Dalon
rientrò a casa
infreddolito. Era un ragazzo di quindici anni, che frequentava il
secondo anno
del Liceo Scientifico e abitava in un piccolo paesino della provincia
di
Torino. Era piuttosto alto per la sua età e possedeva un
fisico magro, asciutto
e muscoloso al punto giusto. Aveva i capelli e gli occhi neri, di una
tonalità
particolarmente intensa. Non era molto interessato alle apparenze o a
mantenersi in forma, ma gli allenamenti di basket gli avevano permesso
di
temprare il suo corpo e anche la sua anima. Il suo nome, alquanto
curioso, era
stato giustificato dalla madre come il nome di un suo antenato, che era
vissuto
in tempi remoti. Era molto bravo a scuola e non aveva
difficoltà nell'imparare
grandi quantità di nozioni. Si riteneva un po' come Paride,
un eroe
dell'Iliade, belloccio d'aspetto ma pavido nel cuore. In
realtà era molto più
coraggioso di quanto immaginasse, anche se le paure si erano accentuate
da
quando una banda di ladruncoli si era infiltrata a casa sua e l'aveva
messa a
soqquadro, prima di svaligiarla dei suoi beni. Per questo appena fu a
casa si
premurò di inserire l'allarme.
Quella sera, l'allenamento si
era protratto più a lungo del solito e a casa non c'era
nessuno, essendo i suoi
genitori andati al cinema e sua sorella a casa del suo fidanzato.
Ascoltò per
un attimo il silenzio che regnava nella casa e fissò
l'orologio: erano le nove
e trenta minuti. Buttò per terra il borsone e
osservò il display del cellulare,
che lampeggiava a causa di un sms da parte del suo migliore amico,
Marco.
Si conoscevano solo da tre
anni, ma non avevano avuto difficoltà a diventare grandi
amici, grazie ai loro
caratteri molto simili. Il suo amico aveva i capelli biondi e gli occhi
verde
chiaro, con sfumature verde acqua. Era meno alto di lui, ma leggermente
più
muscoloso e anche meno intelligente, per quanto non lo si potesse
nemmeno
considerare il peggiore della sua classe. Era rimasto orfano quando era
molto
piccolo ed era stato adottato da William Anderson, un professore di
inglese
madrelingua, trasferitosi in Italia. Marco non era l'unico figlio del
professore, che aveva adottato anche
altri tre ragazzi della loro età, Vincent, Lea ed Elena. La
famigliola si era trasferita nel paese di Dalon quando Marco
aveva dodici anni ed erano andati a vivere in una casa piuttosto
antica, che si
trovava a pochi metri dalla sua.
<< Mi potresti portare i
compiti di mate per domani? >>, recitava il messaggio.
Dalon ragionò un
attimo sul tempo che avrebbe impiegato per andare e tornare dalla casa
dell'amico. Non gli piaceva per niente uscire a quell'ora, soprattutto
in
inverno, lasciando la casa vuota. Tuttavia, Marco era il suo migliore
amico e
poteva anche fare quel sacrificio per lui. Poi, non sapeva con quale
coraggio
gli avrebbe detto che non gli avrebbe portato i compiti solo
perché aveva
paura. Gli rispose di sì e dopo aver preso il quaderno
dall'armadio della sua
camera, uscì nella gelida notte. Si riabituò in
fretta alla temperatura e
iniziò a camminare velocemente verso la casa di Marco, che
si trovava circa trecento
metri al di sopra della sua, al limitare della zona abitata. Qui
iniziavano
alcuni prati, che venivano utilizzati occasionalmente da pascolo per le
mucche.
Non c'era un anima viva a quell'ora, come se tutti si fossero rintanati
in
casa, per difendersi dal freddo siberiano di quella sera. Si sentiva
molto
inquieto e qualsiasi rumore o ombra attiravano la sua attenzione. I
lampioni
che illuminavano la strada emettevano una luce sinistra e inquietante
almeno
quanto lo spicchio di luna nel cielo.
Si impose la calma. Si sentiva
un idiota per colpa delle sue paure e non era una sensazione molto
piacevole.
Alla fine che cosa poteva temere? Non passava mai nessuno da quella
strada e
non c'erano sicuramente animali pericolosi nella zona.
Cercò di distogliere la mente
dai pensieri negativi e si avviò in tutta fretta verso la
casa di Marco. Dalon
c'era stato spesso e la vedeva quasi come una seconda casa. Era un
costruzione
imponente, che risaliva all’inizio del novecento ed era
rimasta abbandonata per
quasi un secolo. William Anderson l'aveva comprata per una cifra
stratosferica
e in pochi anni l'aveva completamente ristrutturata e resa abitabile.
