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Autore: buzzy    04/11/2011    1 recensioni
Basta solo un evento per rivoluzionare la tua vita,non potrai cercarlo o evitarlo,è destino che arrivi,che ti colga impreparato e quello che succederà da quel momento non lo sai nè tu nè nessun altro.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice: mi scuso per la lunga assenza con chi seguiva questa storia,ma ero in una fase di stallo.Mi piacerebbe assicurarvi che da ora in poi continuerà senza intoppi e con aggiornamenti frequenti ma non posso farvi promesse.Ringrazio chi continuerà ugualmente a leggere queste mie schifezzuole e vi saluto.   :)


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Finalmente aveva preso la laurea,i suoi sforzi e la sua totale assenza di vita sociale erano stati ripagati con un titolo di studio con il massimo punteggio,un elogio da parte del professore e l'orgoglio e le lacrime da parte dei suoi genitori,mancavano solo due anni di tirocinio e finalmente avrebbe potuto diventare avvocato e tornare nel suo paese ad esercitare la professione;

Jane aveva iniziato questo suo nuovo impegno con tutto l'entusiasmo a lei possibile,non si aspettava subito di essere portata in tribunale per qualche processo ma almeno sperava di imparare qualcosa di utile,che dato il suo ottimo curriculum qualcuno le facesse da mentore per renderla un buon futuro avvocato,ma non era andato come previsto.

Aveva iniziato il tirocinio da quasi un mese ed era considerata meno del vecchio e rotto computer pentium 4 che ormai era solo un pezzo di mobilia.

Chiedere ai suoi futuri colleghi di almeno ricordare il suo nome era qualcosa improponibile e dal primo giorno era stata ribattezzata “ehi tu”.

-Ehi tu sbrigati a fare quelle fotocopie-

-Ehi tu prepara il caffè-

-Ehi tu c'è da consegnare questo fascicolo all'altro capo della città-

Queste erano le sue mansioni per lo più,ancora non capiva come le sarebbero state utili per affrontare l'esame di stato,ma non si era persa d'animo,lei almeno aveva trovato qualcuno in quel mucchio di altezzosi professionisti che sembrava trattarla meglio e che quando era possibile la portava in tribunale con se':l'avvocato Bennet.

L'avvocato Bennet,amico del professor Campisi e padre dell'architetto che stava ristrutturando la sua vecchia università,all'inizio non era stato così differente dai suoi colleghi,non la comandava a bacchetta solo perché non aveva tenuto conto particolarmente della sua presenza,almeno finché non le era finita addosso con il caffè bollente.

Quel giorno aveva pensato che l'avrebbero cacciata via a calci dopo la sfuriata che tutti aspettavano uscisse dalla bocca della vittima,invece Edward Bennet aveva alzato gli occhi furiosi per un decimo di secondo per poi tranquillo e preoccupato chiedere: “Stai bene,ti sei fatta male?”.

Così da quel giorno aveva trovato il suo mentore,ancora veniva considerata poco e niente dagli altri soci dello studio e spesso guardata con sospetto per questo strano rapporto che si era creato,e soprattutto per il cambio di carattere dell'avvocato.

 

Paul entrò in ufficio puntuale come ormai faceva da un po' di tempo,aveva ripreso la routine,tenersi impegnato più o meno lo teneva lontano dal mettersi a pensare, così facendo era riuscito a far smettere di preoccuparsi eccessivamente sia i suoi genitori che il suo socio e amico Eric.

Quello stato di quiete apparente era sufficiente per far felici le persone che gli stavano intorno,almeno loro erano felici e questo gli sembrava ormai il massimo che potesse chiedere e ottenere.

 

“Amico,hanno telefonato dal cantiere e dicono che i lavori all'università dovrebbero finire entro fine mese se non ci sono intoppi. Si è fatto sentire pure l'ingegnere Ericsen e dice che i Wilson hanno deciso di cambiare la pianimetria di casa loro per l'ennesima volta e chiede di andarci a parlare tu che lui sta per avere istinti omicidi”,Paul era entrato nell'ufficio del socio ma quello non lo aveva nemmeno notato e continuava a non degnarlo di attenzione nemmeno dopo tutto quel lungo discorso.

 

“Eric ci sei?”,si era sporto sulla scrivania fino a giungere ad un palmo dal suo naso,solo in quel momento l'amico lo aveva notato saltando per lo stupore dalla sedia.

