THE X-DAY
Statisticamente,
la probabilità che ciascuno di noi si possa trovare qui sono
talmente basse che il semplice fatto di esistere dovrebbe mantenerci
in un costante stato di felice stordimento.
- Lewis Thomas
Derek
si passò stancamente una mano sulla fronte, asciugandola
così dalle
piccole goccioline di sudore che la imperlavano. Quello era un Maggio
eccezionalmente caldo e, dando ragione ad ogni corollario della legge
di Murphy, proprio in quella settimana in cui la canicola stava
diventando insopportabile, l'impianto di climatizzazione
dell'edificio di Quantico in cui si trovavano gli uffici
dell'Unità
di Analisi Comportamentale, dopo anni di onorata carriera senza alcun
bisogno di interventi ulteriori oltre alla trimestrale visita di
manutenzione, aveva deciso di smettere di funzionare, apparente per
nessuna ragione logica. Il loro tecnico interno pareva non essere
assolutamente in grado di trovare una soluzione a quel problema e
così i responsabili avevano dovuto chiamare un esterno, che
pareva
altrettanto spiazzato da quel guasto inaspettato tanto che, alla
fine, avevano dovuto richiedere l'intervento di un addetto alle
riparazioni della ditta di produzione in Florida, che però
sembrava
avere un'agenda troppo piena per poter ipotizzare un suo intervento
tempestivo.
L'uomo
di colore allungò un braccio muscoloso e dirottò
ancor più verso
di sé la poca aria prodotta dal piccolo ventilatore da
tavolo che
svettava sulla propria scrivania. Sperava sempre più in una
chiamata
per un caso, possibilmente in Alaska.
Il
telefono squillo proprio in quel momento, quando aveva ancora la mano
a mezz'aria mentre si ritirava dalla base del vecchio
elettrodomestico. Dirottando di poco i propri movimenti,
afferrò la
cornetta, sperando che, chiunque fosse, gli potesse dare l'occasione
di abbandonare quella sauna sotto mentite spoglie che stava
diventando il suo ufficio.
“Pronto?”
Dall'altro
capo del filo arrivò una voce squillante, leggermente
attenuata da
suoni sulla cui natura era piuttosto incerto “Hey Derek!Come
va?”
Un
sorriso gli si allargò sulle labbra carnose. Non era il
diversivo
che aspettava, ma era pur sempre un diversivo “Tutto bene
Qua...”
“No,
aspetta!- lo fermò appena in tempo Alaska, con una nota
d'urgenza
nella voce- Non dire il mio nome. Spencer è lì
con te?”
“Sì...”
rispose Morgan, corrugando la fronte mentre lanciava un'occhiata a
Reid che, seduto dall'altra parte della scrivania, stava sfogliano a
velocità supersonica un fascicolo piuttosto voluminoso. Il
giovane
genio si era rifugiato nel suo ufficio, a sua detta uno dei posti con
la temperatura più accettabile nella sezione della Bau,
circa un'ora
prima, e da allora si erano immersi in un clima di lavoro ozioso.
“State
lavorando?” domandò di nuovo la voce della ragazza.
“Stiamo
solo occupandoci di qualche scartoffia.- la rassicurò Derek,
portandosi la cornetta da un orecchio all'altro- Vuoi dirmi come mai
sei in versione 007?”
La
immaginò scrollare le spalle mentre rispondeva
“Sto cercando di
verificare se Spencer è in versione Oddio
sto per diventare padre
oppure se è calmo.”
Morgan
alzò di nuovo lo sguardo, indirizzandolo verso il giovane
collega.
Questa volta Reid si accorse di essere osservato e alzò un
sopracciglio con fare interrogativo mentre lui iniziava a parlare di
nuovo “Mi sembra piuttosto normale, per i suoi standard
perlomeno.
Ma considerando che tu l'hai sposato, Quarantanove, suppongo che la
cosa ti stia bene...”
I
grandi occhi scuri di Spencer si spalancarono all'istante “E'
Alaska?Passamela!”
Il
bel profiler di colore fece roteare gli occhi, fingendosi esasperato
“Ti reclama.- annunciò all'antropologa,
scostandosi leggermente
per impedire a Spencer di provare a sfilargli la cornetta di mano-
Pensi di poter parlare con lui?”
