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Autore: Bellis    01/11/2011    4 recensioni
Sherlock Holmes esorta il suo Boswell a non essere troppo coraggioso. Watson comprenderà il vero significato di quelle parole solamente molti anni dopo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cielo, cosa non è questa shot.
Non è bella, vi avverto. Né come sintassi né, forse, come contenuti.
Non ha note, non ha formattazione e non ha link (ma li avrà, un giorno).
Non è elegante e non è stata redatta con lucidità (di qui l'avvertimento OOC, che è d'obbligo), questo ve lo assicuro.
Non so neppure se abbia una trama, e molto probabilmente durante la lettura sorgerà in voi la tentazione di rivolgervi al più vicino manicomio indicando il mio nome e indirizzo (per favore, mandateli direttamente in Ateneo, ormai risiedo lì).

Tuttavia, l'ho scritta col cuore. Avevo bisogno di scriverla.
Ed è dedicata a Sir Joseph Bell, che ha compiuto gli anni ormai due settimane fa. Questo è il suo regalo; ed è anche per ringraziarlo di essere il più caro e gentile medico di fiducia che una paziente (che, nella fattispecie, di pazienza ne ha pochissima) potrebbe mai desiderare.

Buona lettura.

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Per Joe Bell.
Con l'esortazione a non essere troppo coraggioso.
Son convinta che oggidì non ne valga davvero la pena



Bravery

Di tutti i ricordi che il mio cuore serba con amorevole cura, come uno scrigno racchiuderebbe nel velluto le gemme e i dorati gioielli ad esso affidati, molti riguardano la mia famiglia e, più in particolare, mio padre.

Mi crebbe negli ideali che la tradizione ancor oggi impone a coloro che vogliano contribuire alla solidità dell'Impero. La lealtà, l'onore, il coraggio costituiscono le fondamenta solide di una costruzione ardita, le cui maestose guglie svettano superbamente al di sopra di qualsiasi umana concezione. I nomi di così solidi mattoni, per grazia del Cielo, non sono estranei al popolano così come al governante: questa consapevolezza accende il mio animo d'orgoglio.
Il genitore che aveva consentito a me di far parte di una così grande e pura identità era - e tuttora rimane - il mio eroe e la mia guida.

Quando mio padre morì, io servivo in Afghanistan, ed il sole cocente inaridiva il volto e le braccia dei soldati: io li vedevo spegnersi, uno dopo l'altro, cadendo riversi nella sabbia e nella polvere, stringendo al petto il vessillo della nostra Regia Maestà con l'istinto di protezione che avrebbero adoperato nello stringere il loro primogenito ancora in fasce. Ritornammo in ventidue dalle pianure di Maiwand; alcuni su quelle lande desolate e dimenticate da Dio avevano lasciato una mano, altri avevano perduto le mostrine; i raggi bollenti dell'astro avevano abbagliato la vista di molti, a certi il vedere i compagni macellati dalla barbarie dei ghazis aveva reso canuta la chioma ancora folta: ma uno di noi aveva conservato e sistemato alla meglio su di una baionetta la nostra bandiera.

Il sottufficiale Murray mi vide affondare nel delirio, come la lancia di una baleniera sopraffatta dalla tempesta, e poi risalire lentamente verso un'esistenza che non mi apparteneva più completamente: fu l'ardimento dei miei compagni ed il terrore di non poter più seguire il loro esempio a richiamarmi alla vera vita.

Passai alcuni lunghi mesi nascondendomi.
Temevo d'esser fonte di delusione per un fratello maggiore che avrebbe veduto rientrar a casa un derelitto non più utile alla propria patria.
Mi biasimavo per la mancanza di ciò che mio padre mi aveva insegnato essere qualità essenziale di qualsiasi uomo degno di questo nome: il coraggio.

"Non siate troppo coraggioso, Watson."

Questa frase la udii, anche se di rado, dal celebre Sherlock Holmes. Alle mie orecchie suonava stridente: proveniva dalla persona che, incorruttibile, molto spesso aveva sacrificato la propria salute, il proprio tempo e le proprie risorse al perseguimento della giustizia.

Egli riscuoteva la mia ammirazione e la mia più profonda stima. Sovente glie lo rammentavo.
"Mio caro Holmes, è proprio la fermezza che deriva dal vostro coraggio a rendere la vostra opera tanto pregevole per la comunità, oltre che dal punto di vista scientifico."

Alle mie rimostranze rispondeva con un sorriso amaro.
"Guardatevi intorno, vecchio mio. Non ne vale la pena. E' più semplice trovare un ago in un pagliaio che un uomo onesto in Parlamento. La corruzione dilaga nella nostra società, e nulla è un vero ostacolo per coloro che traggono da ogni cosa un vantaggio assoluto e personale."

Sapevo per esperienza che sovente il cinismo era una seconda natura, per colui che avevo il privilegio di coniderare un amico.
"Sono certo che non pensiate veramente ciò che dite. Altrimenti, non agireste con la rettitudine che invece vi è propria."

"Ah, Watson," mormorò lui, sospirando, "Quest'epoca sarà definita dai posteri come 'l'Era dei Controsensi'. Verrà il giorno in cui comprenderete le mie parole."

Non era comune che egli si lasciasse andare apertamente alla nostalgia, sebbene spesso vedessi le fiamme del caminetto riflettersi nei suoi occhi ed ammorbidire l'acciaio delle sue iridi in un grigio nebbioso e cupo.

