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Autore: Chu    03/11/2011    5 recensioni
Sirius rimane bloccato nel corpo di Padfoot, ma non è del tutto un male.
[Seconda classificata al "[Wolfstar Contest] Under the moonlight" di My Pride].
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Malandrini | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Titolo: Questa non è una favola
Pairing: Remus/Sirius
Prompt: Oggetto: Boccino d'oro; Caramella tuttigusti +1: Erba; Citazione: All'infuori del cane, il libro è il migliore amico dell'uomo. Dentro il cane è troppo scuro per leggere. [ Groucho Marx ]
Genere: Commedian, Romantico
Rating: PG
Avvertimenti: fluff, slash
Note: sono secoli che non scrivo dei Malandrini a Hogwarts e di questo ha risentito tantissimo questa storia (oltre che della fretta, sempre una cattiva consigliera). Però l’idea ce l’avevo in testa da un sacco di tempo e quindi questo contest è capitato a fagiolo. Non sono tanto contenta del risultato, perché, appunto, l’ho scritta di corsa, ma… mi sarebbe dispiaciuto ritirarmi, considerando che questo è il mio OTP :) penso sia tutto… Forse la storia risente un po’ (tanto) della celeberrima The Shoebox Project, ma non è colpa mia: è lei che s’insinua ogni volta che si parla di commedia e Malandrini XDD
Sorprendentemente la storia si è classificata seconda al contest [Wolfstar Contest] Under the moonlight di My Pride.



Ancora


Quando Remus entrò nella loro stanza, James alzò gli occhi di scatto e lo guardò allarmato, mentre Peter cercava invano di nascondersi dietro l’amico.

“Ora, Moony, non ti arrabbiare,” gli disse l’occhialuto e dinoccolato ragazzo che aveva di fronte, e qualche cosa in quella giornata fino ad allora tranquilla si spezzò. Remus avvertì chiaramente il rumore di qualcosa di piccolo e fragile che si rompeva nelle recondite profondità della sua testa; ma non lasciò che questo si mostrasse sul suo viso, per cui finse stoicamente di annuire con serenità.

“Ecco…” iniziò James, a corto di parole come accadeva solo nelle occasioni che Remus aveva deciso di chiamare, anni prima, Potenzialmente Catastrofiche. Nella sua scala di valori, le Potenzialmente Catastrofiche venivano prima di Prendi Lo Stretto Necessario e Scappa e dopo Guaio Serio; il che voleva genericamente dire che i professori non sarebbero stati contenti di sapere quello che avevano combinato, ma che probabilmente l’espulsione dalla scuola poteva essere evitata.

James, dunque, era davanti a lui a torcersi le mani e a cercare di trovare le parole giuste per spiegare il guaio, quando qualcosa abbaiò.

Remus fece appena in tempo a vedere una macchia grossa e nera correre verso di lui; si voltò, reagendo all’istinto che gli gridava con un megafono: Pericolo! Pericolo!, ma la cosa gli afferrò le spalle e lo buttò a terra. Fece giusto in tempo a mettere le mani in avanti, prima che il suo naso si scontrasse dolorosamente con il pavimento, e poi la cosa gli leccò una guancia con gioiosa tempestività.

“Padfoot, piantala!” esclamò il licantropo, incerto se arrabbiarsi o prenderla sul ridere.
Quel grosso cane peloso del suo amico latrò con allegria, permettendogli appena di mettersi seduto e scodinzolando nel mentre.

“Sirius, per favore…” si lamentò James, alzando gli occhi al cielo.

“Stavate cercando di distrarmi, lo so, ma non fa niente… So che non è colpa tua, Prongs, ma solo di questo ammasso di pulci,” affermò con sufficiente ragionevolezza e pazienza Remus.

“Ehm,” tentò Peter, sbucando da dietro la spalla di James. “In verità, il problema è proprio quell’ammasso di pulci.”

Remus sentì, nelle più profonde regioni del suo cervello, la freccetta che indicava Potenzialmente Catastrofico spostarsi pericolosamente verso Prendi Lo Stretto Necessario e Scappa.

“In che senso?” chiese, decidendo per il momento di ignorare la sua scala di valori – come del resto faceva sempre, dato che quella scala era un mero esercizio scientifico, pura teoria, niente pratica.

“Nel senso che… Beh, diciamo che Padfoot non riesce a tornare Sirius, ecco…” spiegò Peter, baldanzoso abbastanza da uscire del tutto allo scoperto. “Non dirlo ai professori,” si premurò di aggiungere, pallido sotto la frangia di capelli paglierini.

Remus annuì, poi scosse la testa. “Eh?”

“Sì, ecco, come ha detto, Peter…” James riprese la parola con una certa dose di rassegnazione. “Sirius è bloccato dentro Padfoot. Diciamo che probabilmente qualcosa è andato storto mentre si trasformava e ora… Beh,” aggiunse indicando eloquentemente il grosso cane nero che si grattava pigramente un orecchio.