“Certo,
visto che è di buon umore.” acconsentì
immediatamente Alaska.
“Hey
Spencer.” disse poco dopo, quando aveva sentito i rumori
inconfondibili del passaggio del telefono da una mano all'altra.
“Al.-
ribatté con il tono ansioso che l'aveva accompagnato negli
ultimi
mesi- Come stai?Tutto bene?”
La
immaginò sventolare una mano con fare noncurante, proprio
come aveva
sempre fatto nell'ultimo periodo per rispondere a quelle domande.
Sapeva che Alaska stava bene, ovvio. Con tutti i libri di medicina ed
ostetricia che aveva studiato con attenzione di recente, poteva
considerarsi un esperto dell'argomento e, oltretutto, sua moglie
sembrava vivere una di quelle idilliache gravidanze senza disturbi
evidenti se non il naturale aumento della pancia.
“Direi
di sì.” confermò infatti la giovane.
Reid
però non fece troppo caso a quella risposta, troppo
concentrato sui
rumori di sottofondo che arrivavano dall'altra parte del filo
“Sei
in macchina?”
“Su
un taxi.- specificò quindi Alaska- Sto andando via dallo
Smithsonian
ora.”
“Al,
avevi detto che saresti finalmente andata in
maternità!” la
rimproverò immediatamente il profiler. Dall'altra parte
della
scrivania, vide Morgan scuotere piano la testa, consapevole della
continua lotta del ragazzo per convincere la moglie a prendersi una
pausa del lavoro giusto per essere sicuri che non avrebbe finito per
partorire su una scena del crimine.
“Andiamo,
Spencer, mi prenderò già un anno sabbatico dopo
il parto, non posso
non presentarmi al lavoro ora.- cercò di farlo ragionare
lei, per
l'ennesima volta- Senti, pensavo: sarebbe un problema per te tornare
a casa un po' prima?”
Quelle
parole misero subito in allarme Reid “Come mai?C'è
qualcosa che
non va?Stai bene?Il bambino sta bene?”
“Stai
calmo Spencer è solo...- la voce di Alaska subì
un leggero
sobbalzo, alzandosi di un paio di toni- Cavolicchio...”
“Cosa?”
domandò il giovane genio, dopo aver sentito quell'insolita
imprecazione. Alaska non imprecava, nemmeno in modo ridicolo. Mai.
La
immaginò scuotere piano la testa mentre diceva con tono
noncurante
“Niente, era solo una contrazione.”
“Una
contrazione?!- si ritrovò quasi ad urlare Reid, attirando di
nuovo
lo sguardo di Derek- Che cosa vuol dire?”
“Sai,
sono spasmi muscolari autoindotti dai muscoli addominali quando si
avvicina il momento di...” cercò di spiegare la
scienziata, ma
Spencer la interruppe immediatamente.
“So
cos'è una contrazione, Al.- tagliò corto lui,
prima che la sua voce
si riempisse di nuovo di panico- Hai avuto una contrazione?
Ora?”
“Sì.-
confermò Alaska con tono colloquiale, anche se dalle sue
parole era
palpabile anche un forte senso di euforia- Sto andando all'ospedale.
Credo che sia arrivato il momento.”
“Spencer?”
chiamò di nuovo, quando non ottenne risposta dal marito. Non
poteva
sapere che Reid era rimasto immobile, letteralmente pietrificato, non
appena il suo cervello aveva registrato che dopo mesi di trepidante
attesa sarebbe finalmente diventato padre.
“Spencer?!”
La
voce di Alaska usciva con una certa preoccupazione dall'apparecchio e
Morgan, vedendo lo stato di semi-shock in cui era caduto il giovane
collega, decise di prendere in mano la situazione.
“Tranquilla,
Quarantanove, ci penso io a portartelo lì in
tempo.” disse, dopo
essersi impossessato di nuovo del telefono.
“Sì,
certo, fai pure con calma, credo di averne ancora per un po',
però...Sta bene?” domandò infine,
incerta.
Derek
si fece sfuggire una risatina “Credo sia solo spaventato a
morte
all'idea del parto.”
