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Autore: CatharticMoment    04/11/2011    3 recensioni
Tom arrivò ad un palmo dal suo naso.
Costringendola ad abbassare lo sguardo per non sostenere i suoi occhi imbestialiti e minacciosi, non sembrava lui quella sera.
- Tu, non osare mai più avvicinarti a lei. Lasciala perdere. Se ha qualche problema lo so prima di te, perciò limitati a farle capire i numeri o quelle cazzate che fai tu, e per il resto pensa alla tua di famiglia ok? -
Lis sentì il suo cuore spezzarsi in mille pezzi, e per altrettanti mille motivi diversi.
Si limitò ad annuire sconvolta e a tirare su col naso.
La prese malamente per un braccio dirigendola verso la sua auto.
- Adesso vattene. – ringhiò carico di disprezzo
Lei non oppose resistenza e non spiccicò parola mentre Tom la trascinava via.
Era troppo impegnata a controllare il suo dolore e la sua rabbia.
- Non ti voglio più vedere da queste parti. Non ti voglio vedere più – disse fissandola negli occhi.
Lis non si era mai sentita così schifata e disprezzata da qualcuno.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SEI

 

 

I giorni che pensi saranno i più belli
non sono mai belli quanto li immaginavi nella tua fantasia..
Sono i giorni qualsiasi, quelli che iniziano in modo normale,
sono quelli che alla fine diventano i più belli.


Izzie Stevens.




 

 
 
 
- Cioè io non ci posso credere – urlò Nora camminando velocemente.
- Si lo so - commentò indignata anche Lis.
- Quella strega! Con la scusa di abbozzare la tesina ci ha fatto fare un tardi pazzesco, la campanella è suonata già da un pezzo! -
La voce della ragazza riecheggiò per i corridoi vuoti della scuola.
E il fatto che fossero deserti significava che davvero era tardi.
Oltretutto quel giorno non avevano neanche il doposcuola, quindi potevano tornare a casa prima.
- Sbrighiamoci dai. Ti serve un passaggio? - chiese Lis alla compagna.
- Magari.. Anche perché l’auto non mi ha mica aspettato! -
Uscirono dall’edificio come due povere vittime che stavano scappando da un incendio, si fiondarono verso l’esterno come se fosse la loro unica via di salvezza.
Non vedevano l’ora di uscirci per l’ultima e definitiva volta da quella scuola.
Mentre cercava nella borsa le chiavi dell’auto, Lis alzò distrattamente lo sguardo, che gli si posò su una figura famigliare.
- Becca!! - chiamò la giovane, che si voltò a salutarla con la mano.
- Tu la conosci? - le chiese sconvolta l’amica senza dare nell’occhio.
- Si.. È la ragazza di cui ti parlavo, quella delle ripetizioni- spiegò velocemente.
Mentre la sua amica rielaborava e realizzava il tutto, sgranando gli occhi, Lis si era avvicinata alla ragazza, rimasta sola nello spiazzale vacuo della scuola.
- Che ci fai qui, è tardi..-
- Sto aspettando Bill. Ma credo che si sia dimenticato di venirmi a prendere – disse quella come se la cosa fosse del tutto naturale.
- Hai provato a chiamarlo? -
- Si, ma non risponde -
- E Tom?-
- Neanche. Idem mio padre -
Lis si guardò intorno, era tardi, e si stava annuvolando di brutto, la fastidiosa aria che si era alzata non prometteva niente di buono, stava spostando e ammassando le nuvole più scure e cariche d’acqua.
- Dai, andiamo.. Ti porto a casa! - disse risolutivamente e sorridendole.
- No, non ti preoccupare -
- Ma dai.. E’ di strada per me! -
Becca non ci aveva pensato, effettivamente la ragazza aveva ragione.
Abitavano abbastanza vicine quindi poteva tranquillamente portarla a casa.
Così le due raggiunsero Nora che aveva assistito alla scena da lontano, incredula.
 
