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Autore: Edelvais    03/11/2011    3 recensioni
Una lunga one-shot ambientata in una tribù indiana.
Questa ficion partecipa anche ad un concorso diretto dal comune di Morciano (non so se mi è permesso citarne il nome), comunque spero vi possa piacere :)
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un falco.



Ellen__, © 2011








Il torrente si snodava placido fra le dune erbose, circondato dagli alberi secolari che con le loro fronde celavano il cobalto del cielo. Le sue acque risplendevano luminose a contatto con l’abbagliante luce solare come una colata d’oro fuso.
Il sole batteva violento sul villaggio, su cui regnava infinita tensione e gioia.
Stava infatti per cominciare la cerimonia per noi indiani più importante dell’anno. Noi sette ragazzi appena quindicenni eravamo in procinto di essere nominati veri appartenenti a questo villaggio. Ci avrebbero dato il nostro nuovo nome da adulti, il quale solevamo denominare “Totem” e questa cerimonia rappresentava la premiazione per essere riusciti per sei mesi a sopravvivere nella foresta selvaggia e maturare completamente in solitario.
Io ero l’unica femmina presente, poiché le ragazze non sono obbligate a partecipare a questa cerimonia, in quanto da adulte occupano il ruolo di madri e non di guerriere. Ma fin da bambina, ho sempre desiderato raggiungere quella pace interiore che rappresenta l’essenza dei guerieri, e sarei riuscita ad ottenerla solamente affrontando questa tradizione comune. Nonostante sia sempre stata sottovalutata dai maschi unicamente per la mia appartenenza al sesso femminile, non intendevo tuttavia abbandonare il mio sogno. Eravamo vestiti con gli abiti dei guerrieri della tribù, con il classico pennacchio simbolo della natura che decorava il capo. I miei capelli rossi colpiti dalla luce solare parevano infuocati, e venivano delicatamente  mossi dal vento che spirava libero e leggiadro fra gli alberi.
La dolce brezza accarezzava le mie gote arrossate dal folgore del momento più importante della cerimonia, mentre il sole ormai stava morendo fra le montagne alle nostre spalle.
A differenza degli altri appartenenti al villaggio, che solitamente hanno il colore degli occhi molto scuro, le mie iridi sono del medesimo colore dell’erba al mattino ornata da gocce di rugiada, e tendono a variare a seconda della luce.
I miei compagni erano invidiosi del fatto che io avessi superato il sentiero da sola, mentre loro avevano riscontrato parecchie difficoltà nel svolgere la loro missione.
Eravamo tutti legati da un unico filo conduttore dell’ansia, all’interno del rinomato recinto del rito finale. Novizi erano chiamati coloro che come noi avevano appena intrapreso il viaggio, portandolo a termine con successo. Dopo la cerimonia saremmo stati degli adulti guerieri. I miei genitori attendevano con trepidazione fuori dal recinto e mi guardavano orgogliosi. Con noi vi era solamente mio nonno Falco Ardito, il capo tribù, a lui era dovuta la nascita del villaggio che tanto amavo, la pace dopo tante guerre fra piccole tribù, a lui spettava la gratitudine ed il rispetto dell’intero villaggio.
Molte rughe decoravano il viso del vecchio guerriero, rappresentanti della sua somma saggezza e simbolo della sua eterna gloria. Tutto il villaggio, dopo la sua morte, l’avrebbe ricordato nei secoli, e le sue avventure tramandate di generazione in generazione.
Si avvicinò a noi barcollando sulle sue esili gambe, ma nonostante l’età con fare deciso e a testa alta, reggendo fra le mani scheletriche una ciotola di ceramica decorata fin nei minimi particolari, contenente una sostanza bordeaux. La sostanza era la polpa di un frutto sacro alla gente del nostro villaggio mischiato alla terra e alla sabbia. Con il pollice ce la spalmò nel viso, disegnando i simboli del nostro Totem, ovvero il nostro nuovo nome da adulti, per poi citare la frase che rappresentava il  nostro passaggio da Novizi a Guerrieri.
“D’ora in poi non siete più novizi, ma fate oramai parte del nostro villaggio sotto il nome di veri uomini e guerrieri meritandovi il vostro nuovo Totem.”
Nonostante la sua venerabile età, la voce di mio nonno risuonava possente e autoritaria come quella di un guerriero nel fiore degli anni. Alzando ancora la voce nominò i vari Totem dei miei compagni di viaggio, per poi giungere al mio.
“Mia nipote, d’ora in poi avrà l’onore di chiamarsi Selene, "Figlia della Luna.”
Soffocai un gemito di gioia. Era un nome bellissimo, e mi si addiceva alla perfezione, ogni notte  osservavo la luminosità della luna, che si specchiava nelle acque limpide del torrente e riflettevo sulle mie azioni della giornata, di come avrei affrontato gli anni a venire.
Finita la cerimonia Falco Ardito aprì il recinto e ci condusse fuori.
Non mi voltai nemmeno per salutare i miei compagni, mi diressi correndo spedita verso i miei genitori.
Mia madre era commossa, e mio padre stravedeva di orgoglio per me. Infatti ero la prima ragazza alla quale veniva concesso di intraprendere il viaggio dei Novizi. Non semplicemente perché il capo tribù era mio nonno, ma in quanto avevo dimostrato il mio coraggio all’intero villaggio, confermando la mia determinazione.
Entrambi mi strinsero in un soffocante abbraccio. Finalmente ero un’adulta. Finalmente avevo mosso il primo passo verso la realizzazione del mio sogno.
Ci dirigemmo tutti e tre alla nostra capanna, per festeggiare con del buon cibo il mio ritorno.
“Selene…è proprio un bel nome sai?” disse mio padre guardandomi fiero.
“Già…piuttosto, come hai passato questi sei mesi lontana dal villaggio? ci sei mancata molto…”
Esordì mia madre, la quale sembrava addirittura più spensierata di me.
Mi alzai all’improvviso, sorridendo gioconda, “E’ un segreto, non posso raccontarvi il mio percorso, è vietato!”
Ambedue scoppiarono in una fragorosa risata, che aleggiò per tutta la capanna.
“Lo sappiamo tesoro, adesso vai a riposare, te lo sei meritata.”
Annuii esausta ed ubbidii.
Non appena mi distesi sulle morbide pelli, mi assopii.