Il licantropo ci mise qualche attimo prima di reagire: da una parte, Padfoot gli si era comodamente acciambellato addosso e probabilmente fingeva di dormire come se la cosa non lo riguardasse. Questo lo irritava profondamente. Dall’altra parte, James e Peter sembravano giustamente preoccupati e contriti, e questo gli faceva capire che non poteva prendersela con loro. Non ancora.

“Spiegatemi bene cos’è successo,” disse, spingendo via l’ammasso di peli neri e alzandosi finalmente da terra, con un guaito da parte del cane.

“Il punto è questo: non lo sappiamo!” esclamò James con aria arruffata – più del solito. “Sirius voleva farti uno scherzo, tipo saltarti addosso appena entravi…”

“Quello l’ha fatto,” puntualizzò Peter e Remus si sentì in dovere di annuire.

“… e poi, boh. Ha detto che non poteva farlo se era umano e quindi è diventato Padfoot e poi è passata mezz’ora…”

“E tu non tornavi, quindi è passata un’ora,” aggiunse Peter.

“Sì, e quando abbiamo detto a Sirius di tornare normale, perché qualcun altro poteva entrare, lui…”

“Ha guaito,” intervenne di nuovo Peter.

“Esatto, ed ha iniziato a comportarsi in modo strano. Tipo che si guardava intorno preoccupato e si sbatteva contro il muro. Alla fine ci ha guardato ed abbiamo capito che non riusciva a tornare,” concluse James, con un sospiro e un’occhiata a Padfoot. L’Animagus ricambiò con sguardo languido e vagamente colpevole, uggiolando sommessamente.

“Siamo sicuri che non sia uno scherzo?” indagò Remus, osservando con sospetto il cane. Gli bastò guardare i suoi occhi costernati, incredibilmente simili a quelli di Sirius, e capì che probabilmente non stavano mentendo. “Va bene, cosa avete intenzione di fare?”

“Trovare un modo per farlo tornare indietro,” annuì con determinazione James. “Forse nei libri che abbiamo letto a riguardo c’è scritto qualcosa.”

“Approfitteremo del fine settimana, dato che oggi è venerdì, così nessuno lo scoprirà,” interloquì Peter, scarsamente sicuro.

“Quindi non lo direte ai professori?”

“Certo che no, possiamo risolverlo. E poi magari entro lunedì riesce a sbloccarsi da solo, no?”

Remus sospirò e fece spallucce. “Ok,” concesse. “Ma lunedì mattina, se non si è risolto nulla, vado dalla McGranitt, chiaro?”

*


Tutto sommato quella situazione non era poi così tanto spiacevole: James e Peter si erano catapultati in biblioteca, lasciandolo indietro perché loro sapevano già quali libri guardare. E fondamentalmente c’era bisogno che qualcuno tenesse a bada Sirius. La vittima designata era stato lui semplicemente perché gli altri due erano stati più veloci a tirarsene fuori, ma in fin dei conti non si stava male. Nella loro stanza regnava un silenzio inquietantemente placido e Padfoot, che gli si era accomodato accanto, sul letto, era tranquillo e addormentato, lasciandogli così modo di poter fare tutto quello che voleva senza venir disturbato.

Temeva che la cosa non sarebbe durata a lungo, comunque, soprattutto perché ogni tanto vedeva le orecchie del cane muoversi agitate.

Remus passò una buona mezz’ora a leggere, prima che Padfoot si svegliasse all’improvviso, ringhiando.

“Ehi!” esclamò il licantropo, scostandosi leggermente. “Che ti prende, Sirius?”

L’Animagus si guardò intorno per un momento, ancora con i canini scoperti, poi si voltò verso di lui e uggiolò.

“Era un sogno, dai,” gli disse, grattandogli dietro le orecchie, come se fosse stato un vero cane. Padfoot chiuse gli occhi, godendosi le carezze, e Remus si ritrovò a pensare che quella era forse la prima volta che lo accarezzava in quel modo. I suoi amici erano diventati Animagi da appena tre mesi e già una volta avevano provato a passare la luna piena con lui; era andata bene, a sentir loro, e Remus glien’era immensamente grato, perché la mattina successiva al plenilunio non si era sentito poi tanto male ed era oggettivamente rimasto meno ammaccato del solito. Ciononostante non aveva mai accarezzato nessuna delle forme animali dei suoi amici, semplicemente perché gli sembrava bizzarro: dentro quel cane, quel ratto e quel cervo, c’erano comunque Sirius, Peter e James.

