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Autore: Ai_Sellie    28/10/2011    3 recensioni
- Ti è successo qualcosa di bello? – chiede Sirius, inarcando un sopracciglio.
Remus si concede qualche secondo per osservarlo e imprimersi ancora una volta nella memoria ogni singola ruga del suo volto, prima di sorridere e annuire.
- Più o meno, - risponde, senza dargli ulteriori spiegazioni.
Che a loro piaccia o meno, stanno invecchiando e nessuno può farci niente, è il naturale scorrere degli eventi.
[Storia classificata prima al Wolfstar Day! indetto da +Chu+. =3]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Storia scritta per il W-day, arrivata al primo posto. =3
Potete trovare lo splendido banner che le Diarche mi hanno regalato *sbavicchia un altro po' =w=* e il giudizio scorrendo questa pagina. C=
Avevo scelto il pacchetto Nihal, di cui ho utilizzato la foto e la stringa di dialogo (-Sei paranoico.- -Il che non esclude che io abbia ragione.-).
Ha, inoltre, partecipato al Flash Contest dei Contest indetto da Polvere di stelle classificandosi settima e vincendo il premio Originalità.



La brezza soffia leggera e porta con sé odore di gelsomino e biscotti alla vaniglia, questo pomeriggio. Remus chiude gli occhi e respira a pieni polmoni; basta che si concentri anche solo un po’ per riuscire a vedere i biscotti proprio lì, caldi e fragranti, dietro la vetrina di quella graziosa panetteria babbana che tutti i giorni li mette in vendita sempre alla stessa ora.
Risolleva le palpebre e guarda il cielo.
Tra qualche minuto le nuvole cominceranno a tingersi d’arancione e lui saprà che è arrivata l’ora di rientrare in casa, a controllare che Sirius non abbia di nuovo dato fuoco accidentalmente al divano o rotto il servizio da tè che tanto odia spacciandolo per un incidente.
Ma tutto questo accadrà solo tra poco; il sole non ha ancora iniziato a calare e può godersi il profumo di gelsomino e la tranquillità del loro giardino ancora per un po’.
La brezza continua a soffiare, delicata. Come una carezza, gli smuove i capelli bianchi, che ondeggiano pigri come alghe trasportate dalla corrente, e le vecchie mollette appese alle due corde tese alle sue spalle si scontrano in continuazione tra loro, creando una strana melodia.
Remus si volta piano a guardarle. Gli anni e le intemperie le hanno ormai ridotte a mucchietti di legno marcio e le più vecchie sono distinguibili dalle altre per lo strato di muffa verde che le colora.
Quando decisero di acquistare quella casa, le corde erano, in realtà, una sola e fu Sirius ad insistere perché ne aggiungessero una seconda, proponendo però di utilizzarle per un fine diverso da quello di stendere il bucato.
L’anziano sorride, intenerito da quel ricordo che sembra così lontano, adesso.
La corda a lui più vicina ha sparse per tutta la sua lunghezza almeno il triplo delle mollette rispetto alla sua gemella ed è per questo motivo che tende molto di più verso il terreno. Ovviamente, quella è la corda di Sirius.
Remus, quel lontano giorno di quasi quarant’anni fa, decise che ad ogni molletta appesa sarebbe corrisposto un evento felice di cui voleva conservare il ricordo – il ritorno di Sirius, la nascita di Ted, il matrimonio di Harry -; Sirius scelse invece di collezionare tutti gli errori e le stupidaggini commesse. Remus scoprì solo molto più avanti che prese quella decisione unicamente per lui, in un goffo tentativo di espiare tutto il male che è convinto di avergli fatto e non dimenticare nonostante lo scorrere implacabile del tempo.
Sciocco, adorabile Sirius.
L’uomo distoglie lo sguardo e torna a posare gli occhi sulle nuvole, mentre un po’ a fatica e lentamente comincia ad alzarsi dalla panchina in pietra su cui si era accomodato.
Che a Sirius piaccia o meno, l’età comincia a farsi sentire, ormai, ed anche con l’aiuto della Pozione Antilupo – ed un enorme cane brontolone di sua conoscenza - diventa ogni mese più faticoso, riprendersi dalla trasformazione in tempo per riuscire ad affrontare quella successiva. Con l’ultima, si è giocato quasi del tutto la gamba destra.
Remus osserva ancora per qualche secondo il sole che inizia lento a calare all’orizzonte, prima di voltarsi e zoppicare verso casa appoggiandosi al bastone da passeggio.
- Sirius? – chiama, appena si è richiuso con cura la porta alle spalle.
La casa appare deserta, ad una prima occhiata, e a Remus, per un attimo, sorge il dubbio che il compagno possa essersi addormentato da qualche parte. Poi un rumore come di vetri rotti lo fa sobbalzare e, un po’ preoccupato, si dirige verso la cucina.
