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Autore: Bad A p p l e    07/11/2011    6 recensioni
Kisame ebbe un sorrisetto a metà tra un ghigno ed una smorfia mesta. «Ma tu non sei uno squalo cannibale, Itachi-san… tu sei uno squalo Kamikaze».
Accenni immensamente lievi a Kisame/Itachi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Autore: About_Alice.
T
itolo: -{The Sun Goes Down.
Fandom
: Naruto
Personaggi: Itachi Uchiha, Sasuke Uchiha, Kisame Hoshigaki.
Canzone scelta/Artista:  Vampires Will Never Hurt You- My Chemical Romance.
Genere: Generale, Introspetivo, Nonsense.
R
ating: Giallo.
A
vvertimenti: One-Shot.
B
eta Reading: No

 

 

 

-{The Sun Goes Down.

 

[Primo atto: Into the ground.]

[Se mi dovessero catturare e il sole tramontasse
E se mi dovessero catturare prendi questo paletto e…]

 

Itachi ondeggiò leggermente la testa a destra e poi a sinistra, quasi in modo impercettibile, ma il compagno di squadra fece un versetto ironico e saltò giù dal ramo sul quale era appollaiato.

«Sei preoccupato, Itachi-san?» domandò Kisame con una sorta di ghigno.

A dire il vero, non era stata proprio una domanda, cosa che Uchiha sapeva bene, motivo per cui non si prese nemmeno la briga di rispondere. Si limitò a rimanere in silenzio, come suo solito ed osservare cose davanti a sé che solo lui poteva vedere, sempre come al solito.

In un certo senso, era davvero stanco, non ce la faceva più ad andare avanti… aveva architettato la sua vita nel minimo dettaglio ed ora che era giunto alla fine non aveva davvero più voglia di andare avanti.

Semplicemente, doveva.

Osservò ancora un po’ il tramonto che si fondeva con le ombre della sua quasi cecità, poi si girò a fissare quel poco che riusciva a vedere nel volto di Kisame.

«Ti ricordi quella cosa interessante che mi hai detto circa gli squali, quando ci siamo conosciuti?» domandò , scandendo lentamente ogni parola.

Hoshigaki annuì, serio. Si riferiva al cannibalismo degli squali, che si mangiavano tra loro anche nel ventre della madre, prima ancora di nascere.

«Continua a ricordartene» terminò il ragazzo, alzandosi e camminando verso il centro della foresta, mentre la vista gli si oscurava sempre di più… in un certo senso, era come se per lui fosse un eterno tramonto.

 

[… Piantamelo nel cuore!]

 

Kisame ebbe un sorrisetto a metà tra un ghigno ed una smorfia mesta. «Ma tu non sei uno squalo cannibale, Itachi-san… tu sei uno squalo Kamikaze».

L’uomo squalo passò un dito sull’elsa di Samehada e questa emise uno strano gemito, «Lo so, Samehada… lo so».

 

 

[Secondo atto: I saw you there]

 

[Qualcuno mi porti dal dottore, qualcuno mi porti in una chiesa,
dove potranno curare questi buchi pieni di veleno.]

 

Lo aveva visto. Lo aveva visto!

Sbatte il pugno contro la parete rocciosa che gli stava di fronte così forte che le nocche cominciarono a sanguinare copiosamente e sentì il sonoro “crack” delle ossa delle dita che si rompevano.

Subito Karin gli si avvicinò per cercare di curarlo, ma lui la respinse con rabbia, allontanandosi velocemente dal gruppo, aveva bisogno di stare solo.

Itachi.

Lo aveva trovato ed era riuscito a farselo scappare, come al solito… come poteva andare avanti in quel modo? Doveva fare di tutto per distruggerlo!

Quello era l’unico modo per sanare le sue ferite, per cancellare tutto il veleno che portava dentro.

Gli avevano sempre detto, a Konoha, che coltivando l’odio non avrebbe fatto che raccogliere ulteriore odio e che con la vendetta non poteva far altro che stare peggio…

Cazzata!

E questo era ancora vero come lo era stato al principio: tutte cazzate!

Lo sapeva e ne era sicuro. Doveva andare fino in fino, soprattutto in quel momento, che tutto l’odio che aveva in corpo somigliava davvero ad un veleno, senza essere una metafora.

Respirava a fatica e sudava ghiaccio.

La rabbia prese ancora una volta il controllo del suo corpo e prese a prendere a pugni il primo albero che si ritrovò davanti finché le sue mani non si ridussero ad un cumulo di carne maciullata.

Aveva ripreso il controllo del proprio corpo, ma quello sfogo non aveva avuto nessun effetto benefico sui profondi solchi che sentiva all’altezza del cuore.

