Ripetiamo insieme: questi
personaggi non sono miei e non scrivo a scopo di lucro.
Qui siamo tutti bravi bravini e rispettiamo sempre le regole.
Detto questo, vi auguro un felice e divertente Halloween.. e attenti alle
carie!
4. Alla festa di Halloween.. l’importante è arrivarci vivi.
Con l’elastico a pizzicargli dietro le orecchie, Kurt si guardò allo specchio
con la solita aria critica. Era carino, questo lo sapeva, ma voleva essere
perfetto. Quel naso di plastica era troppo lungo e la piccola penna rossa del
cappello era andata perduta.
Con uno sbuffo, si era voltato verso il fidanzato che era appena entrato nella
stanza. Una mano guantata sul fianco, lo squadrò da capo a piedi. «Pirata?»
Dave si passò una mano sulle due treccine incollate
al mento, assorto. «Si, perché?»
«Non si abbina per niente al mio costume»
«E che saresti?»
«Pinocchio!» esclamò il ragazzo, con una punta di sorpresa nella voce. Che la
perdita della penna l’avesse reso irriconoscibile? Eppure credeva che tutti
conoscessero la magica storia del burattino combina guai. «E tu dovresti essere
Geppetto, ti ho anche preso i baffi finti e la parrucca bianca»
«Il pirata è più cazzuto» rispose Dave, la voce
grossa e le mani che andarono ad ancorarsi al cinturone, «Ma l’hai visto Jack Sparrow?»
«Dave» Kurt provò a reprimere una risata, per non
ferire il suo orgoglio. Quel patatone, su certi argomenti, diventava quasi più
sensibile di lui. «tu sai che ti amo, vero?»
«Certo, credo»
«Ecco» il ragazzo gli si avvicinò e alzò le braccia sulle sue spalle, «Io ti
amo, per me sei fantastico, ma Johnny Depp è tutta un’altra cosa»
«Non ti rispondo nemmeno» sbuffò Dave. Si allontanò
di qualche passo dall’altro e si avvicinò al letto sul quale era poggiata una
sacca bianca «Togliti quel naso finto e metti questo» gliela lanciò e fece un
cenno d’intesa al suo riflesso davanti allo specchio.
«Cos’è?» con la sacca a coprirlo quasi del tutto, Kurt si aggiustò il naso di
plastica.
«Will Turner» rispose Dave, avvicinandosi. «E anche
io ti amo, Kurt. Per me sei fantastico, ma Orlando Bloom è tutta un’altra
cosa.» Vedendolo assottigliare lo sguardo, il più grande intonò un canto di
vittoria e uscì dalla stanza a testa alta, lasciandolo solo a borbottare parole
sconnesse.
Entrambe assorte davanti all’enorme specchio del bagno, con la porta aperta e
la finestra socchiusa, Brittany e Santana erano
intente ad acconciarsi i capelli. Mentre una si lisciava la lunga chioma scura,
l’altra legava i capelli biondi in una coda alta. Fece per avvicinarsi di più
allo specchio, ma la gomma della pancia la fece tornare indietro.
«Sei rimbalzata» ridacchiò Santana, la piastra incandescente in una mano.
«L’ha fatto Kurt, ti piace? Sono Quinn» rispose l’altra, orgogliosa. Alla fine
per il ragazzo non era stato un lavoro tanto faticoso. Gli era bastato prendere
una delle vecchie uniformi dei Cheerios e cucire una
protesi non molto appariscente.
«Ti sta bene la pancia» commentò Santana, non ancora del tutto abituata a quel
costume. In fondo, si disse, Brittany aveva indossato
quella stessa uniforme per quasi quattro anni, non c’era nulla di strano.
«E tu sei una Pocahontas bellissima» Brittany le si
parò d’avanti e la prese per i fianchi, avvicinandosi a posarle un leggero bacio sull’incavo del collo.
«Che dolce la mia Britt» Santana sorrise e diede un
colpetto alla pancia finta della sua ragazza, «Ma sai, per essere una Quinn
convincente, devi toglierti quel sorriso dalla faccia»
La bionda puntò lo sguardo sul soffitto bianco, sporgendo il labbro inferiore.
«Ma Quinn ce l’ha il sorriso» mormorò pensierosa, attirandosi una carezza
dall’altra che la guardava intenerita.
«Adesso si, sembra quasi un’altra, ma al liceo era quasi più stronza di me»
«Oh» Brittany la baciò leggera, le mani intorno al
viso di Santana e il broncio sulle labbra, «ma tu non sei stronza.» Le posò un
altro bacio sulle labbra che, questa volta, sorridevano.
«Sei la mia San.»
«Dobbiamo andare a una festa e
vuoi litigare?» le guance imporporate per la rabbia, Quinn aveva una mano
ancorata al fianco destro mentre un tacco ticchettava nervosamente sul
pavimento.
Lo guardava fisso, gli occhi spalancati e le labbra in una linea retta.
