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Autore: Slytherin Nikla    04/07/2006    7 recensioni
Finché in una notte di veglia non aveva finalmente capito tutto. La ragione della sua forza aveva un nome, il nome di chi più di chiunque altro aveva sempre creduto in lui, il nome della sola persona che gli importasse davvero avere accanto.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Albus Silente percorreva con lo sguardo lo squallido salone in cui negli ultimi tempi l’Ordine si riuniva. La vecchia dimora della famiglia Black, dopo anni di abbandono, era in condizioni pietose da tutti i punti di vista, e a ben poco potevano persino i tenaci tentativi della signora Weasley: in un modo o nell’altro Kreacher, il vecchio elfo domestico della madre di Sirius, riusciva sempre a vanificarli.

La situazione per cui Silente aveva tanto insistito a convocare quella riunione straordinaria era grave, e nonostante l’atteggiamento in apparenza sereno e imperturbabile che il vecchio mago ostentava la sua preoccupazione era grande. Quanto successo in Privet Drive era estremamente preoccupante, ma ancor più lo era stata l’azione – deprecabile ed ottusa – del Ministero della Magia… Tentare di togliere la bacchetta ad Harry solo per salvaguardare la politica del Ministero era stato a dir poco meschino, ma sottoporlo addirittura al giudizio del Wizengamot! Albus Silente era sul sentiero di guerra come forse non era mai stato prima.

« Eccoci, Preside. Scusi per il ritardo » Nonostante tutto Silente sorrise: Bill Weasley non avrebbe mai perso il vizio di chiamarlo così… E lui ormai aveva rinunciato a fargli cambiare idea. Molly non fece mancare un vassoio traboccante di panini, più o meno il numero che lei definiva "spuntino" ma che secondo qualunque persona con un giusto senso della misura sarebbe bastato a sfamare un reggimento.

Severus Piton fece il suo ingresso tra gli sguardi ostili di metà dei presenti e quelli incuranti dell’altra metà, e si sedette in disparte in attesa di cominciare ad esporre il proprio rapporto. Silente guardò l’austero insegnante di Pozioni con un po’ di tristezza: tutti lo trattavano come un traditore, lo guardavano con sospetto nonostante il modo impeccabile con cui serviva l’Ordine e l’importanza fondamentale delle informazioni che otteneva sotto copertura… Lo rivide ragazzo, preso di mira e al tempo stesso evitato da tutti, dileggiato al punto da fargli preferire la prospettiva di unirsi all’essere più malvagio che il mondo avesse conosciuto. Povero Severus, ancora una volta solo.

L’unica che continuava ostinatamente a sedersi accanto a lui – e lo fece anche quel giorno, appena entrata – era Minerva McGranitt, che non avrebbe esitato a mettere nelle mani di Piton la propria vita solo per il fatto che Silente si fidava di lui.

La riunione fu lunga, e agitata più di una volta dagli antichi e mai sopiti rancori tra Severus Piton e Sirius Black che riemergevano con prepotenza ogni tre parole del rapporto sull’attività dei Mangiamorte. Tra litigi, incomprensioni, e interventi di puro equilibrismo di Lupin che cercava di impedire all’amico di mettere le mani addosso a Piton, l’Ordine della Fenice trascorse ore a discutere di strategie operative circa l’adesione o meno dei vari abitanti del mondo magico alla guerra contro Voldemort. I progressi sembravano irrilevanti, e Silente dovette impegnarsi a fondo per convincere gli altri membri che c’era comunque ragione di manifestare un cauto ottimismo… Ma vi riuscì soltanto quando assicurò all’uditorio che si sarebbe occupato personalmente dell’udienza di Harry.

