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Autore: kumiko095    30/10/2011    5 recensioni
Ti amo, ti amo, futili parole al vento se sussurrate a nessuno.
Ti amo Lovino, ti amo, ma ti lascerò a lui, Antonio.
Ti amo Feliciano, ti amo, ma ti lascerò andare da lui, Ludwig (anche se crucco mangiapatate mi piace di più...)
E se un incomprensione separasse due persone che si amano?
E se la riflessione li ricongiungesse?
E sue due lettere, chiuse in un cassetto fossero viste solo all'ultimo momento?
Lovino e Feliciano, due corpi, un cuore.
Due Italie, ma una.
"Non è vero, non mi ami. Non puoi amare me e non amare lui" si voltò e sorrise "Siamo in due ma siamo la stessa persona"
"Tu lo ami?"
"Non puoi neanche immaginare quanto"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 capitolo-Rosso come pomodori e sangue
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Se c’era una cosa che Lovino odiava veramente oltre al crucco mangiapatate – e la maggior parte delle nazioni-
era vedere il suo campo di pomodori devastato.
Si era alzato di buon umore quella mattina, con Feliciano che l’aveva salutato sorridendo dolcemente –il saluto migliore del mondo- e si era diretto al piano inferiore.
Mormorato un “’giorno” quanto meno udibile ai crucchi aveva fatto con colazione e infine si era diretto sul retro della sua villa.
Ora ditemi voi: se qualcuno rompesse qualcosa a voi caro, non andreste su tutte le furie?
Stessa cosa era successa a Lovino.
-QUEGLI STRONZI!- aveva urlato, con il sangue che gli ribolliva nelle vene, ed aveva iniziato a correre.
Correre. Che poi proprio correre non era. Era qualcosa come sfrecciare ad una velocità sovrumana per le strade di Roma, prendendo scorciatoie, attraversando viuzze strette che se fosse stato un tantino più robusto ci si sarebbe rimasto incastrato, evitare di finire addosso alle vecchiette che attraversavano la strada e non farsi investire.
Quando finalmente Lovino si fermò aveva il fiato corto e gli occhi rossi, pieni d’ira e odio.
Era davanti ad un grande edificio diroccato, probabilmente una fabbrica in disuso.
L’intonaco si staccava a pezzi, le crepe sul muro sembravano voler indicare che avesse visto molti e molti calendari.
Aprì la porta scorrevole –tanto arrugginita e corrosa da fare quasi senso- con uno scatto secco e si guardò intorno.
Dov’erano quei pezzi di merda?
Vagò a lungo nell’edificio, guardandosi intorno, attento che nessuno lo colpisse alle spalle.
Si fermò solo quando sentì le risate sguaiate di tre persone, voci che parlavano in dialetti diversi e rumori di spari contro il metallo.
Si accostò ad una porta socchiusa e vide tre uomini che sparavano ripetutamente contro un manichino imbottito di lana.
Miravano alla testa, al cuore e lì dove –se quel manichino fosse stato un uomo- non avrebbe più provato piacere.
Accertatosi che avessero finito i proiettili e che non ne avessero altri, spalancò con fatica la porta in metallo.
I tre uomini si voltarono di scatto e quando lo riconobbero ghignarono crudeli.
Il primo, siciliano, si avvicinò e gli poggiò un braccio sulla spalla.
Lovino ribollì di rabbia  a quel contatto troppo invadente.
-Lovì- rise. Sapeva quanto il ragazzo odiasse venire chiamato in quel modo, poiché gli ricordava il suo passato da brigante. Gli ricordava quando aveva odiato per l’unica e ultima volta suo fratello, il suo Feliciano.
-Sai che non abbiamo più visto “questi”?- disse, parlando in un italiano, ma con un forte accento palermitano.
Strofinò l’indice e il medio, chiaramente indicando i soldi.
Il pizzo. Si, quello era proprio il termine adatto.
-Allora?- il napoletano si avvicinò, prendendogli il mento con due dita e alzandogli il viso, guardandolo negli occhi.