«Ma no» rispose Mike, deglutendo a fatica, «perché vorrei litigare?»
La guardava tra il confuso e il terrorizzato, con il fiocco del mantello rosso
a soffocarlo. Quando Quinn si arrabbiava, non andava mai a finire bene. Anzi,
il più delle volte veniva sbattuto fuori dal suo stesso appartamento per ore.
«Ti sei vestito come il tizio di Mulan»
«E allora? E comunque, si chiama Shang» rispose lui
alzando le spalle, per poi riabbassarle alla vista della faccia di Quinn che,
ne era certo, sarebbe esplosa da un momento all’altro.
Avrebbe dovuto dire di no all’idea di Rachel. Quel
pomeriggio, ognuno avrebbe dovuto prepararsi nel proprio appartamento, così si
sarebbero evitate situazioni come quella.
«E perché ti sei vestito proprio come lui?» la voce della ragazza era bassa e
le parole lente.
«Perché è asiatico.. ed è realistico»
«Non me ne frega un accidenti se è realistico» tuonò Quinn che, adesso, aveva
definitivamente perso la calma. Con la bocca ancora aperta dallo stupore, si
lisciò il corto abitino verde e fece un profondo respiro. «Non puoi vestirti
così»
«Ma perché?» insistette Mike. Tra tutti i suoi amici, lui era quello più pacato
e riflessivo. Cercava di mettere sempre la pace all’interno del gruppo e per
questo era visto come il ragazzo calmo che non perdeva mai la pazienza. Ma lì
fermo davanti alla copia arrabbiata di Tinkerbell,
cominciava a perdere le staffe.
«Perché Shang è innamorato di Mulan»
Quinn batté velocemente le palpebre, «E Mulan è
asiatica» un altro battito di ciglia, questa volta più nervoso, «come la tua
ex.»
«Sei gelosa?» le domandò improvvisamente più rilassato. Se possibile, la amava
ancora di più quando faceva la gelosa senza motivo.
«No» fece lei guardandosi intorno.
«E invece si»
«Mike» digrignò i denti, fulminandolo con lo sguardo.
«Ma non ne hai motivo. Io voglio solo te, amo solo te» la baciò velocemente e
si allontanò di qualche centimetro per guardarla bene negli occhi tanto belli
quanto espressivi, «Anche se sembra impossibile, visto il tuo caratteraccio»
«Il mio caratteraccio?»
«Proprio quello» annuì lui, «E adesso, se permetti, vado a prendere la mia
spada.»
«Smettila di grattarti» gli ripeté per la terza volta negli ultimi cinque
minuti.
«Ma prude!» esclamò lui, con ancora una mano sotto la parrucca nera.
«Lo so che prude, ma non pensarci» disse Rachel,
chinata verso lo specchio del bagno, con ancora mezza faccia verde. Attenta a
non far cadere le costose bottigliette di profumo della sua coinquilina, si
spalmò il cerone colorato sull’altra metà del viso mentre il suo ragazzo, fermo
sull’uscio, continuava a lamentarsi. «Come faccio a non pensarci se la testa mi
va a fuoco? E mi bruciano anche gli occhi»
«Si può sapere da dove ti è venuta un’idea tanto stupida?» Si voltò a
fronteggiarlo, con ormai tutto il viso coperto di verde. Era soddisfatta del
suo lavoro, adesso le mancava solo il cappello.
«E allora tu? Almeno Marilyn Manson è un tipo tosto» Noah
alzò un pugno verso l’alto, seguito a ruota da un sopracciglio della ragazza.
Non era un segreto che quel tipo di musica non gli piaceva. Anzi, non piaceva a
nessuno dei ragazzi del loro ristretto gruppo. Sicuramente, pensò lei, Noah doveva aver preso l’idea da uno di quei balordi della
squadra di football del college. Oppure da tutti, insieme.. l’allegra
combriccola.
Ma, tornando con la mente alle parole che il suo ragazzo aveva appena detto,
brandì la spugnetta imbrattata di verde e gliela avvicinò al viso con fare
minaccioso, facendolo indietreggiare.
«Stai forse dicendo che Elphaba non è tosta?»
«Certo.. no» rispose lui, con il capo alzato e lo sguardo abbassato a fissare
la spugnetta, «Ephalba è tanto tosta, tostissima»
azzardò un mezzo sorriso che, però, non la fece sciogliere come accadeva di
solito. «Però con quella faccia verde sembri il Grinch»
«Si dice Elphaba» lo corresse abbassando di poco la
spugnetta, «E comunque, tu con quel cerone bianco sembri morto. A chi è andata
peggio?»
«A me?»
Con uno sbuffo, Rachel gettò la spugnetta nel
lavandino e uscì in corridoio, «Chiamo Kurt, magari può aiutarci.»
«Che succede?» dieci minuti dopo, Kurt era entrato nel piccolo appartamento e
si era fermato di scatto davanti a una montagna di muscoli dall’aspetto
cadaverico, «Accidenti, ti sei scontrato con un palo?»