***

Mi svegliai durante la notte inoltrata, a causa dell’ululato di un lupo, che dava il benvenuto alla luna piena. Mi alzai di scatto dal mio comodo giaciglio, e aprendo la tenda, mi resi conto della bellezza incontrastabile della luna. Illuminava il firmamento ormai dominato dalle caligini, cercando di ravvivare la notte buia e tempestata di stelle che accerchiavano la luna, rendendola ancora più sfavillante. Non riuscivo a staccare gli occhi da quello spettacolo magnifico.
Tuttavia, mi ripresi dall’ipnosi e decisi di inoltrarmi nel bosco, ai pressi del ruscello.
Mi distesi con il dorso sull’erba umida e fissai rilassata lo scorrere fluido dell’acqua, quella che secondo il mio Totem doveva essere mia madre.
Ad un tratto, un frusciare di foglie alle mie spalle destò la mia attenzione, e con uno scatto felino, mi rizzai in piedi con le spalle rivolte alla fonte di quel rumore. Ma i miei occhi si spalancarono dalla sorpresa quando vidi l’autore di quel rumore così sospetto.
“Nonno! Cosa ci fai qui?”
Sorrise nel notare che ero palesemente sorpresa. Si avvicinò con passo lento ed incerto verso di me, ed io arrancando goffamente nel buio della notte, cercai a tastoni le sue mani, fino a quando non fu lui ad afferrare saldamente le mie. Riuscivamo a distinguere a malapena i nostri volti, ma io avrei riconosciuto il suo modo di camminare fra mille persone. Era assolutamente unico ed inconfondibile. Mi strinse forte le mani, come per incoraggiarmi, ed io osservai il suo sorriso assai perplessa. Perché era lì? Cosa stava succedendo? Non si era mai comportato così!
“Selene…sei felice del tuo nuovo nome?”
Mi chiese premuroso. Risposi esitando, catturata dagli occhi scintillanti di mio nonno.
“Si, è veramente bellissimo, grazie!”
Rise gentilmente del mio entusiasmo, reggendo ancora fra le sue mani spigolose e scheletriche ma forti e decise, le mie, fragili e minute.
Frenai di colpo la mia risata, colta da un improvviso sconforto.
“Nonno…mi stai nascondendo qualcosa, vero?”
Non smise di sorridere nemmeno per un istante, si limitò ad abbassare il capo e a sospirare, colto in fragrante dalla mia perspicacia.
“Selene, tu sei a conoscenza del rito di passaggio dei più anziani del villaggio, giusto?”
Nonostante sapevo dove ambisse ad arrivare, non volli credergli, sperando fosse tutto una burla.
“Si ma…”
Senza lasciarmi il tempo di terminare la domanda, riprese a parlare, con voce sempre più flebile ed addolorata. Ora persino il suo sorriso aveva un equilibrio precario, e stentava a permanere.
“Mi dispiace dovertelo annunciare così tardi, ma oramai è giunta l’ora del mio ultimo sonno cara.”
Il mio cuore per un istante cessò di battere. Pareva scalfito da pietre appuntite, che colpivano incessantemente nel mio piccolo organo vitale.
I miei occhi parvero spegnersi della gioia che mi pervadeva l’animo pochissimo tempo fa.