Il punto era che Padfoot era un cane estremamente affettuoso ed entusiasta, e spesso gli leccava il viso per gioco o per svegliarlo, gli saltava addosso ed in generale cercava sempre il contatto con lui. Era forse qualcosa che rispecchiava il suo atteggiamento umano, laddove però Sirius cercava sempre di contenere gli abbracci e qualsiasi esternazione d’affetto nei confronti di tutti loro, semplicemente perché non erano atteggiamenti abbastanza maschi; Remus però sapeva bene quanto l’amico anelasse il contatto fisico, anche se non sapeva spiegarne le ragioni. Forse non aveva avuto abbastanza abbracci e coccole da bambino, il che, vista la sua famiglia, non avrebbe sorpreso nessuno.

Le rare volte in cui si trasformava in Padfoot – avevano tutti concordato che fosse pericoloso, perché qualcuno avrebbe potuto scoprirli – quella specie di inibizione tutta maschile lo abbandonava e, a quanto pareva, anche Remus abbandonava le sue reticenze. Erano strani, loro due, sempre a cercarsi con lo sguardo, sempre a cercare di stare vicini, e mai coraggiosi abbastanza da toccarsi. Quell’attrazione era pericolosa o, per meglio dire, difficile da gestire: Remus era consapevole che fosse reciproca, ma non era certo di quanto fosse simile. Da parte sua era sicuro di quello che provava, ma Sirius era caotico anche nei sentimenti e… per esempio: voleva baciarlo? Voleva toccarlo come avrebbe voluto fare Remus?

Con Padfoot non c’erano dubbi: era un cane – questo aveva capito dalla confusa spiegazione di Sirius: la mente restava lucida, ma l’istinto dell’animale era preponderante – e le coccole gli piacevano. Solo che, per una sorta di diffidenza, il licantropo non si era mai spinto a trattarlo come un vero cane, e quindi le carezze ed i giochi erano esclusi a priori da qualsiasi tipo di interazione.

Non in quel momento, però.

Padfoot iniziò a scodinzolare beato, godendosi quelle grattatine dietro le orecchie; Remus rise della sua espressione.

“Potevi anche dirlo prima, sai?” scherzò, mentre entrambe le mani, ormai, accarezzavano il pelo morbido della testa.

L’Animagus latrò felicemente e Remus gli chiuse il muso. “Shh, guarda che così ti fai scoprire, stupido cane.”

Sirius lo guardò costernato e gli leccò una mano per farsi perdonare. Il licantropo rise di nuovo e concluse che le coccole andavano bene, quando Sirius era in forma canina.

*


La serata di venerdì trascorse con un nulla di fatto: James e Peter tornarono con le mani vuote dopo ore di infruttuosa ricerca, rimandando al giorno seguente le loro indagini.

Remus si limitò ad annuire e Padfoot a sbadigliare; sembrava non rendersi per niente conto della gravità della questione, forse per ignoranza canina, o forse semplicemente perché aveva preso la faccenda più come un gioco che come un problema piuttosto grave.

Forse Remus avrebbe fatto meglio a spiegargli a cosa andavano incontro, tre Animagi illegali e ancora minorenni; forse gliel’avrebbe detto l’indomani, pensò, osservando il cane che, in totale abbandono, dormiva accanto a lui.

*


“Padfoot, no!” esclamò James, con un velo d’isteria nella voce.

Remus riemerse dal suo sonno all’improvviso, aprendo gli occhi e guardandosi intorno intontito. “Che succede?” biascicò e gli altri lo udirono a stento.

Padfoot rizzò le orecchie e si voltò verso di lui; Moony capì immediatamente perché James aveva gridato in quel modo: tra le fauci del cane c’era il suo prezioso Boccino d’oro, quello che Prongs si era procurato infrangendo diverse regole scolastiche e un baule custodito da Gazza in persona (non che questo preoccupasse l’intrepido idiota, comunque).

“Oh,” ebbe tempo di dire Remus, prima che Padfoot gli saltasse addosso scodinzolante, mostrandogli con fierezza il bottino.

“Togliglielo, Moony, ti prego!”

Dopo l’accorato appello, il licantropo non poté fare a meno di obbedire, anche perché troppo intontito dal sonno per fare altrimenti. Avvicinò la mano al muso dell’Animagus e quello iniziò a ringhiare; sorpreso, Remus si accigliò.

“Cattivo cane,” mormorò. “Dammi il Boccino, avanti.”

Padfoot lo guardò interdetto per un attimo, poi guaì e lasciò andare la preda.

“Come hai fatto?” domandò Peter sconvolto. “Sono dieci minuti che James tenta di riprenderselo, ma lui niente, non mollava!”

“Ci vuole mano ferma, ecco,” borbottò Remus, prendendo il Boccino fra il pollice e l’indice, leggermente orripilato dalla bava di cane che lo ricopriva. “Tutto tuo, James…”

“Che schifo, il mio povero Boccino!”

Padfoot, intanto, continuava a guardarlo con occhi grandi e colpevoli, le orecchie abbassate e la coda fra le zampe: sembrava davvero mortificato e la cosa lo fece ridere. “Ok, Padfoot, sei stato un bravo cane…” gli concesse, aggiungendo alla frase una carezza sulla fronte. Quello sembrò rianimare l’Animagus, che alzò le orecchie e batté la coda sul letto.

