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Autore: dalialio    30/10/2011    5 recensioni
Una ragazza entra a far parte della vita degli agenti dell’NCIS. La sua identità all’inizio li lascerà sconcertati, ma poi si abitueranno alla sua presenza.
La protagonista presto scoprirà di aver creato dello scompiglio nelle loro vite, ma grazie al suo aiuto qualcuno riuscirà a chiarire i propri sentimenti.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'She Cαme Into Our Lives And Chαnged Everything'
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Interceding Is Often Hard- Cap 10

Capitolo 10

Una strana reazione


Guardai Tony avvicinarsi a Ziva e a quel punto scoppiai. Mi misi a piangere come una fontana, cercando di soffocare i singhiozzi e le risa.
Se qualcuno si fosse girato nella mia direzione in quel momento, sicuramente avrebbe pensato che fossi pazza. Fortunatamente erano tutti impegnati a ballare o a conversare e nessuno si accorse di me.
Sfogai la mia isteria per forse un minuto, ridendo e piangendo contemporaneamente, asciugandomi le lacrime con un fazzoletto di carta perché il trucco non sbavasse.
Certo, la mia reazione non fu quella che mi aspettavo e se qualcuno mi avesse notata sarebbe stata una situazione davvero imbarazzante. Probabilmente stavo piangendo perché le lacrime erano state sul punto di scendere per tutta la sera e ridevo perché finalmente sapevo di avercela fatta.
Avevo finalmente capito perché avevo agito in quel modo quella sera. Lo smarrimento di qualche minuto prima, quando ancora Tony mi guardava con occhi persi e io fissavo Ziva, era sparito come per magia. Mi ero resa conto che i discorsi che avevo fatto prima a una – in camera mia, quel pomeriggio – e poi all’altro – poco prima, mentre ballavamo – non erano stati altro che un tentativo per farli avvicinare. Ci avevo provato per tutta la settimana, anche se non me n’ero resa subito conto.
E quella sera ero riuscita nel mio intento.
Ridevo proprio per quello. Ero contenta, sia per me stessa – che mi sentivo inaspettatamente realizzata per ciò che avevo fatto –, sia per Tony - che aveva trovato il coraggio per fare ciò che più voleva. L’avevo osservato per tutta la settimana, esaminando il suo comportamento e notando l’attaccamento per Ziva che cercava di celare a tutti.
Ma non era riuscito a nasconderlo a me.
La mia crisi isterica finì mentre Tony prendeva Ziva per mano e la accompagnava verso il centro della pista da ballo. Osservai compiaciuta quella scena: d’altronde era stato anche per merito mio se Tony era arrivato a compiere quel gesto.
Rimasi a guardarli per qualche minuto, poi un senso di solitudine mi pervase. Jethro era andato chissà dove non sapevo quando sarebbe tornato. Tony mi aveva lasciata per raggiungere Ziva e non potevo godere delle sue espressioni comiche e del divertimento nel prenderlo in giro.
Mi rimaneva solo un’opzione per cercare di alleviare la mia tristezza.
Mi alzai dalla panca e mi avviai nella direzione in cui avevo visto Abby e McGee l’ultima volta. Con mia sorpresa – e sollievo – li trovai ancora seduti sulla stessa panca di prima. Sembrava che per loro il tempo si fosse fermato: stavano ancora discutendo animatamente di qualche argomento che sembrava interessante.
Mi avvicinai piano.
“Non ci credo!”, esclamò Abby.
“Sì, te l’assicuro!”, replicò Tim con entusiasmo. “Avresti dovuto vedere la sua espressione! Da piegarsi in due dal ridere!”.
Lo sguardo di Abby incrociò il mio. “Ehi, agente Amy! Che ci fai qui sola soletta?”, domandò con un sorriso, interrompendo il discorso di McGee. Si guardò in giro. “Gibbs dov’è?”.
“L’ha rapito Vance”, risposi con un’alzata di spalle, ripetendo ciò che avevo detto a Tony.
Abby fece una smorfia. “Mmmh... allora potrebbe averne per molto”. Poi si aprì in un sorriso e con una mano batté sul cuscino della panca, indicando il posto vuoto vicino a lei. “Allora siediti qui, facci compagnia!”.
Fissai la sua mano sulla panca con timore. “Sicuri che non disturbo?”, domandai titubante.
