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Autore: biondich    29/10/2011    3 recensioni
[ambientata a partire dall'episodio 3x03, "The end of the affair."]
Pare che le circostanze si siano fatte avverse, per Klaus. La morte dei primi ibridi, in Tennessee, gli ha dato ad intendere quanto perfino i suoi piani possano presentare delle falle.
Mentre il desiderio di creare una nuova stirpe si fa in lui sempre più forte, le cose non fanno che peggiorare e Klaus si trova costretto a dover contattare la Strega originale, in cerca di spiegazioni.
Restio a risvegliare Rebekah, tenta un piano B e, assieme a Stefan, si reca dove tutto ha avuto inizio.
E' a questo punto che la storia comincia: dall'inizio.
Chi è Eva? Perchè Mikael le dà la caccia?
La sua vita e quella di Niklaus si intrecceranno una seconda volta, a distanza di un millennio, nella non poi così mite cittadina di Mystic Falls.
Il Cacciatore reclama la sua vendetta e non tutti saranno disposti a concedergliela.
Chi sono, realmente, Charles Sinclair e Dorian Wolfskin?
Fra antiche famiglie di streghe e stregoni e discendenti di una stirpe originaria di licantropi, riprenderà una guerra millenaria, dove distinguere i buoni dai cattivi, i vincitori dai vinti, non sarà poi così facile.
Ma una profezia incombe su tutti loro ed il Destino, si sa, è ineluttabile.
Dal testo:
"Perdonami, Eva."
"Per cosa?"
"Perchè sei stata l'unica maledizione che non avrei mai voluto spezzare."
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Where everything has started

 

 

 

“Cosa sto sbagliando?”

Quella domanda riecheggiò nell’ampio locale di Chicago, sfiorando ogni superficie intrisa di ricordi. Quell’interrogativo pretendeva una risposta e, al contempo, la rifuggiva, crogiolandosi nell’ottusa consapevolezza di non dover essere, in definitiva, neanche posto.

“Ho spezzato la maledizione.”

Niklaus sentiva le sue certezze vacillare, alla luce dei fatti.

“Devi aver evidentemente commesso un errore.” – Gloria sospirò, poggiando le spalle allo schienale della sedia, lanciandogli un’occhiata fin troppo tracotante, per i suoi gusti.

Sibilò tediato, sentendosi confermare quella che per lui era un’implicita consapevolezza che desiderava con tutto sé stesso soffocare.

“Ascolta, ogni incantesimo ha una scappatoia, ma trattandosi di una maledizione così antica … dovremmo metterci in contatto con la strega che l’ha creata.”- la donna tentò di rabbonirlo, mostrando finalmente quel po’ di soggezione che, sapeva, lo avrebbe appagato.

“Parliamo della strega Originaria, allora.” – sorrise nervosamente l’ibrido, per poi spalancare impercettibilmente gli occhi chiari. Poi, lasciando trapelare una certa qual nota di gusto, proseguì -“ Per quel che ne so, è decisamente morta.”

Cercò una reazione nel volto invecchiato della donna.

“È così .” – Gloria annuì, inarcando lievemente un sopracciglio. “ Per contattarla avrò bisogno di aiuto. Portami Rebekah.”

Oh, ‘Bekah.

Temibile vampira, perfetta primadonna.

Da tempo non sentiva nominare quell’adorabile aspide capricciosa di sua sorella.

Inconsciamente, negò con il capo, perso in chissà quale oscuro meandro della sua mente.

“Rebekah è …molto presa da altre questioni, al momento.”- sorrise candidamente, serrando le labbra, mentre un barlume minaccioso gli accendeva le iridi.

No, ‘Bekah, no.

“Ha ciò di cui ho bisogno. Portamela.”- Gloria sospirò, socchiudendo le palpebre scure e tamburellando con le dita sulla superficie color mogano del tavolo.

“E se avessi un altro mezzo, per contattarla … ‘Bekah non ti sarebbe più poi così indispensabile, ho ragione?”

Klaus ponderò a lungo quella domanda, valutandone i pro e i contro, fin quando non decise di porla.

“Di cosa si tratta?”

“Un anello.”- ghignò lui, lanciando un’occhiata furtiva a Stefan, accantonato in un angolo del bar mentre i grandi discutevano, ed assicurandosi che non stesse origliando. Inclinò leggermente il capo, con uno sguardo eloquente negli occhi, rivolto a Gloria.