E torno sui miei passi adesso sì
è inevitabile
Percorrerò a ritroso un viaggio che mi costa lacrime…*

« Resta qui, Minerva, ti prego » La donna si voltò stupita verso la voce che l’aveva chiamata, arrestandosi nell’atto di oltrepassare la soglia del salone. « Ti prego » Mormorò di nuovo Silente, e lei richiuse piano la porta. Gli occhi del vecchio mago erano stanchi, eppure la vivacità con cui la guardavano era così… Minerva McGranitt faticava a crederci, ma Silente la stava guardando come tanti anni prima aveva fatto al lontano Ballo del Ceppo al quale si erano conosciuti. Sbatté le palpebre istintivamente, quasi a svegliarsi da quel sogno ad occhi aperti: doveva essersi sbagliata, non era possibile. Senz’altro era uno scherzo della sua mente che tanto amava vagare fra i ricordi. Avrebbe voluto interrompere quell’imbarazzante silenzio, ma non riuscì a pensare a nulla di sensato e Silente sembrava incredibilmente a suo agio. Beato lui. Minerva restò in piedi, immobile e appoggiata alla porta, lo sguardo fisso sull’uomo dalla lunga barba argentea che lentamente si avvicinava a lei.

Albus Silente si era domandato per tutta quell’orribile estate che cosa gli desse la forza di andare avanti nonostante l’ostruzionismo del Ministro della Magia e le calunnie pubblicate quotidianamente dalla Gazzetta del Profeta. Tutti erano convinti che si trattasse dell’Ordine, della necessità della lotta contro Lord Voldemort, della consapevolezza che tutti loro erano dalla sua parte… E per qualche tempo lo aveva pensato anche lui. Finché in una notte di veglia non aveva finalmente capito tutto. La ragione della sua forza aveva un nome, il nome di chi più di chiunque altro aveva sempre creduto in lui, il nome della sola persona che gli importasse davvero avere accanto.

« Minerva » Le rivolse uno sguardo divertito, fermandosi un istante a guardarla, poi sorrise. « Sei strana, vestita così…» La McGranitt si strinse nel soprabito babbano, la schiena rigida e il mento in alto.

« Ero di turno per la ronda… Con i miei abiti difficilmente avrei potuto passare inosservata, non credi? » Silente sorrise di nuovo, con dolcezza, e si avvicinò fino a che tra loro non rimase che una manciata di piccoli, ridicoli centimetri. La McGranitt non abbassò lo sguardo e neppure il volto; Silente ora non sorrideva più, ma si chinò appena verso di lei e poggiò la propria fronte sulla sua. Respirò profondamente il profumo della donna. Da troppo tempo non lo respirava più…non così vicino almeno. Fece per parlare, ma lei lo interruppe sfiorandogli con il dorso della mano la guancia coperta dalla barba. La sua voce era calda, preoccupata. « Cosa succede, Albus? » Il più grande mago di tutti i tempi si sentì improvvisamente indifeso di fronte alla donna che lo conosceva meglio di chiunque altro.

« Ho bisogno di te » Migliaia di parole affollarono in un istante la mente della McGranitt, tutte quelle che aveva desiderato dirgli nel corso degli ultimi anni e che non era mai riuscita ad esprimere, tutte le parole che ora le serravano la gola insieme alla commozione per quella vicinanza insperata. Affondò il viso nella veste di Silente, respirandone con avidità la fragranza speziata. Tremava. Lui la strinse a sé con tutto il vigore del quale in tanti anni di lontananza aveva sentito la nostalgia, e rimasero così, abbracciati come i giovani innamorati di un tempo, per lunghi e felicissimi minuti. Tra le sue braccia il corpo esile e tenace di Minerva era scosso da lunghi brividi, e Silente non faticava a capire che era colpa del suo gesto. Le sfiorò la fronte con le labbra. La sentì sorridere, stretta al proprio petto.

« Ci giocheremmo la reputazione se qualcuno ci vedesse… Lo sai questo, vero? » La allontanò quel poco che bastava per fissarla negli occhi, gli splendidi occhi profondi che l’avevano incantato tanti anni prima.

« Te ne importerebbe qualcosa? » Tra i ricordi di Minerva McGranitt si fece largo un vecchio film babbano: oh, come era vivida nella sua mente quella romantica fuga di ragazzi in un piccolo cinema della periferia di Londra!