-Hai già dimenticato che ti abbiamo aiutato?- anche lui parlò in italiano, quasi pensassero che lui, l’Italia del Sud potesse dimenticare i suoi stessi dialetti.
-O paghi così oppure…-lo schernì, malizioso.
Il calabrese si avvicinò anch’egli, passandogli un braccio intorno alla vita.
Oh si, appena arrivato a casa si sarebbe dovuto lavare con la candeggina e buttare via quei vestiti.
L’ultimo dei tre si avvicinò al suo viso, soffiandogli ad un orecchio -…paghi in natura- lasciando che la mano sfiorasse, casualmente, il fondoschiena di Lovino.
Questo si sentì profondamente umiliato e non riuscì più a contenere l’ira.
Si abbassò velocemente, riuscendo a sfuggire ai tre, poi si rialzò e sferrò un potente pugno all’altezza del viso del calabrese.
Quello cadde a terra, gemendo –Maledetto!- urlò, tenendosi una mano sul naso che sanguinava.
-Non provare mai più a fare una cosa del genere!- gli intimò l’italiano –Io ho chiuso con voi! Non riuscirete a ricattarmi ancora, né ad usarmi come una puttana!-
Quello che seguì dopo però, Lovino non l’aveva previsto.
Sentì un dolore lancinante al fianco destro e si accasciò a terra, tenendosi il fianco con una mano.
Era un taglio profondo e stava perdendo abbastanza sangue.
Il siciliano lo afferrò per i capelli, sollevandolo un po’ da terra e gli alzò il viso, tenendo la lama insanguinata del coltellino tascabile sotto il mento di Lovino.
-Sei tu che non devi provare a fare questo, Lovì!- ghignò – O te ne pentirai, amaramente, molto amaramente- Lo mollò all’improvviso, facendogli sbattere con il viso per terra.
Subito dopo sentì qualcuno sedersi sulle gambe, immobilizzandogliele.
Il napoletano gli sollevò la felpa e gli percorse la linea della spina dorsale con un coltello molto più affilato di quello che gli aveva tagliato il fianco.
Lovino gemette, nella caduta aveva preso una pietra e lo zigomo sanguinava, il taglio gli pulsava e avrebbe voluto urlare di dolore, ma non lo fece, lui era un uomo, maledizione!
-Lasciami, stronzo!!!- urlò, tentando di dimenarsi, ma il calabrese –che nel frattempo sembrava aver fatto una plastica facciale ed essersi rimesto a posto il naso- gli afferrò saldamente le braccia, bloccandogliele in una presa assurdamente forte.
Fu allora che il napoletano iniziò a lasciargli piccoli segni insanguinati sulla schiena, infliggendo nuove  e dolorose cicatrici.
Ogni volta che il coltello passava Lovino cercava di dimenarsi e liberarsi, ma la forza veniva meno, e il dolore lo faceva gemere.
Il siciliano intanto si dedicava a pestargli con forza le gambe, lasciando segni neri e lividi dolorosi.
Lovino sentì le mani formicolare, la presa del calabrese era talmente forte da fermargli la circolazione.
-Hai visto che succede quando non ubbidisci Lovì? I tuoi campi di pomodori scompaiono- e sorrise, ma un sorriso orribile e cattivo, non certo come quello stupendo di Feliciano!- E tu con loro!- concluse, mollandogli un polso e passandogli il pollice sullo zigomo sanguinante, per poi portarselo alle labbra e leccarlo via sensualmente.
-Ti va di divertirci un po’?- gli chiese ancora, avvicinando il proprio viso a quello dell’italiano.
Quello si allontanò disgustato –Fottiti, pezzo di merda che non sei altro!- gli sputò in un occhio Lovino, ricevendo in risposta uno sguardo omicida che lo fece gelare –Siete solo dei bastardi mafiosi!-urlò –I rifiuti della società! È colpa vostra se muore tanta gente!Siete solo degli assassini!-
Il pugno che lo colpì in viso subito dopo, gli fece perdere i sensi, e Lovino non sentì più il dolore dei tagli, dei pugni e calci che arrivavano prepotenti in ogni punto del suo corpo, non sentì neanche le frasi maliziose indirizzate a lui e al fratello, non sentì quando lo spogliarono e lo usarono per i loro giochetti, non si accorse che era stato poi lasciato lì, solo e nudo fino a quando, ormai a tarda notte si svegliò.
 
