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Autore: Blacket    06/11/2011    10 recensioni
{...} "Amare quindi, risulta l'arte più acuta e meschina delle storie di mondo."
- Accetto, Francis. Che il Re sia.-
Ignorò lo sbigottimento di uno, l'occhiataccia quasi ben azzecata di suo fratello, che però sostava poco più in là. Era meglio non badare alle proteste, perchè chi doveva decidere, era lui.
Ed in quel momento, aveva appena deciso di amare la sua Grande Maestà.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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02 L'A. Del re
II Capitolo
-Compromesso-









Il Fine giustifica sempre i mezzi.
Se questo è definibile come detto, come parola che vaga di bocca in bocca e ogni volta si rinnova identica; potrà sicuramente identificarsi come specchio della nostra condizione umana.

Qualunque sia il metodo escogitato per arrivare fra le braccia di quell'agognato fine, si accettava e sorpassava poi a testa alta.
E quanti Amanti, han dato più di ciò che possedevano, nell'intento di ritrovarsi nel dolce e lieto fine? Cosa poteva importare quel piccolo espediente usato in passato da molti, se ora ci si ritrovava a togliere inutili vesti e scambiarsi carezze?
Nulla.






Anno del Signore 1307

La mattina si annunciava tiepida all'orizzonte, schiariva la bruma invernale e la lieve nebbia ancora levata a mezz'aria.
Era giornata di mercato, mattinate in cui v'era quello spesso vociare compatto più della foschia bianca, che osava a stento penetare attraverso le spesse mura del forte.
Da quell' ultima finestra della modesta locanda, si potevano scorgere le bancarelle già montate, qualche coraggioso che s'avventurava  nell'ara gonfia di odori e freddo; oppure un solitario viandante con tanto di cappuccio calato in volto.
-Feliciano, muoviti.-
La voce secca del fratello, già pronto per darsi da fare anche quella giornata. Si era svegliato poco prima, e con gli stessi atteggiamenti distaccati  aveva tentato di svegliarlo.
Era ancora arrabbiato con lui, si vedeva eccome. Quel suo frenetico arricciare il naso era per Feliciano più che un segnale.
- Lovino, su, non infervorarti per così poco.-
Ora il minore si era alzato, ammucchiando le coperte raggomitolate in fondo al letto e sfoggiando un sorriso stanco. Romano gli aveva rivolto invece un'occhiataccia eloquente, le braccia si erano incrociate minacciosamente al petto.
-Non dovrei arrabbiarmi, dici?!- Tono trattenuto, forse per evitare di svegliare chi alloggiava lì. E quella premura non era certo indirizzata allo scopo di non disturbare; più che altro Romano voleva evitare i guazzabugli dati dalle polemiche, almeno la mattina.
Come se non ce ne fossero mai abbasatanza.
-Non dovresti arrabbiarti, dico.- Feliciano aveva iniziato a spogliarsi, lasciando cadere la grande maglia ai suoi piedi prima di prendere il cambio. E calmo prese a rivestirsi con una strana grazia, nemmeno si stesse coprendo d'acqua. S'infilò  la camicia bianca, la fece scivolare a ritroso sulle braccia e sulle spalle, afferrò il panciotto lì accanto.
E sentiva gli occhi del fratello ancora astiosi puntati sulla schiena; quasi era tentato di voltarsi e chiedergli di smettere. Non compì però quel gesto, diede solamente aria alla bocca.
- Diffidi delle mie capacità, fratello?- Il tono di Veneziano si fece più millefluo, acquisisce la solita tonalità cristallina che serba nelle occasioni simili a quella.
Il piede di Romano iniziò a tenere un ritmo a lui sconosciuto; probabilmente stava rimugigando sul da farsi. Lasciare che cada nelle braccia del Re, oppure no?
-Feliciano, Vaffanculo!- Le parole uscite a stento dai denti, il viso che con tutta probabilità si era tinto di un bel rosso pomodoro, Feliciano se lo immaginava dietrò si sè, alle sue spalle.
E poi lo sbatacchiare dei suoi piedi sulle scale, di quella rabbia un po' fraterna, un po' buffa, che regala a Veneziano un semplice sospiro.


