo stomaco è un insignificante foglio accartocciato in fondo al petto, il sapore amaro della bile gli infetta ancora la bocca.

“Ti aiuto.” Iruka gli porge la mano, incerto sulla reazione che avrà, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno sia in agguato nella boscaglia per colpirli. Kakashi osserva per un attimo la mano tesa, forse troppo orgoglioso per accettare l’aiuto dell’altro. Poi ripensa ai compagni che ha visto morire davanti ai suoi occhi per permettergli di arrivare fino a quel punto e si sente un codardo. Si lascia risollevare senza dir nulla e soffoca un gemito quando il suo peso grava sulla gamba sinistra, ora inservibile.

“Faccio strada io.” Gracida il chuunin non commentando in alcun modo il suo stato. ‘Troppo delicato’ è il pensiero che balza alla mente dell’albino davanti al suo riserbo. Il rumore sordo di passi fa irruzione nelle sue orecchie, facendolo voltare troppo repentinamente. Se non ci fosse il moro a sostenerlo finirebbe di nuovo a terra. Non si è mai sentito così debole.

“Prosegui da solo.” Due iridi color cioccolata si appuntano fastidiosamente sul suo unico occhio sano. Non è la prima volta che lo nota, ma la gente preferisce non avere a che fare con il passato; lo sharingan di Obito sembra metterli a disagio.

“Non se ne parla.” Il bigio sbuffa, divincolandosi per sfuggire alla presa scomoda del compagno. Non riesce a ricordare il momento preciso in cui i ricordi hanno iniziato a prendere a calci in culo il suo cervello, ma il fracasso là dentro è terribile.

Cazzo, cazzo, cazzo.

“Muovi il culo ed evapora Umino.” Il moro lo scruta con un cipiglio indecifrabile. Il distacco fra di loro in quel momento è evidente.

“Non ti lascerò ammazzare.” Ruggisce in risposta l’altro quando Kakashi scoppia a ridere, facendolo rabbrividire.

“Sarei dovuto morire già molto tempo fa” gli sussurra fissandolo con le sue iridi spaiate e con quello sguardo che non riesce proprio a non metterlo a disagio. Iruka tace qualche istante e capisce che in ogni caso il jonin non sopporterebbe di veder cadere per colpa sua un altro compagno.

“Non sei l’unico a pensarlo.” Il sorriso muore sulle labbra del jonin. In un attimo entrambi si ritrovano bersagliati da un nugolo di kunai resi invisibili dalla fitta nebbia.

Cazzo no!

Kakashi li vede arrivare: scintillanti, perfetti, neanche una macchia di sangue ad intaccare le punte immacolate ed aguzze. L’adrenalina si propaga per il suo corpo come impazzita, le voci nella sua testa tacciono, sovrastate da un unico, potente grido.

Spostati Kakashi!’

Obito. Sono passati moltissimi anni dall’ultima volta che ha sentito quella voce ma non avrebbe mai potuto dimenticarla. Il bigio cerca di spostarsi, per una volta vorrebbe dare ascolto al suo migliore amico, ma le gambe sono come bloccate, lo sharingan vortica impazzito, il sangue cola dalle ferite rese pallide dal gelo e dagli squarci di dolore aperti nel suo sguardo.

“Ka-ka-shi…” Il jonin trasale. La paura, Obito, i kunai, la morte. Per un attimo gli sembra tutto un sogno. Poi Iruka sillaba il suo nome, lentamente, disperatamente.

L’istante dopo Iruka non c’è più.

“Colpito da quattro kunai, che pivellino.” La rabbia trasuda cieca da ogni sua cellula. Il vuoto, l’incapacità, il sentirsi troppo debole ed impotente per agire. Il baratro nero dei suoi occhi sprofonda inesorabilmente e non gli importa niente se morirà, se il suo gesto, in futuro, verrà considerato empio.

