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Autore: B3CKS0FT    06/11/2011    2 recensioni
Freddo. Sentivo molto freddo. Aprii gli occhi e mi resi conto di essere sdraiato per terra. Mi alzai faticosamente, ogni muscolo del mio corpo mi faceva male. Una volta messomi in piedi mi guardai intorno, l'ambiente in cui mi trovavo era un lungo corridoio spoglio, con pareti, soffitto e pavimento in cemento il tutto era illuminato dalla fredda luce di lampade al neon attaccate al soffitto. Dalla posizione in cui mi trovavo si vedeva che dopo qualche metro il corridoio faceva una svolta a destra. Mi girai per vedere dove conduceva l'altra parte, e solo allora notai l'enorme lastra di metallo che mi bloccava la visuale, guardando meglio si trattava di una sorta di spessa porta di metallo, come quelle che si vendono nei caveau delle grosse banche. Incastonato nel muro accanto alla porta si trovava un terminale. Mi avvicinai lentamente al terminale, ogni movimento mi provocava dolore. Quando arrivai al terminale vidi sullo schermo la scritta "Inserire il codice di apertura". A quel punto mi resi conto che non ricordavo niente, ne dove mi trovassi e cosa ci facessi, e soprattutto non sapevo chi ero...
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa che state per leggere è la prima storia che ho mai scritto, l'incipit non è molto originale, ma spero di poterlo sviluppare bene.
Vi prego di lasciare una recensione dopo aver letto il capitolo, in modo tale da potermi indicare i miei errori da principiante.
Vi ringrazio per l'attenzione.
Buona lettura.


Freddo. Sentivo molto freddo. Aprii gli occhi e mi resi conto di essere sdraiato per terra. Mi alzai faticosamente, ogni muscolo del mio corpo mi faceva male. Una volta messomi in piedi mi guardai intorno, l'ambiente in cui mi trovavo era un lungo corridoio spoglio, con pareti, soffitto e pavimento in cemento il tutto era illuminato dalla fredda luce di lampade al neon attaccate al soffitto. Dalla posizione in cui mi trovavo si vedeva che dopo qualche metro il corridoio faceva una svolta a destra. Mi girai per vedere dove conduceva l'altra parte, e solo allora notai l'enorme lastra di metallo che mi bloccava la visuale, guardando meglio si trattava di una sorta di spessa porta di metallo, come quelle che si vendono nei caveau delle grosse banche. Incastonato nel muro accanto alla porta si trovava un terminale. Mi avvicinai lentamente al terminale, ogni movimento mi provocava dolore. Quando arrivai al terminale vidi sullo schermo la scritta "Inserire il codice di apertura". A quel punto mi resi conto che non ricordavo niente, ne dove mi trovassi e cosa ci facessi, e soprattutto non sapevo chi ero. Fui colto da un profondo terrore, cercai di ricordare qualcosa della mia vita, ma non ricordavo niente, ne il mio nome, ne il mio cognome o qualsiasi altra cosa legata alla mia vita. Chi ero? Che cosa ci facevo in quel posto?  Provai ad ispezionarmi addosso, ma non trovai nessun documento, soltanto una biro con sopra stampato un ottagono con all'interno il disegno di un segno dello zodiaco, mi sembrava fosse quello dei gemelli. Pensai che forse il mio segno zodiacale fosse quello. Poi guardai di nuovo il terminale, e mi chiesi se prima dell'amnesia conoscessi il codice che andava inserito per aprire quell'enorme porta di metallo. Dopo mi resi conto della mappa che si trovava attaccata al muro proprio a due passi dal terminale. La guardai bene, si trattava sicuramente di una mappa del posto in cui mi trovavo, era divisa su più livelli, e da quanto mi sembrava di aver capito io mi trovavo nel livello più alto, che sulla mappa veniva indicato come uscita, della planimetria si capiva che la struttura si sviluppava in profondità, sembrava proprio un bunker. Infine notai che su ogni livello della mappa, in un angolo in alto a sinistra, si trovava lo stesso simbolo presente sulla biro. Quindi forse era un logo aziendale e magari io lavoravo in quel posto. Dalla planimetria quel posto sembrava veramente immenso. Forse avrei dovuto esplorarlo, nella speranza di ritrovare la memoria perduta. Stare fermo davanti a quel terminale e cercare di ricordare un codice che magari non conoscevo non mi sembrava una buona opzione. Guardai ancora la mappa del livello in cui mi trovavo, e vidi che il corridoio in cui ero conduceva solo ad un ascensore per accedere ai livelli inferiori. Allora decisi di esplorare la struttura e mi avviai nella direzione opposta alla porta di metallo. Quando svoltai l’angolo vidi subito il grande ascensore, aveva le stesse dimensioni del corridoio, sembrava un ascensore per trasportare grossi carichi da un piano all'altro, grazie alla porta a grata ad apertura verticale si vedeva l'interno. Quando arrivai d'avanti all'ascensore mi chinai per afferrare la maniglia e mi sorpresi per il fatto che i miei dolori muscolari erano diminuiti. Afferrai la maniglia, sollevai la saracinesca ed entrai. Vidi subito il pannello di controllo, con i tasti dei vari piani, poi accanto al pannello vidi una cornetta telefonica, appena la vidi mi avventai subito sul pannello e l'afferrai, me la portai subito all'orecchio e dissi « C'è nessuno?» e spettai qualche secondo, nessuna risposta. « Ho bisogno d'aiuto, mi potete rispondere!?», nessuno risposta. Allora sbattei la cornetta contro il muro per la rabbia e tornai ad osservare i pulsanti da premere per raggiungere i vari libelli. C'erano 5 pulsanti, sul quello più in alto c'era scritta una T, sugli altri invece numeri che andavano da 1 a 4. Non sapevo quale pigiare, poi pensai che se dovevo esplorare tutta la struttura, sarebbe stato meglio iniziare dal livello più alto per poi scendere fino in fondo. Prima di premere il pulsante sperai di trovare presto qualcuno che mi potesse aiutare a ricordare chi fossi. Infine pigiai il pulsante per arrivare al primo livello e l'ascensore cominciò lentamente a scendere verso il basso.
 