“Naaaah!”, rispose McGee, accompagnando l’esclamazione con un gesto della mano. “Stavo solo raccontando ad Abby un aneddoto su un mio collega di quando lavoravo a Norfolk”.
“Ok”, mormorai, poi mi sedetti.
Non potei fare a meno di scrutare Abby dalla testa ai piedi.
Se l’avessi incontrata per strada vestita in quel modo, difficilmente l’avrei riconosciuta. Indossava un abito nero che le arrivava appena sotto il ginocchio e che aveva una scollatura a barchetta che faceva risaltare le sue spalle bianche. Aveva raccolto i capelli scuri in uno chignon, ma aveva comunque tenuto la frangia a coprirle la fronte. Per di più, il modo in cui si era truccata era inusuale per lei. Aveva scelto dei colori tenui, un ombretto grigio perla e un rossetto lavanda.
Che diavolo le era successo?
“Cavoli, Abby, sei bellissima!”, esclamai con un sorriso.
“Anche tu non sei male”, rispose. “Il vestito è di Ziva, vero?”.
“Già”, replicai secca. Era davvero così evidente?
Ad un tratto Abby parve accorgersi di qualcosa sul mio viso. “Ehi, che è successo?”, domandò preoccupata. Posò le mani sulle mie guance e con i pollici levò un po’ di trucco che, probabilmente, era colato. “Hai gli occhi tutti rossi. È accaduto qualcosa?”.
“No, non ti preoccupare”, risposi. Poi tolsi le sue mani dal mio viso con delicatezza per non offenderla.
“Mmmh...”, mormorò poco convinta.
Con l’intento di sfuggire dagli occhi indagatori di Abby, mi voltai verso il punto in cui erano Tony e Ziva, ma non li vidi.
Sussultai. No, non potevo averli persi! Volevo assolutamente sapere cosa facevano in ogni secondo da quel momento fino alla fine della serata! Senza accorgermene, mi ritrovai in piedi.
“Ehi!”, esclamò Abby. La ignorai.
Scandagliavo la stanza in cerca dei due piccioncini; riuscii a trovarli vicino alla porta d’ingresso mentre uscivano. Ziva sembrava turbata e Tony la stava trattenendo per un braccio mentre apriva la porta e la accompagnava fuori.
Che cos’era successo? Dovevo assolutamente seguirli per scoprirlo.
Mi voltai verso Abby e McGee. “Scusate, vado a prendere una boccata d’aria”, dissi.
Tim si alzò in piedi. “Ti accompagno”.
Scossi la testa. “No, grazie, non serve. Torno subito”. Poi mi allontanai.
Uscii dalla sala e venni investita dal fresco dell’esterno. Il buio era totalmente calato sulla città, segno che il sole era tramontato già da un pezzo. Alcuni lampioni stile anni venti illuminavano l’esterno della sala da ballo. Sfregandomi le braccia per riscaldarmi, mi maledissi per aver lasciato la mia giacca nel guardaroba del locale.
Ma, a quel punto, era inutile tornare dentro: dovevo trovare Tony e Ziva e non potevo perdere tempo.
Girai l’angolo del palazzo, trovandomi nel parcheggio ben illuminato. Scrutai tra la miriade di macchine parcheggiate, ma non c’era anima viva. Poi notai l’oggetto delle mie ricerche: i due si trovavano in un angolo, più vicini del previsto. Sgattaiolai indietro più velocemente possibile e mi appiattii contro la parete.
Stetti ad ascoltare per qualche secondo, per capire se ero stata vista, ma non udii nulla. Mi arrischiai allora ad allungare il collo oltre l’angolo per vedere cosa succedeva.
Tony e Ziva si stavano fissando intensamente. Apparentemente non mi avevano notata. La donna era appoggiata con la schiena contro il muro e Anthony posava le mani sulla parete, sbarrandole ogni via di fuga.
“Perché ti comporti così, Tony?”, esclamò Ziva. La sua voce era un misto tra rabbia e timore.
“Te l’ho detto, non posso più fingere”, rispose Anthony, in tono affranto.
Mentre spiavo da dietro l’angolo, mi chiesi che cosa stesse succedendo. Perché Ziva si comportava in quel modo? La sua espressione sembrava sorpresa e contrariata. Ma non l’avevo forse avvisata, quel pomeriggio, che avrei parlato con Tony? Aveva capito quello che avevo inteso dire? Oppure non si era aspettata che sarebbe successo qualcosa proprio quella sera?
“Perché adesso?”, continuò Ziva con lo stesso tono di voce. “Perché proprio stasera?”
