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Autore: Vattelapesca    30/10/2011    5 recensioni
E' nata di getto, senza pensarci troppo. Ritrae Hermione proprio dopo l'abbandono di Ron. Forse ce ne sono altre mille su questo tema, ma avevo troppa voglia di scriverla. Dal testo:
“Ti ho chiamato, ti ho implorato di tornare indietro e tu mi hai sentita, ne sono certa, ma te ne sei andato lo stesso. Quel crack maledetto mi risuona ancora in testa, riprodotto all'infinito, come l'immagine della tua schiena che scompare tra gli alberi.“
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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 La conta degli attimi
Lentamente, riapro gli occhi.
Mi ci vuole un attimo per capire che è mattina, per cogliere l'impercettibile differenza di luce che filtra dal tessuto spesso della tenda.
Mi ci vuole un attimo per vedere Harry disteso, che dorme ancora.
Mi ci vuole un attimo per sentire la lana ruvida della coperta che mi casca sulle spalle.
Mi ci vuole un attimo per accorgermi del sapore salato che ho in bocca.
Mi ci vuole un attimo per ricordarmi che te ne sei andato.
E allora fa male, fa male così tanto da volermi strappare tutti i capelli, nel tentativo di soffocare quel dolore con un altro. Come quando ti tagli un dito e stringi la carne tutta intorno, così non fa più tanto male.
Ma non mi strappo i capelli. Resto lì ad aspettare che mi ritorni il respiro e mi odio per aver permesso alla stanchezza di vincermi. Mi sono addormentata ed ecco cosa è successo. E' bastato qualche minuto di sonno e il mio cervello ha tentato di fregarmi. E pensare che mi fidavo, del mio cervello. Proprio come mi fidavo di te.
Per un solo, bellissimo, impossibile, attimo niente era cambiato.
Ma poi l'attimo è finito.
La realtà mi è crollata addosso come una frana, mi ha travolta, mi ha schiacciata, polverizzandomi le ossa. Non è rimasto niente, di me.
Eppure non sono morta, l'aria fredda gonfia i polmoni, raschia la gola secca, il cuore continua instancabile a pompare il sangue nelle vene e nelle arterie, gli occhi ci vedono ancora tre le palpebre gonfie, le orecchie sentono la pioggia che cade là fuori e lo stomaco si contrae, vuoto da troppo tempo.
Già, piove, proprio come ieri sera. E' la stessa pioggia che mi ha deriso, che si è fatta beffe di me, mentre, sotto di lei, ti chiamavo con tutta la voce che avevo.
Adesso mi vergogno a pensarci, quasi non ci riesco. Ti ho chiamato, ti ho implorato di tornare indietro e tu mi hai sentita, ne sono certa, ma te ne sei andato lo stesso. Quel crack maledetto mi risuona ancora in testa, riprodotto all'infinito, come l'immagine della tua schiena che scompare tra gli alberi. Quella schiena mi umilia, quella schiena che neanche si gira a guardarmi negli occhi, prima di lasciarmi lì, con la pioggia gelata che mi entrava fino nelle ossa.
Quante volte mi sono rimproverata, dandomi nella stupida? Non lo so più, ma ogni volta ci credevo meno. Stupida stupida stupida stupida stupida. Non sarà mai abbastanza.
Stupida per ogni volta che ci ho creduto, per ogni volta che ho avuto fiducia.
Stupida per ogni volta che ho sperato.
Stupida per ogni volta che ti ho perdonato.
Stupida per ogni volta che ti ho permesso di vedermi debole e di consolarmi.
Stupida perchè ,così, fa più male.
Continuo a pensare a tutti quei momenti passati, quando non avrei mai immaginato che mi avresti potuto fare una cosa del genere, più tento di non pensarci, più ci penso. Mi scorrono per la testa in continuazione, sempre più veloci, fino a confondersi tra loro.
Ci penso e tra la gola e il cuore sento uno strano groppo, un blocco, mi sale una smania improvvisa che mi inchioda, mi immobilizza, e allora mi rendo conto che non c'è soluzione, è una certezza assoluta, terribile. Così mi sento, come se fossi rinchiusa in quattro pareti. Allora mi guardo intorno e mi accorgo che non c'è via d'uscita, per quanto mi dibatta, rimarrò lì. Ed eccolo quel momento terribile, quello in cui si capisce di non avere nessuna possibilità.
Però, nonostante tutto, la speranza di vederti sbucare tra gli alberi non riesce a soccombere.
Mi vergogno ancora di più che per tutto il resto, ma continuo ad avere una piccola, miserabile, particella di fiducia. Magari è solo questione di tempo, basterà aspettare.
So perfettamente che è quasi impossibile, gli incantesimi di protezione te lo impedirebbero in ogni caso.
Ma io, caparbia, anche se mi fa male da morire, non mollo la mia particella. Tra poco sarà troppo tardi per sperarci, devo approfittarne ora.
Rimango così, ferma sulla poltrona, non ho voglia di muovermi, non ancora, è troppo presto.
Se ne è andato.
L'ho detto a Harry, me lo sono ripetuto milioni di volte, ma continua a mancare il soggetto.
Chi se ne è andato?
Lui, chi altri sennò. Non di sicuro io, che sono rimasta qui, che ho scelto in quella sua scelta ingiusta.
Ma lui chi?
Lo so bene chi. Il suo nome continua a rimbalzarmi in testa, a scriversi in mille modi diversi sulla pergamena bianca della mia mente.
Ma non riesco a dirlo. Ci provo, ma la gola produce solo un suono roco, un'imitazione squallida.
So che non riuscirò a dirlo.
Mi ci è voluto un attimo per ricordarmi che te ne sei andato.
E un altro attimo per capire che quel “tu” resterà privo di nome.
Siamo al terzo attimo e fisso il tuo letto vuoto.
Forse al quarto attimo riuscirò ad alzarmi, chi lo sa.
Chissà quanti attimi conta il tuo nome.
 




Ps: A volte mi capita che le storie mi sbattano a dosso così tanto forte da non riuscire ad ignorarle. Ho una long aperta, lo so. Ma questa, chiamatela one-shot se volete, non sono riuscita a fermarla.

Ovviamente è Hermione dopo l'abbandono di Ron.

In realtà ci sono due versioni di questo scritto, una è questa, l'altra è in terza persona. Alla fine, come si vede, ho messo questa. Non scrivo molto spesso in prima, sebbene mi piaccia, spero sia venuta bene.

Penso di non avere altro da dire, lascio a voi, che di sicuro siete molto più qualificati, i commenti. Ditemi cosa ne pensate, ci tengo.

  
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