- Sirius, tutto bene? Si può sapere che cosa stai facendo?
- Shh! - lo zittisce bruscamente Sirius, senza nemmeno guardarlo.
È in piedi su una sedia, che studia il pavimento con lo sguardo di un predatore affamato; in una mano stringe un bicchiere capovolto, nell’altra brandisce il bastone da passeggio di riserva del compagno come fosse un’arma, pronto a colpire chissà quale nemico invisibile.
Remus sbatte le palpebre, confuso.
- Sirius, che suc-
- Shh! Zitto o lo farai scappare. Non fare rumore, non muoverti.
- Chi? Cosa?
Remus si guarda intorno senza capire; a lui, il pavimento della cucina sembra essere sempre lo stesso: celeste, decorato qua e là da qualche fiore dipinto male e sporco, esattamente come lo ha lasciato quando è uscito in giardino. Non capisce.
Sirius si è, intanto, spostato sulla sedia accanto a quella su cui era in piedi poco prima e continua a studiare le mattonelle sbiadite, gli occhi quasi ridotti a due minuscole fessure color cenere.
- È qui; lo so, lo sento. Ha rosicchiato un cuscino del divano e si è pure mangiato una parte del mio budino.
Remus si lascia sfuggire un sospiro mentre si massaggia la gamba dolorante.
- Sei paranoico.
- Il che non esclude che io abbia ragione, riesco ad avvertire la sua presenza.
- Sirius, ti prego, - piagnucola l’uomo, appoggiandosi ancora di più al bastone. Improvvisamente si sente stanco e spossato.
- Non ci sono topi, in casa nostra, e lo sai bene. Tu stesso hai insistito che Harry la controllasse da cima a fondo e ti ha assicurato che è pulita.
- Il mio figlioccio si sbaglia. Lui è qui, è tornato.
- Lui chi? – urla Remus, esasperato.
- Peter! – ribatte il compagno con lo stesso tono di voce, alzando di scatto la testa, e per la prima volta da quando Remus è rientrato i loro sguardi si incontrano.
Al pronunciare quel nome, negli occhi grigi di Sirius lampeggia una scintilla di puro terrore che gela Remus sul posto.
Come ha potuto dimenticarsene?
Sirius è invecchiato bene, davvero, in qualunque maniera lo si voglia intendere. È diventato un uomo ancora più affascinante, a modo suo, e gli occhi conservano ancora quella scintilla di vita e voglia di ridere che è sempre stata tipica della sua persona.
È rimasto lo stesso Sirius di sempre, tranne per quel piccolo particolare.
Nessuno si era mai reso conto prima di quanto fosse davvero profonda la ferita infertagli da quei dodici maledettissimi anni trascorsi ad Azkaban.
All’inizio erano solo piccoli episodi sporadici di poco conto, che avevano tutti quanti attribuito al fatto che anche Sirius fosse umano e come tale invecchiasse. Ma con il passare degli anni la cosa si è ingigantita più di quanto la vecchiaia da sola potesse giustificare e adesso, quasi ogni settimana, Remus lo sorprende in piedi sul tavolo o sul divano, che scruta con rabbia e paura il pavimento.
È come se il terrore di rivivere nuovamente quell’inferno, di perdere tutto una seconda volta, si sia così radicato in Sirius che spinge la sua mente ad avere delle vere e proprie allucinazioni e lo costringe a dichiarare guerra a qualunque topo si azzardi anche solo ad avvicinarsi a casa loro.
Come ha potuto dimenticarsene?
Remus sospira. Reprime il dolore e le lacrime, e gli si avvicina piano.
Gli fa sempre un gran male, vederlo ridotto in quello stato.
Sa benissimo che così come vengono, quelle crisi, in genere se ne vanno: da sole, senza preavviso; ma non possono tutti quanti pretendere sul serio che lui rimanga buono a guardare mentre una delle persone più importanti della sua vita – la persona più importante della sua vita – annaspa in un incubo che non è nemmeno reale.
Gli sfiora con delicatezza il braccio, per non spaventarlo, e si accorge solo in quel momento che il compagno sta tremando.
- Peter è morto, non può più farti del male, - prova a spiegargli, sorridendo gentile e accarezzandogli intanto l’interno del polso con il pollice.
- Va tutto bene.
Sirius lo guarda per un istante soltanto, poi torna subito a cercare Peter tra le mattonelle sporche del pavimento.
- È quello che vuole farci credere, ma io non ci casco mica, sono più furbo di lui. È qui, lo so, è tornato per finire quel che aveva iniziato.
- Sei con me adesso e non potrà mai succederti niente di male finché sarà così, te lo prometto. Sai che non lo permetterei mai.
Ma Sirius ormai non lo sta ascoltando più. Remus serra la presa intorno al suo polso, in un desiderio inconscio di fargli sentire che lui c’è, è davvero lì con lui, che al contrario di Peter non è soltanto un mero ricordo sbiadito.