Si era preparato, quella notte. Aveva metabolizzato l'idea mettendola velocemente in cantiere, realizzandola quella stessa mattina portandosi sottobraccio tela, pennelli e alcune informazioni riguardo ai regnanti. Gliel'aveva ripetuto Francis minuti prima, mentre gli aveva offerto la colazione. "Amano l'arte, oui!" - e quella sua conferma poteva bastare.
Se voleva seriamente avvicinarsi ad un Re - si parla di un Monarca, nè Conti, nè Duca.- riserbava le sue speranze nel semplice prenderlo per la gola. Come poteva sperare di analizzarlo e starci vicino, se a Corte era escluso? 
Non poteva nemmeno metterci del losco nei suoi metodi, magari inventandosi chissà quale frottola e scusa mentre si presentava sotto il trono. Doveva andarci piano, prendere tutto con le pinze; stava trattando con gente che le bugie le impiccava pubblicamente in piazza.
Eppure, se fosse riuscito ad entrare un poco nel cuore imperlato di diamanti e oro, sarebbe stato felice. Ma non sapeva, come Ludwig -si, gli piaceva chiamarlo a quel modo- si presentasse alle altre persone, di come apparisse e che sentimento gli avrebbe suscitato una volta conosciuto.
Doveva affidarsi alla sua esperienza, immaginarlo a lavoro compiuto.
Quindi si presentò a chi poteva aiutarlo, nei suoi panni migliori e che vestiva ben volentieri anche fra la moltitudine di gente che scorrazzava per le vie lastricate quel giorno. Gli odori diversi e alquanto improbabili ora lo investivano, come le urla di venditori e le ovvie contrattazioni con clienti. Le gambe lo portarono in piazza, e con gli occhi cercò il segno della nobiltà: un mantello rosso o blu, bramava quello spostarsi di gente al passaggio dei magnati.
Si era presentato ad un cavaliere che sostava in piazza, e quasi pareva attenderlo, mentre smontava dal destriero nero mettendo bene in vista ciò che indossava come un muto avvertimento. Tutti quei fronzoli attaccati al mantello, alla tunica e sulla spada, parevano dire solo una cosa: "Guardami, bada bene a chi sono, e comportati di conseguenza".
E Feliciano, con un'umiltà che si sarebbe potuta additare al più umile e fedele dei servi, aveva proferito un profondo inchino in sua presenza, chiamandolo "Maestà" una volta davanti a lui.
Non aveva voluto far caso, il ragazzo, all'insolito quanto inquietante aspetto del nobile: dei capelli tagliati corti così chiari da non contemplare nemmeno più il bianco, ma uno strano argento opaco; i lineamenti non troppo marcati e un paio di occhi vermigli. Un personaggio singolare, certo, ma non era l'aspetto che a Veneziano interessava, giusto?
Dopo aver dato i soliti ossequi, propone senza troppe perdite di tempo la sua mezza idea, con uno di quegli atteggiamenti tanto particolari che caratterizzavano l'italiano, e lo portavano a mutare secondo la situazone.
Aveva parlato come un grande Artista, uno i quei pittori impegnati e con l'ispirazione sempre in testa; ma allo stesso tempo serbava un finto rispetto per quell'essere, e anche se le parole potevano sembrar pretenziose bilanciava il tutto con quell'umile abbassare il capo ogni tanto.
Ed infine un gran sorriso, che nulla aveva di falso, e che probabilmente conquistò l'albino.  
"Venga allora, venga pure!" Gli aveva ripetuto con quella sua voce gorgogliante, un'espressione soddisfatta in volto. "L'attendo alla mia corte, Artista. Venga a dipingere le meraviglie che riuscirà a cogliere!" Borbottando, e mentre ghignava e risaliva a cavallo, chiese distrattamente un paio di ritratti, prima di salutarlo e partire al galoppo.
Oh.
Era fatta. Evviva i Mecenati, allora.