Il rumore che faceva l'ascensore mentre si muoveva era molto assordante, e per non bastare non andava neanche tanto veloce. Durante quella lunga pausa cercai di vedere se avevo altri oggetti addosso, ma non trovai altri oggetti oltre la penna che avevo trovato prima, che tenevo nel taschino della polo. Durante questa auto perquisizione avevo notato che il logo con il segno dei gemelli era stampato anche sul taschino della maglietta. Doveva per forza essere un logo aziendale, forse era dell'azienda a cui apparteneva quel posto, e forse io lavoravo li per loro. Chi sa di cosa mi occupavo. Mentre stavo pensando a queste cose mi resi conto che l'ascensore aveva cominciato a rallentare la sua discesa, segno che era quasi arrivato a destinazione. Mi chinai per preparami ad aprire la porta, ma appena alzai lo sguardo dopo aver sentito il contraccolpo dell'ascensore che si fermava, rimasi pietrificato dallo stupore. Attraverso la grata della porta si vedeva un lungo corridoio molto simile a quello dell'entrata, soltanto che in questo era presente un uomo accasciato a terra. Dopo essermi ripreso della sorpresa aprii subito l'ascensore e corsi verso la figura. Mi chinai su di essa e la scossi dicendo «Signore mi sente?», non ci fu nessuna risposta. Allora provai a girare il corpo verso di me, e rimasi subito inorridito dalla visione, il volto dell'uomo era ricoperto di sangue. Il sangue era uscito dagli orifizi del volto e l'aveva ricoperto. Il volto dell'uomo aveva un'espressione sofferente, tra le mani stringeva una foto, molto probabilmente era una foto dei suoi cari, l'uomo portava una maglietta bianca uguale alla mia, anche se ora non era più molto bianca, visto che era ricoperta di sangue. Ad un tratto mi resi conto della mia reazione alla visione di quella scena. Non ero affatto sconvolto da quella visione. E fu allora che si ricordò qualcosa del suo passato.
 
Ero seduto su un divano rosso, in quello che sembrava il salotto di un appartamento. Davanti al divano c'era un televisore acceso, era sintonizzato su un telegiornale. Nello studio era seduta un uomo, aveva i capelli grigi, sembrava aver superato i 50 anni. Il giornalista stava parlando in quel momento «... Al momento sembra che la mortalità sia del 100%, anche se la notizia non é stata ancora confermata dal Centro delle malattie infettive. Ripetiamo, in numerosi ospedali di tutto il mondo si sono presentati pazienti affetti da una malattia tuttora sconosciuta. Tutti i pazienti sono morti poche ore dopo il ricovero. Sembra che l’agente patogeno sconosciuto causi una febbre emorragica che porta alla morte l’ospite in poche ore e… Aspettate un attimo…» il giornalista s’interruppe e portò la mano destra all’orecchio destro, stette fermo per qualche secondo e poi riprese a parlare, «Mi hanno appena comunicato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha alzato il livello di allarme a 6, ovvero il più alto livello d’allarme per una pandemia.  Dal ministero della sanità non sono stati rilasciati comunicati….».
Il ricordo s’interrompeva li.
 