“Sembra proprio un cane vero,” osservò interdetto e interessato Peter. “Forse dovremmo lasciarlo così e ammaestrarlo.”

Padfoot sbuffò, smettendo di scodinzolare. “Non sarebbe male come idea, sai?” lo prese in giro Remus, osservando con divertimento che l’occhiata che Sirius gli lanciò un momento dopo era tutto fuorché divertita, anzi, sembrava vagamente offesa e sul disperato andante.

“Beh, poi lo spiegate voi alla sua famiglia che fine ha fatto la loro pecorella nera… Ops, cane,” scherzò James, mentre ripuliva il Boccino dalla bava.

Padfoot guaì, evidentemente frustrato dal fatto che non potesse difendersi in alcun modo da quella congiura ai suoi danni.

“Perché ti ha rubato il Boccino, comunque?” domandò poi Remus, sentendosi abbastanza magnanimo dal salvare l’amico.

“Non lo so… forse voleva giocarci…” James alzò le spalle e poi assunse un cipiglio severo. “Beh, non con questo, capito, pulcioso?”

Sirius lo guardò sbuffando e poi balzò giù dal letto di Remus, trottando verso la finestra e guardando fuori; si voltò verso di loro e latrò, per poi tornare a guardare fuori.

“Uhm, ci sta forse suggerendo che vuole uscire?” ipotizzò Peter.

“Penso proprio di sì…” sospirò Remus, scendendo dal letto.

“Non sarà pericoloso farlo andare in giro?” domandò ancora Wormtail.

“Anche in questo caso penso proprio di sì…”

“Beh, Peter ed io abbiamo una ricerca da continuare!” esclamò improvvisamente James, afferrando il biondo per un braccio e trascinandolo verso la porta. “Ci piacerebbe tanto aiutarti a portare il fuori cane, ma… Ci vediamo a pranzo, Moony!”

“Ehi!” Remus non fece in tempo a protestare, che gli altri due erano già fuori dalla stanza. Rimasto di nuovo solo con Sirius, sospirò e guardò l’Animagus, sconsolato. “Mi hanno fregato…” sospirò e Padfoot abbaiò felicemente.

*


Fare uscire Sirius dal castello si rivelò più imbarazzante che difficile: i corridoi erano quasi del tutto vuoti, dato che si trattava di un sabato mattina e la maggior parte degli studenti era ad Hogsmeade, mentre la restante parte si trovava ancora nel proprio dormitorio, a godersi una giornata di totale pigrizia.

Padfoot si aggirava per la scuola con calma e si fermava ad ogni angolo per annusare… qualcosa, Remus non voleva davvero sapere cosa e soprattutto, ogni volta che lo vedeva bloccarsi, lo tirava avanti per impedirgli di fare cose stupide come marcare il territorio o cose canine del genere. Va bene l’istinto, pensava, ma non avrebbe permesso a Sirius di fare una cosa così imbarazzante come fare la pipì nel mezzo di un corridoio: era questione di decoro, sia personale che della scuola.

Una volta fuori e al sicuro da sguardi indiscreti, Padfoot gli trotterellò intorno un paio di volte, per poi darsi alla corsa vera e propria lungo le sponde del Lago Nero, l’unico posto in cui si era abbastanza nascosti dal castello. Remus ridacchiò e poi andò a sedersi sull’erba, crogiolandosi ai raggi ancora tiepidi del sole di marzo; tirò fuori dalla borsa che si era portato dietro il libro che aveva iniziato a leggere la sera prima e si rilassò non appena iniziò a sfogliarne le pagine.

Cinque minuti dopo, qualcosa lo stava fissando con insistenza. Sollevò gli occhi dallo scritto e si ritrovò davanti il muso nero e apparentemente pieno di disapprovazione di Padfoot.

“Cosa?” chiese Remus, piuttosto stupidamente: a Sirius non era mai piaciuto che leggesse in sua compagnia, quindi non doveva sorprenderlo che la sua controparte canina lo trovasse altrettanto fastidioso.

Padfoot diede un colpetto con il muso al libro e poi fece un balzo indietro, abbaiando e scodinzolando.

“Sì, bravo, gioca lì…” borbottò senza capire e fece per tornare al libro, quando un sbuffo da parte dell’Animagus catturò di nuovo la sua attenzione. “Padfoot, non ti capisco, cosa c’è?”

Il cane uggiolò e diede di nuovo una musata contro il libro, guardandolo con occhi languidi che praticamente gridavano: dai, guardami, dai, dai, gioca con me, dai.

Ed eccolo lì, Remus Lupin diviso fra un cane ed un libro: i suoi due migliori amici che si contendevano la sua attenzione.

Padfoot abbaiò di nuovo, scodinzolando debolmente, come per convincerlo a scegliere lui, e Moony si ritrovò a mollare il libro prima che se ne potesse rendere conto: c’era qualcosa di irresistibile in Padfoot come in Sirius e lui, davvero, non riusciva a dire di no a nessuno dei due.

