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Autore: Lexi Niger    01/11/2011    7 recensioni
Mentre passava cautamente tra due tavoli un ragazzo si alzò e le diede una spallata, involontariamente. La ragazza recuperò fortunatamente l’equilibrio, ma non riuscì ad evitare che la spremuta si rovesciasse al suo fianco, per terra.
«Scusami» si affrettò a dire l’altro. «Non mi ero accorto che ci fosse qualcuno».
Era carino, ancora di più per l’espressione supplichevole che gli si leggeva in viso.
«Sono Claudio» aggiunse spudoratamente, tendendole la mano e approfittando del momento.
Clara non fece in tempo a replicare perché fu interrotta da una voce proveniente da dietro le sue spalle.
«E io sono quello che gradirebbe la sua attenzione, se non è chiedere troppo».

Clara deve dare un esame di diritto, uno degli ultimi che la separano dalla laurea. La sua vita è tranquilla, senza grandi emozioni. Ma il destino ha deciso che la sua monotonia dovrà essere interrotta proprio a pochi passi dall'ambito traguardo.
Giulio è un ragazzo prodigio, divenuto professore a trent'anni, desideroso di ripagare la fiducia che gli è stata accordata e di impressionare i suoi studenti.
Nessuno dei due uscirà indenne da questo incontro, perchè scopriranno qualcosa di se stessi che non sapevano.
E' un storia breve, senza pretese. L'ho scritta perchè ho avuto la fortuna di conoscere professori con fascino e carisma da vendere. Dedicata quindi a chi come me pensa che un uomo affascinante è quanto di meglio la vita può offrire.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2



Si prese qualche istante per valutare la situazione, lasciando che il suo sguardo si muovesse lentamente dalla camicia azzurra incollata a un ventre piatto per poi scendere verso un paio di pantaloni beige dal taglio classico, irrimediabilmente rovinati da due macchie informi che si estendevano sulle cosce. Le scarpe erano immacolate, per fortuna. Clara si concesse un mezzo sospiro di sollievo.
«Si rende conto del disastro che ha combinato?» le chiese lo sconosciuto bruscamente.La ragazza indietreggio impercettibilmente, a disagio, e lui sembrò notarlo perché sul suo viso si dipinse un ghigno soddisfatto.
«Sì, ma è.. » iniziò, insicura su come impostare la propria difesa, ma fu di nuovo interrotta.

Perché nessuno la lasciava parlare?

«Colpa mia» terminò al suo posto Claudio.
Due paia di occhi si fissarono su di lui, sebbene animati da sentimenti contrastanti.
«Non si immischi» suggerì lo sconosciuto. «Questa discussione non la riguarda».
Usò un tono duro, definitivo. Ma l’altro non sembrò accorgersene, rimanendo immobile accanto a Clara che non sapeva se intervenire o approfittare dell’aiuto fornitole.
«Le ripeto che è colpa mia, la ragazza non c’entra nulla».
«Si risparmi l’interpretazione del cavalier servente per una diversa occasione» ribadì l’altro, con una forte dose di sarcasmo. «Sono certo che avrà altri impegni, quindi se ci vuole scusare.. ».
Claudio cedette, arretrando di qualche passo, ma si voltò di nuovo prima di imboccare definitivamente l’uscita.
«Vada, vada!» lo incitò lo sconosciuto, ormai esasperato. «Non vale la pena dannarsi per questa ragazzina, ne può trovare di meglio».
Clara gli lanciò un’occhiata di fuoco e il suo avversario rispose con un sorriso compiaciuto.

Ma chi si crede di essere?

«Allora, ragazzina, come.. ».
Non riuscì a proseguire perché fu distratto da un’altra persona che entrò nel locale, facendosi largo tra i tavoli con foga. Era Marta.
«Si può sapere che fine hai fatto?» esordì frustrata quando giunse a portata di orecchio. «Dobbiamo muoverci, altrimenti non ci lasceranno più sostenere quello schifoso esame».

Dannazione, l’esame!

Nella confusione di quegli ultimi minuti Clara si era persino scordata del ritardo stratosferico in cui si trovava, decisamente aumentato dopo aver perso tempo con l’imbecille che aveva di fronte.
«Devo andare» chiarì, recuperando la sua abituale fermezza di spirito.
«Non ci pensi nemmeno, non abbiamo finito».
Le agguantò un braccio mentre già si allontanava e la ragazza faticò non poco per scrollarsi di dosso quella presa salda.
«Ho un esame» ripeté scocciata.
«La scusa più vecchia del mondo» la canzonò lo sconosciuto, per nulla convinto e disposto a crederle.
«Vada a quel paese» concluse Clara, prima di scattare verso l’esterno, cogliendo sia Marta che il suo tormentatore di sorpresa. La sua amica la seguì subito, consapevole che avrebbero dovuto correre per arrivare puntuali all’appello.
«Non finisce qui».
Sentì la sua minaccia quando ormai era in strada e la ignorò totalmente, concentrata sul percorso più breve da seguire per arrivare davanti all’aula Bonanni.
«Giriamo di qui» suggerì l’amica alle sue spalle. «Dovremo salire meno rampe di scale».
Clara accettò volentieri il consiglio, dato che le forze potevano venirle meno da un momento all’altro. Giunsero a destinazione con il fiatone, trovando una folla corposa davanti alle porte d’ingresso.
«Non hanno ancora chiamato?» chiese Marta ad una ragazza al suo fianco, non appena si fu ripresa da quella maratona imprevista.
Non ci fu bisogno di risposta, poiché il vociare fastidioso degli altri studenti si spense improvvisamente, chiaro segnale che un professore fosse uscito dall’aula con la lista degli iscritti.
«Abate» chiamò una voce roca pochi secondi dopo, confermando la supposizione di Clara.
«Antonelli».
Un ragazzo dietro di lei la spintonò per passare, facendola finire addosso a Marta.

