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Autore: Iurin    03/11/2011    5 recensioni
Severus Piton si trova nella sua vecchia casa, a Spinner's End, e, in un pomeriggio d'estate, è dovuto salire in soffitta alla ricerca di alcune provette a cui tiene particolarmente. Si imbatterà in una vecchia coperta grigia, invece, che lo riporterà, con la mente, indietro di tanti, tanti anni.
Questa storia partecipa al contest "Amore... Tabù!" indetto da Mug! :D
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa storia partecipa al contest "Amore... Tabù!" indetto da Mug! :D
Le valutazioni e la classifica arriveranno dopo il 20 Novembre, ma io non sapevo che fare, quindi ho deciso di postarla ora, tanto sempre di una fanfiction si tratta, no? u.ù
:P
Spero vi piaccia!



Il luccichio di un profumo


Nella vecchia casa di Spinner’s End, Severus Piton stava trafficando con quello che era un… bastone. Aveva bisogno, infatti, in quel giorno d’estate, di riuscire ad entrare in soffitta, e per far ciò aveva necessariamente bisogno di aprirla, la porta della soffitta, e quindi di tirare giù la scala che, automaticamente, si sarebbe presentata a lui non appena avesse agganciato e spalancato il portellone incassato sul soffitto, in fondo al corridoio dell’ultimo piano di quella casa. Ecco perché il bastone.
Alla fine, comunque, con un leggero sforzo dovuto all’arrugginimento ormai profondo di quella casa – e forse anche del proprietario della stessa –, Severus Piton riuscì a far calare dall’alto la scala, che si spiegò su se stessa con un lento cigolio. Con una smorfia Piton incominciò a salire i gradini, maledicendo se stesso (e un po’ tutto ciò che aveva la briga di passargli in mente) per non essere riuscito a rammentare dove fosse finito il kit di Pozioni che usava sempre quando si trovava in lì, e quando provava, almeno un po’, a distendere la mente dai troppi pensieri.
Salito in soffitta, Piton si guardò intorno, cercando di non far caso alla fin troppa polvere e al decadimento incombente. Sospirando si addentrò nell’ambiente; le assi di legno del pavimento scricchiolarono sotto il suo peso, non abituate. Ma fin troppe cose, nella vita dello stesso Piton, avevano smesso di scricchiolare, per abitudine. Piton percorse tutta la soffitta, a quel punto, sempre cercando, con gli occhi, il suo kit di provette, sperando di trovarlo il prima possibile; non che fosse l’unico a sua disposizione, era ovvio, ma era quello più importante per lui. E non perché fosse costituito di cristallo, ma perché era… speciale. Quindi l’ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata perderlo. Ma era meglio non pensarci.
Il suo sguardo vagò ancora per la soffitta, fino a quando, alla fine, i suoi occhi si posarono su un vecchio baule dal coperchio impolverato. Vi si avvicinò, allora, ponderando, probabilmente, se ci fosse o no la possibilità che ciò stesse cercando si trovasse proprio lì dentro. Piton s’inginocchiò davanti ad esso, e lo aprì; vi guardò dentro, a quel punto, trovandosi di fronte nient’altro che libri. Sembrava però che quelli si trovassero solo in superficie, e che sotto di essi vi fosse dell’altro, così cominciò a spostarli, rivelando ciò che prima era nascosto alla vista: qualche maglione ormai consunto e di una taglia troppo piccola, altri libri, una coperta grigia, persino un cuscino sformato, una lanterna senza candela…
Le sue mani si bloccarono improvvisamente, e poi, una volta che ebbero riacquistato la consueta capacità di movimento, fu come se iniziassero a spostarsi da sole, e, guidate da una forza invisibile, quasi contro la volontà del loro proprietario, andarono ad afferrare ciò che prima avevano scartato con grande ingenuità e noncuranza.
La coperta.
Salazar, era così tanto tempo, che non ci pensava.
Piton guardò la scura stoffa consumata che teneva tra le dita, come se in quel momento tutto il mondo fosse scomparso per un istante, come se non esistesse più nulla. E dire che si trattava di una delle coperte più semplici che ci fossero: era di un colore grigio scuro, a quadri, con i bordi rossi. Rossi. Già. Un colore così simile al rosso di quei capelli.
Piton chiuse per un momento gli occhi, muovendo i polpastrelli sulla stoffa ruvida di quella coperta. L’aveva usata così tante volte, in vita sua, che ormai ne aveva perso; ma solo una di quelle volte era degna di memoria. E sebbene non ci pensasse da chissà quanto tempo, in quel momento fu come se il tempo, invece, non fosse mai passato.
Si vedeva ancora lì, in quel prato, seduto su quella coperta grigia; l’aveva allargata il più possibile, in modo da creare spazio per lui e… e per lei. La stava aspettando, seduto al centro di quella coperta, su quel prato. Era estate anche quel giorno, e il sole picchiava forte, ma nell’aria si levava un leggero vento che rendeva abbastanza sopportabile il tempo, fortunatamente. Ma tanto… Anche qualora avesse fatto un caldo africano, un caldo davvero fuori dal comune, Piton sarebbe stato comunque in grado di sopportarlo; quel giorno nulla l’avrebbe fatto desistere dal rimanere lì, in attesa, dato che doveva solo aspettare ancora qualche minuto e poi sarebbe arrivata lei.
