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Autore: cloe_30stm    01/11/2011    3 recensioni
Nonostante abbia una FF in corso (Enemy Of Mine), ho deciso di pubblicare una nuova storia, sperando che torni l'ispirazione per l'altra.
E' nata da un racconto scritto da me all'età di 15 anni e che ho ritrovato casualmente tra i miei vecchi libri del liceo.
Sarebbe dovuta essere una OS ma è venuto fuori qualcosa di decisamente troppo lungo per esserlo.
Vi invito comunque a considerare il fatto che nasce come OS.
Mi piace pensare che qui non si parta nè dalla fine nè dall'inizio, ma da una fine che è un pò l'inizio.
La vicenda è ambientata nel 2007 e copre un periodo che va dall'aprile del 2006 al settembre dell'anno successivo
(in questa mia invenzione ho cercato di rispettare il più possibile le date del tour per cui, se avete dubbi su tempi o luoghi, o chiedete a me o controllate su qualsiasi sito dedicato alla band).
Parlerò di una storia d'amore che la cinica logica dei più non considerebbe possibile, ma che l'assurda logica del destino rende attuabile.
Nella flebile speranza che amori così esistano davvero in questo mondo...
Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con un altro capito!

 Questo è più lungo del precendente, e scopriremo qualcosa sulla vicenda che tormenta il nostro adorato frontman.

Ed entrerà in scena un personaggio un po’, come dire, particolare.

Bene, non anticipo nient’altro.

Fatemi sapere che ne pensate (nessun obbligo eh! XDDD)!

Vi lascio alla storia…buona lettura!

 

Continuava a fissare il suo caffè, ormai freddo. Aveva già perso due coincidenze, e ne avrebbe perse ancora, se non avesse avvertito una presenza accanto a lui. Un uomo dalla pelle scura e la barba grigia era sbucato quasi dal nulla.

Indossava un cappotto nero, un cappello un po’ demodé, e una sciarpa rossa. Teneva un bastone con entrambe le mani. I suoi occhi erano talmente scuri da risucchiarti dentro, come un buco nero.

Jared non riusciva a distogliere il suo sguardo da quella figura che sembrava racchiudere in sé una saggezza millenaria.

“Salve Jared.”

Il tono confidenziale di quell’uomo turbò il cantante, che per lo stupore sbarrò gli occhi.

“Scusi?”

“Non sei tu Jared Leto?”

“Sì ma…come fa a conoscermi?” chiese, corrungando la fronte.

La risata cristallina dell’uomo spezzò la tensione che si era creata.

“Semplice figliolo, sono un amante del rock! – esclamò accompagnando la parola rock con il tipico gesto della mano – Ammetto di non seguirlo assiduamente dai tempi d’oro dei Beatles e dei Rolling Stones, ma le mie orecchie, - e le indicò - nonostante l’età, funzionano perfettamente. Riesco ancora a riconoscere il talento quando lo sento, e la tua band, caro mio, è davvero eccezionale.”

“Oh, beh…la ringrazio signor?”

“Jeremia…Spencer”

Lo disse come se l’avesse pensato sul momento, ma Jared pensò semplicemente che l’età gli avesse giocato un brutto scherzo.

“La ringrazio Signor Spencer.”

“Chiamami pure Jeremia, figliolo!- e gli diede una pacca sulla spalla- Senti, è da un po’ che ti tengo d’occhio…ti ho visto fissare per minuti infiniti quel caffè, che con tutta franchezza io getterei nel cestino, ma vabbè, de gustibus…Comunque, la mia domanda è: “Cosa ti turba?””

Ma che diavolo voleva da lui quell’uomo? Non poteva semplicemente salutarlo, chiedergli un autografo per la nipote, se ne aveva una, e andarsene? Jared era infastidito, ma decise comunque di rimanere rispettoso. Era pur sempre un uomo più grande di lui, nonostante l’invadenza.

“Nulla.”

“Nulla è sempre sinonimo di donna. Non è così?”