“Oh, quell’anello.”- la strega sogghignò, socchiudendo le palpebre e cessando di percuotere la superficie del tavolo.

Niklaus le rivolse un sorriso d’assenso.

“Sai di cosa ho bisogno, agisci di conseguenza.”

“Bene.”- Klaus si alzò rapidamente dal tavolo, con uno sguardo stralunato negli occhi, per poi dirigersi verso Stefan e richiamarlo alla sua dipendenza.

“Coraggio, Stefan, ce ne andiamo.” – sorrise piacevolmente gioviale e soffocò un ricordo ancora fin troppo nitido nella sua mente -“Di’ un po’, hai mai visitato la Polonia?”

***

Bialowiesky, Foresta di Bialowieza, Polonia.

Davvero non sapeva perché fosse tornato lì.

Si era ripromesso che sarebbe stato infinitamente più semplice che risvegliare quella piccola gemma che era Rebekah, eppure le sue gambe si muovevano a fatica, ostacolando il suo incedere.

Era diventato stranamente silenzioso, fin da quando lui e Stefan avevano scorto i primi altissimi pini, in lontananza.

Riconosceva quel luogo ed ora era certo che non dovesse essere lì.

Sei stato piuttosto enigmatico, riguardo questo viaggio. Cos’è che stiamo cercando?”

Stefan aveva accolto di buon grado l’annuncio d’una nuova gita fuori porta, eppure non poteva fare a meno di domandarsi a quale scopo fosse stata organizzata.

E sentiva ancor più lecito il bisogno di sospettare di Klaus.

In quei lunghi mesi che gli erano costati ogni cosa, mai una volta era capitato che l’ibrido non lo avesse messo a conoscenza dei fatti.

Il silenzio di Niklaus lo costringeva a rimanere all’erta, più di quanto non facesse solitamente.

“È inutile sforzare la vista, amico mio, non è con gli occhi che troverai quello che cerchiamo.”

La sua voce era terribilmente roca, oppressa da un ben radicato senso di disagio che l’ibrido provava e che era visibile nei suoi occhi che saettavano, rapidi, da una direzione all’altra, senza sosta.

“E con cosa, allora?”- Stefan sembrò sollevato da quella risposta, per quanto ancor più enigmatica fosse. Niklaus aveva sorriso. Forse, dopotutto, il suo silenzio non celava nulla di oscuro, dietro di sé.

“Con i ricordi.”- sussurrò l’ibrido, tentando di allontanare un’immagine fin troppo vivida nella sua mente.

Quella foresta era una prigione, sentì il bisogno di allontanarsi in fretta da quel luogo pregno di magia.

Una lieve brezza scuoteva appena la alte chiome di quegli alberi color smeraldo, animando i sottili fili d’erba che crescevano ai loro piedi ed ogni piccolo arbusto che si riscosse da un torpore che durava da secoli.

Tutto era rimasto esattamente come allora, constatò Niklaus, assottigliando lo sguardo blu ed affrettando il passo.

“Nik”

Quella voce spezzata e tremante, interrotta da singhiozzi, gli sfiorò la mente, provocandogli un brivido lungo la schiena.

“Nik, svegliati”

Ci stava provando.

“Nik, ti prego”

Aprì gli occhi, rantolò.

Il torpore che gli avvolgeva gli arti svanì, lasciandolo libero di muoversi. Rotolò su un fianco, piegando nuovi fili d’erba sotto di sé, e tossì. I suoi polmoni seguitavano ad espandersi, senza più alcuna ragione.

Smise di boccheggiare. L’aria intorno a lui era svanita.

Puntò gli occhi chiari a terra, mentre tentava di risollevarsi.

“Nik”

Quella voce flebile lo richiamò a sé, costringendolo a sollevare lo sguardo.

Era spaventata, il suo cuore palpitava frenetico, rimbombando nella gabbia toracica con una forza che non gli apparteneva.

La veste chiara, macchiata dall’erba, si confondeva con la sua pelle tanto pallida da risultare trasparente. Piangeva, lei.

Non l’aveva mai vista piangere, da ché la ricordava.

Non piangeva mai, era forte.

“Eva”

“Allora, dimmi, perché siamo qui?”

Klaus trasalì, ringraziando mentalmente Stefan per averlo ridestato da quel ricordo, vivido più che mai, da quando si era nuovamente addentrato in quella foresta.