« Ricordi quel film, Albus? » Il Preside di Hogwarts e la sua severa vice si guardarono, tornando immediatamente a quel momento. Sorrisero come mai nessuno li aveva visti sorridere.

« Naturale. Devo dedurre che francamente te ne infischi, Minerva? »

La porta del salone sbatté con violenza, tanto in fretta che non riuscirono ad allontanarsi. Una testa pelata e sudicia con ampie orecchie pelose rivolse verso di loro gli occhi colmi d’odio.

« Povero Kreacher, assistere a queste oscenità… Il mago matto e la vecchia arpia… Povero Kreacher, povero me, povera padrona Black lei non si sarebbe abbassata a tanto… Squallidi traditori, queste cose nel salone della mia padrona… » Silente assunse l’aria più dura che ricordava.

« Adesso basta, Kreacher! Esci immediatamente di qui, o sarà il tuo padrone a decidere cosa fare di te! E ho giusto un paio di suggerimenti… » Il vecchio e malconcio elfo strisciò via richiudendo la porta e mormorando ogni genere di maledizione al suo indirizzo. La McGranitt lo fissò, a metà tra lo stupore e il divertimento.

« Non avrei mai pensato di sentirti dire una cosa del genere, Albus! » Silente tornò ad avvicinarsi a lei, e le poggiò una mano sui fianchi.

« Non mi piace essere interrotto… » Se Minerva McGranitt si fosse aspettata un bacio, sarebbe senza dubbio rimasta delusa: ma conosceva l’uomo che aveva di fronte, e non avrebbe potuto cadere in quell’errore… Ragion per cui, quando la mano dell’uomo scivolò dal fianco alla schiena per attirarla a sé, lei si limitò a sospirare e porgli una domanda.

« Dove mi porti? » Sapeva infatti che l’avrebbe condotta da qualche parte senza dirle dove, che l’avrebbe guidata lui nella Smaterializzazione… Chiuse gli occhi, senza contare sulla risposta che, già lo sapeva, non sarebbe arrivata. E quando li riaprì il suo campo visivo fu occupato dal poderoso edificio della Scuola di Magia. Percepì qualcosa di diverso, di più abituale, sul proprio corpo, e abbassò lo sguardo su di sé. Silente non soltanto l’aveva portata su una collina poco distante dal castello, ma aveva anche trovato il tempo di sostituire magicamente i suoi vestiti babbani con uno dei soliti, eleganti abiti da strega. Perché lo aveva fatto? Cercò i suoi occhi, ma lui stava fissando le torri di Hogwarts come se le vedesse per la prima volta.

« È per colpa sua, Minerva. È tutta colpa di quel posto…» Lei non dovette chiedergli a cosa si riferisse. La loro lontananza forzata. La loro solitudine reciproca. La loro infelicità. Hogwarts era l’origine di tutto.

Ma era anche l’origine del loro amore, e lei si strinse a Silente sopraffatta dalla nostalgia. Non ebbe più bisogno di guardarsi intorno, di chiedersi dove di preciso si trovavano… Adesso ricordava chiaramente. Indicò con la mano un punto alle loro spalle, e sentì gli occhi inumidirsi.

« È ancora… Vuoi dire che… È ancora là? » Si voltò di scatto, e Silente avrebbe potuto giurare di aver visto un’espressione di gioia quasi infantile, di innocente stupore, passarle sul viso. Sì, era ancora là. E quello era il luogo dei loro più grandi tormenti… A metà strada tra Hogwarts e quell’amore che si erano giurati eterno. Bastava voltarsi, e ogni prospettiva mutava: da una parte il dovere, l’obbligatoria lontananza; dall’altra il bisogno di due cuori nati per condividere la propria vita. Le dimensioni che li avevano uniti e separati. Non era un caso che l’avesse portata là, ora ne era certa.

