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Autore: Stukas are Coming    02/11/2011    1 recensioni
Un Tom molto diverso dal solito, un Tom cattivo. Una vita squallida senza felicità porta a diventare... Persone con hobby alquanto macabri.
L' idea per questa storia me l' ha data una mia carissima amica, avevo già pensato ad un racconto simile ma lei mi ha definitivamente "aiutato" a scriverla. Danke, Alice :3
Spero vi piaccia, a me l' idea di un Tom tatuato e bullo -anzi, qualcosa di diverso- mi piace molto.
Il luogo non è ben definito, ero indecisa tra Amburgo, Genova o Londra per l' ambientazione. Se vedete che non lo dico, è per questo motivo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Passano i giorni ma una domanda continua a girarmi per la testa: per quale motivo il tizio ha voluto sapere gli indirizzi della nostra abitazione e del luogo dove lavoro ? Non ne ho idea. Ho fatto male a dirli ? Speriamo di no.

Inoltre un altro sogno contorto dei miei mi ha messo addosso un' angoscia non gradita. Ero su un treno, tranquillo, e davanti a me c' era un anziano che scuoteva la testa irritato. Gli domandai il motivo della sua seccatura e rispose che il convoglio era in ritardo; tuttavia a me sembrava andasse veloce. Arrivammo alla prima stazione e là doveva esserci un mio conoscente, chiesi di lui ma dissero che se n' era andato da poco pensando che avessi perso la corsa. Alla seconda fermata doveva aspettarmi una ragazza, ma a sentire gli altri il ritardo era salito a tre ore. Mi parse improbabile, ma non c' era nessuno per me.

Alla terza ci sarebbe stata mia madre, e in effetti c' era una donna imbacuccata su una panchina, incredibilmente invecchiata. Rispose che l' attesa non era durata molto, solo quattro mesi.

Ripartii e intanto era sceso l' inverno, paesaggi innevati si susseguivano dal finestrino. Quando il convoglio si fermò alla quarta stazione, volli sapere da un facchino solitario se avesse visto un signore che era mio padre, dopo un' accurata descrizione. Disse di no, che da tanto non c' era più nessuno qua, ma una signora mi stava attendendo in là. Mi indicò una direzione e ci andai, i piedi immersi nella neve. La vidi: una donna in nero, un lungo vestito i cui lembi si adagiavano piano sul candore, un velo nero sulla lunghissima chioma bionda. Il suo pallore era mortale, i suoi occhi scuri come un pozzo. Alzò un braccio per fare cenno di avvicinarmi e vidi che era tutto scheletrito.

Mi sono svegliato ansimando, con un attimo di assoluto terrore vedendo la neve fuori dalla finestra come nel sogno, e sono riuscito a tranquillizzarmi solo dopo molto. Non lo voglio raccontare ad Arianna, non voglio disturbarla con i miei incubi.

Oggi Lukas, dandomi modo di distrarmi, ci ha invitati a casa di un suo amico; la sua è troppo disordinata e poi non ha neanche nulla da offrirci. Abbiamo accettato e ci ha dato l' indirizzo: è leggermente defilata dal centro della città, credo si trovi in periferia o comunque un po' più lontana dalle vie principali.

E' il primo pomeriggio dopo molti nel quale non nevica. C' è una particolarissima luce nell' aria e il manto bianco ricopre tutto come il sudario di un angelo.

Arianna è al settimo cielo perchè ha trovato dal negozio dove lavora una gonna che cercava da secoli, la donna le sta simpatica e guadagna abbastanza bene. Pure lei sta pensando ad un tatuaggio da farsi, il suo desiderio è una Sally di Nightmare Before Christmas sull' interno del braccio sinistro. Finiremo per prosciugare tutte le scorte di inchiostro per tatuaggi della Germania.

Al negozio dove lavoro è venuto Andreas, il tatuatore, se possibile ancora più alto e magro. Voleva prendersi una maglia e ho colto l' occasione per domandargli se poteva farmi “No regrets” sul dorso delle mani -alla fine abbiamo deciso così- e il disegno per la ragazza.

Siamo rimasti molto tempo a parlare, è simpatico anche se talvolta un po' sfuggente, ambiguo. Non riesco a capire ciò che prova o pensa; ci sono momenti in cui, a giudicare dal suo viso, potrebbe odiarmi o adorarmi. In ogni caso è una compagnia gradita, anche perchè di amici abbiamo solo il rasta.

 

Mi rigiro il cappello fra le mani, ragionando se devo metterlo o no. Fuori non sembra freddissimo, non c' è vento. Arianna mi avvisa dicendo che se poi vengo a piagnucolare da lei dicendo che sto congelando, non mi da neanche mezzo guanto. Turbato da questa minaccia me lo metto e mi fa un sorriso soddisfatto.