“E
perché mai?- ribatté l'antropologa con candore-
Sono io che devo
partorire.”
“Lo
so, ma sai com'è Reid.- disse con una scrollata di spalle,
prima di
aggrottare la fronte pensieroso- In ogni caso, non
dovresti...sì,
insomma, essere in preda a dolori lancinanti a causa delle
contrazioni?”
“Sì,
un po'...- ammise quindi l'antropologa con voce esile, prima di
riprendere il proprio entusiasmo- La verità è che
sono così
eccitata!Sto per diventare mamma!”
“Sarai
grandiosa, Quarantanove!” sorrise Morgan, certo al cento per
cento
delle proprie parole.
Dall'altra
parte del filo, Alaska sorrise a sua volta “Lo spero. Non
vedo
l'ora di poter fare di nuovo tutte quelle cose che l'essere incinta
mi impediva di fare. Voglio dire, mi piace essere incinta, è
come
essere un piccolo pianeta e non solo perché sono diventata
praticamente sferica, ma perché si diventa un centro
gravitazionale
e le persone diventano più gentili e quando ti parlano sono
sempre
di buon umore e...ohi!”
“Un'altra
contrazione?” si informò il profiler, preoccupato.
“Sì,
ma ora è passata. Dicevo che le persone sono più
gentili e ti
cedono il posto sull'autobus, però ci sono un sacco di cose
dell'essere non-incinta che mi mancano, come prendere l'aereo, o
mangiare prosciutto o usare l'hula-hoop o...oh!”
Mentre
stava scortando un ancora scioccato Reid verso il parcheggio
dell'edificio dove aveva lasciato la sua macchina, Derek si
ritrovò
altrettanto preoccupato: se continuava così Alaska non
sarebbe
riuscita ad arrivare in ospedale per avere il bambino “Ancora
una
contrazione?”
“No,
l'autista del taxi ha preso un dosso troppo velocemente...”
“Mi
dispiace, signorina.” sentì dire da una voce rauca
dall'altro capo
del filo.
“Oh, non si preoccupi, va tutto bene.”
Reid
parve riprendere possesso delle proprie facoltà in quel
momento,
strappò il cellulare dalle mani di Morgan e
sbottò “No che non va
bene: dovrebbe stare più attento. Ti trovi in un momento
estremamente delicato e...”
“Spencer,
andiamo, non ti agitare.- lo tranquillizzò la voce calma di
sua
moglie- È tutto sotto controllo. Non vedo l'ora di
abbracciarla.”
“Abbracciarla?-
le fece eco Derek, che aveva sentito nonostante non reggesse
più il
telefono- Credevo che aveste deciso di non sapere il sesso del
bambino fino al momento della nascita.”
“Già, ma mia mamma ha
un'amica che fa la chiromante e mi ha predetto che si
tratterà di
una bambina.” gli arrivò in risposta la voce
squillante di
Alaska.
Reid scosse la testa “E credere a una cosa del genere
è
decisamente irrazionale. Quella donna non ha poteri extrasensoriali,
semplicemente ha il cinquanta per cento di possibilità di
avere
ragione, quindi se indovinerà sarà stata solo
fortuna.”
“O sarà perché è una vera
sensitiva.-ribatté la giovane con un trillo- L'hai detto tu
stesso:
non ci sono prove del contrario. Oh!”
Il profiler spalancò gli occhi,
apprensivo “Cosa?Cos'è successo?Stai male?Che sta
succedendo?”
“Non è successo niente, Spencer.- lo
tranquillizzò Alaska con voce suadente- Siamo solo arrivati
in
ospedale. Credo che andrò in accettazione e mi
farò indicare il
reparto maternità e poi dirò alla piccola di
aspettare che tu
arrivi per nascere.”
“Alaska...”
“Devo andare, ora.- tagliò corto
lei, con tono leggero- Un infermiere è venuto a prendermi
con una
sedia a rotelle. Che cosa ridicola, sono perfettamente in grado di
camminare. A dopo, Spencer, ti amo.”
“Ti amo anch'io.” sussurrò Reid al
telefono ormai muto.
Il ragazzo lasciò cadere la mano che
stringeva il cellulare sulle proprie gambe, lo sguardo fisso davanti
a sé.