 

[E tu devi tenere la tua anima come un segreto nella tua gola]

 

Si avvicinò ad una pozza d’acqua e vi guardò dentro. Lo specchio acquatico gli restituì il suo sguardo pieno di nulla, le sue iridi morte ma non vitree come quelle dei cadaveri… come quelle del cadavere che, tempo qualche ora e sarebbe stato suo fratello.

Quando avrai i miei stessi occhi”.

Si guardò ancora ma non riuscì a scorgere nel proprio sguardo nemmeno un minimo dell’ira che provava.

“Dov’è finita la mia anima?”

Sentì un groppo alla gola e capì dov’era finita.

Seppe che durante lo scontro avrebbe urlato, così da non riuscire più a nasconderla. Seppe che ad Itachi non sarebbe riuscito a nascondere la sua anima e quello che era diventata.

 

[Terzo atto: Someone burned the Church]

 

[Stiamo frequentando cadaveri, guidando questo carro funebre]

 

Kisame aspettò finché il sole non tramontò del tutto.

Al buio profondo li vedeva sempre. La loro presenza lo aveva sempre tormentato a livelli indescrivibili, qualche volta si era quasi dilaniato gli occhi pur di smettere di vederli, eppure, anche ad occhi chiusi, loro erano sempre lì.

Spettri.

I fantasmi del suo passato.

I cadaveri.

Se si concentrava, riusciva anche a sentirne l’insopportabile puzzo di carne decomposta che gli infestava le narici; lui era un assiduo frequentatore della morte, erano come vecchi amici, e lui non faceva altro che portarle di giorno in giorno, nuove anime da divorare.

Quasi gli dispiaceva che Itachi sarebbe diventato presto cibo da lui offerto alla Morte

 

[…]

 

«Tu sarai il compagno di squadra di Itachi Uchiha» gli aveva detto Madara, dopo averlo fatto entrare per la prima volta nel covo di Akatsuki.

Da lì, Madara aveva passato un’ora buona a raccontargli per filo e per segno chi era Itachi e perché aveva deciso di metterlo in squadra proprio con lui.

«Tu sei uno squalo cannibale, Kisame… sai cosa fare, quando Itachi cercherà di tradirci. Prima di quel momento, lui ci serve, prima di quel momento tu non gli torcerai un capello. Capito?»

Kisame aveva annuito, con un sorriso poco rassicurante «capito».

 

[…]

 

[Qualcuno salvi la mia anima stanotte, ti prego salva la mia anima.]

Uccidere Itachi era diventata la sua missione… ma Itachi era l’unica persona con cui aveva passato così tanto tempo. Nove anni vissuti l’uno al fianco dell’altro, non erano semplici da buttare ai porci come aveva fatto con tutto il resto.

Non aveva mai instaurato un rapporto con nessuno, ma Itachi ormai era un suo… amico?

No, forse addirittura amico no, ma sicuramente era qualcosa, qualcosa che non avrebbe avuto la forza di sopprimere con la stessa flemma del solito.

Uchiha ormai rappresentava l’unico briciolo di umanità che gli rimaneva… era l’unico che poteva salvare la sua anima.

Dopotutto avrebbe anche potuto lasciare che fosse il fratellino ad uccidere Itachi, come lui stesso aveva organizzato; sapeva che sarebbe stato giusto così.

Ma a cosa serve un’anima quando si hanno degli ordini?

«Itachi-san… tu non sei né uno squalo cannibale né uno squalo Kamikaze… sei uno squalo martire, dopotutto».

 

[Ultimo atto: chainsaws]

 

[Abbattuti, prima dei nostri anni migliori
Prima che tu sia decollato
Puoi trafiggere il mio cuore? Puoi trafiggere il mio cuore?
Puoi trafiggermi prima che il sole tramonti?]


«NO!»

Quell’urlo di pura rabbia arrivò alle orecchie di Kisame ovattato, quasi non lo sentì.

Sentiva solo un dolore lancinante al petto dove Samehada aveva colpito Itachi; sentiva quel dolore come se fosse stato suo e non di Uchiha.

Era arrivato quasi troppo tardi; lo scontro tra i due fratelli Uchiha era già iniziato ed Itachi era davvero sul punto di soccombere per mano del fratello, che stava per dargli il colpo fatale.

S’era subito lanciato all’attacco e Sasuke l’aveva visto e doveva aver pensato ad un rinforzo per Itachi, dato che aveva preso le distanze per prepararsi all’attacco…

Peccato che il bersaglio di Hoshigaki non era stato Sasuke, ma lo stesso Itachi.

Ridacchiò un po’, per poi rendersi conto che quello che sentiva non era il dolore della ferita mortale che aveva inflitto al compagno di squadra, ma una Katana –quella di Sasuke- l’aveva colpito subito dopo l’urlo.

«E anche tu sei un piccolo Squalo» ghignò Hoshigaki, «uno squalo cannibale proprio come lo zio Kisame».

 

 

 

 

   
 
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