Non appena vide quel gesto, l’Animagus cominciò a scodinzolare con più entusiasmo e saltò addosso al ragazzo, facendolo ruzzolare sull’erba, mentre gli leccava tutta la faccia con festosa allegria. Quando poi, però, la lingua di Padfoot gli leccò insistentemente le labbra, qualcosa scattò nella testa di Remus e lui stesso si alzò d’improvviso, scansando il cane e asciugandosi la bocca.

Sirius lo guardò con la lingua ancora penzoloni e gli occhi interrogativi e languidi; non l’aveva fatto apposta, ma per un momento Remus aveva dimenticato che quello non era un semplice cane, ma era il ragazzo per cui aveva una cotta da far girare la testa. Non sapeva spiegare bene perché un comportamento chiaramente animale l’avesse turbato tanto, ma si alzò in piedi e si pulì i pantaloni dai fili d’erba che l’avevano riempito.

“Ok, Padfoot…” disse, cercando di sembrare normale. “Giochiamo a prendere il bastoncino?”

*


Quando tornarono indietro, lo fecero che era ormai sera; la giornata sembrava essere trascorsa fin troppo velocemente e, anche grazie alla pausa pranzo, durante la quale Peter e James avevano portato loro qualcosa da mangiare, non si erano minimamente accorti di quanto tempo fosse passato.

In quel momento si aggiravano fra i corridoi in punta di piedi – di zampe, nel caso di Sirius – e si guardavano intorno con circospezione, riuscendo così ad arrivare sani e salvi fino al Dormitorio. Una volta lì, le notizie erano invariate: non riuscivano a trovare niente di niente.

“Eppure ero convinto che ci fosse qualcosa…” brontolò James, con un cipiglio concentrato.

Remus rimase silenzioso e pensieroso per un po’, mentre accarezzava distrattamente il pelo lungo e nero di Padfoot. “Vi ricordate quella lezione di Trasfigurazione in cui Sirius iniziò a fare domande su domande riguardo la trasformazione in Animagus?”

“Quella che alla fine è diventata una lezione sugli Animagi e che gli è quasi costata una punizione?” ridacchiò Peter, venendo redarguito da uno sbuffo da parte di Sirius.

“Quella lì…” annuì Remus. “Ricordate quello che ha detto la McGranitt, ad un certo punto?”

“Riguardo al fatto che Sirius sia un molestatore e portatore di distrazione?” continuò a ridacchiare Peter.

“O riguardo al fatto che Sirius sia stato talmente stupido che per poco la professoressa non beccava il nostro piano?” chiese James, sadicamente divertito dal fatto che Sirius non potesse rispondergli.

“No, dico, riguardo il fatto che date alcune condizioni psicologiche il mago non sia più in grado di tornare umano…” Spiegò Remus, scuotendo la testa quando gli altri lo guardarono dubbiosi. “Disse che se l’Animagus si trova eccessivamente in sintonia con il suo alterego animale e che se c’è un forte stress psicologico si può venire a creare un blocco che impedisce concretamente al mago di tornare normale.”

James annuì, improvvisamente serio. “Mi ricordo… Disse anche che spesso il mago non ne è consapevole e che quindi è ancora più difficile riportarlo alla sua forma umana.”

“Però,” intervenne Peter. “Se non ricordo male parlò anche di un controincantesimo che altri maghi possono utilizzare per ritrasformare un Animagus…”

“Ed è quello che stiamo cercando, Wormtail,” gli fece notare con un po’ di stizza Prongs.

“Già,” brontolò Remus, passandosi una mano sulla faccia. “È che mi sembra strano che Padfoot sia vittima di questa sorta di blocco psicologico…”

“Magari è stressato per qualcosa…” ipotizzò Peter, lanciando un’occhiata al cane che, completamente disteso sul letto di Remus, si lasciava grattare lo stomaco con abbandono totale. “E la vita da cane non mi sembra che gli dispiaccia…”

“No, mi sembra evidente,” commentò Moony, sorridendo appena.

“Con me non ne ha parlato, comunque, e l’unica cosa per cui mi sembrava nervoso era il fatto che tu, Remus, evitassi di toccarlo,” disse distrattamente James, lanciando uno sguardo insondabile all’amico.

“Cosa?” domandò questi, guardandolo vagamente allarmato.

“Non lo so, sembri sempre…” James fece una strana smorfia e poi scosse la testa. “Non ti piace farti toccare da lui, ecco.”

“Non mi piace farmi toccare da nessuno,” puntualizzò e James alzò un sopracciglio.

“Non fai tante storie con me,” insinuò.

Peter ridacchiò. “Sembra una cosa sporca…”

“Ah, ma smettetela!” esclamò Remus. “Guarda: che problema ho a toccare Padfoot se è da tutto il giorno che gli sto dietro? Mi ha anche riempito di pelo, guarda la mia divisa!”