Afferro al volo il bigliettino con scritto l' indirizzo ed usciamo nell' atmosfera immobile e paralizzata dal ghiaccio, il sole è accecante e, con umiliazione, do un' occhiata alla ragazza che mi rimanda un ghigno: lei ha gli occhiali. Sospiro e la sento ridere.

Chiediamo ad un uomo se sa dove dobbiamo andare per raggiungere la nostra meta e ci guarda con sorpresa, ma ci da qualche indicazione e riprendiamo la camminata.

Si, dev' essere in periferia, verso nord. Infine, dopo un po', decidiamo di chiamare un taxi che ci lascia proprio davanti all' abitazione -o meglio, la villa.

E' molto grande e lussuosa, con un vialetto privato e un gran numero di alberi intorno al terreno. Capisco perchè quel signore ci ha dato un' occhiata strana, due come noi qua non c' entriamo nulla.

Ci avviciniamo con un certo timore perchè non abbiamo mai avuto la fortuna di entrare in un luogo tanto sfarzoso; spingiamo il cancello di nero ferro battuto già aperto in precedenza, e percorriamo il viale, lo scricchiolio della ghiaia sotto ai piedi.

<< E' così goth ! >>

Esclama sottovoce Arianna, guardandosi attorno deliziata e stringendo i pugni come una bambina emozionata. Sopra di noi, il cielo assume una minacciosa tonalità plumbea. Altra neve in arrivo, immagino.

I rami secchi degli alberi sono curvi e imprigionati dentro al ghiaccio che li ricopre per intero, paiono fatti di marmo.

Lukas ha un amico decisamente facoltoso, mi dico osservando intimidito le statue e una fontana con un delfino in mezzo; certo che uno come lui è un personaggio fuori luogo qua... Ma non posso parlare, noi siamo ancora peggio. Non ho pensato a vestirmi un po' meglio, cazzo, speriamo non ci venga ad aprire un maggiordomo di quelli odiosi che si vedono nei film, che ti guardano dall' alto in basso con un' espressione di disprezzo totale.

Suono il campanello dalla foggia antiquata e attendiamo guardando la facciata della villa, con due specie di leoni che ci fissano dall' alto.

Poco dopo la porta si apre e ci si para davanti Lukas, vestito al suo solito (rincuorandomi) che ci saluta e ci fa accomodare. Sparisce da una parte per andare a prendere da bere e rimaniamo da soli. L' antro non è immenso, ma è stupendo. Il pavimento è formato da piastrelle nere e bianche a scacchi, un meraviglioso lampadario di cristallo pende dal soffitto decorato con sottili stucchi, tavolini di legno pregiato e abat-jour completano la scena.

Ciò che mi colpisce sono però delle note di pianoforte, solitarie, tristi, che si spandono nell' ambiente. La malinconia insita nel loro suono, la loro bianca purezza simile ad un fiocco di neve, bastano a farmi svanire in un mondo parallelo fatto di questa musica.

Mi volto verso una porta in penombra attraverso cui si vede una stanza ricoperta in legno e un' altra sala in fondo. Proviene da là.

Ecco un momento più rabbioso, ora dolce, ora deprimente per tornare subito alto, un giro di note vibrante e via con rinnovata malinconia, estrema dolcezza, tranquillo dolore, un addio forse.

<< Tom ? >>

Bisbiglia Arianna, toccandomi piano un braccio, ma le faccio cenno di attendere.

Le dita di chi suona compiono una velocissima sequenza di suoni, ma rallentano presto fino quasi a fermarsi. Un momento cupo ora, fosco, infinito, un' accusa rivolta al destino crudele.

Muovo dei passi verso la fonte di questa meraviglia, attraverso l' anticamera per trovarmi in una sala dove la tinta dominante è il bianco: bianca la neve che si fa vedere dalle enormi vetrate, bianche le pareti, bianco il pavimento, bianco il vetro del candelabro che regge candele sopra la mia testa. In fondo c' è un candido pianoforte; una figura in nero, azzardata macchia oscura, sta calcando i suoi tasti.

Percepisco che è il termine del brano, infatti dopo poco le dita si arrestano e il silenzio cala timidamente su tutto.

<< Chopin, Marcia funebre >>

Dice una voce chiara quanto il ghiaccio all' esterno.

<< E'... Dio, è sublime. >>

Riesco a dire, imbarazzato. La persona si volta e dipperlì non riesco a capire se sia un maschio o una femmina. Ha capelli biondissimi, occhi azzurri e una pelle di marmo. Le labbra sono rosso sangue.

<< Klaus, non dirmi che hai suonato Chopin ! >>

Esclama Lukas dietro di noi, facendo scoppiare la bolla incantata del momento corrente.

Allora è un uomo, il tizio.

<< So che non è un pezzo molto allegro, ma avevo voglia di farlo. Scusate se non vi ho salutati. >>

Si presenta alzandosi e stringendoci la mano, faccio in tempo a notare il segno nero di un tatuaggio che spunta da sotto la manica.