Bingo. Il vecchio aveva centrato il punto. Ma questa volta il tono comprensivo di quell’uomo non lo infastidì, e i suoi occhi tornarono ad esercitare la loro attrazione su di lui.

Jared annuì.

“Ti va di parlarne?”

Quella domanda, quel modo quasi paterno di pronunciarne le parole, distrusse ogni barriera e vanificò ogni tentativo del frontman di rimanere solo con il proprio dolore.

Le parole uscirono da sole.

“Si chiama Kate, ed è…bellissima. La creatura più meravigliosa che abbia mai visto. Mi ha rubato l’anima nell’istante stesso in cui ha incrociato i miei occhi. Mi seguiva da tempo. Era un’Echelon. In un certo senso l’ho vista crescere, ma il ricordo di lei da ragazzina è così flebile che quasi non esiste.

Il mio primo, vero, ricordo di lei sono i suoi occhi, luminosi e pieni di vita, che cercavano i miei quella notte di un anno e mezzo fà a Santa Cruz, in California, durante lo show.

 Mi aveva aspettato fuori nonostante la stanchezza.

Era insieme ad altre ragazze, groupies forse, molto belle ma mai quanto lei. Lei era come un diamante tra i rubini, non so se mi spiego. Ero accecato.

Quella stessa notte avrei rotto il patto che avevo stipulato con me stesso tempo addietro, se non mi avesse rifiutato: sesso con chiunque ma non con le Echelon.

Ciò nonostante non mi arresi.

 La desideravo più di qualsiasi altra cosa e il suo no era un motivo sufficiente per continuare a provare.

 Mi disse che sarebbe stata presente a molti altri show della California.

Finii col contare i giorni che mi separavano da lei.

 Cercavo i suoi occhi, la sua bocca, e suoi capelli lunghi e setosi, nelle mie amanti. Tutto inutile.

Ogni volta che la rivedevo mi rendevo conto di quanto quelle donne fossero distanti dalla sua bellezza.

Mi stavo innamorando irrimediabilmente.

 Lei era unica. E labile.

 Mi sfuggiva dalle mani come acqua cristallina.

Ero talmente abituato a perderla che non mi resi nemmeno conto di averla conquistata. Probabilmente fu anche colpa dell’alcol che avevo deciso di trangugiare quella notte.

La notte del nostro primo bacio.

Il suo sapore, sulle mie labbra, era afrodisiaco.

Una droga.

 Più ne avevo, più ne volevo.

E il suo corpo.

Dio, se solo avessi potuto possederlo ogni attimo della mia vita.

Se fosse stato possibile vivere unicamente di passione, l’avrei fatto.

 Ma tutto era sul punto di cambiare.

 “The Kill” aveva varcato i confini dell’America, e con essa si erano aperte nuove possibilità.

I Thirty Seconds To Mars sarebbero sbarcati in Europa, e poi in Oceania, Asia e Sud America.

Gli ultimi tre show americani, prima del tour europeo, si tenevano in California.

 La portai via con me.

 Mi ci erano voluti cinque giorni e un centinaio di dollari di telefonate per convincerla ad usufruire del tourbus della band, per quel minitour californiano.

 Sa essere così testarda a volte.

 Le parlai della nuova avventura che ci aspettava e le chiesi di venire con me.

 Disse che non poteva.

Potevo leggere nei suoi occhi il desiderio di seguirmi e il peso della sua scelta.

Ero triste e deluso, ma non potevo biasimarla

. È giovane ed impegnata nella costruzione del suo futuro. Il College. La sua amata Medicina. Diventerà un grande medico, ne sono sicuro.

La fine di gennaio arrivò in fretta, forse anche troppo.

 Le chiesi nuovamente di partire con me. Non avevo nulla da perdere in fondo.

Ricevetti un altro no e una nuova chance: mi aveva concesso la libertà di andare con altre donne se l’avessi reputato necessario.

Sapeva quanto gli uomini potessero essere deboli, e io non facevo eccezione.