Affrettò ancora il passo, certo che non mancasse molto.

“Qui è dove tutto è cominciato.”- sibilò, più rivolto a sé stesso che al compagno d’armi.

Stefan assottigliò lo sguardo, ormai giunto alla conclusione che presto o tardi sarebbe venuto a capo del problema. Qualcosa tormentava Klaus, era chiaro.

Ma cosa?

“Eva, cosa …?”- la guardava e ne percepiva la paura.

La osservava e ne sentiva il dolore.

La scrutava e sentiva il sangue scorrerle fluido nelle vene.

Ti ha scelto, Nik, ha voluto te.”- Eva tremava, sibilava con spregio. Si risollevò da terra, lasciando che l’orlo della veste si imbevesse nella fredda rugiada che bagnava ogni superficie di quella foresta eterna, animata dalle loro parole, dalle loro risa, dai loro baci.

Si allontanava.

“Sono io, Eva, resta.”- la chiamò, andandole incontro, tendendole la mano.

I suoi occhi non brillavano più, constatò. Era cambiata.

“Non è vero, Niklaus, questo non sei tu.”- sibilò, indietreggiando d’un passo. La sua paura aumentava, così come cresceva il suo dolore.

Eva non aveva mai paura.

“Vedo ogni cosa in modo diverso, ma tu resti sempre ...”- Niklaus non la guardava più negli occhi senza luce. Preferiva ascoltare il rumore del sangue che correva lungo le pareti di quelle vene blu che le creavano splendidi disegni, sotto la pelle troppo chiara.

“Mi dispiace, Nik.”- non piangeva più, Eva.

Si allontanava da lui, lasciava il loro giardino segreto, per sempre.

“Questo è il posto.”

Niklaus manteneva gli occhi fissi al terreno, seguendo il movimento ipnotico dell’erba, scossa dal vento. Serrò istintivamente la mascella, restò immobile qualche istante, ancora esitante.

“Ne sei sicuro?”- Stefan si guardò intorno dubbioso, scrutando con meticolosa attenzione ogni superficie che li circondava. Aggrottò le sopracciglia e attese.

Ignorando quell’interrogativo, Niklaus osservò il vuoto ancora per qualche momento.

La seguì, la raggiunse con estrema facilità, forse troppa.

La trattenne per un polso, la sentì gemere di dolore.

Eva era debole, ora.

Lui allentò la presa e scorse il calco violaceo delle proprie dita minacciare il pallore della sua mano.

Anche lui era cambiato.

“Devi andartene, Nik, va’ via e non tornare.”- tremava, ancor più di prima, ora che sentiva le dita fredde di lui sulla sua pelle – “ O te ne pentirai.”- sussurrò, cercando in quegli occhi un ragazzo che probabilmente era ormai morto.

“Non voglio.”

“Mi dispiace”- sussurrò lei, facendo scivolare con rapidità un piccolo ramo da una manica della veste macchiata d’erba.

Affondò l’unica arma di cui disponeva in quel petto che tante volte l’aveva accolta e sentì la presa sul suo braccio sciogliersi definitivamente.

Eva correva, era veloce, ma Niklaus lo era infinitamente più di lei. Strappò con forza il piccolo pezzo di legno che gli aveva perforato il torace e lo gettò a terra, accanto ai piedi bagnati dalla rugiada.

Eva cercava riparo, con le spalle ad una corteccia che tante volte aveva sfiorato con le dita affusolate, per poi carezzare i capelli di Niklaus.

Eva che profumava sempre di pino, ora odorava di sangue.

Lui la raggiunse.

Guardò ancora una volta quegli occhi blu, privi della luce che tanto lo affascinava, indugiò su quelle labbra che un tempo lo avevano sfiorato con dolcezza e che ora restavano serrate, nel tentativo di trattenere un grido che lei non si sarebbe mai permessa di emettere, su quelle vene delle quali, spesso, si era divertito a tracciare il percorso, con le dita.

Povera Eva, non si era accorta d’essere cambiata.

Sorrise della sua ingenuità. Lui aveva notato subito che era diversa.

“Nik”

Quella voce spezzata e tremante, interrotta da singhiozzi, gli sfiorò la mente, provocandogli un brivido lungo la schiena.

“Nik, lasciami andare.”

Era arrabbiato. Non voleva che lo abbandonasse.

