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Autore: lelle31    06/11/2011    2 recensioni
Che succederebbe se una ragazza appena arrivata in città si trovasse invischiata nel caso Kira? E se la stessa ragazza fosse entrata a contatto con un Death Note in precedenza? E se, come se non bastasse, fosse già morta una volta? Potrebbe spezzare l'apparente quiete di una persona, cambiando non solo il suo destino, ma anche quello di molti altri? Leggete e scopritelo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Tokyo, 19 gennaio 2007
 
“Ecco a lei. E tenga pure il resto” dissi all’autista del taxi, in inglese. Lui mi lanciò una strana occhiata, a metà tra lo sbalordito e il sospettoso. L’avevo già vista quell’espressione e sinceramente iniziavo ad averne più che abbastanza. “Senta, lo so che non parlo giapponese, ma non mi sembra il caso di fare quella faccia” mentre parlavo, l’uomo contò i soldi che gli avevo porto. Alla fine si fece scioccato, ma prima che si mettesse a protestare in una lingua a me sconosciuta, scesi dall’auto e gli feci ciao con la mano. Mentre mi incamminavo verso l’università, mi abbandonai a un enorme sospiro. Era possibile che metà dei giapponesi che avevo incontrato parlasse a stento inglese? E come facevano quando erano all’estero? Probabilmente avevano anche loro sviluppato la morale made in Italy alla “non importa se non so una parola delle altre lingue, a gesti ci si capisce sempre!”. Che poi era una scusa bella e buona per non ammettere di non avere voglia di stare sui libri. Sorrisi. Mi mancava tanto l’Italia. Nonostante tutti i problemi e le contraddizioni con cui si conviveva laggiù, era comunque la mia terra natale e nessun luogo era meglio di casa propria. Nemmeno la vitalità e il sole di L.A. erano riusciti a togliermi la nostalgia. Siccome stavo camminando su un terreno spinoso, mi ingiunsi di tornare alla realtà e degnare il mondo circostante della dovuta attenzione. E fu così che mi accorsi dello splendido viale alberato circondato dal curatissimo giardino che avevo di fronte. C’erano centinaia di studenti radunati a gruppetti qua e là, con facce entusiaste ed eccitate. Mentre percorrevo il viale, buttai l’occhio anche in direzione di un certo numero di ragazzi adagiati sull’erba, intenti a leggere, chiacchierare, fumarsi una sigaretta. Sorrisi ancora. Forse non sarebbe stato poi tanto male studiare qui. Infine arrivai in segreteria, dove spiegai scandendo bene le parole, che facevo parte del programma per gli stranieri e che avevo bisogno di orari, elenco dei libri e quant’altro. Con mia deliziata sorpresa, la ragazza mi capì perfettamente e mi consegnò tutto l’occorrente. Aggiunse che stava per tenersi il discorso di benvenuto delle matricole in aula magna e che anche se non ero una di loro, sarebbe stato interessante per me, che ero nuova, parteciparvi. “Sarà un’occasione per conoscere gli altri studenti e iniziare a prendere familiarità con la lingua” concluse con un enorme sorriso, passando allo studente successivo. Avrei voluto dirle che a meno che non ci fossero stati sottotitoli non avrei capito una parola, ma decisi che lagnarmi non sarebbe servito a nulla. Avevo scelto io di venire in questo paese e quindi spettava a me il compito di ambientarmi. Mi raddrizzai e seguendo il consiglio della ragazza, mi diressi verso la famigerata aula magna che, supposi, doveva essere quella verso la quale la gran parte di studenti si stava ammassando. Li raggiunsi mescolandomi alla folla di capelli neri, lineamenti asiatici e discorsi incomprensibili che si stava facendo spazio attraverso l’entrata. Nonostante avessi viaggiato molto nella mia vita, non mi ero mai sentita più fuori posto che in quel momento. Ero sempre stata piuttosto sicura di me e amavo le attenzioni, ma gli sguardi incuriositi e indagatori che sentivo arrivarmi da tutte le parti mentre avanzavo in mezzo alla gente, mi misero solamente in imbarazzo. Nella fretta di togliermi di mezzo, urtai qualcuno davanti a me. Il ragazzo si voltò e mi lanciò una lunga e attenta occhiata. Mentre mi fissava, io feci lo stesso con lui. Capii quasi subito che non era giapponese e la cosa mi fece tirare un sospiro di sollievo interiore perché perlomeno sarei stata in grado di rivolgergli qualche parola di scusa. Ma mentre lo osservavo per bene, le parole mi morirono in gola. Mi trovavo di fronte un tipo davvero particolare. A