“Sì, e di erba nei capelli,” gli fece notare allora James.

Moony scosse la testa e poi guardò l’amico a occhi stretti. “Non è divertente… e non è da questo che dipende il blocco di Sirius, punto.”

“Aye, aye, signore!” lo prese in giro Prongs e subito Peter fece il saluto militare.

Remus alzò gli occhi al cielo e poi s’infilò sotto le coperte. “Sono stanco! Buonanotte!”

Sentì gli altri due ridacchiare e si chiese se nemmeno loro si rendessero conto della gravità della situazione. Lui ricordava bene l’espressione della McGranitt quando aveva parlato delle difficoltà di quella particolare magia di trasfigurazione: era severa e allarmata come mai l’aveva vista. Forse, pensò vagamente, sospettava qualcosa.

Padfoot gli si acciambellò vicino, leccandogli la punta del naso e guardandolo intensamente.

“Va tutto bene, stupido,” gli disse a bassa voce, accarezzandogli il muso. “Non ti lascerò così.”

*


Domenica pomeriggio e ancora niente dal fronte ricerche.

Remus era sempre più nervoso man mano che le ore passavano, ed il fatto che fosse bloccato di nuovo sulle rive del lago con Padfoot non lo aiutava a sentirsi meglio.

Sirius faceva del suo meglio per tentare di distrarlo: si rotolava nell’erba, dava la caccia alle piccole creature del bosco che si avvicinavano all’acqua, gli leccava le mani e lo buttava a terra.

Dopo la decima caduta, Remus non si era più preoccupato dell’erba fra i capelli e sulla divisa, ma piuttosto dei lividi che iniziavano a fargli male sulle natiche.

Era preoccupato, perché se nei libri – i suoi migliori amici, che finora non l’avevano mai tradito – non c’era scritto niente, allora forse non si poteva fare niente per aiutare Sirius. L’idea che l’amico rimanesse per sempre un Animagus gli metteva addosso un’irrequietezza e un’angoscia incredibili anche solo a pensarci: Padfoot era un cane adorabile, affettuoso e giocoso, ma Sirius… beh, Sirius era Sirius.

La possibilità di non poterlo rivedere più in forma umana rendeva sempre più concreta la nostalgia per il Sirius ragazzo. Gli mancava la sua voce, tanto per dirne una; iniziava a sentire la mancanza anche dei suoi scherzi e di quella sorta di tensione che li attraversava ogni volta che stavano vicini. Gli mancavano i suoi sorrisi, quelli sfrontati e quelli complici, quelli sinceri e quelli piccoli e indecisi – sorrisi come quelli sembrava fossero destinati solo a Remus, solo quando si guardavano e tra di loro sembrava volare una domanda silenziosa, parole che nessuno aveva il coraggio di dire a voce alta.

Padfoot gli leccò di nuovo le dita, guaendo piano nel vedere la sua espressione un po’ persa, un po’ troppo grave. Remus gli si accucciò davanti, cercando di sorridere rassicurante. “Te l’ho detto, non ti preoccupare,” gli mormorò, grattandogli dietro l’orecchio. “Ti porterò indietro.”

L’Animagus si sporse e gli leccò le labbra; stavolta Remus non lo scambiò per un atteggiamento meramente canino: quello era un gesto deliberato di Sirius, lo capì dal modo in cui gli occhi grigi – due biglie luminose nel folto pelo nero – lo guardarono.

Esitante, sentendo di nuovo quel familiare brivido di tensione scivolargli lascivo lungo la schiena, si sporse a sua volta e baciò il naso del cane. Poi strinse gli occhi e abbracciò l’Animagus, affondando il viso nella pelliccia calda e morbida, piena di terriccio ed erba.

“Mi manchi, stupido,” mugugnò. “Ed ho terribilmente voglia di baciarti, quindi sbrigati a tornare!” esclamò poi, tutto d’un fiato, inspirando l’odore di cane, di erba calpestata e, più a fondo, nascosto da qualche parte, il profumo di Sirius.

Il corpo fra le sue braccia cambiò forma, all’improvviso e tanto repentinamente che non lo lasciò, se non quando sentì pelle dove prima c’era pelo e labbra laddove prima c’era un muso.

“Basta chiedere,” bisbigliò la voce di Sirius al suo orecchio, mandandogli un altro brivido di diverso genere lungo la schiena. Padfoot gli prese il viso fra le mani e lo guardò sorridendo – con quel sorriso sincero e anche un po’ incerto che era solo per lui. Poi gli baciò le labbra e fu completamente diverso dalle leccate di Padfoot, ma anche simile in una maniera che Remus non sapeva spiegare.

Moony gli mise una mano contro la nuca, spingendolo di più verso di sé, e lo baciò più a fondo, sentendo ancora quel brivido familiare attraversargli il corpo e fermarsi a formare una pozza calda nella sua pancia.

