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Autore: gattoridens    02/11/2011    8 recensioni
Missing moment ambientato alla Tana prima del matrimonio di Bill...
Dal testo: "Ron sembrava un po' agitato e continuava ad inghiottire a vuoto, in effetti si stava chiedendo se fosse una cosa positiva o meno che Hermione continuasse la sua lettura mentre gli rispondeva"
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Weasley al 100%


«Hermione...»
«Sì?»
Hermione era seduta al tavolo della cucina della Tana, tutta presa dalla lettura di un grosso tomo dall'aria antica, Ron sbucava solo con la testa dallo stipite della porta e la guardava impacciato mentre cercava di parlarle.
«Hermione... Avrei un favore da chiederti...»
«Dimmi, Ron.»
Ron sembrava un po' agitato e continuava ad inghiottire a vuoto, in effetti si stava chiedendo se fosse una cosa positiva o meno che Hermione continuasse la sua lettura mentre gli rispondeva.
«Ehm, domani, al matrimonio, ecco, dovremo aiutare un sacco con gli invitati e tutto il resto, però, ecco, quando saremo più liberi, magari, se ti va, si potrebbe, ecco, magari, bere qualcosa, cioè, anche il resto del giorno si può bere, però, ecco, magari, poi, si può bere insieme, se vuoi, ma se non vuoi non si beve, insieme intendo, se vuoi bere da sola puoi, certo, ecco...»
Hermione puntò l'indice sulla pagina, proprio nel punto dove era arrivata a leggere, quindi si concesse di spostare lo sguardo dalle parole e portarlo verso Ron, che reagì all'istante arrossendo sulle orecchie.
Hermione non diceva nulla e non dava segno di avere intenzione di farlo, anzi, il suo sguardo sembrava quello di chi attendeva ancora qualcosa, una spiegazione, una conclusione... Ron si sentì, quindi, costretto a continuare, il che non era proprio il massimo delle sue aspirazioni: già per buttare giù le quattro parole di prima ci aveva pensato tutto il giorno e il risultato non era stato dei migliori, dover continuare improvvisando lo metteva ancora più in ansia.
Come se la cosa potesse far apparire più comprensibile il suo tentativo di discorso, varcò la soglia ed entrò in cucina: forse Hermione non lo aveva sentito bene perché era troppo lontano o perché le parole dette quasi contro lo stipite della porta non le erano arrivate chiare.
«Beh, mi intendo dopo la cerimonia, verso sera, quando non occorre più il nostro aiuto...»
Hermione lo guardava ancora con aria interrogativa, il che non fece altro che aumentare lo stato di agitazione di Ron, che non sapeva più cosa avrebbe potuto dire, o anche solo pensare.

Nella sua testa, mentre si immaginava quel momento, aveva provato a formulare qualche ipotesi di come la ragazza avrebbe potuto reagire, aveva previsto un "Vedremo, Ron, se non ci sarà davvero nulla da fare", o un "Certo! Vado subito a mettermi d'accorso anche con Harry!", poi aveva iniziato con i film mentali e aveva sperato di sentirsi dire "Oh, Ron, finalmente io e te potremo avere un po' di tempo solo per noi" e il tutto che accadeva con lo sfondo di un tramonto mentre si abbracciavano e... No! Questa opzione era da scartare del tutto: Hermione non avrebbe mai detto una cosa del genere. Anche nei suoi sogni più rosei si sarebbe dovuto aspettare, al massimo, qualcosa del tipo "Finalmente, Ron, ti sei deciso ad invitarmi, e non come ultima possibilità", questo era decisamente più da Hermione, ma si trattava comunque di una categoria di risposte troppo rosee perché si avverassero: presupponevano che lui potesse avere delle speranze con lei.
A pensarci bene, però, aveva notato che Hermione reagiva positivamente ai suoi complimenti e lui cercava di elargirli con costanza e perseveranza, come libro insegnava ("Dodici passi infallibili per sedurre una strega" era stato senza ombra di dubbio l'unico regalo degno di nota che i gemelli gli avessero fatto in diciassette anni di vita, e si era dimostrato anche utile), e questo poteva bastare a riaccendere in lui qualche aspettativa, forse nemmeno troppo illusoria.
Al momento, però, qualsiasi previsione, anche funesta, che avesse messo in conto Ron Weasley, sembrava essere una prospettiva più che utopica, se confrontata al clima surreale che aleggiava in cucina: lui, in piedi come uno stoccafisso e rosso come solo un vero Weasley poteva diventare, continuava a balbettare, Hermione, ancora col dito a tenere il segno sul suo librone, restava muta come un pesce, mostrando uno sguardo scrutatore ed interessato, come di chi si attende che da un momento all'altro il proprio interlocutore riveli qualcosa di significativo, come il colpo di scena dopo il momento di suspance nei film babbani di cui spesso gli raccontava.

