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Autore: Koe    02/07/2006    3 recensioni
Un'azione istintiva porta Draco di fronte a un bivio. (nuova versione riveduta e corretta)
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DOPO LA NOTTE

Era morto.
Lui era morto.
Il sole tramontava oltre le colline: un immenso disco di fuoco rosso, ardente al di là dei confini neri del suo mondo.
Il mago strinse convulsamente le dita intorno alla bacchetta: ormai era uno strumento inutile, inerte, non gli sarebbe più servito a niente.
Senza neanche rendersene conto la spezzò, con gli occhi vuoti.
La ragazza che era rimasta in disparte gli sfiorò la spalla, con una dolcezza mista a timore. Una strana, malinconica tenerezza.

“Non preoccuparti...” sussurrò.
Lui scrollò le spalle infastidito e si allontanò di qualche passo, lo sguardo fisso all’astro che sprofondava oltre la linea dell’orizzonte. Gli sembrava che il sole morente portasse via con sé anche tutte le sue certezze, tutto il suo mondo. E intorno a lui restava solo buio e freddo. Il nulla.

“M-Malfoy…”

“Cazzo Weasley, cosa vuoi ancora?” si era girato verso di lei sputandole addosso tutta la sua rabbia, ma i suoi occhi restavano spenti, pieni di muta disperazione. “Sei viva, no? Tornatene dai tuoi amici e lasciami in pace!”

Pace. Come se avesse potuto trovare ancora pace…

Tornò a guardare il sole cercando una soluzione, una via d’uscita… no, ormai non c’era più alcuna via d’uscita… solo il buio e l’angoscia riempivano la sua anima, mentre nella sua testa continuava a riecheggiare un’unica, ossessiva domanda: perché? Perché l’aveva fatto? Perché si era comportato in un modo così dannatamente idiota? Era ferita, disarmata, in completa balia dei Mangiamorte che giocavano con lei, che si divertivano a prolungare la sua agonia, pronti a darle il colpo di grazia… Avrebbe dovuto ucciderla. No, sarebbe bastato rimanere in disparte, stare a guardare mentre i suoi compagni portavano a termine il lavoro, stare a guardare senza sporcarsi le mani, come faceva sempre… E invece no, si era dovuto mettere in mezzo, era intervenuto a difesa di quella stupida ragazzina, di quell’inutile pezzente. Cosa diavolo gli era saltato in mente? Perché non aveva lasciato che la ammazzassero?

“Tu non sei un assassino”. Le parole di Silente risuonavano chiare nella sua mente. Nonostante tutto, non riuscì a trattenere un sorriso: quel vecchio rimbambito aveva avuto ragione, alla fine. Lui non era un assassino, non lo era mai stato. Questa improvvisa consapevolezza gli diede in qualche modo un senso di pace. Ma ormai, sarebbe servito a qualcosa?

Lui era morto, era solo questione di tempo. Di poco tempo.

Colui a cui aveva giurato obbedienza non era noto per la sua misericordia, e non avrebbe certo mancato di punire chi aveva tradito la sua fiducia. Il suo destino era segnato.

Ma cosa gliene importava, in fondo? Tutta la sua vita era stata decisa e preordinata da altri, era normale, quasi ovvio, che lo fosse anche la sua morte. A pensarci, provava quasi un senso di liberazione: presto tutto sarebbe finito.

Si sedette sull’erba umida guardando il cielo che ormai andava oscurandosi, aspettando la notte. Aspettando la morte. Aspettando.

Il rumore di un passo incerto alle sue spalle lo risvegliò dalle sue riflessioni. Voltò appena la testa e la vide lì, in piedi, ferita e col vestito lacero, che lo osservava dubbiosa, sembrava indecisa sul da farsi. Si rigirò, sbuffando infastidito.

“Weasley, cosa diavolo ci fai ancora qui?”  La sua voce risuonava stanca nell’oscurità della sera ormai avanzata. “E’ quasi notte, i tuoi saranno preoccupati. Tornatene a casa.”

“Tu cosa farai?” chiese esitante.