Quel giardino, era esageratamente grande. Aveva debolmente cercato il suo Re in quel giardino, ma pareva non esserci.
In ogni caso, dato che aveva promesso i suoi servigi al fratello del Monarca, poteva almeno iniziare quella farsa, e prendere ad imbrattare un po' la tela. Non aveva nemmeno incontrato il suo padrone (Sir Gilbert?), ma l'avevano accolto comunque dandogli il via libera.
Era certo vietato entrare nelle camere senza permesso, e ovviamente mettersi a girovagare senza meta.
In piedi, quindi, aveva preso ad osservare le grandi piante, poi ancora l'erba e le stalle più in là. Passò lo sguardo sul castello, sulle pietre e sull'unica finestra aperta, grande quasi come un portone. Non fece in tempo a passare il carboncino, che qualcos'altro catturò la sua attenzione.
A quella grande finestra, si era appena affacciato qualcuno. Alzò lo sguardo, incuriosito; e fu lì che lo vide.
Il Re si aggrappava al davanzale, rivolgeva lo sguardo preoccupato innanzi a sè incurante di un povero pittore che se lo mangiava con gli occhi poco più in basso. Feliciano non riusciva a vedere bene ogni suo particolare a causa della distanza, ma lo osservò nell'insieme, rapito.
Era un uomo alto, robusto, i tratti marcati del viso ora stanchi. I capelli erano corti e biondi,  riusciva a vedere persino da lì il colore azzurro ed intenso degli occhi. Lo pensò bello, gli piacque.
Si ritrovava un po' ad essere come quelle giovani spose che conoscono per la prima volta il marito, e non sapendo bene cosa aspettarsi si affidano un po' alla prima impressione.
Davvero si trattava di Ludwig, allora. Aveva seriamente scommesso su di lui, senza una posta in gioco, senza che le cose all'inizio fossero state prese sul serio.
L'ha visto sospirare, gli è parso persino di sentirlo, e si allarma quando girò i tacchi per andarsene. Oh, no.
Quello era appena diventato il suo nuovo soggetto del quadro, e lasciarlo a dipingere il nulla non era affatto carino. Feliciano ora si muoveva, afferrava cavalletto colori e carboncino, con una nuova foga si intrufolò all'interno della grande magione in pietra.
Aveva pensato che trovarlo lì sarebbe stato un po' impossibile, eppure ce l'aveva fatta. Ovviamente all'inizio non pretendeva di avere una confidenza tale che lo portasse a non resistergli più, ma probabilmente si sarebbero create le situazioni adatte.
Ed innanzitutto, doveva vedere con chi aveva a che fare. Essere un valido Amante poteva rivelarsi un'autentica impresa, e conoscere alla perfezione chi i segreti li teneva celati anche dopo la morte non era esattamente facile.
Si sarebbe probabilmente ritrovato a fare dei salti mortali per far si che abbandonasse le solite consuetudini per lui.
Anche se il problema, non era che Ludwig si innamorasse di Veneziano, semmai il contrario.
Così si incamminò su per quelle scale di legno, e man mano che saliva queste parevano prendere sempre più sfarzo e lusso; il legno veniva ricoperto da drappi rossi, arazzi immensi e affreschi abbracciavano le pareti.
V'erano quadri, tanti quadri, ma anche servi e personale, ovviamente. L'avevano lasciato passare con tranquillità; evidentemente la tela portata sottobraccio ed il suo atteggiamento sicuro mentre salutava risultava abbastanza convincente ad altri.
Non si sentiva a disagio, in quella moltitudine di gente che viene e va, in quella grande corte. L'aveva fatto tantissime volte, alla sorte piaceva pescarlo in situazioni anche più sconvolgenti ed allarmanti.
Forte delle esperienze passate, quindi, rivolse un coridale sorriso persino alle guardie armate non chiedendo però nulla: il Re l'avrebbe trovato da solo (forse, anche per non insospettire nessuno), e se Ludwig aveva una gran voglia di giocare a nascondino, lui poteva dirsi un campione in quel passatempo.
Girava angoli, saliva scaloni, arrivava meccanicamente più in alto, quando guardando fuori da una finestra, scorse il prato dove si trovava poco prima. Se la fortuna lo avesse assistito un po', forse Sua Maestà si trovava ancora nella medesima stanza di cui Feliciano aveva visto solo la finestra.
In ogni caso, doveva essere lì vicino.
E v'erano appena tre stanze in quel corridoio; una di queste semi - chiusa. Oh, quando si diceva "La coincidenza".
Silente si era avvicinato, posizionandosi in modo da non essere visto da nessuno - il corridoio era deserto, ma se davvero dentro c'era Ludwig si sarebbe accorto che effettivamente era spiato.
Feliciano vedeva solo una modesta striscia di tutta l'immagine, e cercava di cogliere il più piccolo particolare. Lì, riesce a scorgere un movimento, e nel suo campo visivo comparve una corta chioma bionda che a Veneziano iniziava ad interessare. Si era tolto la corona, ed ora l'Amante aveva davanti anche il bel viso di Ludwig.
Da vicino, pareva persino lo stampo dei soliti principi da favola. Non fosse stato per l'aria seria e corrucciata, chiaro.
Si stava giusto togliendo il mantello, borbottava un qualcosa di incomprensibile mentre sfilava il cinturone in cuoio e lo abbandonava sul letto lì vicino. Feliciano si ritrovò a strabuzzare gli occhi, e forse un po' imbarazzato (No, non per ciò che vedeva, assolutamente. Per la situazione in sè, per il fatto che il destino gli serbasse delle "strane" sorprese al sesto piano di un castello-roccaforte.) continuò a guardare incuriosito.
Il Re stava giusto levando la pesante cotta di maglia, slacciava veloce e con gesti secchi il panciotto di cuoio che copriva il petto. Pareva che quelli fossero movimenti quotidiani, gli venivano naturali ed in quel momento il biondo aveva un'espressione mezza assorta che fece sfuggire all'italiano un lieve sorriso.
Lasciando perdere il fatto che in quel momento lo stava osservando mentre si spogliava, era una fortuna poterlo vedere nell'intimità, mentre si comportava come faceva ogni giorno. "Ovviamene il fatto che sia bello e oh- si è appena tolto la tunica, ora è a petto nudo."
Nemmeno faceva in tempo a pensare, che altre cose gli piombavano in testa, mentre guardava il fisico asciutto di Ludwig e quelle spalle larghe , la pelle chiarissima e quelle tristi cicatrici sulla schiena che contribuivano a farlo sembrare un uomo vissuto.
Il Re non possedeva nessuna grazia nei movimenti, non lasciava che i vestiti sciolassero giù; piuttosto li buttava sul letto forse incurante del suo rale aspetto.
Uomo d'armi, quindi. Oh, a Feliciano non dispiaceva affatto.
Però anche il fatto che fosse "più che discreto" poteva fargli guadagnare solo uno, due punti in più. E ne mancavano ancora tanti, decisamente.