 
 
- Ma tu lo sai chi è quella? - chiese con tono solenne Nora mentre Becca suonava il campanello di casa sua.
- Si, si chiama Rebecca.. Te l’ho detto che le faccio ripetizioni -
- No Lis, la conosci nel senso che sai chi è? -
- Non ti sto seguendo mica.. - rispose la ragazza confusa.
- Quella - e indicò spudoratamente la ragazza che attendeva impaziente davanti alla porta - è la sorella di Tom Kaulitz! -
- Ah si! L’ho conosciuto, anche l’altro fratello.. Ma sono gemelli vero? -
Nora si spiaccicò una mano sulla fronte, chiedendosi se la sua amica fosse scivolata da una montagna del sapone e poi atterrata in Germania.
- Lo sai chi è Kaulitz? E non mi rispondere il fratello di Becca! - la fulminò bloccandola subito.
Guardò scocciata la sua migliore amica, che a sua volta seguiva attentamente i movimenti di Becca.
Si ricordava di averle accennato vagamente la storia delle bande.
Tentò di essere chiara e concisa, e si ricordò anche che Lis l’aveva silurata con una grossa e rumorosa risata. Per loro, la presenza di quelle persone non era mai stata un problema, perché non avevano amicizie pericolose, o quantomeno evitavano di averle.
Il loro giro di amici era tranquillo, la maggior parte compagni di classe, e qualcun altro in più, erano tutti bravi ragazzi, ed erano molto legati tra loro.
- Tom è il migliore amico di Georg, il Rot! Il capo della banda della zona.. Sono delle persone molto pericolose, anche se non sembra.-
Lis rimase incerta per il tono serio e preoccupato della sua amica, e si chiese perché mai li consideravano dei pericoli e dei delinquenti.
A lei Tom non aveva fatto questa impressione, anzi, era stata a casa sua e di certo non si poteva dire che avesse una famiglia problematica o un infanzia difficile, quindi non riusciva proprio a vedercelo nei panni dell’avanzo di galera.
- Ma stai dicendo sul serio? – chiese poi increspando le sopracciglia.
 
 
 
 
 
 
- Ecco qua - esclamò soddisfatto Bill per aver apparecchiato alla bene e in meglio il piccolo tavolo che c’era nell’ufficio del fratello.
- Che hai preso di buono? - chiese Tom sedendosi a terra affamato.
- Sono passato da Alfredo e ti ho preso i spaghetti con le polpette che ti piacciono tanto.. - rise malefico
- Uhm.. Buoni - si sfregò le mani pregustandoli già dall’odore.
Il moro aprì e porse al fratello il contenitore e le posate, e poi prese quello per se iniziando a mangiare.
Pranzarono tranquillamente, assorti nei loro discorsi fatti di niente, ma che gli piacevano da impazzire, e si raccontarono le loro rispettive mattinate per filo e per segno, commentando e facendo battute.
Bill ripose in silenzio il tutto, in una bustina che poi avrebbe gettato, mentre Tom si gustava la sua birra preferita sentendo che lo stava già aiutando a digerire.
- Allora, adesso che non sai più cosa dire, vuoi parlarmi di quello che ti è successo? - chiese pacatamente, e sorridendo.
Bill abbassò lo sguardo incerto, torturandosi i suoi capelli, e poi lo guardò con languidi occhi lucidi.
Quando Tom notò quello sguardo, il suo cuore perse un battito.
Era una cosa seria se Bill stava reagendo così.
Posò una mano sulla sua spalla, lasciandola scivolare fino al gomito, sperando di averlo tranquillizzato almeno un po’.
- Ehi.. -
Il moro alzò lo sguardo, delle limpide gocce di pianto imperlarono le sue folte ciglia, ma senza scivolare sulle sue guance.
Restarono congelate la, nei suoi grandi occhi nocciola.
- Sabato, l’ultimo di questo mese devo andare ad una mostra… E’ di Patricia.. - disse socchiudendo gli occhi. Congelò nel momento stesso in cui suo fratello pronunciò quel nome.
Il corpo di Tom non emise il più minimo movimento, restò imperturbabile e pietrificato.
Bill sentì la sua mano stringergli il braccio come se si stesse trasformando in marmo.
Gli occhi fissati sull’ultima cosa dove si erano posati.
L’unico segno di vita era il suo petto, che si alzava e si abbassava a distanza breve e corta, l’affanno di chi aveva corso per anni e si era ritrovato sbattuto sul muso lo stesso punto da cui era partito.
- Devi andarci per forza? - chiese destandosi dal suo stato di trance.
- Si, purtroppo.. Serve per il lavoro e per la scuola - ammise sempre più abbattuto.
- Lei lo sa? -
- No, non credo.. Io non voglio andarci Tom - piagnucolò Bill stringendo la sua mano.
- Cosa succede se non ci vai? - chiese stringendo nella sua la mano dell’altro.
- Temo che prenderò un brutto voto al corso, e Melanie si infurierà a morte con me.. – rispose l’altro mordendosi insofferente un labbro.
- Adesso non ci pensare ok? Vedrai che troveremo una soluzione -
Tom allargò le sue forti braccia per accogliere suo fratello che tremava dalla rabbia e dal terrore.
Esattamente le stesse due sensazioni che provava lui.
Sentire il nome di quella donna, che era di nuovo in città, e di nuovo catapultata nelle loro vite, lo fece tremare dalla furia e dal rancore.
Odiavano e temevano a morte Patricia.
Per loro era come l’uomo nero delle favole, l’orco cattivo che gli portò via la loro madre.
Infatti l’ultima volta che la videro fu il giorno in cui Simone fece le valigie e se ne andò.
Lei, la sua migliore amica, era andata a prenderla, l’aveva aiutata a caricare i bagagli in auto offrendole ospitalità. Ma la donna aveva già una casa, era quella in cui viveva con la sua famiglia.
Avevano si e no sei anni. Patricia sorrise loro promettendogli di tornare presto, mentre chiudeva la portiera alla loro madre, che non si era neanche voltata a salutarli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
- E’ qui? - chiese Lis a Becca guardandola dallo specchietto.
- Si, è questa.. Grazie per avermi accompagnata.. - arrossì la ragazza da dietro.
- Non ti preoccupare, mica ti potevo lasciare fuori casa con questo diluvio! -
Si avvicinarono lentamente all’entrata della scuola di musica, le due ragazze sedute ai sedili avanti si scambiarono un’occhiata sbalordita, nel vedere l’enorme edificio.
- Devi entrare da la.. - indicò una sbarra e un gabbiotto con una guardia dentro.
- Avete anche la sbarra?! - chiese stupita Nora.
- Ehm.. Si, sai per la sicurezza o cose del genere.. - abbozzò quella.
Lis avanzò con la sua auto, fino a che un omone grande, alto e con gli occhiali non sbucò fuori dall’oblò, scrutando nell’auto.
- Dica? -
- Salve.. C’è Tom? - chiese la guidatrice avvampando senza sapere perché.
- Documenti - pretese senza dare spiegazioni l’uomo.
La ragazza glieli porse, ed attese per qualche istante mentre la guardia parlava con qualcuno.
Le restituì i documenti e le chiese di attendere.
 
