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Autore: Charlotte Doyle    02/07/2006    0 recensioni
Non hai mai sentito dire che la bellezza delle cose ama nascondersi? Cinque Grifondoro (Harry, Ron, Hermione, Neville e Ginny), e un mistero sulle macchinazioni di certi Serpeverde... (Ora Completa)
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Neville Paciock, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15


[Dove finalmente Hermione vede]



Adesso, lo so per certo, vi aspetterete un modo veloce e indolore per dare una conclusione a questa storia.

Purtroppo per voi, però, le storie non hanno mai una fine. Possono passare gli anni, morire i personaggi — protagonisti compresi - ma non ci sarà comunque una fine, in alcun caso.

Ed ecco che io non desideravo porre fine alla questione, nonostante le continue pressioni da parte dell’autrice, che si era ben stancata di stare dietro a noi quando aveva molto di meglio da fare, e lo ammetto, anche io mi ero piuttosto rotta di avere una rompiscatole del genere sempre ad impicciarsi degli affari miei.

Ma continuavo a rifiutare una qualsiasi via di uscita. Vagare per il castello, tra l’altro, in un’immaginaria ricerca di Ron, non semplificava le cose: vedete che avrei preferito rinchiudermi di nuovo in dormitorio ed aspettare che tutto fosse finito.

Neville, che non biasimavo affatto per il suo intervento, grazie al cielo c’era ancora una persona sincera che mi stava accanto, lui, aveva tutte le ragioni per dire quello che aveva detto.

Non dico che ascoltare le parole di un amico ogni tanto sia una cosa sbagliata da fare… figurarsi. Eppure, mi era venuto da pensare più volte che fosse tutto inutile — non si sarebbe risolto niente, così, assolutamente niente.

Avevo paura di dover affrontare di nuovo Ron, sopportare il suo sguardo, e ascoltare le sue grida. Qualunque cosa avessi tirato fuori al momento in mia discolpa, per quanto ragionevole e sensata, non avrebbe fatto altro che recare ulteriore danno.

Perché mi sarei scusata io, magari anche lui, e poi avremmo finito per fare pace, normalmente, come si fa tra amici. E qui stava bene a tutti… soltanto io non avrei più retto a continuare così. Ero stanca di tutti, ma di me stessa in particolare, con tutte quelle cose che sbandieravo ostentatamente al mondo e che non avevano alcuna reale funzione, e tutte quelle altre cose che lasciavo marcire dentro di me, quando invece erano le più importanti.

E pensavo troppo. Pensavo questo, ma pensavo anche ad altro.

Un momento dopo, mi immaginavo uno straordinario momento di riconciliazione, uno di quelli che non sarebbe mai successo se non nella mia immaginazione… di quelle cose che davvero non succedono, mai e in nessun modo, neanche come non te le eri aspettate.

In fondo, Ron non era esattamente il tipo che ti avrebbe scritto un poema per dichiarare… il suo pentimento, e io ancor di meno non ero del tipo di starlo ad ascoltare con il fazzoletto in mano, giusto per farlo cadere alla fine in segno di benevolenza.

Sarebbe andata via in modo molto più veloce e sbrigativo. Dopo esserci scusati, il giorno dopo avremmo ricominciato a parlare, evitando accuratamente ogni tipo di litigio, e pian piano tutto sarebbe ritornato come sempre.

I soliti pomeriggi in biblioteca a fare i compiti, a chiedersi come e perché su Voldemort e Silente e compagnia bella, i soliti guai in cui, prima o poi, saremmo incappati, alla fin fine con Harry era impossibile non capitare in qualche situazione disastrata, la solita vecchia straziante tensione fra di noi.

Cominciai poi a credere che niente di questo sarebbe ritornato tanto presto. Le cose stavano cambiando, e non solo tra noi, ma anche di fuori, e non solo di fuori, ma anche tra noi. Questo significava che più niente sarebbe stato lo stesso, e magari sarebbe venuto un giorno nel quale non ci saremmo neanche più parlati — non per un conflitto tra noi, ma semplicemente per una graduale perdita di amicizia. Poteva succedere?

Ero piuttosto brava a tirare fuori ipotesi, ci avete fatto caso? Ma avevo già attraversato metà del castello senza trovare traccia di Ron. Magari, avevo pensato, ormai anche lui aveva capito che era tutto inutile, e si trovava già nel suo dormitorio, per quanto fosse solo un sabato sera, e tutti preferivano rimanere in Sala Grande fino al coprifuoco.

Sospirai, mi convinsi anch’io a tornare nella Sala Comune Grifondoro. A Neville avrei detto che appunto non l’avevo trovato. C’era forse qualcosa di errato in questa affermazione?

Mi avvicinai verso il ritratto della Signora Grassa. Qualcuno stava già provando ad entrare, ripetendo continuamente la parola d’ordine.

All’udire quella voce, mi bloccai.