 

“Ma che cavolo,quando sei arrivato?”

 

“Da un bel po' e ti stavo pure parlando ma tu eri con la testa altrove. Sai è tuo compito tenermi occupato il più possibile se vuoi che venga qui a lavorare tutti i giorni,non dovresti fare i tour mentali e comunque non da solo. C'è qualche problema?”

Era da un paio di giorni che Eric aveva sempre lo sguardo pensieroso e la testa tra le nuvole,questo non era passato inosservato a nessuno tanto meno a Paul che cominciava a preoccuparsi.

 

“No tranquillo è tutto a posto?”,disse facendo un sorriso tirato e falso.

 

“Puoi parlare tranquillamente,ogni tanto tocca pure a me risollevarti il morale. Si tratta di lavoro o cosa?”

Aveva voglia di rendersi utile,Eric c'era stato quando aveva avuto bisogno e c'era ancora,era il suo migliore amico e il fratello di jamie,era suo dovere aiutarlo.

 

“Mio padre ultimamente è strano,torna a casa allegro e non si chiude più subito nel suo studio,anzi cerca dialogo con me e mia madre,ha perfino sorriso l'altra sera mentre eravamo a cena. Non sorrideva da...beh lo sai.-non continuò la frase,non era necessario e avrebbe fatto soffrire entrambi pronunciare quel nome- Non ho idea di cosa abbia,se non sapessi che non è il tipo mi verrebbe da pensare che ha un'amante”.

 

L'ultima parola fece scappare a Paul un leggero sorriso,se c'era qualcosa di certo nel mondo era che il signor Bennet amava la moglie e mai aveva ponderato di tradirla,pensare che potesse avere una relazione clandestina era più impensabile di un'invasione aliena.

 

“Amico non c'è niente da ridere,sono preoccupato”

 

“Non potresti essere felice e basta per il suo ritrovato buonumore?”

 

“Se fosse normale,si ma non lo è.”

 

“L'unica cosa che mi viene da consigliarti è controllarlo,vai ogni tanto a trovarlo a lavoro e vedi cosa fa durante il giorno. Anche se ,amico,non è un'azione molto bella”.

A Paul non avrebbe fatto piacere essere spiato,se fosse stato nei panni del padre,ma Eric era davvero in ansia e se fosse continuato così sarebbe peggiorato,si preoccupava troppo per gli altri senza pensare mai a se stesso.

 

“Hai ragione,vado subito allo studio legale a fargli visita e tu mi accompagni,non lo vedi da secoli e sei un'ottima scusa per la nostra presenza”,sul volto del giovane uomo era scomparso il sorriso finto di prima e ora il suo viso si stava rilassando.

 

Paul avrebbe voluto rifiutare,evitare di immischiarsi in quella faccenda ma gli era impossibile e così si era ritrovato sotto lo studio legale Willis and Company senza rendersi conto di cosa fare e dire fino a quando non avevano varcato l'entrata.

La signora Cooper,segretaria da trenta anni dello studio, era corsa a salutare Eric appena lo aveva visto,lo aveva visto crescere e si era affezionata a quel ragazzo come se fosse un suo parente.

 

“Ciao Betty è un piacere vederti-il ragazzo la salutò con un abbraccio e un bacio sulla guancia-mio padre è in ufficio?”

 

“Si entra pure non dovrebbe avere da fare,sta facendo da tutor alla nuova tirocinante,se vuoi te lo chiamo”

 

“Una nuova tirocinante?”,Eric si stava incuriosendo,suo padre non perdeva mai tempo con gli apprendisti,era uno spreco di tempo.

 

“Si è una brava ragazza,un po' silenziosa ma molto gentile e paziente. Ora vado a chiamarti tuo padre”.

 

“No no tranquilla voglio fargli una sorpresa,ci vediamo dopo. Andiamo Paul”.

 

Quest'ultimo seguì riluttante l'amico,sapeva cosa stava pensando e non condivideva i suoi sospetti e nemmeno quello che aveva intenzione di fare.

Ci sarebbero stati problemi,aveva questo strano presentimento che non lo abbandonava da quando era entrato nell'edificio.

 

“Ciao papà”.

Il saluto e la porta che sbatteva avevano portato quattro paia di occhi ad incontrarsi tra loro,tre di quelle quattro persone erano rimaste sorprese mentre la quarta ancora,ma non per molto,non sapeva cosa stava accadendo e soprattutto perché.


  
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