Difatti si riempirono di lacrime amare, che scorrevano disubbidienti sulle mie gote, nonostante facessi del mio meglio per trattenerle. Ma fu tutto vano. Mio nonno presto avrebbe lasciato per sempre questo mondo, vegliando sul villaggio dall’alto.
Mi lasciai cadere fra le sue braccia sottili, abbandonandomi completamente ad un pianto sommesso.
“Mia cara, devi imparare ad accettare anche le condizioni più dolorose. E’ questo il prezzo della vita, ma vale la pena pagarlo, credimi.”
Alzai gli occhi singhiozzando, e mi asciugai le lacrime come meglio potevo.
“Non essere infelice anzi, dovresti essere entusiasta per me. Me ne andrò in un posto migliore, dove potrò vegliare sul villaggio, ma in particolar modo su di te, Figlia della Luna.”
Era tutto vero. Non avrei dovuto essere triste per il suo passaggio, ma felice per lui, ed augurargli buon viaggio.
“Accetterò questa condizione, se è questo che significa vivere. Ti voglio bene. Buona strada.”
Era pronto, ed il suo sorriso che era tornato a splendere sul suo volto lo confermò.
“Buona strada anche a te, cara.”
Come ultimo gesto, strinse le mie mani fra le sue, incoraggiandomi ad andare avanti senza pensare al passato. Dovevo imparare a seguire il mio sentiero senza voltarmi indietro, senza lasciarmi vincere dalle mie paure, ma combattere il timore di sbagliare rischiando. Mi insegnò molti aspetti della vita, ma quest’ultimo, giunto dinanzi a me semplicemente con una stretta di mano, era il più importante.
Si voltò donandomi un altro sorriso, l’ennesimo, ma purtroppo l’ultimo che avrei potuto ammirare, per poi incamminarsi verso una meta sconosciuta, per non fare mai più ritorno al villaggio.
In quell’istante ricordai una poesia che mi insegnò quando ero ancora una bambina, proprio riguardo l’ultima meta del cammino di un uomo:

Fiumi, mari boschi mossi dal vento,
lune su lune capelli d’argento.
e quando era ora dell’ultimo sonno,
lasciavo il villaggio per non farvi ritorno.
Un falco guidava il mio dolce cammino,
io lo seguirò e nel rosso tramonto
dall’alto di un monte
ammiravo il suo mondo.


La mormorai piano, sussurrandola alle fronde degli alberi che mi circondavano.
Alzai lo sguardo, e d’un tratto vidi un falco volare leggero ed ardito nel cielo, passando attraverso l’immagine fulgida della luna. Il falco era il Totem del nonno, sorrisi mestamente. Sollevai lo sguardo osservando nuovamente la luna che regnava sovrana nel  firmamento. Il cammino del nonno era giunto al termine, ma il mio iniziava adesso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Nota dell'autrice.

Ciao a tutti! Spero che la vostra sia stata una buona lettura.
Questa "breve" fic l'ho scritta con lo scopo di farla partecipare ad un concorso indetto dal comune di Morciano, e ho deciso di pubblicarla anche quì per avere anche una vostra opinione.
Beh spero vi sia piaciuta! ^^

Vostra Ellen.
 
 
   
 
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