C’era una sola condizione: lei non avrebbe mai dovuto saperlo.

 Nessuna voce. Nessun sospetto.

Notti segrete in cui ero solo un corpo senz’anima che soddisfava i suoi bisogni più impuri.

I primi due mesi non furono difficili.

Le date erano poche ed intervallate da lunghe pause che mi permettevano di tornare a LA, e di stare con lei abbastanza a lungo da imprimermi nella mente l’odore della sua pelle e il calore del suo corpo.

Ma poi arrivò aprile, che avrebbe portato con sé tre settimane di astinenza dalla mia droga preferita.

 Provai a restarle fedele, ma con il passare del tempo l’intensità dei miei propositi si affievoliva. Insomma, certe abitudini non muoiono mai, e l’essere circondato da belle donne che avrebbero fatto qualsiasi cosa per una notte con me non mi aiutava.

Era un circolo vizioso: più passava il tempo, più cresceva la mia fama;  più cresceva la mia fama, più aumentavano le donne; più passava il tempo, più saliva il mio desiderio.

Cedetti una volta, poi due, poi tre, e così via, ogni notte; come un assassino al quale non cambiava nulla uccidere una persona, o ucciderne cento.

Avevo il suo benestare, ed ero sempre stato bravo a nascondere alla gente le mie avventure.

Di me si è sempre e solo saputo ciò che volevo si sapesse.

Continuavo ad amare Kate ma qualcosa si era rotto.

 “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

Riuscivo a gestire fin troppo bene la sua mancanza, e Kate tornava ad essere il centro del mio universo solo per il tempo di una telefonata.

Se fossi stato abbastanza bravo, avrei avuto tutto: la musica, i viaggi, il sesso promiscuo e l’amore di Kate.

Ero cambiato, o forse ero semplicemente tornato quello di sempre.

 Mi sentivo una versione romantica di Dr Jekill e Mr Hyde : fidanzato perfetto in America, bastardo senza cuore all’estero.

 Ma la situazione mi sfuggì di mano: non avevo previsto la vendetta di una donna.

Era la più tenace di tutte.

 Quella modella bionda sarebbe stata capace di conquistare qualunque uomo. Ammaliatrice per passione, voleva essere unica per chiunque la tenesse tra le sue braccia. Ma io appartenevo a qualcun’altra e lei non riusciva a sopportarlo.

Così decise di intervenire.

Si presentò a casa mia in una calda giornata di giugno, mentre ero impegnato per un altro giorno in Europa, e raccontò a Kate della notte che avevamo trascorso insieme dopo il NovaRock, in Austria, descrivendola come l’ultimo di una lunga serie di incontri.

 Kate avrebbe voluto non crederle, ma i dettagli del mio tatuaggio nascosto* erano una prova sufficiente.

Il mio ritorno a Los Angeles fu semplicemente terribile.

Non era venuta in aeroporto sebbene sapesse l’ora del mio arrivo. La chiamai al cellulare ma era spento.

Avevo un terribile presentimento, così mi diressi il più velocemente possibile a casa.

Uno strano silenzio mi accolse.

Nessun abbraccio.

Nessun bacio appassionato.

Mi catapultai in camera mia.

 Kate sedeva ai piedi del letto, con una nostra foto in mano. Aveva il volto distrutto, come se avesse trascorso una notte insonne. O forse due.

Mi avvicinai lentamente. Non volevo spaventarla. Sembrava sconvolta, e non ne conoscevo il motivo.

“Kate, tesoro, sono qui…sono tornato.”

 Passai una mano sui suoi lunghi capelli. Si irrigidì ancora di più. Pensai subito al peggio.

“ È successo qualcosa? Ti hanno fatto del male mentre io non c’ero?”

La sua risposta fu il silenzio. La strinsi forte a me.

“Parla. Dì qualcosa. Qualunque cosa sia, la supereremo insieme amore…”

A quelle parole si voltò di scatto verso di me. Potevo leggere la rabbia nei suoi occhi.