Di certo non c'era la necessità di un
profiler con esperienza per dire che Spencer stava cadendo in una
delle sue silenziose crisi di panico, in cui il suo cervello incline
a preoccupazioni di ogni tipo prendeva il sopravvento riuscendo a
mandarlo nel panico più totale.
Sul volto di Morgan si aprì un mezzo
sorriso empatico “Hey, ragazzino. Tutto bene?”
Spencer si raddrizzò sul sedile, si
schiarì la voce e rispose, pur senza riuscire a guardare
l'amico
negli occhi “Sì. Certo. Alaska è appena
stata ammessa in
ospedale, la stavano portando al reparto di ostetricia.”
“Reid.- sospirò Derek, cercando di
mettere maggior enfasi nelle proprie parole- Va tutto bene?”
Per qualche lungo istante l'uomo pensò
che il giovane genio volesse ignorare volutamente la sua domanda.
Improvvisamente, però, si ritrovò addosso quel
paio di occhi grandi
ed espressivi, che indubbiamente covavano una certa preoccupazione ed
ansia nelle scure sfumature marroni.
“Non lo so, Morgan.- ammise quindi
Reid con una vocetta debole- Sto per diventare ufficialmente
responsabile di una creatura che sarà totalmente dipendente
da me
per i prossimi anni e...Insomma, non so se sarò
all'altezza.”
Derek si ritrovò a scuotere la testa,
in un certo senso divertito dal fatto che fosse così facile
per lui
capire ciò che il giovane cercava di nascondere con tanto
impegno
“Andrai alla grande.”
“Come fai a dirlo?” ribatté
immediatamente Spencer, le sopracciglia aggrottate e un'espressione
poco convinta dipinta sul bel volto.
“Perché lo so.- rispose
semplicemente l'uomo, smettendo per un attimo di guardare la strada
per lanciare uno sguardo rassicurante al collega- E lo so,
perché
ti ho visto leggere ogni libro medico e non mai pubblicato
riguardante la maternità, la crescita dei figli e la
psicologia
infantile a partire dal giorno stesso in cui hai saputo di dover
diventare padre. Lo so perché ti ho visto cercare una casa
più
grande, una macchina più adatta a una famiglia e fare ogni
sorta di
preparativo per l'arrivo del piccolo. Lo so perché
nonostante i
nostri ritmi di lavoro sei riuscito a non perderti nemmeno una delle
visite ginecologiche di Alaska e nemmeno le ecografie. Reid, sei una
persona in gamba, non c'è motivo per cui tu non debba essere
un
padre più che idoneo.”
Spencer si mordicchiò il labbro
inferiore, poco convinto “E se invece non dovessi esserlo?Se
i
nostri ritmi di lavoro mi facessero perdere delle cose
importanti?”
Morgan fece roteare gli occhi,
esasperato dalla sua insicurezza “Hotch riesce benissimo a
coniugare l'essere padre con l'essere un profiler. JJ riesce perfino
a coniugare il nostro lavoro con l'essere una madre!Non vedo
perché
tu non possa riuscire a fare lo stesso.”
“Ma loro due sono...” stava per
protestare di nuovo il giovane, ma la sua frase venne troncata a
metà.
“Reid, non costringermi a
picchiarti.”
Quelle parole fecero quasi spuntare un
sorriso incerto agli angoli della bocca del giovane genio: in fondo,
se Morgan era così certo del fatto che lui potesse essere un
buon
padre, aveva qualche possibilità di poter diventarlo
davvero,
giusto?
Aspettare
è snervante.
Chiunque affermi il contrario
probabilmente mente, perché, che sia l'attesa nervosa alla
cassa di
un supermercato, oppure quella ansiosa all'entrata di un locale, o
ancora l'attesa apparentemente infinita per pagare le bollette agli
sportelli pubblici, aspettare non è di certo in cima alla
lista
delle cose preferite da fare di nessuno.
E ritrovarsi in un asettico corridoio
di ospedale, con il molesto odore di disinfettante che pizzica le
narici e un'infermiera dall'aria arcigna che controlla ogni tua mossa
come un vigilante astioso non rende l'esperienza dell'attesa per
niente più piacevole.