- La rana in Spagna gracida in campagna! La rana in Spagna gracida in campagna!

- Niente da fare, signorino, non ti faccio entrare — disse la Signora Grassa con aria severa.

- Che cazzo ho fatto per meritarmi questo? EH?

Era la voce di Ron.

Lo sapevo, mi dissi, lo sapevo. Lo sapevo che in qualche modo sarei capitata in una situazione del genere.

Mi feci coraggio e salii le scale, fino a quando non risultai visibile ai presenti. Ron sembrò non notarmi.

Abbassai lo sguardo.

- Insomma! — gridò lui, ancora, sbattendo i pugni contro il quadro — mi vuoi far entrare? So che Hermione è lì dentro!

Effettivamente non mi aveva notato.

- Ehm… - feci, piuttosto controvoglia.

Ron si voltò, ancora rosso di rabbia; alla mia vista, apparve decisamente sconcertato.

- Devi entrare, Prefetto? — mi chiese la Signora Grassa, con un sorriso benevolo.

Sorrisi debolmente. Non sapevo a chi rivolgermi per primo. Ron aveva abbassato le mani, e se ne stava zitto, a guardarmi.

- Ecco…

- Se non ti sbrighi a decidere io me ne vado!

- Che… che è successo? — chiesi, rivolta a Ron, involontariamente.

Fu però il ritratto a rispondermi.

- Mi è stato spiegato perché non deve entrare, e io dunque non lo faccio entrare…

- Ma che ho fatto?! — riprese a gridare Ron, esasperato.

- Harry Potter, ti dice niente? — disse la Signora Grassa — dovresti avere un peso sulla coscienza ormai…

- IO? CHE HO FATTO A HARRY?

Detto questo, diede un altro pugno al muro, e la Signora Grassa, indignata, se ne andò, diretta probabilmente verso la tela della sua amica Violet.

- Perfetto — dissi, senza accorgermene — adesso sono fuori anch’io…

Per un momento, i miei occhi incontrarono quelli di Ron.

- Ciao — disse lui, piano.

- Ciao — risposi; mi sentii in dovere di dire qualcosa: - mi… mi stavi cercando?

- Io? Be’, in un certo senso… credevo… credevo fossi dentro — mi indicò il quadro vuoto, come a spiegarmi la sua impazienza ad entrare.

Annuii.

Dopo qualche attimo di silenzio, presi coraggio e parlai.

- Volevi… dirmi qualcosa, forse?

Lui alzò una mano, se la passò tra i capelli, con fare un po’ distaccato.

- Ehm… sì… sai, per quanto riguarda l’altro giorno…

- La facciamo finita qui, è vero? — chiesi, lo sguardo basso, io, improvvisamente interessata alle mie mani intrecciate.

Lui strabuzzò gli occhi.

- Farla finita?

- Nel senso… nel senso di fare la pace, tutto qui.

Emise un sospiro di sollievo.

- Pensavo volessi suicidarti… - mormorò, pensieroso.

- Forse è esagerato — dissi.

- Sì, in effetti…

- Allora? — ripresi, infine.

- Facciamo finta che non sia successo niente?

- Sì, direi di sì…

- Mi dispiace, Hermione…

- Anche a me, Ron…

Cosa vi avevo detto? Come da copione… niente di conquistato in realtà, ma almeno un altro problema se n’era andato a farsi fottere, e scusate la parola.

- Scusa… scusa se te lo chiedo — dissi, poi.

- Eh?

- Ma cosa hai fatto a Harry, sinceramente?

Il suo sguardo si oscurò.

- Ma anche tu adesso?

E quando mai non io?

- Be’, non so, credevo…

- Non gli ho fatto niente! Forse, non so, non gli stavo dando corda a sufficienza, non lo so, ma…

- Non importa — dissi, subito.

- Sì che importa.

- No, no.

- Sì invece.

- Davvero, puoi anche non rispondermi, io-

- Non serve a niente.

- Cosa?

Si coprì il viso con le mani.

- Cosa c’è, Ron? — chiesi, venendogli sotto.

Non avevo intenzione di lasciare cadere il discorso. Non so perché, ma volevo che tutto fosse chiarito; oramai ero entrata nel gioco, tanto valeva giocare.

E non volevo perdere.

- Niente, niente.

Non volevo perderlo.

- Ron…

Riuscivo ad intravedere i suoi occhi azzurri, nascosti dalle dita. Mi stavano guardando. Fissa.

Sospirò, si voltò leggermente verso destra, si mise le mani in tasca.

Sorrise, con uno sforzo appena visibile.

- Okay, adesso come facciamo ad entrare? — disse, a voce alta.

Io indietreggiai, preoccupata.

- Ron, se c’è qualche problema…

Accennò uno sbuffo divertito.

- Non è niente, davvero! — esclamò; - solo…

- Solo…?

- Ah be’, pensavo che sarei riuscito a farla finita una volta per tutte…

- Farla finita?! — esclamai.