“Non. Chiamarmi. Amore.”

Sbarrai gli occhi per la sorpresa.

“C-Cosa?”

“Non chiamarmi Amore! Smettila di mentirmi! E lasciami! Mi fai schifo!”

Mi spinse lontano da lei, strappò la foto e si alzò dal letto.

“Ma che ti prende?”

“Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo!”

Camminava nervosamente avanti e indietro, portandosi le mani tra i capelli.

“Cosa sapevi Kate? Spiegati! Fammi capire!”

Si fermò e puntò i suoi occhi nei miei.

“ Che dovevi rimanere chiuso in quel fottuto cassetto. Che avresti dovuto continuare ad essere soltanto la voce di un cd. Un poster. Il mio idolo.

Che tutto questo era sbagliato.

Che noi due eravamo sbagliati.

 Che io ti avrei amato sempre e comunque, senza ricevere nulla in cambio. Che tu mi avresti amata per un’ora o due al massimo, ricevendo tutta me stessa.

Che saresti partito. Che non avresti resistito.

 Che non avresti tenuto fede alle tue promesse.”

Ecco perchè continuava a mantenere delle distanze fra di noi: aveva paura di quello che rappresentavo. Dell’uomo che ero.

 Darmi totale fiducia e abbandonarsi completamente alla mia vita, rinunciando alla sua, era un rischio che non poteva correre. Non c’erano garanzie nel mio modo di amarla.

L’avrei distrutta lentamente.

 Questo pensiero mi raggelò il sangue. Ero pietrificato, attonito. Non riuscivo a proferire parola. E lei continuava a parlare con le lacrime che le offuscavano la vista.

Ti avevo chiesto una cosa, Jared, una sola!

Nessun vincolo, nessun obbligo, ma un semplice atto di rispetto nei miei confronti: non farmi venire a conoscenza delle donne con cui vai a letto.

E invece, ecco che mi ritrovo una modella bionda davanti alla porta di casa, che mi vomita addosso i dettagli della vostra pseudorelazione!”

Capii subito a chi si riferiva.

 Quella puttana le aveva mentito, ma ciò non annullava le mie colpe. Avrei voluto urlare la mia rabbia a causa di quella maledetta donna, ma mantenni la mia stoica calma. Avevo una buona carta da giocare per uscire indenne da quella storia.

 Per risolvere tutto.

“Non c’è nessuna “pseudorelazione”.

 Una notte, una sola notte insieme. Sesso e nient’altro.

Sapevi che l’avrei fatto, no? Sapevi che non avrei resistito a lungo senza di te.

Me l’hai detto tu stessa, o l’hai dimenticato?”

Senz’alcun dubbio la miglior difesa rimane l’attacco.

Ero stato semplice, diretto, e apparentemente disinteressato. Come se non fossi stato io. Come se non l’avessi tradita.

 

“ Sì…ma…”

Non sapeva cosa dirmi. Era tutto vero: era consapevole che io, come tutti gli uomini, fossi un debole con dei bisogni e mi aveva dato il permesso di soddisfarli. Non le lasciai il tempo di replicare, e continuai ad infierire.

“ E allora perché te la prendi così tanto??

 Io non posso controllare le azioni degli altri!

Non le ho mica detto io di venirti a cercare! Non ne sapevo nulla.

 Io ho fatto il mio dovere.

Nessun paparazzo, nessun giornale, nessuno sa di lei.

Il tuo onore è intatto.”

“E il tuo? Il tuo lo è?”

No. Non lo era. Mi facevo schifo, ma che senso aveva ammetterlo? Ormai il danno era fatto.

Rimasi sulla difensiva.

“Non è di me che stiamo parlando.”

“No, hai ragione. Stiamo parlando di noi e del fatto che non te ne importa nulla.”

Forse era davvero così, ma la sua presenza mi confondeva. Negai.

“Non è vero…e lo sai.”

“Io non so più niente…”

Le sue lacrime mi facevano maledettamente male. Era tutta colpa mia.