Quando lo allontanò, scrutandolo in viso, sbatté le palpebre. “Sei nudo,” commentò, abbastanza scioccamente.

“Già,” rise Sirius, vagamente imbarazzato – ma Remus lo conosceva e sapeva che l’imbarazzo non era dato dalla sua totale nudità. Gli avvolse comunque il suo mantello intorno alle spalle e poi tornò a prendergli il viso fra le mani.

“Quindi,” lo incalzò e sentì l’altro tendersi quando il suo fiato si scontrò sulle sue labbra. “Questa è come la favola del Principe Ranocchio?”

“Cosa?”

“Una principessa bacia un rospo e quello diventa un principe,” spiegò Remus, per dovere di cronaca e riflesso condizionato.

“Sei diventato una principessa, Moony?” rise Sirius, guardandolo ad occhi socchiusi.

“Non è questo il punto…”

“No, infatti… Posso baciarti di nuovo?”

Non ci fu bisogno di rispondere.

*


Vari baci dopo, Remus guardò Sirius, comodamente accoccolato vicino a lui. Il dubbio che non ci fosse mai stato nessun blocco psicologico – sospetto che gli era sorto nell’esatto istante in cui aveva riottenuto le sue facoltà mentali, svariati baci dopo il primo – era ormai certezza, ma Remus voleva saperne di più.

“Non eri bloccato nel corpo di Padfoot,” commentò, giocherellando con una ciocca di capelli neri.

Sirius scosse la testa e gli lanciò un’occhiata guardinga.

“Non mi arrabbierò,” promise e ridacchiò quando vide il sollievo nello sguardo dell’altro.

“Beh, ecco… Volevamo baciarci da troppo tempo, ma tu non ti facevi avanti ed io pensavo di aver preso un abbaglio,” spiegò velocemente, senza guardarlo. “Così… ho barato. Ho pensato che magari con Padfoot ti saresti sciolto e…”

“Ci hai preso,” finì per lui Moony, annuendo. “Mi sembrava strano lo stesso, ma almeno non mi sentivo uno stupido.”

“Già, come io non mi sentivo uno stupido a leccarti.”

“Avrei dovuto capirlo subito che lo facevi apposta…”

“Ti facevo più sveglio, in effetti,” lo prese in giro Sirius, ridacchiando quando Remus gli tirò la ciocca con cui stava giocherellando.

“James lo sapeva, vero?”

Padfoot annuì. “Sì,” mormorò pensieroso. “Non è stato facile dirglielo, ma… Beh, gliel’ho detto mesi fa, ma quando gli ho spiegato quest’idea ha detto che mi avrebbe aiutato.”

“Per questo lui e Peter erano così calmi…”

“Peter non lo sa,” incalzò Sirius, prendendo una mano di Remus e giocando con le sue dita. “Pensa che tutta questa storia di me non riuscivo a tornare umano sia uno scherzo. È stato difficile dirlo a James, non penso d’essere psicologicamente pronto per dirlo anche a lui…”

“Capirà,” commentò distrattamente Remus.

“Eri preoccupato, vero?” chiese poi Padfoot, guardandolo sottecchi e sorridendo sornione. “L’ho visto dalla tua faccia… Sembravi disperato…”

Il licantropo assottigliò gli occhi. “Non ridere, idiota… Certo che ero preoccupato!”

“Oh, Moony!” rise Sirius abbracciandolo di slancio, con lo stesso entusiasmo sconclusionato con cui Padfoot l’aveva buttato a terra innumerevoli volte durante quei giorni.

Remus non disse niente, limitandosi ad accarezzare i capelli di quello stupido, incurante dell’erba che sicuramente gli sarebbe finita sulla divisa.

“Comunque!” esclamò all’improvviso Padfoot, guardandolo severamente e puntandogli un dito sul petto. “Cos’è questa storia che volevi leggere un libro invece di giocare con me?” chiese e per un attimo Remus pensò che Sirius non si trasformava semplicemente in Padfoot. Sciocco come poteva sembrare, Sirius era Padfoot ed in quel momento aveva lo stesso sguardo languido e offeso del cane.

“Ma sai che il libro è il migliore amico dell’uomo,” affermò con solennità.

“Quello era il cane!” protestò Sirius, affondando di più il dito nel suo petto.

“Sì, ma dentro il cane è troppo scuro per leggere,” rise Remus e la sua risata, dopo qualche attimo di perplessità, contagiò anche Sirius.

Non importava se aveva barato, pensò il licantropo mentre lo vedeva sorridere, importava solo che aveva barato bene.


