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Autore: Lexi Niger    06/11/2011    8 recensioni
Mentre passava cautamente tra due tavoli un ragazzo si alzò e le diede una spallata, involontariamente. La ragazza recuperò fortunatamente l’equilibrio, ma non riuscì ad evitare che la spremuta si rovesciasse al suo fianco, per terra.
«Scusami» si affrettò a dire l’altro. «Non mi ero accorto che ci fosse qualcuno».
Era carino, ancora di più per l’espressione supplichevole che gli si leggeva in viso.
«Sono Claudio» aggiunse spudoratamente, tendendole la mano e approfittando del momento.
Clara non fece in tempo a replicare perché fu interrotta da una voce proveniente da dietro le sue spalle.
«E io sono quello che gradirebbe la sua attenzione, se non è chiedere troppo».

Clara deve dare un esame di diritto, uno degli ultimi che la separano dalla laurea. La sua vita è tranquilla, senza grandi emozioni. Ma il destino ha deciso che la sua monotonia dovrà essere interrotta proprio a pochi passi dall'ambito traguardo.
Giulio è un ragazzo prodigio, divenuto professore a trent'anni, desideroso di ripagare la fiducia che gli è stata accordata e di impressionare i suoi studenti.
Nessuno dei due uscirà indenne da questo incontro, perchè scopriranno qualcosa di se stessi che non sapevano.
E' un storia breve, senza pretese. L'ho scritta perchè ho avuto la fortuna di conoscere professori con fascino e carisma da vendere. Dedicata quindi a chi come me pensa che un uomo affascinante è quanto di meglio la vita può offrire.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3

Le occorsero svariati minuti per riprendersi e smettere di provare quella fastidiosa sensazione che la sua occhiata gelida e astiosa le aveva lasciato. A fatica provò a concentrarsi sulle domande del compito escludendo, per quanto le era possibile, il flusso di pensieri e riflessioni indesiderate che gli avvenimenti di quella mattina avevano provocato.
Maledetto Visconti, proprio oggi dovevo incontrarti!
Provò a respirare profondamente, ripetendosi che inveire contro di lui non avrebbe risolto la situazione né le avrebbe fatto ottenere un buon risultato all’esame.
Sforzati!
Sollevò lo sguardo, disperata, incontrando per caso quello dell’amica che le sorrise solidale. Ovviamente non poteva prevedere il caos che regnava nella sua mente, ma il suo supporto rese Clara più decisa a dimenticarsi delle sue disavventure e tornare ad affrontare i quesiti.
Purtroppo la commissione aveva previsto che gli studenti avessero solo quarantacinque minuti per rispondere a trenta domande, quindi si ritrovò a dover liquidare in fretta argomenti a cui normalmente avrebbe dedicato più attenzione. Quando l’anziano professore annunciò che il tempo era scaduto e li invitò a posare le penne, Clara sbuffò insoddisfatta, consapevole che il suo voto non sarebbe stato affatto soddisfacente. La confortò un poco il fatto che quell’esame servisse solo per fornire un’indicazione di massima per l’orale invece che essere un verdetto definitivo. Accontentandosi di tale magra consolazione, si avviò triste verso Marta che invece sembrava abbastanza contenta della sua prova.

«Com’è andata?» indagò subito l’amica, ritirando l’astuccio nella borsa.
«Poteva andare meglio».
«Allora è un 30» sospirò Marta sollevata, accennando un sorriso.
Clara sapeva che quella era la sua affermazione abituale dopo un compito, ma in quell’occasione non si trattava di una frase scaramantica buttata lì per non vantarsi.

«No, davvero» replicò affranta.
Marta sembrò valutare se crederle o meno, per poi decidere di tirarle su il morale comunque.

«Vedrai che ti sbagli».
Clara annuì per accontentarla, in fin dei conti non era colpa dell’amica se la sua testa aveva iniziato a perdersi in divagazioni impedendole di concentrarsi come avrebbe dovuto.
Insieme uscirono dall’aula, unendosi alla folla nel corridoio che defluiva verso le scale.

«Si fermi».
Udì a malapena quell’ordine poco velato nel frastuono che la circondava. Si girò verso Marta per valutare la sua reazione ma l’altra sembrava completamente assente, persa in chissà quale riflessione.
Probabilmente si era solo immaginata la sua voce.

Perfetto, sto impazzendo!
«Si fermi, dannazione».
No, non stava impazzendo. Lui era lì, dietro di lei, pronto a darle di nuovo il tormento. La prima ipotesi non sembrava poi così male alla luce della piega presa dagli eventi.

«Finalmente! Ha già attirato abbastanza l’attenzione dei suoi colleghi» sottolineò severo, appena lei si voltò.
Clara sbirciò intorno a sé, notando che in effetti qualche suo compagno guardava stupito quella scena insolita. Arrossì prima di riuscire a impedirselo.

«Che succede?» le chiese Marta, tornando sui suoi passi appena si accorse di aver lasciata indietro.
«Ho bisogno di parlare con la sua amica» chiarì il professore, anticipandola. «La prego di lasciarci».
La ragazza rimase impietrita, del tutto ignara del motivo per cui Visconti volesse avere un colloquio privato con Clara.

«Ti spiego più tardi» la rassicurò quest’ultima, invitandola ad accontentarlo. Dopo una leggera esitazione, l’altra lo fece, abbandonandola ad affrontarlo.
«Cosa vuole da me?» chiese scocciata non appena rimasero soli.
Lui le lanciò uno sguardo di odio cocente tanto che per un attimo lei pensò che l’avrebbe aggredita.