- Nel senso di mettere fine a questi sciocchi disagi… che hai capito?

- Pensavo volessi farti fuori — mormorai, arrossendo.

Lui sorrise, mi venne vicino e mi abbracciò, forte.

- Forse è esagerato. — disse.

Non riuscii più a trattenermi: scoppiai a piangere senza un minimo di dignità, le mani aggrappate intorno a lui, le lacrime che bagnavano la sua maglietta.

Lui disse semplicemente: - Pensavo che magari per te c’era di meglio.

- Di meglio? — sussurrai.

- Di meglio, sì — disse, e con la coda dell’occhio scorsi che stava arrossendo — di meglio che stare a sentire un imbecille come me.

Piansi più forte. Di meglio? Perché mai ci sarebbe dovuto essere qualcosa di meglio che stare con lui, scambiarsi una parola, una risata, con lui? Riusciva a rendermi così allegra… perché dovevo buttare fuori a calci la felicità in una tale maniera?

- Non dirle più queste cose! — esclamai, ribadendo il concetto con un pugno sulla sua schiena; - Io ti voglio bene!

- Pensi che io non te ne voglia, a te? — fece lui; - ma se bisogna farsi tutti questi problemi per dirsi una cosa così semplice!

(Non hai mai sentito dire che la bellezza delle cose ama sorprenderci?)

All’improvviso, sentii che aveva ragione, e che in effetti mi stavo comportando come un’emerita imbecille. Davvero, mi sentii veramente imbecille, in quel momento. Anche lui, sorpreso più dalle sue parole che dalle mie, sembrava pensare un po’ la stessa cosa della sua persona.

Mi staccai da lui immediatamente, guardandolo dubbiosa.

- Forse la stiamo facendo troppo lunga - dissi.

- Forse la stiamo facendo troppo tragica — convenne.

- Perché? — chiesi.

- Perché? — chiese anche lui.

Mi asciugai le ultime lacrime con la manica della divisa. Lui era diventato rosso, e con la mano si faceva aria al viso tanto bruciava.

- Be’, allora… - iniziò lui, titubante.

- Allora anche questa volta è finita così — conclusi.

- Sì, ecco.

Poi tutto mi parve assolutamente assurdo, e neanche cosciente di quello che mi stava succedendo, presi la mano di Ron, il quale mi guardò stupito.

- Io… ho dimenticato i libri in biblioteca… mi accompagni?

Mi stavo comportando come se fossi impazzita, tanto che poi Neville mi aveva assicurato che i miei libri li avrebbe riportati su lui.

Una richiesta che non esigeva una risposta, per me. Ron fece appena in tempo ad annuire che io cominciai a scendere le scale trascinandomelo dietro, come una di quelle ochette con le ruote con cui giocano tanti bambini, solo che con la sua stazza poco ci mancava che non inciampasse tra un gradino e l’altro tanto andavo di corsa.

Poi sembrò ricordarsi di qualcosa, una cosa che lo costrinse a fermarsi.

Mi voltai verso di lui, e Ron mi stava guardando, con lo sguardo un po’ perso nei suoi pensieri.

- Hermione. — disse poi.

- Ehm… sì?

Non feci tante storie per esserci fermati. Alla fin fine la biblioteca non era che un pretesto per muoversi di lì.

- Senti, volevo… volevo chiederti una cosa.

- Dimmi pure.

Sembrava preso da un terribile conflitto interiore.

- Ecco, in questi giorni, se mi… se mai volessi, dico, se mi venisse voglia di farlo, più o meno… ecco, potrei baciarti?

Sentii il viso andarmi in fiamme. Alzando gli occhi su di lui, lo vedi sorridere imbarazzato, la mia mano ancora stretta nella sua (me n’ero completamente dimenticata). Era tutto così stupido, per i miei canoni abituali. Mi sentivo, per la seconda volta nella mia vita, e a distanza di pochissimo tempo dalla prima, immensamente imbecille, con il cuore che mi batteva ad un ritmo ormai impazzito da sé; così imbecille, e così felice. Non riuscivo a resistere.

Annuii gravemente.

L’imbarazzo crebbe a dismisura. Mi sentivo sempre più stupida, con lui che ancora mi teneva la mano, io rossa in viso, entrambi titubanti sul da farsi. Poi lui respirò forte, lo sentii bene, quasi a prendere coraggio, come per abbattere nuovamente quel troll del primo anno e salvarmi. La sua voce però non aveva niente di combattivo, ma era fievole e bassa.

- E posso… adesso?

Con ogni probabilità avevo sempre avuto una visione sbagliata del mondo, ma che importava alla fin fine? Non c’era niente di così complicato, dovevo solo riuscire a scorgere la bellezza delle cose.

E adesso la vedevo chiaramente.

Annuii di nuovo.



Non hai mai sentito dire che la bellezza delle cose ama nascondersi…



[/Dove finalmente Hermione vede]



Fine Capitolo 15
  
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