Sarebbe questo dunque l' amico ? Un personaggio strano, senza dubbio.

<< Siete così diversi, voi due... >>

Dice Arianna sedendosi con cautela su un enorme divano in pelle. La imito, seguiti dal rasta che si butta a capofitto. Si mettono a ridere.

<< Siamo sempre stati compagni di classe, siamo diversi come il fuoco e l' acqua ma incredibilmente l' amicizia è sopravvissuta >>

Annuisco. Che razza di pomeriggio dovremo passare ?

<< E' tua la casa ? >>

Dice Arianna rivolta al nostro ospite.

<< Si, l' ho ereditata dalla mia famiglia. >>

<< Ci vivi da solo ? >>

<< No, no ! Sarebbe troppo grande per me. Volete vedere i piani superiori ? >>

Accettiamo e ci porta in giro per le tante stanze; ad un certo punto mi spavento perchè stavo sbirciando dietro una porta semi chiusa, quando di colpo è uscita una ragazza dai capelli castano-rossicci e gli occhi verdi. Ho fatto un balzo, lei s' è scusata con un lieve inchino e s' è dileguata.

<< Chi... Chi era ? >>

<< Ah, Sofia ! Viene qua talvolta, prende lezioni di piano con mia madre. >>

Risponde Klaus, continuando a camminare.

Mi volto per vedere dove sia finita ma il corridoio è deserto, e la mia compagna assassina mi da un colpetto contro le costole per farmi capire che se mostrassi meno attenzione verso quella là, sarebbe meglio. Ghigno.

<< Perchè ti sei girato ? >>

Domanda.

<< Niente, niente, solo mi ricordava qualcuno >>

<< Ti sarai sbagliato >>

Termina, con tono sbrigativo.

Quando torniamo nel salone vedo una chitarra elettrica appoggiata sul divano oltre a varie birre su un tavolino. La chiacchierata ricade sui tatuaggi e ne approfitto per domandare al biondo se ne ha, riferendomi a quel segno nero che ho visto apparire per un attimo.

Vengo a sapere che prima era una specie di punkabbestia e di disegni sul corpo ne ha a volontà, dunque capisco come hanno fatto a conoscersi lui e Lukas.

Il rasta si mette a suonare la chitarra, facendolo decisamente bene, e ci fa provare. Riesco a fare qualche nota, ma smetto presto perchè mi fanno male le mani.

Successivamente si apre una discussione su quale genere musicale sia il migliore, tra metal, rock e punk. Provo ad inserire anche il rap ma nessuno mi caga, perciò lascio perdere. Alla fine a quanto pare vince il metal grazie alla mastodontica opera di convincimento di Arianna, andiamo nella camera da letto di Klaus dove c' è un computer e lei ci fa sentire dei pezzi a suo giudizio “fantasmagorici”.

Dopo usciamo nel giardino della villa per un altro tour; statue, fontane, alberelli decorativi e orpelli da ricchi abbondano. Incontriamo un gatto nero infiltratosi di nascosto e lo coccoliamo un po', poi con due balzi si allontana.

Quando la giornata termina sono molto più soddisfatto di quanto pensassi appena entrati, Klaus è un tipo strambo ma simpatico.

Temo che dovranno amputarmi anulare e medio della mano sinistra, sono congelati, non riesco neanche a muoverli ! Ci siamo dovuti fare a piedi tutto il tragitto di ritorno non avendo soldi dietro per un altro taxi, ha ripreso a nevicare e le mie mani sono state quelle che hanno sofferto di più il freddo.

Dell' uomo di Alex nessuna traccia, nemmeno di Alex stesso, osservo controllando il cellulare. Preferisco così.

<< Questa sarebbe una serata perfetta per una vasca insieme, eh ? >>

Commenta la ragazza ghignando.

<< Davvero. Guarda le mie mani, che schifo >>

Mormoro con voce piagnucolante. Sono tutte rachitiche.

<< Già sei magro, se poi ti si congelano è ancora peggio. >>

Sto per chiederle cosa c' entri la magrezza con il freddo, ma lascio perdere.

<< Dammele >>

Gliele avvicino e le stringe fra le sue per riscaldarle, inginocchiandosi su di me. La faccio spostare subito perchè un suo ginocchio che mi spiaccica la coscia non è molto gradevole, allora mi si siede in grembo procedendo nella sua opera di incalorimento mani.

<< Cristo, sono gelide. >>

<< Se me le metti nello scollo della tua maglia, la situazione migliorerà di colpo >>

<< Ah ecco, è tornato il Tom di un tempo ! >>

Esclama con un gran sorriso, ed esegue ! Dovrò farmi congelare le dita più spesso.

Passati alcuni minuti ritiene che adesso sono a posto, aggiunge che ora devo io riscaldarla e fa una battuta talmente squallida che, appena detta, scoppia a ridere perfino lei.

In ogni caso la accontento, e l' angoscia dell' incubo pian piano scivola via. 

   
 
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