«Karofsky» Noah, a denti stretti, chiamò l’amico che
era entrato in casa di seguito a Kurt che aveva già cominciato a parlottare con
Rachel, «attento al tuo bello, prima che te lo prenda
a calci in culo»
«Mi faresti un favore» borbottò Dave, ancora un po’
arrabbiato per le sue adorate scarpe.
Alla fine Kurt non era riuscito a mantenere la parola e quelle scarpe erano
sparite. Al solo pensiero, per poco non gli sbatteva quella graziosa testolina
castana dritta contro il muro. La sua povera carta di credito avrebbe pianto
per mesi.
Troppo preso dal pensiero delle sue scarpe, non aveva notato che Kurt aveva
fatto per avventarsi su di lui e Rachel l’aveva
afferrato per il colletto della giacca.
«Ok, stasera siamo tutti nervosi» fece lei, con ancora la giacca di Kurt
stretta nel pugno, «ma cerchiamo di fare qualcosa di buono per quel testone»
indicò Noah intento a grattarsi la testa e roteò gli
occhi.
Kurt, con occhio critico, si avvicinò al malcapitato e lo guardò come se non
fosse altro che un pezzo di stoffa da trasformare in un paio di pantaloni.
«Potrei spuntare la parrucca, quei capelli sono troppo lunghi» inclinò la testa
di lato, mentre Noah continuava a guardarlo con astio,
«e magari spettinarli un po’.»
«Mi sento come un tacchino al Ringraziamento»
«Zitto tu» disse Rachel, per poi tornare a parlare
con Kurt, «E per la faccia?»
«Userò un po’ della mia magia»
Il povero Noah, seduto sulla sedia girevole della
scrivania di Quinn, aveva passato l’ultima mezz’ora con le mani gelate di Kurt
sulla sua faccia.
«Quindi adesso che sarei?»
«Se Santana arriva con i denti finti, saresti un vampiro. Altrimenti saresti un
pazzo con le venature sotto gli occhi» rispose Kurt, calandogli la parrucca
spettinata sulla testa.
Non aveva niente del vampiro, ma almeno non sembrava più una sottospecie di
cantante posseduto, e questo era già un gran passo avanti.
«Era meglio Marilyn Manson» disse Dave che era andato
ad aprire la porta. Santana e Brittany entrarono in
casa trafelate e con i costumi sgualciti.
«Ecco di denti» Santana lanciò il pacchetto di plastica a Kurt e sbuffò,
«Abbiamo dovuto girare tutto il Village per trovarli»
La ragazza si voltò verso l’altro amico e incrociò le braccia sotto il seno.
«Alla fine hai fatto come ti ho detto, ti sta bene il costume»
«Sei come Mr. Smee*» mormorò Brittany,
assorta.
Dave fu sul punto di rispondere in malo modo, ma
venne interrotto da Kurt che, con un urletto di gioia, esclamò: «Ecco, adesso
sei perfetto!»
«Non riesco a parlare con questi cosi in bocca» la frase che ne uscì era un
misto di parole incomprensibili e rauche.
«E allora non farlo, non si capisce niente» ridacchiò Rachel
calandosi meglio il cappello nero a tesa larga sulla testa.
Gli ultimi ad arrivare furono Mike e Quinn, il primo quasi fin troppo
orgoglioso della sua uniforme da capitano e la seconda infreddolita dal
vestitino troppo corto.
«Eccoci, siete pronti?» la ragazza salutò le ragazze con un bacio sulla guancia
e i ragazzi con una smorfia. Ma lei faceva sempre così, quindi ormai ci erano
abituati. L’unico tra i ragazzi a non aver ricevuto una smorfia era Dave, ma solo perché non l’aveva ancora visto.
«Ehi, Campanellino» la salutò lui.
Quinn si voltò e, dopo un’attenta analisi dell’amico, sorrise vittoriosa perché
almeno qualcuno quella sera indossava un costume collegato al suo. «Oh, ciao
Spugna!»
«Sono Jack Sparrow!» esclamò lui, esasperato. I
ragazzi, nessuno escluso, lo guardarono ilari e risposero con un “Certo”
tutt’altro che convinto, facendolo cadere seduto su una poltrona, rassegnato.
Alla festa di Halloween, l’importante era arrivarci vivi.. ma non era più tanto
certo di poter mantenere la promessa.
*Mr. Smee è il pirata Spugna di Peter Pan. Giusto per chi non lo sapesse.. e non lo
sapevo neppure io, l’ho sempre chiamato Spugna!
Ecco, la piccola One-Shot è finita, possiamo andare
in pace.
Vi aspetto lunedì con un altro capitolo della long e con una nuova piccola
storiella di questa raccolta che sarà incentrata su.. le Brittana!
Olè, finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa su
di loro!
E adesso, dopo l’Happy Halloween che oggi è proprio tanto importante, vi lascio
festeggiare.
Buon inizio di settimana, Alessia.