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Autore: Silvar tales    02/11/2011    3 recensioni
Con inconcepibile nonchalance, l'eroina estraeva dalla saccoccia di Mary Poppins la mazza ferrata, e senza tanti giri di parole l'appoggiava sul cranio dell'ammasso di pixel, dimezzandogli la barra della vita.
Deidara sbuffava tanto da far concorrenza ad una locomotiva a vapore.
Si alzava dal calduccio del sofà e riavviava il gioco, convinto che l'avrebbe fatto finché, per caso, non sarebbe riuscito a mettere Konan a tappeto.
“Oh, siamo saliti di livello?”
[Turno 1, Stanza 6: Invasione ufo]
[34 punti ottenuti al contest "Le Dodici Stanze - Chi la dura la vince" indetto da ellacowgirl in Madame_Butterfly]
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Deidara, Konan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Deidara sfida Le Dodici Stanze '
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Eclection




L'omino passeggiava furioso sullo schermo, saltava e correva al paranoico ritmo delle dita di Deidara.
I tasti già provati del vecchio controller schioccavano molli, sotto la pressione di quei tocchi esperti che ormai agivano in automatico.
Ore ed ore sacrificate allo studio per riuscire a battere Konan, una sottospecie di mostro informatico, uno di quei cyborg che ogni tanto si affacciavano nella loro facoltà, venendo etichettati o come pazzi, o come geni, o più spesso come entrambi.
Quando quella povera donna, ovvero la madre di Deidara, si era vista piombare in salotto una setosa cascata di capelli blu, un delizioso piercing sul mento e un visino pasticciato di fondotinta, aveva cominciato a sperare che il suo figlioccio si fosse ricreduto sulla propria omosessualità.
Speranze prontamente atterrate con un secco: “lei è Konan, la mia lella(1) preferita!”
Brillante, Deidara le aveva scoccato due baci su ognuna delle guance, in tutto quattro bacioni rosa e umidi, sotto lo sguardo inviperito della madre.
Con inconcepibile nonchalance, l'eroina estraeva dalla saccoccia di Mary Poppins la mazza ferrata, e senza tanti giri di parole l'appoggiava sul cranio dell'ammasso di pixel, dimezzandogli la barra della vita.
Deidara sbuffava tanto da far concorrenza ad una locomotiva a vapore.
Si alzava dal calduccio del sofà e riavviava il gioco, convinto che l'avrebbe fatto finché, per caso, non sarebbe riuscito a mettere Konan a tappeto.
“Oh, siamo saliti di livello?” notò allegra la donna informatica, mascherando uno sbadiglio.
Effettivamente il paesaggio della land era cambiato. Ora, al posto della giungla pluviale zeppa di appigli e liane e passaggi intra-mundi nascosti nel muschio, c'era un deserto arido e arancione, praticamente privo di nascondigli, piatto, afoso e infestato da scorpioni e serpenti cobra.
Ora il problema non era affrontare quel bulldozer blu di Konan, ma schivare i vari oggetti striscianti che brulicavano tra la sabbia, che scavavano con la testa gallerie scure e mobili per poi spuntare senza preavviso sotto gli stivaletti del malcapitato personaggio, sottraendogli un quarto di forza vitale.
“Qui ci vorrebbe Fire Eagle”.
Konan alzò un sopracciglio borchiato, per poi esibirsi in uno sbadiglio teatrale.
“Fire Eagle?”
Fire Eagle era una sorta di avvoltoio delle steppe americane, con il collo lungo e rosa cenere, la mantellina di penne nero-fumo e un odioso verso acuto dentro al becco.
Era il mezzo di trasporto preferito di Eclection, l'eroe di Deidara. Lo prendeva docilmente in groppa, lasciandosi abbracciare dai suoi gomiti virtuali, e svolazzando lo portava in capo al mondo. Eppure Fire Eagle non compariva nella lista degli enti magici disponibili, benché Deidara l'avesse sbloccato con tanta fatica.
“Non c'è!” Sbottò irritato, chiudendo il menu dell'inventario. Forse in quel livello il suo fedele braccio destro non era disponibile.
“Vado a prendere da bere...” fece per alzarsi nuovamente dalla sua postazione di gioco, seguito dagli occhi luccicanti di Konan, ma un lamentoso stridio ammazzò il silenzio, facendo vibrare i vetri.
Non che Deidara fosse un tipo fifone, codardo o impressionabile, ma stavolta sentì distintamente il sangue raggelarglisi nei condotti venosi.
“Mamma?” fece incerto, vagando spaesato da una parte all'altra della stanza.
L'urlo disumano li colse di nuovo, questa volta ovattato dai muri e dalle imposte.
Konan, senza scomporsi, scoppiò la bolla fucsia di chewin-gum che stava gonfiando, e indicò pacata la portafinestra del salotto.
Un volatile di portate non propriamente ridotte, dal collo spiumato e dal manto carbone, attendeva speranzoso a mezz'aria, scrutando con perle gialle dentro il salottino curatissimo della signora Iwa.
“Fi-Fire Eagle?”
Dopo ore di apatia, Konan si decise a reagire: alzò il sedere dal puf e sbloccò la maniglia della finestra, permettendo all'avvoltoio troppo cresciuto di gracidare lietamente all'indirizzo del suo padrone.
“Forza Eclection, non cercavi Fire Eagle?” disse enigmatica, allargando sul viso bianco il suo bel sorriso.
Sì, cercava il suo fedele destriero, ma non si aspettava certo di trovarlo fuori dalla finestra di casa sua!
“Konan”, principiò sospettoso, mentre si issava sul dorso della bestia con lei attaccata dietro la schiena, “stai cercando implicitamente di dirmi che hai trovato un modo per trasporre la dimensione virtuale del videogioco nella nostra?”
“Proprio così”, rispose la ragazza, più allegra e solare che mai. Fire Eagle iniziò a sbatacchiare le ali in modo per nulla elegante, per poi dirigersi verso ignote direzioni.