Il problema, in totale, era che l'interlocutore in questione riteneva di non aver altro da dire.
Quell'immobilità diffusa stava diventando alquanto scomoda ed imbarazzante, come se non lo fosse già a sufficienza il tentativo di invitare Hermione a bere qualcosa con lui, pensava Ron.
Ad un tratto, però, la ragazza sembrò prendere coscienza di qualcosa, inclinò il capo e, candidamente, con uno sguardo un po' confuso, ma con tono deciso, disse:
«Ho capito, Ron, ma prima hai detto che dovevi chiedermi un favore, quindi dimmi, non occorre che ci giri attorno, che cosa ti occorre?»
Solo casualmente la mascella di Ron non sfondò il pavimento, visto se l'era sentita cadere, ma, evidentemente, qualche tendine e qualche  muscolo erano riusciti a trattenerla all'altezza del viso.
«Stai scherzando, Hermione?»
Gli uscì un tono sorpreso, ma anche contrariato: insomma, lui si era impegnato a pianificare questo invito, preparato al peggio, aveva preso coraggio e detto (anche se non proprio elegantemente e con la sicurezza che avrebbe voluto) ciò che doveva e lei gli rispondeva in quel modo? Lo stava forse prendendo in giro?
No. La risposta al suo dubbio arrivò diretta come uno schiantesimo ben piazzato quando la vide disorientata da ciò che lui aveva appena chiesto: Hermione, davvero, non aveva capito.
«E pensare che sei stata definita la strega più dotata che Hogwarts non vedesse da tempo», rise Ron, guadagnandosi un'occhiataccia, «e anche io pensavo che fossi più sveglia!»
Ron rideva sempre più divertito ed Hermione sembrava sempre più piccata, tanto che si voltò bruscamente e mostrò in modo evidentemente plateale il suo sdegno, riprendendo a dare la sua esclusiva attenzione al libro, come se non ci fosse nessuno nella stanza oltre a lei e quel mattone di carta.
La risata di Ron sfumò con leggerezza e, col tono ammorbidito dalla visione del dolce broncio di  Hermione, spiegò:
«Era quello il favore: bere qualcosa con me...»
Hermione teneva lo sguardo fisso sul tomo, ma era palese che non stesse leggendo, con gli occhi immobili verso in un punto indefinito.
Ron si era tranquillizzato: ora che le carte erano in tavola, doveva solo attendere una risposta, e lui si era preparato anche all'ipotesi peggiore.
Peccato, però, che nel vaglio delle varie possibilità, avesse tralasciato un particolare di assoluta importanza: lui non aveva a che fare con una strega qualsiasi, ma con Hermione Granger, una ragazza davvero eccezionale, in tutto, anche nelle reazioni...
Hermione, a discapito di ogni previsione, con fare da saputella antipatica snocciolò quel paio di parole che furono in grado di mandare il giovane Weasley a farsi un giro istantaneo nel baratro della frustrazione di chi viene assalito dalla voglia di affatturare la ragazza che gli fa battere il cuore, perché in realtà non è altro che l'insopportabile "so tutto io" di sempre.
«Vedi, Ron, tecnicamente questa tua richiesta non è un favore, ma un invito. Un favore è un aiuto, ma tu non mi hai chiesto di darti una mano a fare qualcosa, quindi non sono io a non essere "sveglia", sei tu che ti sei espresso in modo inadeguato!»
Ron era davvero indeciso se strozzarla o se mettersi a piangere come un bambino... e pensare che pochi attimi prima l'aveva trovata adorabile nel suo piccolo broncio offeso... Capricciosa! Ecco cosa era! Capricciosa, permalosa, insopportabile ed insostenibile!
Gli toglieva le forze!
E le bastavano due parole...
Maledetta lei, lui e il giorno in cui si era accorto di avere una cotta mostruosa per lei!
Ci rinunciava.
Punto.
Non gli restava che andarsene e lasciarla a godersi quello stramaledetto mattone che, di sicuro, non sbagliava con le parole...

Ron non riuscì nemmeno a concludere il pensiero che lei lo precedette: con decisione alzò il capo dalla lettura, chiuse il libro con un colpo secco, si alzò e si diresse verso la porta passando accanto a Ron e sfiorandolo appena, come se invece di una stanza fossero in un corridoio troppo stretto per permetterle qualche centimetro di distanza; appena sorpassato di un passo, voltò lo sguardo versoi di lui e, con un sorriso dolce e un po' imbarazzato, gli disse:
«Accetto l'invito... E non per farti un favore... Farebbe molto piacere anche a me bere qualcosa con te...»
Detto ciò, Hermione lasciò Ron da solo, impalato in mezzo alla cucina, gongolante, con un sorriso ebete ed un pensiero fisso per la testa:
«È arrossita... e con quel colore ci starebbe proprio bene in mezzo a noi Weasley, anzi, è già parte della famiglia!»
Poi, diventando un tutt'uno con la tonalità dei suoi capelli, concluse nella sua testa:
«Forse potrei essere io a farla diventare una Weasley al cento per cento...»
   
 
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