 
 
 
 
 
Il telefono dell’ufficio di Tom squillò improvvisamente, facendo saltare i due fratelli ancora abbracciati, seduti per terra.
Il ragazzo si alzò controvoglia  per rispondere a quel fastidioso squillo.
- Si? -
- Sono Saki, c’è una certa Elisabeth che ti cerca.. l’ho fatta entrare -
Tom guardò l’ora, pensando che non stava aspettando nessuno, e che non aveva idea di chi potesse essere questa signora.
- D’accordo, scendo subito - attaccò la cornetta e guardò Bill.
- Devo andare giù, aspettami qui.. - e gli sorrise dolcemente mentre l’altro annuiva.
Quando arrivò nell’atrio, si accorse che fuori stava piovendo e si rese conto che non c’era nessuna signora apprensiva che lo attendeva. Avanzò ancora di qualche metro, per rendersi conto che davanti all’entrata c’era parcheggiata una macchina scura, dalla quale scesero al suo arrivo prima Becca e poi Lis.
- Ciao.. - fece alle due cercando di mascherare la sua confusione.
Con uno sguardo rapido ma profondo cercò di memorizzare quanti più dettagli possibili.
Prima vide sua sorella furiosa fulminarlo a morte, poi vide l’altra ragazza scendere dall’auto con una strana espressione sul volto.
Gli occhi vagarono sulla Rav 4 nera posteggiata.
E poi si fissarono per qualche istante su una terza persona che era rimasta all’interno dell’auto.
Tom non la conosceva, ed il fatto di non averla mai vista voleva dire che non frequentava la loro zona, e che al contrario di lui dunque, lei sapeva benissimo chi fosse.
- Becca - chiamò la sorella che gli passò a fianco ignorandolo.
Poi Lis gli si avvicinò di corsa per sfuggire alla pioggia insistente.
- Dev’essersi un po’ arrabbiata.. - intercalò la ragazza coprendosi gli occhi dall’acqua  che scendeva dal cielo.
- Ma perché? - la guardò Tom confuso ma ammaliato dalla sua bellezza.
I suoi occhi brillavano ancora di più in contrasto con quel cielo plumbeo, e la pioggia rendeva il suo volto ancora più etereo.
- Vi stava aspettando fuori scuola - gli ricordò lei.
- Oh.. - si illuminò Tom spalancando la bocca e gli occhi.
- Beh, allora io vado - disse voltandosi, ma Tom la bloccò per un polso, e finì per prenderla accidentalmente per mano.
In quel momento entrambi finsero di non aver sentito nessuna scarica di adrenalina scorrere nei loro corpi appena si toccarono. Ed ignorarono la pelle ardere nei punti di contatto.
Lis guardò per un istante la mano del ragazzo, chiedendosi per quale motivo quello sconosciuto le facesse sentire così elettrica.
- Grazie per non averla lasciata da sola - sussurrò ringraziandola anche con lo sguardo.
- Figurati- rispose lei dimenticandosi totalmente del temporale.
Rimase a guardare il ragazzo che aveva di fronte.
Pensando se fosse davvero il delinquente che la sua migliore amica le aveva appena descritto.
Scrutò a fondo in quegli occhi dorati e caldi, cercando una risposta, ma venne accecata dal suo sorriso.
E rimandò la sua piccola ricerca ad un’altra volta.
- Perché non entri.. Ti stai bagnando tutta - le propose Tom notando il suo maglioncino scurirsi sempre di più a causa della pioggia.
- Oh no, grazie ma.. Devo tornare a casa.. - rispose abbassando lo sguardo.
- Giusto.. Ci si vede allora..- più che un saluto era una vivida speranza.
- Ciao..-  e scappò verso l’auto e dalla sua amica.
 