Piton si trovava seduto al centro di quella coperta, a gambe incrociate, e non si spostò neanche quando, voltandosi leggermente verso destra, vide una ragazza correre verso di lui, coi capelli al vento. Un sorriso spuntò sul suo volto da quattordicenne nel notare come i riflessi rossi della chioma di Lily sembrassero illuminare più del sole stesso.
“Severus, scusa il ritardo, davvero, scusa…” Lily si fermò proprio accanto a lui, piegandosi in avanti con le mani posate sulle proprie ginocchia, respirando velocemente per prendere fiato.
Lui la guardava dal basso verso l’alto.
“Sì, ma non mi morire qui davanti, Lily, o mi faranno un sacco di domande.”
“Oh, che… che simpatico.” Ma alla fine anche lei sorrise, e dopo non molto si sedette accanto a lui, elegantemente, spostando il peso del corpo sul braccio teso ben piantato a terra, sulla coperta grigia, posando poi vicino a sé un pacchetto che Piton notò solo allora.
“E quello?” Chiese allora lui, incuriosito.
“Oh, sì, questo.” Rispose lei, constatò lui, leggermente… impacciata? “Tieni.” Disse poi, afferrando il pacchetto e consegnandolo a Severus, senza guardarlo neanche in viso.
Era un regalo per lui. Il ragazzo quasi non riusciva neanche a crederci, e persino dimenticandosi di ringraziare, a causa dell’euforia (o forse del calore che gli era improvvisamene divampato nel petto) scartò subito quel pacchetto.
Si trattava di un kit di provette, quelle stesse provette che il Piton adulto stava febbrilmente cercando, tanto da convincersi persino a salire in soffitta, cosa che non faceva davvero da anni. Ed erano persino di cristallo, non di vetro, come quelle che aveva posseduto fino a quel momento; il giovane Piton l’aveva capito subito.
“Non dovevi.” Disse poi lui, allora “Non è il mio compleanno, e…”
“Oh, smettila.” Rispose invece Lily, risoluta “Mi sono messa un po’ di soldi da parte, e allora… Ho pensato a te, quando le ho viste.”
Severus si girò verso di lei, mentre ancora accarezzava la scatola di legno che conteneva quel suo inaspettato regalo. E poi le fece un grande sorriso, uno di quelli spontanei, uno di quelli che sembrano splendere, e lei ricambiò; anzi: Lily gli si avvicinò, e gli posò un tenero, sincero bacio sulla guancia, senza dir nulla. E quando lei si tirò di nuovo indietro, Severus vide come i suoi occhi sembrassero brillare persino più del suo sorriso.
Più dei suoi capelli. Più del sole. Più degli occhi dello stesso Piton.
Neanche un paio di smeraldi sarebbero stati tanto belli.
E Severus stava proprio per dirglielo, forse trovato finalmente un po’ di coraggio, ma poi ogni parola sembrò svanire dalla sua mente, quando lei gli si avvicinò un po’ di più e posò la propria testa sulla spalla del ragazzo, facendogli arrivare al naso un più che distinto odore di fiori.
Qualche anno dopo, però, tutta la luce di quel sole, tutta la luce di quei suoi occhi, era andata affievolendosi, fino a sparire, così come ogni speranza. 
E ora Piton si trovava lì, da solo, in quella buia e vecchia soffitta, con una coperta tra le mani.
Tutto quello che Piton avesse mai desiderato al mondo, tutto ciò di cui aveva bisogno, tutto ciò che avesse mai voluto nella vita, si era trovato, per un momento, su quella semplice coperta grigia, tanto tempo prima: lui e Lily, abbracciati, tranquilli, sorridenti; Severus e Lily, solo loro due; lui e il bacio di lei.
Ma la vita non era una semplice coperta, e, anche se lo fosse stata, non avrebbe mai potuto proteggerli da ciò che sarebbe avvenuto al di fuori di essa. Non avrebbe potuto coprirli tutti, lasciandoli in un mondo tutto loro, al riparo dalle avversità, da ciò che sarebbe successo, da ciò che già si sentiva e preannunciava nell’aria. Nessuna coperta sarebbe mai stata abbastanza grande, per quello.
Severus Piton, nella sua soffitta, ancora in ginocchio, affondò il viso nella stoffa grigia, sperando di riuscire a sentire ancora un piccolo profumo, magari: profumo d’erba, di sole, profumo di tranquillità; profumo di fiori, forse, di smeraldi; profumo di capelli rossi. Profumo di Lily.
Ma ciò che Severus Piton poteva sentire, su quella coperta, era solo odore di polvere, l’inconfondibile odore di un tempo che, ormai, non c’era più.

“La verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi. Tu la spingi, la tiri, e lei non basta mai. Anche se ti dibatti, non riesci a coprirti tutto. Dal momento in cui nasci piangendo, al momento in cui esci morendo, ti copre solo la faccia, e tu piangi, e gridi, e gemi."
(L’attimo fuggente)

The End

   
 
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