Rimase un attimo interdetto. Perché quella ragazzina si stava preoccupando per lui? L’aveva salvata, è vero, ma rimaneva sempre un suo nemico. Poteva tornarsene tranquillamente a casa e dimenticarsi per sempre di lui, eppure non lo faceva. Non riusciva proprio a capirla.

Fu solo un attimo, poi l’indifferenza riprese il sopravvento e lui rivolse nuovamente il suo sguardo spento agli ultimi bagliori all’orizzonte.

Dopo qualche minuto di silenzio rispose, più a se stesso che a lei.

“Starò qui ad aspettare. Qualcuno verrà senz’altro per me.”

“Vuoi morire?”

“Ma sei stupida, Weasley?” aveva sbottato, appoggiando una mano sull’erba per voltarsi a guardarla in faccia. “Certo che non voglio morire. Nessuno vuole morire! Ma non ho altra scelta, quindi è inutile stare ad agitarsi.”

“Non hai scelta?”

“No”. Quell’inutile pezzente sembrava non capire una cosa così ovvia.

“Potresti…” cominciò con voce tremante.

Si girò completamente per guardarla negli occhi, rimanendo in ginocchio sull’erba.

“Sentiamo, Weasley, illuminami: cosa dovrei fare secondo te?” chiese ironico.

“Potresti venire a casa con me.”

Spalancò gli occhi fissandola allibito per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.

“Ma allora sei davvero stupida! Venire con te dai Paladini della Giustizia? Già mi immagino la scena: 'Salve, Sfregiato! So che fino a ieri abbiamo combattuto su fronti avversi, ma che ne dici di stringerci la mano e diventare amici?' Immagino che mi accoglierebbero tutti a braccia aperte!”

“Sì”

Lui rimase a bocca aperta, guardandola come se fosse pazza. Ma stava parlando sul serio? Come poteva anche solo pensare una cosa del genere? Eppure il suo sguardo era sicuro, sembrava convinta di quello che aveva appena detto.

“Tu non sei come loro,” continuò. “La tua famiglia, il tuo nome, ti hanno portato a seguire una strada che non era la tua. Silente ne era convinto, e credo che anche Harry la pensi così. Ti accoglieranno, non a braccia aperte forse, ma certo non ti respingeranno. Perché tu non sei come loro, non mi avresti salvata altrimenti." Gli sorrise dolcemente, un sorriso rassicurante che gli provocò una strana sensazione, come il calore di una carezza di sua madre nei suoi ricordi di bambino. "Ora sta a te scegliere: puoi restare dove sei e aspettare la morte, o puoi venire con me e vivere finalmente una vita che sia solamente tua.

Allora, cosa vuoi fare?” concluse, e continuando a sorridergli allungò una mano verso di lui.

Rimase muto e immobile a fissarla, a fissare la mano che gli tendeva. Gli stava offrendo una possibilità di riscatto, stava offrendo la vita a chi già si sentiva preda della morte. Ma lui avrebbe avuto il coraggio di accettarla?

Abbassò lo sguardo e vide, abbandonata accanto alla sua mano, la bacchetta rotta. Quella bacchetta, con cui aveva imparato a lanciare incantesimi di morte, maledizioni senza perdono, giaceva adesso tra l’erba, spezzata in due, privata del suo potere, morta.

Ma lui non era morto, non ancora.

Sollevò la testa, gli occhi illuminati da un sorriso, e si alzò afferrando la mano che la ragazza gli porgeva.

La notte sarebbe passata e avrebbe lasciato il posto a un nuovo giorno che lo avrebbe visto vivo, veramente vivo.

E la bacchetta rotta, avrebbe potuto tranquillamente ricomprarla. Era pur sempre un Malfoy, dopotutto.

 

 

* * * * *

NOTA: questa storia era stata scritta in origine per un concorso sul sito www.damaverde.net/fanfictions/index.php e le prime dieci righe erano state assegnate dalla webmistress del sito. Tuttavia in questa revisione anche la parte iniziale è stata in parte modificata.

* * * * *

 

Ciao a tutti! Ripubblico questa storia che avevo scritto mesi fa per sistemare alcuni punti che non mi convincevano molto. Approfitto di questo spazio per ringraziare quanti avevano letto e recensito la prima versione. Spero che anche questa vi piaccia.

  
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