Tutti si
erano chiesti dove un semplice professore si fosse procurato tutti quei
soldi e
strane voci erano girate in paese. Alcuni pensavano addirittura che
come
secondo lavoro facesse il ladro. In realtà, l'uomo aveva
giustificato
l'acquisto della casa con il fatto che discendeva da una ricca famiglia
di lord
inglesi e inoltre, nel periodo in cui aveva lavorato in Inghilterra,
aveva
messo da parte un bel po' di soldi, visto che gli stipendi degli
insegnanti
universitari in Inghilterra erano più alti che in Italia. A
Dalon era sempre
stato simpatico il Signor Anderson e lo riteneva una persona molto
comprensiva
e affabile, disposto ad ascoltare i pareri e le opinioni degli altri.
La sua villa aveva mantenuto
esternamente il suo aspetto originale, ma all'interno era un paradiso
tecnologico. Qualsiasi piattaforma di gioco fosse uscita sul mercato
era
presente nelle camere dei ragazzi e ognuno dei componenti della
famiglia
possedeva un proprio personal computer. A parte questo, una serie di
televisioni full hd erano sparpagliate per le stanze della casa e un
efficiente
sistema di antifurto difendeva la casa dai ladri.
Imboccò una stradina sterrata
secondaria che conduceva alla casa, quando improvvisamente un latrato
terribile
squarciò il silenzio. Il sangue gli si gelò nelle
vene. Quel suono terribile
non apparteneva sicuramente a nessun cane e i lupi avevano abbandonato
quella zona
da tempo. Si guardò intorno terrorizzato, ma la poca luce
non gli consentiva di
vedere Ebbe appena
il tempo di voltarsi
che una terribile creatura dall'ispido pelo nero balzò nella
stradina. Era
grossa quanto un piccolo pony e aveva la schiena ricurva, con la
colonna
vertebrale ben in evidenza. La testa piccola era incassata nelle spalle
e occhi
di brace fiammeggiavano nella notte, appena sopra le zanne gialle
ricurve, che
sporgevano dalla piccola bocca.
Dalon trattenne a stento un
grido e si mise a correre in direzione della casa di Marco, ormai a
pochi metri da lì. Cos'era
quella bestia? Se avesse creduto nell'impossibile avrebbe
tranquillamente
affermato che si trattava di un lupo mannaro o di qualcosa di simile.
Dopo aver
fatto neanche mezzo metro, la bestia gli fu addosso e lo fece cadere
pesantemente a terra. Sentì la sua bava vischiosa rigargli
il volto e si
preparò alla fine. Che morte terribile...morire a causa di
una bestia feroce, a
pochi metri da casa propria.
Le mani cominciarono a
formicolargli ferocemente e senza che se ne rendesse conto, le
levò di fronte
alla creatura. Un lampo di luce gli esplose nelle mani e si
condensò sotto
forma di una lancia di energia, che trafisse la testa dell'animale e lo
scagliò
lontano.
Si sentì improvvisamente
spossato e ogni energia abbandonò il suo corpo, facendolo
svenire.
Intanto tre figure avanzarono
verso di lui e la creatura, correndo.
<< Divoratori di
Sogni...per loro fortuna sono riusciti ad attaccarlo prima
dell’inizio della
barriera.... ormai manca poco… >>
sussurrò con accento inglese, la figura
più alta. Era particolarmente affannato, come anche gli
altre due.
<< Bamboccio...stava per
farsi uccidere. Tutta colpa tua che lo hai chiamato qui a quest'ora
>>,
sbuffò quello che più si era avvicinato alla
bestia.
<< Non chiamarlo così
Vincent. E' riuscito a uccidere un Divoratore con un solo colpo, cosa
che
nemmeno tu sei mai riuscito a fare >> lo
rimbeccò la figura più bassa.
<<
Smettetela di
litigare...a quanto pare abbiamo trovato l'Erede del Primo. Non
è ancora pronto
per sapere tutta la verità. Per il momento riportalo a casa
Marco e fai in modo
che non si svegli prima di domani mattina. Tu, Vincent, vai a chiamare
le
ragazze, invece di stare a guardare il cadavere del Divoratore.
Dobbiamo
evocare uno scudo sulla sua casa prima che sia troppo tardi
>> ordinò il
Professor Anderson. I due ragazzi eseguirono gli ordini. L'inglese si
strinse
le tempie, come per ordinare meglio i pensieri. Le Tenebre lo avevano
trovato
più in fretta di quanto avesse previsto.