«Cosa voglio?» replicò incredulo. «Lei mi ha fatto fare la figura dell’idiota».
Forse perché lo sei.
«Guardi come sono vestito» continuò, afferrando i bordi della giacca di pelle con enfasi. «Qual è il primo aggettivo che le viene in mente vedendomi?».
Sexy.
No, non va bene. Non devi nemmeno azzardarti a pensarlo.

«Giovane» sparò incerta.
«Perfetto» batté le mani, per nulla felice. «Scommetto che invece professionale e preparato non le hanno nemmeno sfiorato il cervello».
«In effetti, no» confessò Clara.
«Lei sa cosa vuol dire insegnare a trent’anni?».
«Avere uno stuolo di ragazze che sbavano al suo passaggio?!» replicò lei senza riflettere.
Lui la fissò incredulo, per poi abbandonarsi ad una risata amara.

«Faticare per ottenere il rispetto degli studenti e la loro attenzione» chiarì serio.
Clara si sentì in colpa per qualche istante, accorgendosi di quanto lui sembrasse abbattuto. Ma si riscosse in fretta, riflettendo sulle sue effettive responsabilità in quella vicenda.

«Non dovrebbe guadagnarseli per la sua bravura?».
Si accorse di aver oltrepassato il limite quando i suoi occhi si ridussero a due fessure.

«Sta insinuando che non sappia svolgere il mio lavoro?» chiese furioso.
«Sto solo dicendo che ciò che indossa non dovrebbe importare se è un professore stimato» spiegò, assolutamente convinta della sua posizione.
«Ma cosa ne vuole sapere lei?» sbottò esasperato.
«Niente» ammise. «Quindi non c’è ragione che io rimanga».
Si voltò, sollevata, ma non riuscì a compiere più di un paio di passi prima di essere bloccata da lui, che le sbarrò la strada e la via di fuga rappresentata dalle scale. Erano soli nel corridoio, poteva permettersi di trattenerla anche contro la sua volontà senza che nessuno si meravigliasse di un simile comportamento da parte di un docente.

«Non può andarsene. Sto aspettando le sue scuse».
Usò un tono definitivo, facendole capire che non si sarebbe spostato da lì fino a quando non avesse ottenuto ciò che voleva.

«Mi scusi».
Lo disse in fretta, sottovoce, tanto che lui si piegò in avanti per riuscire a cogliere le sue parole.

«Con un po’ più di convinzione» intimò, per nulla soddisfatto. «E che sia udibile».
Clara prese un respiro profondo e lo fissò dritto nei suoi splendidi occhi azzurri.

«Mi scusi».
«Ora ci siamo» disse lui, accennando un sorriso tiepido. «Rimane il fatto che ha combinato un disastro: ha rovinato anche il libro che stavo leggendo oltre ai vestiti».
In quel momento estrasse dalla ventiquattrore un romanzo, le cui pagine erano state completamente inzuppate dalla spremuta, incollandosi le une alle altre. Aguzzando la vista Clara riuscì a leggere il titolo, mezzo sbiadito dall’incidente.

«Le ho fatto un favore» replicò sincera.
«Come?».
«Non ne valeva la pena» spiegò, indicando ciò che lui teneva tra le mani.
Lui la guardò allibito, incapace di credere che una studentessa potesse prendersi tali libertà.

«Quindi sarebbe un’esperta di letteratura?» la canzonò sarcastico.
«No» disse lei scrollando le spalle, indifferente alla sua sprezzante ironia. «Ma se ci tiene glielo ricompro, così almeno evita di sprecare i suoi soldi due volte».
Visconti scoppiò a ridere, inaspettatamente, anche se la ragazza non riuscì a capire se fosse divertito e sconcertato. Probabilmente una buona dose di entrambi.

«Sa una cosa?» disse lui quando riacquistò il dovuto controllo. «Avrei voluto essere un suo professore».
Clara rimase spiazzata da quella rivelazione, incapace di articolare una risposta decente. Aprì un paio di volte la bocca ma non riuscì a elaborare nulla di sensato per controbattere.

«Perché?» chiese infine, sentendo le guance in fiamme.
Non hai quattordici anni, non ha una cotta per te. Finiscila!
«Per potermi prendere qualche soddisfazione nei suoi confronti».
Lapidario. Freddo come una doccia ghiacciata.
Se ne andò prima che lei riuscisse a replicare alcunché. Clara rimase immobile in mezzo al corridoio, come una sciocca ragazzina, pregando il destino di non incrociare di nuovo la strada di Giulio Visconti.
Era sopravvissuta una volta, forse la seconda non sarebbe stata altrettanto fortunata.

 
 

Considerazioni

Ciao! Questo è un capitolo importante e purtroppo ho la sensazione di non averlo reso al meglio, non sapete quanto mi irriti questo fatto. Ma tant’è, non riuscivo a cambiarlo, quindi ve l’ho lasciato così. Fa schifo? Fatemelo sapere, in questo caso è davvero importante.
Mi auguro che abbiate ora un’immagine più chiara dei personaggi e dei loro caratteri.
Da domani torno a seguire le lezioni dopo la pausa esami e avrò meno tempo per scrivere, quindi probabilmente gli aggiornamenti saranno settimanali.
Vi ringrazio tantissimo per l’affetto che dimostrate verso la storia, ogni volta che trovo una recensione sorrido come una scema.
A presto!
Lexi

  
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