« Naturalmente » Le offrì il braccio, in uno di quei gesti di antica galanteria che tanto rari erano diventati anche nel mondo magico. « Ti va di seguirmi? » La piccola costruzione in pietra era davanti a lei, immutata come il sentimento che la legava a Silente. Sempre uguale, in ogni dettaglio… E le sembrò di essere tornata indietro di anni. « Non voglio perderti un’altra volta, professoressa McGranitt », le sussurrò, aprendo la porta con un cenno della bacchetta.

Anche l’interno dell’edificio non tradiva il ricordo dei due vecchi amanti: ogni cosa al proprio posto, ogni dettaglio fotografato nello stato in cui lo avevano lasciato tanto tempo prima… I pensieri di Minerva si interruppero di colpo. Silente era appoggiato ad una credenza, respirando lentamente e quasi a fatica.

« Albus! » Lui non si riscosse da quella strana condizione, e rimase apatico ed insensibile ai suoi richiami. « Albus! » Gli corse accanto, circondandogli per quanto poteva le spalle con un braccio, spaventata eppure determinata a restar lucida per il bene dell’uomo cui aveva dedicato la vita. Non ebbe il tempo di rendersi conto di cosa stesse accadendo, quando si ritrovò con le spalle al muro e un maledettissimo sorriso divertito davanti agli occhi.

« Ti ho fatto paura, vero? » L’ira della McGranitt esplose in meno di un batter di ciglia. L’espressione austera di quando rimproverava gli studenti era ingigantita dalla rabbia per essere caduta in modo tanto sciocco nell’ennesimo, stupido scherzo.

« Sei… Oh, sei davvero… Non sono scherzi da fare! Mi hai spaventata a morte, Albus, dannazione! Sei così… così…»

« Irresistibile? » Minerva rimase interdetta a quell’uscita: si era spaventata moltissimo, come faceva ad essere tanto divertito? Percosse il petto di Silente con un debole pugno, più in omaggio al proprio orgoglio che per punizione all’uomo. E, con suo grande sgomento, sentì gli occhi riempirsi di lacrime senza che lei potesse far nulla per impedirlo. Maledizione.

« Non farmi mai più una cosa simile. Ti prego. Ho avuto paura di perderti…» Quelle parole la colpirono: fino alla mattina non avrebbe neppure avuto il coraggio di pensarle… Ma poi c’era stata la riunione dell’Ordine, gli strani gesti di Silente, e quel viaggio nel loro vecchio nascondiglio a due passi da Hogwarts: e persino quelle parole erano tornate ad essere perfettamente normali per lei che da troppo tempo aveva bandito quel tipo di sentimenti dalla propria esistenza. Albus Silente la attirò tra le proprie braccia, con un gesto delicato.

« E non mi perderai, Minerva, fidati di me. Ormai ho deciso »

Mi aspetta un mare di tranquillità
tempeste che ho già superato anch'io…*

Le dita del più potente mago di tutti i tempi percorsero con lentezza i lineamenti affilati ma eleganti del viso della donna, indugiando sulla curva severa delle labbra sottili. Minerva percepì il primo di una lunga serie di brividi spargersi lungo il proprio corpo, come la debole onda della risacca. Ma poi le mani di Silente si insinuarono tra i suoi capelli scuri, come sempre stretti in un magistrale chignon… E quando, dopo un paio di abili manovre, quelli si sciolsero ricadendo morbidamente sulle spalle della donna, lei si sentì quasi mancare: quanto le erano mancate, le tenere attenzioni di Silente, in quegli ultimi anni!

Albus Silente si rese conto senza fatica della tensione che si scioglieva tutta in una volta nella donna che per eccellenza poteva considerarsi un fascio di nervi e razionalità: solo allora sorrise e la guardò dritto negli occhi… E la baciò.