Feliciano era così concentrato, a vederlo mentre i pantaloni volavano giù, che nemmeno si accorse della presenza alle sue spalle. Una mano posata sulla sua spalla, lo riportò alla realtà ghiacciandolo completamente: lui e pure il suo buffo ciuffo.
Poi, gli giunse la risata un po' sguaiata e incrinata del suo padrone, conosciuto in piazza quella mattina.
-Ragazzo, tutto a posto?-












Blacket's time:
Piccolo avviso: Feliciano potrebbe essere leggermente OOC in questa FF, ma credo che figurarlo lievemente differente sia la cosa migliore per la storia.
Bene.
Ora che ho arpionato un po' di lettori (dai, scherzo. credo.) Ne approfitto per ringraziarvi dei vostri commenti, di chi ha messo nei preferiti e seguite- non me ne aspettavo così tanti! Grazie davvero :)
Spero il capitolo vi piaccia, che vi paia interessante.

Ringraziamenti:
Cosmopolita: Grazie, sono contenta che ti piaccia! Non so se il Raiting si alzerà, nel mentre lasciamo tutto nell'alone di mistero. uh, Grazie ancora!
McBlebber: Sono contenta che ti abbia interessato :3 Spero che questo capitolo non ti deluda!
Adeline_Mad: Grazie! sei molto gentile a recensirmi (L)
H2o: Ecco. Io spero di non deluderti con questo capitolo, e grazie dei tuoi magnifici commenti!
Adieu: Oh, sei troppo gentile! Ti ringrazio per il tuo commento, spero ti piaccia anche questo capitolo!
namida1982: Grazie! doppiamente, eh! Primo grazie per il bel commento e secondo grazie per avermi fatto notare un errore :' Grazie!
_Valchiria_: Oh, grazie! Spero quindi che inizi a piacerti, e che ti abbia fatto una buona impressione il capitolo!
Lord_Trancy: Grazie per i tuoi commenti ;__; Sei così gentile! Grazie ancora!
ninjagirl: Oh *^* Non potevi rendermi più felice! Mi sento stalkerata benevolmente :) Ti ringrazio tanto!


Baci, Blacket.







  
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