Ne era perfettamente consapevole
Nathaniel Crowford mentre percorreva per l'ennesima volta la
lunghezza del suddetto corridoio con passo da militare e la fronte
corrucciata dallo sforzo di ipotizzare le motivazioni più
plausibili
per cui nessuno fosse ancora uscito dalla stanza in cui avevano detto
che Alaska era stata portata dopo il parto per annunciare la nascita
del piccolo Reid.
Com'era ovvio, non appena aveva
ricevuto l'inattesa chiamata da parte di Penelope Garcia che lo
avvisava che la sua partner era entrata in travaglio e che tutti i
membri della squadra di cui faceva parte Reid si stavano recando al
Georgetown University Hospital per dare il benvenuto al mondo al
pargolo aveva abbandonato seduta stante l'Hoover Building per
raggiungere la sua migliore amica ed esserle vicino in un momento
così importante.
Nathaniel Crowford era un uomo
d'azione, non di attesa, quindi quella situazione lo stava
decisamente rendendo ancor più nervoso di quanto
già fosse. Stava
per dirigersi di nuovo verso il tavolo di accettazione del piano da
dove l'arcigna infermiera-vigilante li stava ancora osservando,
quando la porta della stanza di Alaska si spalancò con
fragore,
facendo sobbalzare sul posto sia lui che la squadra di profiler.
Il nuovo arrivato, però, non era
Spencer, arrivato ad annunciargli di essere diventato padre di un
maschietto, o di una femminuccia, e ad invitarli ad entrare per
conoscerlo. In effetti, il nuovo arrivato era una lei.
La donna, che si era richiusa
velocemente la porta alle spalle, sorrideva a tutti loro, mettendo
così in evidenza un ventaglio di rughe di espressione che si
aprivano ai lati degli occhi blu scuro. I lunghi capelli biondo
pallido le scendevano dritti lungo tutta la schiena, coprendo
parzialmente la tunica color lavanda che indossava con disinvoltura,
nonostante sembrasse appartenere ad un'epoca ormai tramontata da
decenni. Ad ogni suo movimento, una grossa collana di pietre colorate
tentennava allegramente.
“Olga.” esalò quindi Rossi,
alzandosi dalla scomoda panchina d'acciaio su cui si era seduto ad
aspettare. Erano anni che non vedeva la madre di Alaska Ross.
Lo sguardo oltremare della donna si
illuminò all'istante.
“Aaaaaah!!Dave!!!Che
bello rivederti!” gridò Olga, gettando le braccia
al collo al
profiler più anziano. L'uomo sbatté le palpebre,
sorpreso da
quell'entusiasmo che sapeva essere caratteristico della donna ma che
credeva che fosse scemato col tempo, e batté qualche
colpetto sulla
sua schiena.
L'abbraccio
durò molto di più di quanto fosse necessario, ma
Olga, esattamente
come Alaska, sembrava non provare alcun tipo di imbarazzo.
“E
voi dovete essere i suoi amici dell'FBI.- trillò di nuovo,
battendo
le mani davanti a sé mentre scrutava con occhi vivaci i
presenti- È
così bello conoscervi, il mio topolino non fa che parlare di
voi.”
La
madre di Ross iniziò poi ad abbracciarli uno ad uno,
parlando a
ciascuno come se lo conoscesse da sempre, e si ritrovò
infine di
fronte ad un perplesso Crowford.
“E
tu sei Nate, giusto?-disse la bionda finlandese, posando le mani
sulle guance del federale, estremamente imbarazzato da quel contatto
con una perfetta estranea- Alaska dice che sei il suo migliore
amico.”
Il
federale si ritrovò suo malgrado a balbettare, sotto lo
sguardo
incredulo dei profiler “Beh, io...”
“Devi
venire a trovarci in Colorado!- continuò Olga con tono
allegro,
continuando a vezzeggiare Crowford come se fosse un bambino- Insieme
ad Alaska e Spencer, al Ringraziamento, che ne dici?”
Nate
provò a fare un passo indietro, cercando un modo gentile per
rifiutare quell'offerta “Io non so se...”
“Verrà.-
garantì per lui Penelope, intromettendosi in quella
conversazione
con una certa impazienza nella voce- Ora, perché non
torniamo
all'argomento principale della giornata?Il baby-G e Alaska stanno
bene?”