« Ti va di ballare? » Non attese una risposta, e non appena una musica gradevole e delicata iniziò a librarsi con discrezione Minerva percepì con incredulità il proprio corpo abbracciato a Silente che seguiva fluidamente le note. Era una così strana sensazione, tornare a ballare con lui, con i capelli sciolti sulle spalle…Non era stata la stessa cosa, al Ballo del Ceppo del Tremaghi: avevano aperto le danze, sì, e i loro corpi non avevano smesso di fremere segretamente per tutto il tempo, ma non avevano potuto permettersi di dimenticare che quella tanto desiderata vicinanza era un fatto istituzionale, legato ai loro ruoli… Ma adesso, adesso che Silente la stringeva a sé in modo molto più…confidenziale, adesso che la guidava nella danza senza dover lasciare fuori i sentimenti, adesso che le sue mani si perdevano nella morbidezza dei capelli della donna mentre, accarezzandola alla nuca, l’attirava a sé per baciarla di nuovo… Adesso era tutto diverso. Adesso era tutto vero.

« L’ho desiderato tanto, Albus…» Minerva si stupì dell’inconsistenza della propria voce, ma Silente non sembrò attribuirvi importanza. La baciò lentamente sul collo, come ad assaporare ciò che per tanto tempo si erano negati, felice dei sospiri della donna. Lei reclinò la testa, quasi spaventata che potesse essere soltanto l’ennesimo sogno, e una lacrima le sfuggì tra le ciglia.

« Non è un sogno, Minerva, finalmente non lo è più. Ora ho capito, e non intendo più essere lo schiavo di quel castello. Abbiamo sofferto abbastanza, direi ». Il suo pensiero tornò, come quello della McGranitt, al giorno maledetto in cui avevano creduto che la nomina a Preside rendesse impossibile il loro amore. Era stato un giorno doloroso, che aveva svuotato le loro vite della cosa più importante e li aveva costretti a gioire del lieve contatto accidentale delle loro mani, ad anelare un sorriso dell’altro come un dono vitale, a passare notti insonni macerando nel rimpianto di ciò che avevano perso.

Sprecando quasi tutta l'energia
convinto che il mio mondo fosse là
per sempre disponibile e per sempre
senza dolore e senza falsità…*

Il dolore che avevano dovuto nascondere agli occhi dei colleghi, degli studenti, persino alle ispezioni del Ministero era stato così grande che ora Minerva si sentiva stranamente sollevata, quasi se il proprio corpo avesse perso consistenza… Una consistenza che riprese pienamente non appena le mani di Silente, scivolate con gentilezza sulla sua schiena, incontrarono i nastri che le chiudevano il lungo abito verde.

« Albus… » Quando lui la fissò per un istante che parve racchiudere l’eternità, le parve che il proprio cuore si arrestasse.

« Posso? » Minerva non fu in grado di rispondere, e per una volta si decise ad assecondare l’istinto: fu lei, ora, a baciarlo, a mordere piano quelle labbra di cui tanto aveva sentito la mancanza, mentre nel petto le si agitava, ormai finalmente libero, tutto l’amore che aveva tentato di soffocare. Albus Silente iniziò a slacciare i lacci del corpino garbatamente, come aveva sempre fatto, dimostrando a Minerva che nonostante la loro lontananza fosse durata tanto a lungo non aveva dimenticato nulla, nemmeno un particolare, di lei e della sua figura.

è li la verità ora lo so
io così scettico
adesso so che la felicità

non è un ostacolo …*

Sì, niente più ostacoli, mai più. Mai più stupide separazioni, mai più sofferenza, mai più solitudine. Se lo giurarono più e più volte, durante quella notte, mentre la musica incantata da Albus Silente continuava a suonare accompagnando la loro ritrovata felicità e la consapevolezza che niente e nessuno li avrebbe potuti allontanare un’altra volta. Nemmeno il senso del dovere… Perché ora avevano capito.

Un concerto dentro me
la mia strada so qual è !*

Silente le scostò i capelli dal viso, aggiustandoli con grazia dietro l’orecchio, prima di accarezzarla con tutta la dolcezza di cui era capace.

« Oggi e per sempre, Minerva… » Lei gli sorrise, accaldata ma finalmente in pace, e si strinse a lui.

« Per sempre ».

 

 

 

 

 

* La canzone è "A braccia aperte", di Renato Zero, tratta dall’album "Cattura".

RECENSITE RECENSITE RECENSITE!!!!

Bacioni, S.N.

  
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