Solamente una volta vidi quel malsano colore rivolto direttamente a me. Ero deciso a tener fede al giuramento fatto molti anni addietro proprio quando ero finalmente messo alla prova: nel vortice tumultuoso di una guerra terribile, che prometteva di devastare l'Europa, la Capitale del nostro Impero era sotto attacco. Quello era il luogo nel quale la competenza di un medico avrebbe potuto fare la differenza.

"Non siate troppo coraggioso." mi ammonì, le dita esili della destra che si stringevano intorno al mio braccio. "Non siate scioccamente altruista. Riuscirete ad essere utile anche altrove. Più a nord."

"Non è altruismo il mio, Holmes. E' la risposta ad un dovere la cui responsabilità ho assunto numerosi anni or sono." ribattei, caparbio.

"Se riflettete lucidamente, comprenderete che il vostro obbligo professionale non v'impone in alcun modo di rimanere in questo luogo."

Era impossibile non prestar ascolto all'accento di autorità che la sua voce possedeva. Osservai il suo viso magro e tirato.
"È invece tutto ciò che mi viene richiesto. Lasciate che io possa tentar di rappresentare un piccolo frammento di civiltà in un luogo che, tra breve tempo, purtroppo assumerà le bestiali fattezze della guerra. Fate che io possa rappresentare il mio tempo, così come altri ne sono stati l'emblema, quando ero proprio io ad essere perduto nel baratro dell'ignoranza e dell'inutilità."

Mentre le parole mi sfuggivano, una ad una, dalle labbra, vedevo la fronte di Holmes corrugarmi, come se ogni suo timore si fosse avverato, ed ogni sillaba della mia invettiva gli fosse già nota ancor prima che io la pronunziassi.
Annuì, stancamente.

Poche settimane dopo quel breve scambio di opinioni, egli accettò un incarico che il suo illustre fratello, quale autorità rappresentante il governo britannico, aveva giudicato di affidargli. Partiva per l'America, e non avrebbe fatto ritorno prima di alcuni anni.

Al suo ritorno, la stanchezza si era già parzialmente impossessata di lui, ed il suo ritiro, per quanto dolce e soave fosse, tra le colline del suo amato Sussex, fu breve. Quella frase che lui aveva pronunciato poche ma memorabili volte, tuttavia, mi risultava così strana da rimaner ancora impressa nella mia mente, ed un giorno, in cui mi avventurai nella campagna per fargli visita, glie ne chiesi spiegazioni.

"Cosa significa, Holmes," domandai, con la stessa timidezza di un allievo che espone un dubbio al docente, "Esser troppo coraggiosi?"

Il mio amico sorrise leggermente.
"Esistono stelle così luminose, mio caro Watson, che nemmeno la foschìa più fitta potrebbe oscurare. In esse risplende la fiamma che le ha forgiate: un fuoco talmente puro da risultare irripetibile nell'intera rivoluzione dell'astro intorno al centro dell'Universo. Risulta istintivo voler preservare il frutto di un'opera tanto straordinaria da risultar sconosciuta anche allo stesso Vulcano.

Il fuoco che ha forgiato l'animo dei pochi dei quali voi fate parte è quello del dolore. Voi avete vissuto i tempi più bui e ne siete emerso come fonte di luce. Voi avete sperimentato il male e lo avete vinto diventando foriero di bene. Voi avete veduto l'esempio di bontà e lealtà che risiede nella nostra tradizione ed avete saputo seguirlo. Il mondo non è così, Watson."

Nel suo volto era impresso un torpore grave.

"Il mondo non si cura della giustizia. Non si cura d'altro che di proseguire il suo incessante peregrinare, scosso violentemente dalle mille e mille mani che tirano la grande clessidra del Tempo dalla loro parte, sperando di sottrarre al calice un poco della dorata sabbiolina.

Per questo a volte temo che non ne valga la pena, amico mio. Penso che il mondo non valga il sacrificio di uomini del vostro stampo. E vi esorto a non essere troppo coraggioso, mio buon amico, sperando che, da un istante all'altro, voi cambiate, smettiate di volervi porre in gioco, non ambiate più a risvegliare la nobiltà nel cuore altrui. E diventiate qualcosa che non è nella vostra natura: l'opaco riflesso di una civiltà che non cercherete più di salvare."

Rise silenziosamente, scuotendo il capo.

"Poi, l'angoscia di questo assurdo logico mi assale, mio caro Watson, e ringrazio il Cielo che voi, col vostro sentimentalismo, sappiate sempre ribattere a questi miei argomenti."

Non dissi nulla, sopraffatto com'ero dal tepore che si era sprigionato nel mio petto, e dalla commozione che quelle sincere parole provocavano in me. Mi limitai a ricambiare il suo sorriso con sincero affetto.

Non ritornammo più su quell'argomento - non ve ne fu, ahimè, occasione.
Ma ancora oggi, che la mia mano fatica a tracciare linee d'inchiostro sufficientemente intricate da rispecchiare il mio pensiero, il braccio diviene d'un tratto meno pesante e tutto il mio animo sembra ringiovanire, quando quelle parole mi riscaldano e mi fanno sperare di poter portare un contributo alla nobile tradizione della nostra Inghilterra, per quanto debole possa essere la volontà di un povero vecchio di fronte alla scalpitante veemenza del progresso.


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"Don't be too brave. Bravery is a fine thing on some occasions, but sometimes it can be quite a dangerous thing. The stiff upper lip is not always the best." -- Jeremy Brett
   
 
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