Tutti
si voltarono verso la donna con una certa ansia ben visibile nelle
loro espressioni mentre attendevano notizie certe riguardo ai loro
due amici e al nuovo nato.
Olga
si ritrovò a sorridere, e tutti riconobbero in lei lo stesso
sorriso
di Alaska “Alla grande.- dichiarò, con una
dolcezza tutta nuova
nella voce vellutata- Anzi, mi hanno mandato qui fuori apposta,
qualcuno vi vuole conoscere.”
Alaska aveva un'aria piuttosto stanca,
ma dopo l'esperienza appena provata era del tutto naturale. I lunghi
capelli corvini, stranamente arruffati e in disordine, erano stati
raccolti in una coda bassa che le ricadeva placidamente sulla spalla
sinistra. Se le occhiaie sotto gli occhi potevano tradire quanto in
realtà fosse esausta, la luce del tutto nuova che illuminava
i suoi
occhi color cielo facevano capire quanto in realtà fosse
felice.
“E' perfetta, vero?” domandò,
guardando il marito, che stava in piedi di fianco al letto su cui era
sdraiata, amorevolmente.
Spencer sorrise, cosa che stava facendo
costantemente da quando aveva messo piede in quella stanza, e
abbassò
lo sguardo per ammirare di nuovo la piccola che stringeva fra le
braccia.
Aveva gli occhi grandi, dello stesso
color nocciola dei suoi anche se poteva già vedere come la
forma e
l'espressione fossero identiche a quelle di Alaska, e una zazzera di
capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi.
“Sì, è perfetta.”
esalò infine,
cullando dolcemente la bambina.
L'antropologa si aprì nuovamente in un
sorriso, un po' diverso dai soliti brillanti e scanzonati: era
più
pacato, velato da una dolcezza senza età. Reid aveva pensato
immediatamente che già solo da quel piccolo cambiamento si
poteva
capire chiaramente che la giovane era diventata una madre.
“Mi
mancherà non averla sempre con me.”
dichiarò Alaska con un
sosprio.
Spencer
staccò finalmente gli occhi dalla figlia per rivolgere un
sorriso
divertito alla moglie “Intendi dire che ti
mancherà parlare con la
tua pancia?”
“Già.-
confermò lei con una risata allegra- Era divertente, ora
dovrò
ritornare a rivolgermi agli oggetti inanimati quando sarò
sola ed
annoiata.”
“Credo
che te la caverai lo stesso.- sorrise di nuovo il profiler, sedendosi
sul bordo del letto- E poi, hai tutto il periodo della
maternità per
chiacchierare con la piccola senza bisogno di scomodare
l'arredamento.”
Alaska
si avvicinò al marito ed accarezzò il volto
morbido e ancora un po'
arrossato della bambina che stringeva con la stessa delicatezza con
cui avrebbe tenuto l'oggetto più prezioso del mondo
“E'
incredibile che siamo riusciti a fare una cosa tanto bella,
vero?”
Reid
annuì, ancora estasiato dal solo reggere quella minuscola
creatura,
ma poi si ritrovò ad aggrottare la fronte e ad alzare lo
sguardo
serio verso la ragazza.
“Al,
puoi evitare di far sapere in giro, soprattutto a Morgan, quello che
è successo in sala parto?” domandò con
tono grave.
L'antropologa
gli rivolse un sorriso indulgente “Credo che a grandi linee
sappiano già quello che è successo...”
“Intendo
il fatto che sono svenuto.” tagliò corto lui,
mentre un familiare
rossore gli invadeva le guance scarne.
La
risata argentina si stava diffondendo nella stanza e proprio in quel
momento la porta si aprì, facendo così entrare il
piccolo gruppetto
di persone che aveva aspettato con ansia di conoscere la piccola fino
a quel momento.
“Oddio,
è una bambina!” squittirono in coro JJ, Emily e
Penelope non
appena intravidero il rosa della copertina che avvolgeva la piccola
stretta fra le braccia del profiler.