“Ti prego.”- un piccolo sorriso le piegò le labbra, mentre le lacrime che le offuscavano gli occhi si facevano sempre più rade. Gli sfiorò cautamente uno zigomo con il dorso della mano tremante. La superficie fredda dell’anello che indossava si scontrò con quella ancora più gelida del volto di Niklaus, ormai impassibile a quel gesto che un tempo gli avrebbe riscaldato anche il cuore.

Eva era morta. Davanti a lui, c’erano solo carne e sangue, niente di più.

Scansò la sua mano pallida e ruggì, allontanandosi d’un passo. La guardava con odio, esattamente come lei guardava il mostro dentro di lui.

C’ era riuscita, Eva. Se ne era andata da quel loro giardino segreto, lasciandolo solo, lasciando di lei solo un’ombra, troppo diversa, per essere credibile.

Aveva lasciato solo un involucro di carne, senza luce.

No, quella non era Eva.

“Uno di noi due morirà entro l’alba, Nik.”

I piccoli rami si spezzavano sotto i suoi piedi, mentre tentava d’allontanarsi, un impercettibile passo alla volta.

Perfino l’altra Eva cercava di sfuggirgli.

Il cuore di lei palpitava come ma prima d’ora, il sangue scorreva veloce in quelle vene blu come i suoi occhi, che lo osservavano.

Niklaus sorrideva, con le mani fra i capelli.

Eva era già morta, quante sciocchezze diceva l’altra lei.

Anche lui sarebbe morto, al sorgere del sole. Avrebbe abbandonato quella foresta, lasciandola appassire nei ricordi.

Sentì che il dolore che aveva in petto e che, come un veleno, si diffondeva in tutto il corpo poteva essere guarito soltanto dall’unica cosa che della ragazza era rimasta.

Quelle piccole vene blu delle quali, spesso, si era divertito a tracciare il percorso, con le dita.

Prese per sé tutto quel che poteva, assimilandolo avidamente, cercando Eva in ogni goccia scarlatta che stillava dal suo corpo.

Aveva cessato di resistergli. Si, lei era debole, ora.

Le braccia candide risultavano ancor più pallide, pregne di sangue. Il terriccio, mescolato al rosso scarlatto che le si incrostava addosso, minacciava il suo bel viso. Gli occhi blu spenti e lontani guardavano Niklaus, ancora bagnati dalle lacrime.

Eva era morta, lei che avrebbe potuto vivere per sempre, se solo l’avesse voluto, se solo gliel’avesse chiesto, se solo non si fosse trovata con lui, in quella foresta che improvvisamente divenne per lui una prigione. Lì avrebbe lasciato la sua più grande colpa.

Lì Eva sarebbe rimasta al sicuro, protetta dai ricordi. Lontana da tutti, lontana da lui.

Lì avrebbe lasciato la sua umanità ed ogni memoria, impedendo al mostro che era di violarle ancora.

 

Niklaus trattenne a stento un ruggito, infastidito dalla pressante forza con cui quelle memorie si facevano spazio nella sua mente. Represse ogni turbamento, soffocò ogni nuovo frammento di una vita mai realmente vissuta che tentava di riaffiorare.

Affondò i canini nel palmo della mano e lo strinse, lasciando che il sangue ricadesse a terra, stillando ad intervalli irregolari.

Con un’impercettibile scossa, il terriccio si aprì, rivelando un passaggio, invisibile ad occhio nudo, che conduceva ad un’ampia galleria sotterranea.

“È …una tomba?”

Stefan pretendeva risposte.

Seguì Klaus in quel passaggio ed avanzarono entrambi, avvolti in un’oscurità quasi tangibile che sembrava avvolgerli come una spessa coltre. Un forte odore di stantio invase le loro narici, l’aria rappresa sembrava essere rimasta la stessa per secoli, se non di più.

“Cos’è questo posto”- gli occhi verdi e allarmati del vampiro saettarono lungo quel lungo corridoio che appariva senza fine, riuscendo a malapena a scorgere la sagoma di Klaus, qualche metro più avanti.

“Fa silenzio, Stefan, e portale rispetto. Senza di lei, nessuno di noi due sarebbe qui, ora.”- ghignò l’ibrido, mentre il tormento lasciava posto all’eccitazione, man mano che si avvicinavano al centro della catacomba.

Libero dai ricordi, Niklaus sentiva finalmente di trovarsi esattamente dove doveva essere.