- Non voglio tornare ad Azkaban. Non voglio tornare ad Azkaban, - cantilena Sirius.
- Sirius, guardami! Non ci tornerai, te lo prometto. Va tutto bene, sono qui.
Gli strattona il braccio, ma Sirius scuote il capo con forza e Remus non sa davvero più cosa fare, adesso. Dovrebbe lasciarlo stare e aspettare che gli passi da solo, ma come può? Come può? Sta tremando!
Facendo leva sul bastone, sale a sua volta con movimenti un po’ impacciati su una delle sedie, cercando di tenersi in equilibrio sulla gamba sana. Stringendo ancora il polso di Sirius, ignora il dolore all’altra gamba e leva alto il bastone sopra la testa.
- Allora, dov’è quel maledetto ratto? – chiede, serio.
- Non ci tornerai ad Azkaban perché noi lo cattureremo prima e ci spediremo lui. È spacciato, non ha scampo contro di noi.
Remus sorride e Sirius, in un primo momento, ricambia un po’ esitante, poi sembra rendersi conto all’improvviso della precaria posizione in cui è messo il suo compagno e sgrana gli occhi.
- Remus, sei pazzo?! – sbraita.
Lascia cadere a terra il bastone e scende dalla sedia, costringendo anche l’altro a fare altrettanto.
- Ma sei scemo? Salire su una sedia con quella gamba!
Remus rimane un attimo stordito e confuso; si specchia negli occhi lucidi del compagno e sorride come un bambino quando si accorge che la scintilla di vita ha soffocato la paura ed è tornata a brillare nel suo sguardo, come una stella.
- Guarda che non sono un invalido, so benissimo come stare in piedi, - ribatte, sorridendo sull’orlo delle lacrime.
Sirius ghigna e posa il bicchiere sul tavolo senza realmente rendersene conto.
- Sì, certo. E allora perché usi sempre quell’aggeggio infernale, per camminare?
Indica il bastone a cui il compagno si è subito riappoggiato appena rimesso i piedi in terra.
Remus ridacchia scuotendo la testa, un senso di sollievo che gli scalda i polmoni e abbraccia il cuore.
- Si chiama bastone da passeggio, - lo prende in giro, picchiettando la base sul pavimento un paio di volte, il tono da spocchioso insegnante di Storia della Magia.
- Mi aiuta a non stancarmi troppo quando passeggio, appunto. Dovresti usarlo anche tu, è molto comodo.
Il volto di Sirius si contorce in un’espressione di disgusto che lo fa finalmente scoppiare a ridere.
- Tsk, io con quell’affare? Mai! È da vecchi.
Remus ancora ride e non se ne preoccupa.
- Piuttosto, - continua Sirius, spostando lo sguardo sulla finestra.
- Il sole ha già iniziato a tramontare da un po’, come mai non sei a fare la tua solita passeggiata nel parco?
L’uomo dagli occhi nocciola scrolla le spalle.
- Volevo chiederti se avevi voglia di accompagnarmi, sono rientrato apposta.
Sorride.
- Vieni anche tu?
Anche Sirius sorride.
- Sicuro! – asserisce, facendogli l’occhiolino.
- Ma scordatelo che mi faccio vedere in giro con quello, non sono mica un vecchietto zoppicante, io!
Remus scuote il capo per l’ennesima volta e segue il compagno fuori di casa.
Attraversano il piccolo giardino in fila indiana e quando passano accanto alle due corde tese, Remus si ferma. Estrae dalla tasca una molletta di legno nuova, identica a tutte le altre, e la appende alla sua corda.
- Ti è successo qualcosa di bello? – chiede Sirius, inarcando un sopracciglio.
Remus si concede qualche secondo per osservarlo e imprimersi ancora una volta nella memoria ogni singola ruga del suo volto, prima di sorridere e annuire.
- Più o meno, - risponde, senza dargli ulteriori spiegazioni.
Che a loro piaccia o meno, stanno invecchiando e nessuno può farci niente, è il naturale scorrere degli eventi.
Può darsi che, alla fine, il ricordo di Azkaban riuscirà sul serio a portarglielo via, o chissà, magari sarà lui stesso, un giorno che spera il più lontano possibile, a diventare talmente vecchio da non riuscire più a riconoscerlo e a dimenticarsi di lui.
Se c’è una cosa che ha imparato invecchiando al fianco di Sirius è proprio che non gli è mai dato sapere quale nuovo scherzo la vita sta architettando alle sue spalle. Ogni giorno passato al suo fianco, che lo sia o meno davvero, è un evento felice che merita una molletta sulla sua corda.
- Tu sei strano, - ride Sirius, tendendogli la mano.
Remus lo raggiunge e si incammina zoppicando al suo fianco, verso il parco, questa volta appoggiandosi al braccio del compagno e alle sue dita callose intrecciate alle proprie.
  
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