Guardai di nuovo il cadavere, e appena feci il possibile collegamento con la malattia misteriosa, feci subito uno scatto indietro. “maledizione!” urlai. Mentre nella mia testa si faceva l’argo l’idea che forse ero stato appena contagiato. Cercai di tranquillizzarmi. “magari è solo un virus che si trasmette tramite liquidi, non ho toccato il sangue o le ferite” pensai. Ma non riuscii a calmarmi. Feci ancora qualche passo verso l’ascensore, per allontanarmi dal cadavere. Poi mi venne in mente di lavarmi, ma dove? Subito dopo l’ascensore si trovava attaccata al muro la pianta del complesso. Mi avvicinai e mi misi alla ricerca di un posto dove potermi pulire. Durante la ricerca i miei occhi si fermarono su una stanza, che sulla cartina era segnata come stanza di controllo e comunicazioni. Ma la mia priorità in quel momento era trovare un posto in cui pulirmi, quindi ci sarei passato dopo. Dopo qualche secondo di ricerca trovai una serie di stanze che erano contrassegnate con la scritta spogliatoi femminile e spogliatoi maschili. Sicuramente in quel posto ci sarà stata dell’acqua corrente con cui pulirmi. Guardai bene il percorso che dovevo fare per raggiungere gli spogliatoi. Lo memorizzai in qualche secondo e prima di partire ripetei il percorso ad alta voce, «Sinistra, destra, avanti, sinistra.», e m’incamminai verso la mia meta.
 
Stavo camminando ormai da più di qualche minuto, quel complesso era veramente immenso, i corridoi erano tutti uguali. L’ambiente era molto asettico, tutto molto pulito, con quelle pareti grigie e l’illuminazione fredda dei neon, sembrava di stare in un ospedale in costruzione. Ero passato d’avanti a molte porte chiuse, più volte aveva avuto la tentazione di fermarmi d’avanti ad una di esse ed aprirla per vedere cosa ci fosse nella stanza, ma subito dopo mi ripetevo che il mio attuale obbiettivo era quello di raggiungere il prima possibile gli spogliatoi, mi dovevo assolutamente dare una ripulita. Anche se non ero entrato in contatto con i fluidi del cadavere, non ero sicuro di potermi permettere di stare tranquillo.  Ma per quanto ne potevo sapere, potevo essere già stato contagiato. Anche se i dolori muscolari erano diminuiti, li sentivo ancora, per quanto ne potessi sapere quelli potevano essere i sintomi della malattia. Cercai di ricordare qualcosa di più della malattia, ma non riuscii a ricordare altro. Allora mi sforzai a concentrarmi sul mio attuale obbiettivo. Mentre stavo pensando a queste cose, non mi ero accorto che il corridoio era leggermente cambiato, infatti differentemente da prima, il corridoio in cui mi trovavo era pieno di porte, su entrambi i lati. Mentre proseguivo vidi che su ogni porta era affisso un numero, il valore dei numeri aumentava man mano che andava avanti, le porte sulla destra avevano numeri pari, quelle sulla sinistra invece numeri dispari. Rallentai il passo, spostavo velocemente la testa da un lato all’altro del corridoio per leggere i numeri ad alta voce, « tre, quattro, cinque, sei, sette, otto...». Appena lessi il numero otto mi fermai. Allora mi ricordai dove mi trovassi, quella parte dell’impianto era stabilita a dormitorio, e la stanza numero otto era stata assegnata a me. A guardarla sembrava una porta come le altre, il metallo lucido rifletteva un po’ la luce delle lampade al neon. Sembrava che mi fosse bastato leggere il numero sulla placca, per farmi ricordare che fosse la mia stanza. Mi avvicinai lentamente alla porta, allungai il braccio destro verso il lucido pomello. Chissà cosa avrei trovato lì dentro. Infine afferrai con decisione il pomello e lo girai.
   
 
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