Lo sguardo cadde subito sui vestiti sparsi per terra, poi si spostò sui tagli profondi che lo facevano gemere di dolore ad ogni movimento e sui lividi che vistosi, ricoprivano le gambe, il torace, le braccia, la schiena e il viso.
Notò anche il sangue che perdeva da una tempia, quello dallo zigomo, i profondi segni insanguinati sulla schiena e il fianco, dove ancora il sangue scorreva fresco.
Recuperò in fretta i vestiti e gli indossò.
Si sentiva maledettamente inutile e debole Lovino.
Inutile perchè era andato lì con l’intenzione di mettere fine a quella storia che durava da prima dell’Unità e non aveva concluso un cazzo.
Debole perchè non era riuscito a difendersi da quei tre, tanto meno a picchiargli.
Anzi, erano riusciti anche a stuprarlo e lui non se ne era neanche reso conto!
Si tenne su a fatica, cercando di trovare sostegno poggiando la mano al muro, ma faceva mano anche quella, tutta insanguinata, il polso lussato.
Non seppe neanche come fece ad arrivare a casa, credette quasi che fosse un miracolo.
Girò le chiavi nella serratura e aprì la porta, non facendo rumore.
La scena che gli presentò davanti non l’avrebbe mai immaginata.
Gilbert che telefonava alla polizia, tamburellando irritato, le dita sul comodino, con le pagine gialle davanti, Feliciano che piangeva disperato chiedendosi dove lui fosse, Ludwig che cercava di consolarlo, dicendogli “Non ti preoccupare, Lovino tornerà presto! È tutto apposto!”
Che poi tutto apposto non lo era per niente.
Gilbert lanciò il telefono per terra –Scheibe!Non risponde nessuno!- urlò, fuori di se –Giuro che quando torna lo faccio secco!- disse, riferendosi a Lovino.
Feliciano si agitava disperato –NO!Ti prego Gilbert,non lo fare!Nooooo!- urlava, cercando di liberarsi dalla presa di Ludwig che lo guardava preoccupato, senza riuscire a calmarlo.
Lovino si portò una mano alle labbra e sputò sangue, maledizione, non bastava tutto quello che aveva perso dalle ferite?
Si accasciò per terra gemendo, le ginocchia dolevano incredibilmente!
-Fanculo!- urlò, tenendosi con l’altra mano la ferita al fianco.
Gli altri tre si girarono contemporaneamente.
-Fratellone!-Urlò Feliciano, spalancando gli occhi dalla sorpresa e alzandosi in piedi per correre da lui.
Gilbert fu più veloce di lui.
Lo afferrò per il colletto sollevandolo da terra –Figlio di puttana! Dove cazzo sei stato?!- sputò in un italiano duro, dall’accento tedesco.
Lovino tossì, ma non riuscì a rispondere, tutto gli faceva troppo male, persino le corde vocali.
Il prussiano lo scaraventò sul pavimento, ma nella caduta Lovino urtò con la schiena il tavolino di legno, poi si accasciò sfinito.
-Dove eri, eh? Tuo fratello era qui a piangere e disperarsi e tu te ne sei stato via per tutto il giorno!Gott, sei proprio un pezzo di merda, Lovino!-
Feliciano e Ludwig guardarono Gilbert sorpresi, non si era mai (o quasi) comportato così il prussiano!
Certo, Gilbert perdeva facilmente le staffe, specie se si trattava di far piangere qualcuno a cui teneva, ma arrivare a questo no!
-Gilbert, calmati!- gli intimò il tedesco, afferrandolo per un polso.
Il prussiano si liberò con uno strattone –Che cazzo dici?
Questo stronzo ha fatto disperare Feliciano per tutto il giorno e io dovrei calmarmi? Tu dovresti essere più incazzato di me!- urlò poi, fuori di se dalla rabbia.
Ludwig gli mandò un occhiata glaciale –Lo sono. Non sai neanche quanto sono incazzato, ma non prendo a pugni uno che sta già per morire per conto suo!- il tedesco indicò l’italiano, ricoperto di sangue e ferite, che cercava di rimettersi in piedi.
Solo in quel momento Gilbert si accorse delle vere condizioni del meridionale.
Poi un singhiozzo sommesso richiamò l’attenzione di tutti e tre: Feliciano stava piangendo come una fontana, le lacrime che gli rigavano le guance dopo l’altra, il petto che si alza e abbassava irregolarmente a causa dei singhiozzi e le labbra leggermente piegate in un sorriso.
-Lovi…- sussurrò, avvicinandosi al fratello.
-Sono qui- sorrise l’altro, notando che i muscoli del viso dolevano anche a fare un movimento del genere.
-Scusami se ti ho fatto preoccupare, ora sono a casa-
Feliciano gli si buttò praticamente addosso.
Lovino urlò di dolore, accasciandosi contro il divano, con il fratello sopra, ma non se ne curò, l’altro aveva pensato al peggio quindi era giusto che lo consolasse almeno in parte.
-Lovi!-singhiozzò Feliciano sul suo petto –Ho avuto così paura Lovi! Sei andato via senza dire niente e pensavo che te ne fossi andato via per sempre! O che ti avessero rapito! O ucciso!Lovi!Lovi!Lovi!- continuò il più piccolo, parlando a raffica, strofinandosi contro di lui, che ad ogni piccolo movimento dell’altro si doleva sempre di più.
-Sono qui- sorrise- stringendoselo a se, carezzandogli i capelli.
Ludwig tornò dal bagno con il kit del pronto soccorso –Non vorrei fare il guastafeste, ma non so se tu preferisca curarti o morire dissanguato su tuo fratello- disse, serio.
Se ne avesse la forza, Lovino lo avrebbe preso a pugni.
E a calci anche, perchè no?
-Va bene- rispose, poi riflettè un attimo – Però non voglio un crucco come infermiera, Feli, mi aiuti tu?
Feliciano annuì, stampandogli un bacio sullo zigomo ferito.
Lovino gemette ancora una volta, accasciandosi poi, sulle spalle del fratello.