 
 
 
Salendo le scale, Tom già sentiva le grida di suo fratello e di sua sorella, crescere sempre di più.
Non era mai successo che Bill si dimenticasse di Becca, e scostando la porta del suo ufficio pensò anche che non li aveva mai sentiti urlare così.
La sorella minore aveva gettato furiosamente la borsa a terra, dove aveva appena sbattuto prepotentemente anche un piede, mentre urlava contro il moro:
- Almeno potevi avvisarmi che non saresti venuto a prendermi! -
- E tu potevi avvisarmi che mi stavi aspettando! -
- Perché non accendi quel cavolo di telefono e non vedi quante volte ti ho chiamato? -
- Senti ti ho già detto che mi dispiace, ok? – si difese Bill a limite del nervoso.
- Ma se non hai tempo perché prima dici di fare una cosa e poi non la fai? -
- Perché ho avuto un contrattempo e mi è passato di mente! -
Becca incenerì Bill con lo sguardo.
Tom da poco lontano vide il fratello annaspare sotto il suo sguardo nero e incandescente come il carbone.
In genere era lui che ci discuteva e Bill era quello che metteva pace tra i due.
Ma ora che era lo spettatore non aveva idea di cosa fare o cosa dire, anche perché aveva il terrore di mettersi tra l’incudine e il martello.
- Certo.. Immagino che pranzare con Tom sia stato un impegno davvero improrogabile –
- Ok, basta così! - intervenne Tom bloccando la discussione.
Bill non era psicologicamente preparato a sostenere una litigata di quella portata, e Becca era decisamente arrabbiata. I due si voltarono di scatto verso di lui.
- Dovevamo parlare di una cosa importante e ci è sfuggito di mente, adesso sei qui no? -
Becca sbuffò spazientita e si chinò a prendere la sua cartella profondamente offesa.
Non c’era niente da fare con i suoi fratelli gemelli, era una cosa imprescindibile, nessuno vinceva contro di loro, a torto o ragione.
- Tanto avete sempre ragione voi.. Mai una volta che vi sbagliate - commentò delusa uscendo dalla stanza.
Bill si accasciò sul divano coprendosi le mani con gli occhi, iniziando a piangere ancora, e l’altro si fermò davanti alla porta, guardandola mentre si allontanava a testa bassa e pensierosa chiedendosi da quando la pensava così riguardo a loro.
- Bill..? - lo chiamò con una tristezza disarmante nella voce
- Che giornata di merda - ruggì il moro scaraventando a terra tutto ciò che si trovava sul tavolino.


  
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