cominciare dalle scarpe da tennis slacciate, risalendo con i jeans scuri e la maglia larga bianca a maniche lunghe, fino ad arrivare alla zazzera di capelli neri che arrivava quasi a coprirgli gli occhi scuri e penetranti. Il colorito cinereo mi disse che non era un grande amante del sole. Inoltre, potevo scommettere che aveva passato ore e ore chino sui libri, il che sembrava confermato dalla postura leggermente ingobbita e dalle occhiaie. Notai anche che teneva tra le labbra il bastoncino bianco tipico dei Chupa Chups, che gli dava una vaga aria fanciullesca. Nel complesso sembrava un tipo interessante. Uno con cui mi sarebbe piaciuto fare amicizia. Lo guardai negli occhi e mi accorsi che mi fissava ancora con interesse. Mi venne spontaneo sorridergli e lui, quasi subito, sollevò l’angolo della bocca di un millimetro, imitandomi. In qualche modo, mi resi conto che non lo faceva spesso e questo accrebbe l’idea di cucciolo bisognoso di coccole che mi ero fatta su di lui attraverso il mio breve esame. Così il mio sorriso cordiale si trasformò in un sorriso dolce. Rimanemmo così per qualche secondo, a guardarci negli occhi, sorridendoci come due idioti, in mezzo alla fiumana di ragazzi che entrava dalla porta dietro di noi , finché un tizio non mi venne addosso nel tentativo di sorpassarci. “Hey!” gli urlai di getto perché  quella era una reazione adeguata a uno spintone in praticamente tutti i paesi del mondo. Il che riportò la mia attenzione al ragazzo che avevo di fronte, ancora intento a fissarmi con espressione leggermente divertita. Normalmente una persona si sarebbe dovuta sentire a disagio a essere osservata così a lungo da un semi sconosciuto, ma a me quel ragazzo ispirava sensazioni del tutto differenti. Realizzare ciò mi fece venire voglia di sorridergli ancora, ma mi imposi di riprendere il controllo, prima di comportarmi di nuovo come una scema. Scossi la testa e feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio, sempre secondo il codice internazionale dei rapporti interpersonali. “ Mi dispiace.” dissi quasi balbettando, non più sicura di sapere parlare nemmeno in inglese “Per prima, intendo. Non volevo venirti addosso.”. E se non capiva la lingua che avevo usato, peggio per lui. “Fa lo stesso” mi rispose invece il ragazzo, che aveva una voce bassa e profonda e sembrava quasi più imbarazzato di me. Inoltre aveva un perfetto accento inglese. “Vieni dall’Inghilterra?” gli chiesi a bruciapelo, senza sapere bene il perché. Avrei voluto mordermi la lingua. Ricevetti un’occhiata molto penetrante, che mi fece venire una gran voglia di scusarmi per la mia invadenza. Ma la risposta anche in questo caso non tardò troppo ad arrivare. “Ci ho vissuto molti anni”. Il tono in cui lo disse mi fece capire che c’erano una quantità di informazioni  sul proprio conto che preferiva non divulgare. Mi ero davvero incuriosita, ma ormai la sala era quasi piena ed era ora di prendere posto. “Beh è un piacere sapere che c’è qualcuno con cui posso comunicare in una lingua conosciuta, qui. Spero di vederti in giro. Ora è meglio sedersi” conclusi, salutandolo con la mano e puntando verso uno dei posti ancora liberi in fondo. Visto che c’era la probabilità che mi addormentassi dalla noia, era meglio non essere troppo in vista. Una volta accomodata, guardai verso il punto dove l’avevo lasciato. Era ancora là e per tutto il tempo avevo sentito i suoi occhi addosso. Infine, si voltò e si diresse con le mani in tasca verso le prime file. Che ragazzo bizzarro. E assolutamente affascinante, pensai anche, sorpresa. Ancora non sapevo che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
 




 
L’angolo dell’autrice
Ed eccoci con il primo capitolo! Sono davvero contenta di pubblicarlo perché questa è la mia prima fan fiction, il che significa che dovrete essere clementi e perdonarmi prima di tutto l’errore nella scrittura del nome di Gelas nel prologo. A mia discolpa dico che non ho mai letto il manga, ma ho visto l’anime e quindi ho tentato di capire come si scriveva dalla pronuncia. A parte questo, spero che piaccia il nuovo personaggio e l’idea in generale. Inizialmente forse la storia sarà un po’ lenta e seguirà un po’ l’evolversi dell’anime, ma presto prometto che ci saranno anche i colpi di scena. Grazie per aver letto questo primo capitolo, posterò presto anche il secondo.
  
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