**************************

Veh a tutti!
*quanto mi piace dirlo^_^* bene, se siete arrivati fin qui senza vomitare avete letto il capitolo 13,siiiiignori!
In questo chap, che ci tenevo molto a scrivere, vediamo un Lovino incazzato, forse un po' più IC del solito, non piange, non riflette ma agisce e si incavola, pagandone le conseguenze.
I tre che lo picchiano rappresentano le mafie più tristemente famose in Italia:
Camorra, 'Ndrangheta e Cosa Nostra.
Ora, detto questo, mi scuso se ho offeso la sensibilità di qualcuno, con questi personaggi non voglio insinuare che io provi disprezzo per calabresi, siciliani e campani, ma solo far notare quanto la mafia stia rovinando la nostra società, schiavizzandola, uccidendo anche persone innocente e ricattando a più non posso.
Ho voluto indicargli come i tre bulli che puntualmente in Hetalia:Axis Powers picchiano Lovino, forse sono stati un po' più cruenti del solito, ma sono sicura al 100% di non aver reso bene l'idea del dolore inferto a Lovino.
Sono stata troppo ripetitiva, è certo, ma spero che vi sia piaciuto comunque.
Ma ora passiamo al resto!
Lovi viene picchiato e violentato *e se non vi spiegate perchè riesce a rimanere svenuto per tutto quel tempo non chiedetelo a me, non lo so neanche io XD* e appena riesce a tornare a casa, ormai a sera si trova davanti un bel quadretto inaspettato.
Beh, da una parte se lo merita, esce di casa la mattina presto senza dire niente e torna ormai notte... -.-''
Troviamo un Gilbert più incazzato del solito, perchè Feliciano piange e suo fratello rimane impassibile *ma incavolato dentro* e appena può non fa altro che far sentire Lovino un debole più del dovuto.
Alla fine la meglio ce l'ha Feliciano, che riesce -anche se indirettamente- a far sbollire la rabbia di Gil e sfogare la sua tristezza e la sua preoccupazione sul fratello dolorante.
E ora cosa succederà?
Siete curiosi?Seguitemi nel prossimo capitolo e RECENSITEEEEEE!
Kissuuuuuuuuuuuuuu
Kumiko095

 
 
 
 
 
  
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