“Perché solo stasera ho capito cosa voglio davvero”, rispose Tony, deciso.
Ziva scosse la testa. “Perché hai aspettato così a lungo?”, domandò più calma.
Tony la fissò confuso, mentre io, da dietro l’angolo, guardavo la scena trattenendo il respiro. Sentivo che stava per succedere qualcosa. Mancava davvero pochissimo...
“Cosa intendi dire?”, chiese Anthony.
Ziva aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e la richiuse. Si sollevò un poco dalla parete alle sue spalle e rimase sospesa, come se stesse riflettendo su ciò che stava facendo.“Tu che cos’è che vuoi?”, sussurrò, così piano che feci fatica a comprendere le sue parole.
Tony la fissò negli occhi per un po’, probabilmente cercando di capire se la risposta che voleva dare sarebbe stata ben accettata dalla donna. Si avvicinò a lei, tanto che ora i loro visi distavano solo qualche centimetro.
“Voglio te”, disse infine. La sua voce non si ruppe: Tony era calmo, sicuro di sé. Lo ammiravo, per questo.
Ziva continuava a fissarlo senza muovere un muscolo, tanto che temetti per Tony che la cosa non si sarebbe conclusa come lui desiderava. La donna aprì bocca e sussurrò: “Perché?”.
Anthony la guardò stralunato per qualche secondo, poi parve mettere in ordine i suoi pensieri e iniziò quello che per me fu il discorso più bello che avessi mai sentito.
“Io ti voglio perché non riesco ad immaginare la mia vita senza di te: senza i tuoi occhi, che quando si illuminano diventano i più belli che abbia mai visto; senza i tuoi modi di dire storpiati, che io correggo ogni volta; senza le smorfie che fai quando ti prendo in giro; senza i tuoi sorrisi, tutte le volte che mi canzoni; senza la tua guida spericolata, che mi fa restare di sasso ogni volta che ti lascio il volante...”.
A quel punto Ziva agì. Con un movimento rapido annullò la distanza tra lei e Tony e lo baciò, interrompendo il suo discorso.
In quel momento venni sommersa da diverse emozioni.
Per prima cosa, mi sentivo soddisfatta del mio lavoro: alla fine, il mio maldestro tentativo di aiutare Tony e Ziva aveva avuto successo. Mi piaceva pensare che ciò che vedevo in quel momento fosse accaduto anche per merito mio.
In secondo luogo, ero felice per Tony: avevo compreso fin da subito che provava qualcosa per Ziva, qualcosa che andava ben oltre la fiducia e l’affetto tra colleghi. Anthony era riuscito, con qualche difficoltà, a capire cosa desiderasse davvero e quella sera se l’era preso. Era stato coraggioso ed io ero sinceramente contenta per lui.
In fondo al mio stomaco, però, un peso mi opprimeva il petto. Non riuscivo bene a capire cosa fosse, ma in quel momento, nascosto com’era dalle altre due emozioni positive, non riuscivo a percepirlo completamente, così non mi sforzai più di tanto per cercare di capire cosa fosse.
I due piccioncini ora si stavano baciando con più trasporto. Tony aveva infilato le dita tra i capelli di Ziva e premeva il corpo contro il suo. Lei gli aveva posato le mani sulla schiena e lo stava tirando verso di sé.
Non si poteva dire che non fossero coinvolti dalla situazione.
Ad un tratto, quasi senza accorgermene, distolsi lo sguardo dalla scena e tornai a nascondermi dietro l’angolo. Non me la sentivo di continuare a guardare, mi sarebbe sembrato di violare la privacy di Tony e Ziva.
Mi sollevai dal muro, sul quale mi ero appoggiata di schiena, e decisi di rientrare, alla ricerca di Jethro e della mia giacca nel guardaroba: era ora di tornare a casa.












*Nota dell'autrice*

Sono molto dubbiosa rispetto a questo capitolo... cioè... diciamo che questo è il culmine della storia ed è il capitolo che tutti stavate aspettando e sono molto timorosa! Spero di non aver deluso le vostre aspettative!...
Fatemi sapere come vi  sembrato questo capitolo :) :) sono molto curiosa di sentire cosa ne pensate!
Non ho altro da dire per adesso, quindi vi saluto e ci vediamo la prossima settimana! :) :) :)
Chiara

   
 
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