Perché poi io sono tipo riccio, e quindi non dico quel che penso ma mi appallottolo e mi difendo con le spine.
E intanto tremo, ma non di freddo. Di paura.
La cosa che mi piace è la non coerenza nei propri pensieri. Dei tipo un attimo prima è ‘si, vai bene.’, e un attimo dopo partono gli apprezzamenti verso qualcun’altroacaso ..e il mio ‘vai bene.’ diventa un ‘vorrebbe di meglio.’
E allora vado a prendere quel sacchetto di carta su cui ho appositamente ritagliato i buchi per gli occhi, me lo infilo in testa e allora sì, in quel momento, puoi andare fiero di quello che sei. Del tipo ‘così le piaccio sicuro.’.
Se poi magari ci disegni un sorriso diventi pure meglio, quasi che non dispiace guardarti. Sotto a quel sacchetto non ho bisogno di complimenti, non ho bisogno di critiche. Tanto che ci vedono gli altri? Al massimo gli occhi ma quelli, ogni tanto, sono anche belli dai. Quando metto le lenti e non son quattrocchi. Cancello con la gomma quella montatura disegnata a matita sul sacchetto…e poi risulto meno talpa, meno strabica, e forse si capisce un po’ di più quello che penso…e non so quanto sia una bella cosa.
Poi giro per la strada e vedo ‘quello migliore’, e neanche il sacchetto mi salva dall’essere schiacciata dall’inferiorità. Poi dici che son riccio, e che ti pungo. Lo faccio per salvarmi la vita, il riccio.
Che poi la sostanziale differenza qual è? Che sei l’unica che guardo davvero, da dietro quel sacchetto. Che se non faccio complimenti ad altre ragazze non è per non ferirti, ma perché non ne esistono, di ragazze come te.

E ora tremo meno, dai. E ora pungo meno, dai.

 Non è per ferirti, ma per non ferirmi.