“ Kate…Dio, Kate, smettila di piangere, non sopporto vederti in questo modo.”

“Non ci riesco Jay…non ce la faccio…io…”

“ Shhhh, vieni qui…”

L’abbracciai. Non mi ero reso conto di quanto mi fosse mancato tenerla tra le mie braccia. Non si oppose. Era troppo stanca per farlo.

“Io credevo di riuscirci, di essere forte abbastanza per sopportare le distanze, i tradimenti, la solitudine, la tua fama, ma…mi sento così debole adesso…”

Sentivo le sue lacrime attraverso la maglietta. La stringeva come se fosse l’unica cosa che le permetteva di tenersi in piedi. Le presi il volto tra le mani e la guardai dritto negli occhi.

“Sono io ad essere debole Kate.

Sono io che non riesco a dare un freno ai miei istinti e mi dispiace…non sai quanto…ma è la mia vita: è smodata e apparentemente senza senso, ma è quello che ho sempre voluto.

 È un sogno che si sta avverando.

Dopo anni di sacrifici le porte si sono finalmente spalancate…e mi dispiace che le implicazioni colpiscano soprattutto te. Dovrei lasciarti andare via, ma sono troppo egoista per farlo.

 Non riesco a sopportare l’idea di non averti accanto al mio ritorno.”

Ero sincero. E Kate aveva smesso di piangere. Si sarebbe risolto tutto…o almeno così credevo.

“È così difficile per me, Jay. Sono costantemente divisa tra ciò che sono e ciò che vorrei…per entrambi.

 Da Echelon urlerei con quanto fiato ho in gola l’orgoglio e la felicità per il successo che state ottenendo. Ve lo meritate, siete così bravi! Non c’è stato un momento in cui ho pensato che non ce l’avreste fatta.

Ma da donna, quella che ha scelto di essere la tua compagna, tremo all’idea di ciò che potrebbe accadere.

Ho paura che un giorno tu non tornerai…”

Osservavo le sue labbra rosse e martoriate. Quanto desideravo quei morbidi petali di rosa.

“ Tornerei sempre e comunque…da te…”

Mi avvicinai. Ero distante un soffio dalla sua bocca. Lei scosse il capo in segno di diniego e tolse le mie mani dal suo viso.

“No, Jared.

La verità è che la fama ti sta logorando, e che un giorno farà ritorno un uomo che avrà le tue stesse mani, le tue stesse labbra e i tuoi stessi occhi…ma non sarai più tu.

E io non potrei sopportarlo. Sarebbe troppo per il mio povero cuore.”

Acqua cristallina via dalle mie mani. Di nuovo.

“No…”

“ È così Jay…è chiaro come il sole.”

“No!”

“ Non siamo fatti per stare insieme. Due mondi troppo diversi…Noi…”

Dovevo fare qualcosa.

“Basta, smettila! So già dove vuoi andare a parare. Non dirlo, non pensarlo! Non farlo!”

 “È la cosa più giusta da fare.”

“Non lasciarmi Kate! Ti prego!”

Avrei voluto fermarla.

“Mi dispiace Jared. È finita.”

Ma non lo feci, e così Kate uscì da quella porta e dalla mia vita.

In un attimo l’avevo persa.”

Jared tornò a guardare l’uomo accanto a lui.

 “È andata via così, Jeremia. E io le ho permesso di farlo.

La paura aveva battuto il mio egoismo.

 No, ma che dico? Ero semplicemente troppo codardo per prometterle che sarei cambiato, e troppo egoista per fare qualcosa per riuscirci davvero.

 Sono una fottuta rockstar, con fottuti vizi. E la fama mi sta logorando.

 Ma la sua assenza, adesso, mi sta distruggendo l’anima.”

 

 

*Si vocifera che Jared abbia un tatuaggio in una zona del corpo nascosta alla vista.

Non so quanto ci sia di vero in questa storia, ma nel dubbio, ho comunque utilizzato questa informazione come prova della sua colpevolezza.

  
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