Estrasse dalla tasca posteriore dei jeans scuri che indossava una torcia elettrica e lasciò che il fascio bianco illuminasse il cunicolo sotterraneo che iniziava ad allargarsi.

“Ciao, Eva.”- sussurrò con forte ironia, giungendo nell’ampia camera al termine della galleria.

Sorrise diabolico, lasciando che la torcia illuminasse lentamente lo spesso sarcofago di legno, al centro della stanza.

“Di chi è questa tomba …”

Stefan osservò allarmato la bara, scorse le sagome di numerosi ritratti che intrappolavano nelle loro tele lo stesso viso d’angelo.

“Detesto venir meno ad una vecchia promessa, ma ho davvero bisogno di una mano. A dire il vero, mi basterà solo un dito, mia cara.”

Sorrise sprezzante, mentre lasciava che il fascio bianco della torcia illuminasse la sagoma scura della cassa di legno.

“Ma cosa …”

Sbarrò gli occhi blu, attonito. Raggiunse il sarcofago in poche ampie falcate, percorso da un brivido d’orrore, che tentò invano di celare.

Osservò con comprensibile stupore la cassa di legno scoperchiata, mentre la torcia illuminava l’interno della bara, terribilmente vuota.

“Sembra che qualcuno sia stato qui, prima di noi.”- sentenziò Stefan, chinandosi accanto al sarcofago, percorso da un’insolita calma che compensava lo stato di agitazione in cui versava Niklaus.

“Questo è impossibile.” – sibilò l’ibrido, mantenendo a stento un completo controllo della voce. Illuminò il coperchio, permettendo al compagno di scorgere quelle che erano le prove che confutavano la sua tesi: piccoli graffi percorrevano le assi scure, i chiodi che un tempo lo sigillavano perforavano ancora il legno, dando evidente segno che la cassa fosse stata aperta dall’interno.

“Questo posto è protetto da un incantesimo. Nessuno può entrare, a meno che non sia io a permetterlo. Sono stato io a sigillare la tomba.”

Stefan colse una nota malinconica, in quell’ultima frase. Annuì fra sé, tornando ad osservare il sarcofago, per poi deglutire nervosamente.

“E riguardo l’uscire?”- gli parve quasi naturale porre quella domanda, non ebbe tempo di valutarne le conseguenze.

Niklaus cessò di carezzare le assi scure della cassa e serrò la presa intorno ad esse.

Eva non c’era, l’anello non c’era.

“È una circostanza che non avevo preso in considerazione, amico mio.” – mantenne la calma. Se lo impose. Inclinò lievemente il capo, illuminando con la torcia i dipinti, accostati alla parete di fronte a loro. Osservò quegli occhi blu, incorniciati da capelli chiari, la giovinezza di quel viso intrappolato nelle tele, poi volse lo sguardo sul suo compagno d’armi, in piedi accanto a lui - “A quanto pare, Eva se ne è andata.”

 

 

 

 

 

 

Biondich Caverna:

Anzitutto, ehilà!

Se siete arrivati fin quaggiù, lo considererò già un successo personale.

Cos’è l’obbrobrio che avete appena finito di leggere?

È un modesto tentativo di dare risposta ad un importante quesito che mi sono posta e che, probabilmente, avrà interessato molti altri: come diavolo riuscirà Mikael ad uccidere Klaus?

Questa storia seguirà per quanto più possibile la terza stagione, partendo dall’episodio 3x03.

Perché la Polonia e la cupa ambientazione nella foresta?

Basandomi sulle scarse informazioni che ho trovato, riguardo il bel tenebroso Niklaus, ho scoperto solamente che nacque nell’Europa dell’Est, durante l’età del Bronzo.

Ho scelto la Polonia, essenzialmente a caso, facendo “ anghingò”. Non ne vado fiera.

Altra domanda plausibile: chi accidenti è ‘sta Eva?

Ebbene, ogni dettaglio di questo personaggio, collegato al passato e al futuro di Klaus, sarà svelato man mano che la storia andrà avanti.

Se sarà una melensa storia d’ammore che stravolgerà il miglior bad guy dell’anno, sino a renderlo press’a poco innocuo?

Assolutamente no, non sarei neppure in grado di scriverla, ad essere onesta.

Chissà, magari qualcuno la leggerà davvero, questa storia.

Ad ogni modo, penso di aver detto tutto.

Cavolo, la presentazione è la parte più difficile!

D’accordo, ho finito davvero.

Alla prossima,

Biondich!

   
 
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