Come non detto, l'aquilotto planò in un buco cavernoso, irto di stalattiti e... quelle altre.
“Stalagmiti”, lo illuminò Konan con professionalità.
Esattamente quelle.
Era un luogo, insomma, irto di stalattiti e stalagmiti.
Per farla breve, una grotta fredda e bagnata, rischiarata da un breve lumino proveniente dall'imboccatura.
Non riuscirono nemmeno a fare un passo, che si ritrovarono le scarpe impiastricciate di una gelatina verde, a tratti gommosa e a tratti fluida.
“Bleah”, fece Konan, poco raffinata, osservando disgustata la punta del suo stivaletto bianco sporca e infangata.
“Si può sapere dove siamo?”
“Se non sbaglio, questo dev'essere il livello de...”
“De...?” lo incalzò Konan, “di cosa, Deidara?”
D'improvviso, dei fasci luminosi di tutti i colori iniziarono a scandagliare la zona, penetrando fino nelle profondità dell'intestino in cui erano nascosti.
Dei boati per nulla rassicuranti rimbombarono all'esterno, giungendo alle loro orecchie come suoni gravi, attutiti dallo spesso piumone di roccia che li proteggeva.
Parte del soffitto si irradiò di crepe, per poi sfaldarsi e precipitare al suolo sotto forma di polvere e massi. Quello che rivelò il cielo diurno fu a dir poco agghiacciante, anche se Konan lo definì piuttosto eccitante: una squadriglia di navicelle da guerra si levava fin sopra le nuvole, cercando di tener testa ad uno sciame di buffi oggetti volanti, grandi ad occhio e croce come una ricordella potteriana, ma micidiali.
Dal boccaporto sputavano secchi raggi arancioni, che tagliavano come carta le lamine di acciaio e alluminio delle astronavi amiche.
Mille esserini si affacciavano dalle prue turistiche, facendo il tifo chi per i terrestri, chi per i loro piccoli compatrioti, con striscioni, vuvuzela e quant'altro.
Deidara si portò allucinato due mani alle orecchie, cercando di ripararsi dal suono insopportabile delle trombette e delle raganelle.
“Ecco perché non metterò mai piede in uno stadio!”
“Forse perché sei troppo finocchio per farlo, Deidara?” ribatté saccente la simpaticissima compare di giochi.
I cosiddetti extraterrestri, che parevano più locuste verde petrolio che altro, continuavano a far guerriglia, inutilmente contrastati dagli umani e dalle loro ridicole armi nucleari che, più che crear loro dei danni, sembravano fargli piacere.
D'altronde, l'universo non è uguale in ogni suo - immaginario - angolo.
Ci sarà pur qualcuno, in qualche angolo, che fa colazione con uranio arricchito e la doccia con isotopi pesanti d'idrogeno.
La sfera celeste era infestata.
Come mosche, gli invasori sfrecciavano a velocità inaudite, debellando in pochi secondi gli avversari a due zampe.
Cielo e terra sembravano due componenti reattive, brillanti di fuochi d'artificio e luci neon.
Tipologie di fasci laser più consistenti squagliavano qualsiasi cosa viva incontrassero, riducendola ad una poltiglia verdastra, più o meno densa a seconda dei casi.
Questi oscillavano pericolosi da un quadrante all'altro, creando aloni rossi ogni qualvolta fissavano un bersaglio.
Il caos regnava sovrano.
“Non sono mai riuscita a superare questo livello”, asserì Konan rilassata, aggiungendo un sorrisetto di circostanza.
Fire Eagle approvò con un sommesso graaaa, lasciandosi accarezzare dalla mano tremante di Deidara.
“Con tutti quelli che c'erano, proprio nella land dell'invasione aliena dovevamo capitare?” sbraitò poi il ragazzo, incapace di trattenersi oltre.
Traditore d'un pollo, dove diamine li aveva portati!
“Non ci resta che provare a super-”
“Eclection!”
Uno di quegli strani esseri minuscoli si era accorto della loro presenza, e si era quindi inoltrato nella gola della caverna per stanarli.
Ed ora puntava un dito palmato verso quel ragazzone biondo, vestito come un ben noto combattente terrestre.
“Eclection! Eclection!” squittiva con voce ronzante, dando l'allarme ai suoi colleghi.
Ben presto, i due malcapitati videogamers si trovarono alle calcagna migliaia di insettucci isterici e agguerriti, che li seguivano con sassolini, bastoncini, e quant'altro potessero trovare di contundente.
“Dannazione! Ho sempre odiato questi cosi!” Imprecò Deidara spingendo una mano sulla schiena velata di Konan, e invitandola a correre più velocemente.
“Sembra uno di quei disaster movie di Spielberg!” Esclamò lei, eccitata come non mai.
Diede un ultimo fugace sguardo alla barra vitale che le incombeva sopra la testa, piena all'ottanta per cento, poi accelerò il passo, e puntò decisa verso l'orizzonte desertico.

Mai più invitare a Konan ad un playstation party pomeridiano.







Note:

(1) modo affettuoso di dire lesbica.
   
 
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