Fine

Note:
ed eccola qui in tutta la sua... boh, eccola qui e basta XD ed ecco qui anche il giudizio. Tra l'altro, vi consiglio di leggere la fic di Miki, prima classificata allo stesso contest, perché è semplicemente esilarante: Testa-di-Pluffa e gelatine ai fagioli

«QUESTA NON E' UNA FAVOLA» DI CHU
SECONDA CLASSIFICATA


Mi sento tanto ignorante in materia, poiché non ho idea di quando sia nata questa Shoebox Project né tanto meno cosa sia con esattezza; come già detto sono stata lontana dal fandom da secoli - sia dal fandom inglese sia da quello italiano -, dunque mi sento un po' come un'ospite che si ritrova in un casa di un suo caro amico per la prima volta e non può fare a meno di sentirsi a disagio.
Ciò fa capire quanto io sia stata presa da altre categorie - vedi One Piece, ad esempio, maledizione a lui - e quanto mi senti vecchia se penso che quando lessi per la prima volta Harry Potter ero poco più di una bambina, accidenti.
Tralasciando questi miei scleri - che tra l'altro hanno davvero poco a che fare con la tua storia -, non essendo per l'appunto ferrata su questa Shoebox Project, per me la tua storia è parsa senza alcun dubbio originale.
Ce lo vedo proprio Sirius che, per stare accanto a Remus, fa' finta di essere bloccato nel corpo di Padfoot pur di stargli vicino; il suo modo di fare in quel determinato frangente mi ha fatta sorridere non poco, poiché in alcuni momenti si comportava proprio come un cane - con tanto di attimi in cui veniva di metterti le mani nei capelli tra leccate e giochi - e non sembrava dispiacersene per niente.
Facciamo comunque un passo indietro. Sin dalle prime righe di questa storia, ti assicuro che il sorriso sporge spontaneo; mi è parso proprio di immaginare la situazione e persino le voci, con James - lui, piccolo disgraziato, sapeva tutto sin dal principio e devo dire che è un grande attore, indi per cui tanto di cappello per la sua interpretazione - che si volta allarmato all'entrata dell'amico e la conseguente fifoneria di Peter.
Anche nella tua storia, inoltre, si legge qualle piccola vena sarcastica che mi è sempre piaciuta, e ciò è messo in risalto specialmente dalle fasi che hai deciso di chiamare con soprannomi ben precisi - ovvero Potenzialmente Catastrofiche, Prendi Lo Stretto Necessario e Scappa, Guaio Serio - che, ammettiamolo, mi hanno fatta sorridere come una scema per un motivo che non comprendo.
Ho apprezzato tutta la storia, che per quanto fosse lunga si è letta davvero che è una meraviglia. Non mi sono nemmeno accorta di essere arrivata alla fine, ad un certo punto, e riuscire a catturare in questo modo l'attenzione del lettore è sicuramente un gran bel punto a favore di uno scrittore; l'evolversi della vicenda, per quanto non succeda nulla di così eclatante, ha fatto sì che io restassi incollata allo schermo soprattutto per sapere cosa fosse successo con esattezza a Sirius e, ti dirò, mi è scappato uno sbuffo divertito nel venire a conoscenza del fatto che fosse tutto un piano ben congeniato. E avrei anche tanto voluto picchiarlo.
Per la grammatica ho davvero ben poche cose da appuntare, se non giusto qualche forma che sarebbe stato preferibile scrivere in un modo anziché in un altro:
- “Ok”→ Okay
- “Animagi”→ Ho il dubbio che si scriva Animaghi - anche se credo che vada sempre scritto Animagus -, quindi te lo appunto solo a scopo illustrativo
- “glien’era”→ qui l'elisione poteva anche non essere messa
- “(non che questo preoccupasse l’intrepido idiota, comunque).”→ eliminerei le parentesi e userei un'altra forma
Ho poi qualche dubbio in proposito al fatto che la trasformazione abbia lasciato Sirius nudo come mamma l'aveva fatto - infatti quando la McGonagall non perde i vestiti quando si trasforma in un gatto -, però ti lascio questa piccola licenza poetica poiché la cosa non influisce per niente sul giudizio finale o sulla storia in generale; è solo un'altra semplice cosa che ti appunto a scopo puramente illustrativo. Ho amato, inoltre, il tuo inserire “aye” invece del sì; chiamami pure scema, ma vederlo mi ha fatta sorridere ancora di più perché nelle mie storie - e, aimé, spesso anche nel linguaggio parlato - compare in continuazione.
Per quanto riguarda i prompt, sono stati utilizzati bene anch'essi - il gusto d'erba è stato usato proprio come erba, e per quanto sia poco originale era un'idea carina -, sia dalla gelatina sia dal boccino - l'immagine del povero boccino tra le fauci di Sirius penso che non mi abbandonerà per un bel po' di tempo -, sebbene anche per la tua storia avrei preferito uno studio un po' più approfondito della citazione che ti era capitata.
Per il resto, la one-shot è stata una piacevole lettura.

- Originalità: 9
- Caratterizzazione dei personaggi: 9.5
- Stile e lessico: 9.2
- Utilizzo del pacchetto: 9.5
- Apprezzamento personale: 5

- Totale: 42.2
  
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