Si getta sul gruppo di shinobi che ha davanti senza pensare. Il fischio acuto dello Chidori nelle orecchie, il sorriso di Iruka nella mente, lo sguardo di Sasuke negli occhi e i ricordi di Rin e di Obito nel cuore.

“Buona permanenza all’inferno, bastardi.” Lo sharingan contempla con gioia i sorrisi di trionfo spegnersi sui loro volti. Kakashi ride, ride e si sente folle, come quando al termine della guerra si era ubriacato per provare a cancellare il ricordo di esser vivo. Lo sharingan ruggisce e in un attimo finisce tutto.
Una lapide bianca, un bambino uguale a lui che gli sorride, triste, il volto angelico di Anko. Ripensa al ragazzino, a suo padre, ai suoi unici allievi che ha visto crescere ed uccidersi a vicenda senza poter far nulla.

Se esiste una giustizia a questo mondo deve essere davvero strana.

Poi sospira e un vento gelido spazza il terreno, sollevando le foglie più leggere. Si sente come loro e si lascia portare in alto, sempre più su, più su nel mistico silenzio del cielo.
Non ha più paura di cadere.
 





“La foresta è piuttosto silenziosa oggi.”
La sua è una constatazione inutile ma Zenko non se ne cura. Sono ore che marciano per improbabili sentieri alla ricerca di qualcosa di commestibile da riportare al villaggio e non riesce più a sopportare il peso opprimente di quel silenzio.

“Non lo è più di ieri- Ribatte laconico Benkei in testa al piccolo gruppo per poi sottilizzare, allusivo - non avrai paura, spero.”
Il ragazzo si ferma, il sangue che sembra ribollire nelle vene. A volte vorrebbe spaccargli la faccia.

“Lascialo perdere.” La voce di Etsune lo riporta alla realtà. Ha il ciglio destro segnato da una cicatrice pallida e netta, la palpebra chiusa sull’orbita vuota. Era ancora un bambino quando uno dei soldati dell’alleanza si era avventato su di lui, sfregiandolo a quel modo; il compagno non aveva potuto far altro che assistere alla scena, le gambe paralizzate e il braccio rotto ma non completamente compromesso. Ricordava benissimo il bagliore della lama alla luce delle fiamme, la carne incisa, le grida, il sangue che sprizzava al suolo macchiandogli il viso…

“Cerca di tenere gli occhi aperti bella addormentata.” Trasale. Benkei è lì davanti a lui- come diamine ha fatto a muoversi così silenziosamente?- e lo sta scrutando con un’espressione indecifrabile sul volto. Per un attimo il suo sguardo coincide con quello del loro aguzzino e qualcosa dentro di lui trema, facendolo rabbrividire. Poi un crepitio richiama la sua attenzione.

“Cos’è stato?” Etsune scatta sull’attenti, l’unica iride metallica appuntata sul profilo scheletrico di un cespuglio. Hoshiro, il più taciturno del gruppo, gli intima di fare attenzione.

“Vado a controllare.” Estrae un kunai dalla sacca, è coperto di ruggine ma non per questo risulta essere meno temibile, e avanza verso il punto indicato. Zenko registra ogni suo gesto con il cuore stretto in gola e lo sguardo che sembra essere in grado di analizzare e catalogare ogni foglia in base alla sua pericolosità. Il ninja scatta e l’albero crolla con fragore al suolo, sollevando un mucchio di terra e polvere.
Quando la nube si dirada nessuno può credere ai propri occhi.

“Un moccioso?”La voce di Etsune suona stupita davanti al bambino che lo osserva terrorizzato, le ginocchia strette al petto e lo sguardo implorante. Sembra caduto dal cielo.

“Che facciamo?” Zenko si volta verso Benkei, infondo è lui a dover prendere una simile decisione, ma quello che vede non gli piace affatto.

“Dovremmo ucciderlo- Commenta atono senza mostrare particolare interesse per la cosa- abbiamo già abbastanza orfani da sfamare al villaggio e così come ora non possiamo permetterci di tenerne un altro.”