Allora era un’abitudine!

«Astori».
«Cos’è successo al bar?» le chiese sottovoce l’amica, distraendola.
«Ho rovesciato la spremuta sull’idiota che hai visto» le spiegò concisamente.
«Oggi non te ne va bene una» commentò l’altra, battendole una pacca sulla spalla in un gesto solidale.
«Così sembra».
Rimasero in silenzio ancora qualche minuto, attendendo che fosse il proprio turno.
«Montesi».
Clara si riscosse dai suoi pensieri e, dopo aver salutato Marta con un in bocca al lupo di buon auspicio, si diresse verso la porta con il tesserino identificativo in mano.
Il professore controllò che nome e cognome fossero corretti, lanciò un’occhiata rapida al suo viso per accertarsi che non vi fosse nessuno scambio di persona, poi si scostò lasciandola entrare.
La ragazza si lasciò cadere esausta in seconda fila, dal momento che quelle più lontane erano quasi totalmente occupate. Forse lì sarebbe riuscita a conservare un posto per l’amica, che avrebbe potuto rivelarsi molto più preziosa di qualche sconosciuto.
Purtroppo il suo piano fu mandato a monte da un tipo piuttosto sfigato che si diresse convinto verso la panca al suo fianco. Non era giornata, ogni più piccolo dettaglio sembrava sbatterglielo in faccia a gran voce. Poteva ancora alzarsi e ritirarsi, ma decise che avrebbe sfidato la sorte, con la caparbietà che era solita mostrare nelle situazioni più complicate.
Finalmente il professore rientrò alle spalle dell’ultimo studente, chiudendo la porta e invitandoli al silenzio. Facendosi aiutare da un paio di persone in prima fila distribuì il foglio con le domande, chiedendo di tenerlo voltato fino a quando non avesse dato inizio all’esame.
Erano ormai le nove e mezza quando Clara iniziò a leggere i quesiti, concentrandosi sui tranelli sicuramente nascosti nella loro formulazione. Il primo le sembrò eccessivamente semplice e tracciò un segno sulla risposta corretta con un po’ di diffidenza. Stava per passare al secondo quando un rumore la distrasse, calamitando la sua attenzione sulla porta aperta.

Non è possibile.

Lo sconosciuto era appena entrato, respirando faticosamente come se avesse fatto una corsa. Clara notò subito che si era cambiato, poiché ora indossava un paio di normalissimi jeans e una polo blu, parzialmente nascosta sotto una giacca di pelle marrone scuro.
Sembrava più giovane e, le costava ammetterlo, era dannatamente affascinante mentre si sistemava gli occhiali sul naso in imbarazzo.
«E’ in ritardo» lo rimproverò l’anziano professore seduto alla cattedra, mentre recuperava il foglio degli iscritti. «Lei è?».
«Giulio Visconti, professore di diritto costituzionale» si presentò, attirando gli sguardi sorpresi e adoranti di metà delle persone presenti, ovviamente di sesso femminile.
«Perdoni il mio errore» si affrettò a scusarsi l’altro.

Complimenti Clara, hai mandato a quel paese un professore!

Si batté una mano sulla fronte, dandosi della sciocca e protestando contro il destino che le riservava solo beffe, ma in questo modo attirò l’attenzione di Visconti che si era distratto ad osservare gli studenti.
La riconobbe subito, il suo viso mostrò incredulità per una frazione di secondo, prima di ricomporsi in un’espressione di studiata indifferenza.
«Questa non è l’aula Ponzi?» chiese tranquillo, mascherando perfettamente qualsiasi emozione stesse  provando in quel momento.
«No. E’ quella di fronte» spiegò Clara, senza riuscire a trattenersi.
Forse le sarebbe stato riconoscente e avrebbe dimenticato l’increscioso incidente del bar.
«Grazie, signorina» disse, rivolgendosi verso di lei solo per un attimo. «Mi scuso per l’interruzione, professore».
Si avviò spedito verso le porte da cui era entrato un paio di minuti prima e, senza che altri se ne accorgessero, le lanciò una penetrante occhiata.
Si era sbagliata: la minaccia era ancora lì, limpida nella furia che animava i suoi occhi azzurri.


 

Considerazioni

Rieccomi qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertite. Finalmente scopriamo chi è la vittima del disastro di Clara, nonché il suo persecutore. Che ne pensate di Giulio? E Clara?
Sono davvero al settimo cielo per i commenti che mi avete lasciato sullo scorso capitolo, spero di avere delle recensioni anche su questo perché mi aiutano molto a capire cosa vedete nella storia.
Ho aggiornato in fretta, non vi prometto che ci riuscirò sempre. BTW, ci proverò!
A presto!
Un bacio, Lexi

  
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