Hotch
sorrise apertamente, mentre Rossi si era avvicinato alla giovane
coppia per passare una carezza paterna prima fra i capelli di Alaska
e poi sulla piccola testa della neonata. Morgan aveva dato una
fraterna pacca sulla spalla a Reid, congratulandosi con lui, mentre
Nate era rimasto un po' in disparte, non del tutto abituato a quel
clima di intimità, intensificato ancora di più
dal fatto che Olga
gli stava ancora tenendo la mano dal momento della loro
presentazione.
“O.
Mio. Dio!!!- esclamò Penelope, sgranando i grandi occhi
color
nocciola- E' la bambina più bella che io abbia mai
visto!!”
“Lo
è, vero?” sorrise con dolcezza Olga.
“Come
avete pensato di chiamarla?” domandò quindi Aaron,
mentre Prentiss
stava prendendo fra le dita una manina microscopica.
Spencer
depositò la bambina fra le braccia della madre, mentre lei
stessa
rispondeva “Raquel.”
“Raquel?-
ripeté Derek con una risata nella voce- Credevo che avreste
optato
per nomi più eccentrici come Charleigh o Drucilla o
Stellabelle.”
“Si
chiama Raquel Lee Reid.” confermò Alaska mentre la
piccola
proruppe in una piccola frignatina di protesta per il passaggio dalle
braccia di Reid a quelle della mamma mentre stava ancora dormendo.
“Raquel
è la variante portoghese e spagnola di Rachel, Alaska l'ha
sentito
in Guatemala e quando l'ha proposto è piaciuto anche a me.-
spiegò
quindi il giovane genio- È un nome di origine biblica ed
etimologicamente significa agnello, quindi indica una persona pura
e...”
“Sì,
ok, abbiamo capito. Non c'è davvero bisogno che ci fai una
lezione
di sanscrito.” sbottò bonariamente Emily, facendo
roteare gli
occhi scuri.
Tutti
scoppiarono a ridere per poi iniziare a chiacchiere allegramente di
come sarebbe cambiata la vita per i due sposini, oltre che per
litigare non poi troppo scherzosamente su chi dovesse avere il
diritto di essere il baby-sitter ufficiale della piccola ed avere il
privilegio di vezzeggiarla di più.
“Non
dici niente, Nate?” domandò Alaska, voltandosi
verso il federale
che sembrava non voler prendere parte a quelle conversazioni.
Crowford
lanciò un nuovo sguardo indagatore verso la piccola
“E' parecchio
grossa. Ed è
assurdamente bionda.- dopo
l'inizio incerto, le sue labbra sottili si piegarono in un sorriso
obliquo- Se proprio dovevi tradire il dottor Reid, credevo che fossi
io il primo che
avresti preso in considerazione.”
“In
realtà, considerando che sia mia madre che la sua sono
bionde, e che
Alaska ha dei geni finlandesi, era del tutto probabile che accadesse
una cosa del genere.- spiegò quindi col solito fare saccente
Reid-
Avendo entrambi dei tratti remissivi nel nostro DNA questi sono stati
tramandati...”
Morgan
scosse la testa esasperato, dopo aver dato un pugno scherzoso al
giovane collega “Senti, ragazzina?Ogni volta che tuo padre
inizia
così puoi chiamare lo zio Derek, e lo farò tacere
in un istante!”
Alaska
proruppe in una risatina divertita per poi rivolgersi alla
figlioletta “Hai visto che forza che sono i tuoi padrini
Raquel,
uh?”
I
due uomini tacquero immediatamente, stupiti oltre ogni dire. Morgan
si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca più
volte, incapace di
formulare una frase di qualsiasi tipo, mentre Nate aveva sgranato gli
occhi grigi.
“Come?”
esalò, dopo quelli che erano sembrati istanti interminabili
ad
entrambi.
“Voi.-
confermò quindi l'antropologa- Siete i padrini.”
“Davvero?”
domandò di nuovo il profiler di colore, sinceramente
esterrefatto.
Non avrebbe mai pensato a una cosa del genere. Certo, non che avesse
mai seriamente pensato a chi potesse diventare la madrina o il
padrino del nascituro, ma era comunque più che sicuro che i
prescelti sarebbero stati JJ e Rossi.
“Certo.-
rispose quindi Reid sorridendo- Morgan tu sei una delle persone
migliori che io conosca.”