Zenko sa che Benkei ha ragione ancor prima di ascoltare le sue motivazioni. La quarta guerra ninja non è stata clemente con nessuno dei paesi e l’attuale regime despotico di Madara non è in grado di difenderli in alcun modo dalle continue rappresaglie dell’esercito alleato. Il villaggio della Pioggia è ridotto ad un cumulo di macerie fumanti, i nemici hanno distrutto i raccolti e le uniche risorse rimaste sono state personalmente requisite dai nukenin al servizio dell’Uchiha. Chi è abbastanza fortunato da sopravvivere, come loro, si ritrova costretto ad arruolarsi al servizio dell’esercito pena l’uccisione; fuggire è impossibile e chi riesce nell’intento viene prontamente scovato ed eliminato dall’Akatsuki. Eppure non riesce a controllare la propria reazione.

“Sei solo un bastardo egoista.” Ringhia scagliandosi contro di lui. Ma Zenko non è un soldato, non lo è mai stato, è solo uno dei tanti esemplari di carne da macello. Benkei blocca il suo colpo ancor prima che finisca la frase e un sonoro scricchiolio conclude la sua azione.

“Non permetterti di giudicarmi.” Sibila l’altro davanti allo sguardo attonito degli altri presenti. Nessuno osa muoversi mentre Zenko giace a terra ruggendo di dolore per il polso rotto. Per un attimo i suoi occhi irati si fissano in quelli d’ambra del suo superiore: sono piatti, vuoti, spaventosi. Poi l’altro distoglie lo sguardo e afferra per una mano il ragazzino, prendendolo in braccio.

È in quel momento che Zenko si pente e ricomincia a respirare.

“Torniamo al villaggio, il bambino è denutrito e ha bisogno di cure. Poi penseremo al tuo polso e al cibo.” Nessuno di loro sa di preciso se amare o odiare quello straniero misterioso giunto dall’Ovest, ma infondo la paura è un’arma sufficiente a giustificare le loro azioni.
Hoshiro si rimette in marcia come se niente fosse, seguendo a debita distanza Benkei, che avanza evanescente come un fantasma fra i profili scarni degli alberi. Etsune sospira e aiuta il compagno a rialzarsi, scuotendo il capo.

“Mi auguro che tu sappia a cosa lo hai condannato.” Mormora riponendo il kunai.

“Avresti preferito che morisse?”

“Sai come la penso.”

“No che non lo so! Un tempo non saresti rimasto a guardare.”
“Zenko…”

“Non riesco più a capire da che parte stai!”
Rimangono per qualche istante a fronteggiarsi, Zenko ansima, il braccio dolorante che pende lungo il fianco e i pensieri annodati confusamente nella sua testa. Etsune sospira, si sente ferito e non riesce davvero a capire perché in questo mondo schifoso abbia iniziato a fargli schifo anche se stesso.

“Sono sempre stato dalla tua parte Zen. Sempre.” Ribatte allungando il passo per raggiungere Benkei e Hoshiro, già lontani.

“Al diavolo, fate come cazzo vi pare! Io con lui al villaggio non ci torno.”Grida. Etsune non fa una piega, sa bene con che testa calda ha a che fare, e si allontana rapidamente da lui.

“Al diavolo.” Ripete di nuovo il ragazzo picchiando con forza inaudita il braccio leso a terra, mentre lacrime salate gli incidono il volto.

“Al diavolo...”

 

 

 


 
Angolino dell'autore
Premettendo che questa è la prima cosa che scrivo in vita mia e che, soprattutto, pubblico, spero nella vostra clemenza. Se avete voglia recensite ed esprimetemi i vostri dubbi e le vostre impressioni sul primo capitolo. I fatti sono ambientati dopo la fine della quarta guerra ninja e le dinamiche specifiche verranno chiarite meglio in seguito. Molti dei personaggi sono frutto della mia fantasia quindi perdonatemi la difficoltà a renderli così come vivono nella mia immaginazione.
Alla prossima
 

  
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