“E
tu sei il mio migliore amico, Nate.” continuò a
dire Alaska,
appoggiando una mano sul braccio muscoloso dell'agente speciale FBI.
“Wow,
io-io...” cominciò a balbettare Derek, ancora
scioccato da quella
rivelazione.
“Aw, non è giusto!- protestò Garcia
sporgendo il labbro inferiore- Volevo essere io la fata madrina della
principessina!”
“Hey, tu lo sei già di Henry.- la
interruppe Emily agitando un indice- Ero convinta che fosse il mio
turno, questo.”
Rossi mise le mani sulle spalle delle
due donne “Dovremo ripiegare sui prossimi baby-
genietti.”
“P-p-prossimi?” balbettò Reid, gli
occhi sgranati e pieni di panico.
Il profiler italo-americano annuì
solennemente “Certo, Alaska mi ha detto che vuole una
famiglia
numerosa.”
“E' nel sangue dei Ross avere
famiglie affollate.” confermò quindi Olga annuendo
con
convinzione.
Alaska tornò a rivolgersi al suo
migliore amico “Andiamo, Nate. Prendila in braccio.”
L'uomo alzò le mani, e cominciò a
muovere qualche passo all'indietro “Non credo proprio sia il
caso,
io...non ci so fare con i bambini.”
“Andiamo, Crowford.- lo incitò
Prentiss, spingendolo vicino al letto di Alaska- In fondo, è
la tua
figlioccia.”
Nate si ritrovò sconfitto, convinto
dall'entusiasmo generale a prendere fra le braccia la piccola Raquel.
La piccola, grande poco più di una delle enormi mani
dell'uomo, aprì
gli occhi e sembrò quasi scrutare quell'individuo che la
stava
cullando goffamente, quasi come se fosse una bomba ad orologeria
innescata.
“Hey,
marmocchietta.- iniziò a parlare alla piccola Nate, cercando
di
mantenere un tono distaccato ma fallendo miseramente- Sai, se devo
essere sincero sei piuttosto bruttina, per ora. Insomma, sei
abbastanza rugosa ed hai un colorito violaceo che non mi piace molto
ma...credo che sarà un onore essere il tuo
padrino.”
Alaska
e Spencer sorrisero, mentre guardavano Penelope avvicinarsi al grosso
agente federale per cercare di convincerlo che era finalmente il suo
turno di coccolare la piccola Reid.
In
quel momento era tutto perfetto: la loro famiglia era finalmente al
completo.
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Gente
ci siamo. Questo era il penultimo capitolo. O meglio, l'ultimo
capitolo prima dell'epilogo.
Mi
rendo conto che è anche piuttosto ristretto rispetto ai miei
soliti
standard che è di capitoli lunghissimissimissimi, ma la
verità è
che io ho la fobia dei parti. Ve lo giuro, una cosa tremenda. Non
sono come tutte le persone normali che hanno delle paure più
comuni
come quella delle altezze o dei ragni e via dicendo. Io ho la fobia
dei parti (solo quelli umani, il che rende tutto ancora più
strano,
oltre che a farmi domandare come farò se un giorno dovessi
diventare
madre) e dei bambini con il gelato. - Ok, sono consapevole di essere
pazza-
In
ogni caso è per questo che non ho osato scrivere nulla su
quel
momento, dato che mi veniva il sudore freddo al solo pensiero. E
togliendo quella parte al capitolo sulla nascita della piccola
Raquel, direi che mi sono tagliata le gambe da sola cancellando una
fetta piuttosto corposa di questo capitolo. Spero che quello che ho
lasciato sia abbastanza decente da compensare questa mia mancanza...
Ma
tornando a noi: che ne pensato di questo mini-tiny capitolo?Avreste
voluto un maschietto al posto della piccola Raquel?Che ne pensate del
nome della piccola Reid?E della mia scelta dei padrini?Fatemi sapere,
sono davvero curiosa di sapere che cosa ne pensate.
Ora
la pianto che con tutte le parole con cui vi bombardo alla fine di
ogni capitolo mi sa che ormai state progettando di diventare SI solo
per farmi fuori, eheheheh!
Un
bacionissimo a tutti voi che leggete, JoJo