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Autore: fri rapace    07/11/2011    5 recensioni
“Si è preso una cotta per me,” ammise Alice con una dolcezza che a Frank non piacque affatto.
“Remus ha quasi vent’anni!” esplose. “L’età per le cotte l’ha passata da un bel pezzo. Per Merlino, è un uomo!”

Il primo capitolo della storia si è classificato al secondo posto del "Five days", Contest indetto da Erica Weasley. Entrambi i capitoli della minilong partecipano allo "Storytelling" indetto da Fabi_
Gli "altri personaggi" sono Alice e Frank Paciock.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La scleta giusta per Alice cap1 Troppo innamorato per lasciar perdere

“Tu lo ami?”
Alice lo fissò sorpresa e turbata, poi, con un certo impaccio, distolse lo sguardo.
“Vi ho visti, sai!” proseguì Frank, con foga crescente. “Le vostre mani si toccavano, mentre…”
“Mentre lui ascoltava le mie chiacchiere? Che cosa spregevole da fare, vero? Vedi oscuri complotti ogni volta che riservo un po’ d’attenzione a chiunque non sia tu,” osservò scherzosamente lei, senza tuttavia riuscire a scacciare del tutto il rossore che le aveva acceso le guance tonde. “E basta fare due parole con tua madre per capire il perché del tuo egocentrismo, però… ”
Lo prese alla sprovvista storcendo il viso in una smorfia buffa, ma era troppo arrabbiato per lasciarsi intenerire: la battuta su sua madre non era stata una bella mossa, se la sua intenzione era quella di ammansirlo.
“Non mi hai risposto!” recriminò a denti stretti.
Alice allargò le braccia, come se mostrarsi vulnerabile potesse renderla meno colpevole ai suoi occhi.
“Si è preso una cotta per me,” ammise con una dolcezza che non gli piacque affatto.
“Remus ha quasi vent’anni!” esplose. “L’età per le cotte l’ha passata da un bel pezzo. Per Merlino, è un uomo!”
Non sapeva neppure lui se la stava mettendo in guardia o accusando nuovamente.
Se solo aveva osato sfiorarla…
“Frank…”
La mano di Alice gli accarezzò il braccio.
Quello è un licantropo…”
“A me non importa. E neanche a te importa.”
Frank scrollò via rudemente la sua carezza: non aveva bisogno del suo aiuto per ricordare chi era e su quali ideali aveva costruito la propria vita.
“No. Certo che non m’importa.”
“Tu lo sai perché si è innamorato di me, vero?”
Nella mente di Frank turbinarono decine di risposte: perché era un’Auror di successo, una donna forte, intelligente, addirittura eroica. Al suo fianco aveva sfidato Voldemort per ben tre volte, riuscendo a sfuggirgli quasi illesa. Riflettendoci, era strano che non fossero tutti innamorati di lei.
“È perché non può avermi, Frank. Mi ama per questo e persino per…”
Lui non la stava ascoltando, troppo preso da se stesso, reso sordo dall’egocentrismo e dalla gelosia.
“Frank? Mi dai retta, per favore?”
Alice pretendeva che affrontasse la situazione con lucidità, e la cosa lo feriva profondamente. Non stavano pianificando una missione per l’Ordine, né per il Ministero: la logica non trovava spazio in amore, l’amore era solo pazzia.
Se non lo capiva, c’era una sola spiegazione: lei non lo amava affatto.
“Sto facendo del mio meglio,” si difese, addolorato dalla sua mancanza di comprensione. Gli stava sbattendo in faccia l’amore che un altro provava per lei, e con tutta l’aria di averlo accolto e gradito!
“Mi ama perché non può avermi, e per questo,” insisté lei, come se il suo precedente tentativo di spiegarsi non fosse stato ignorato, ma invece di finire la frase allungò goffamente una mano, rovesciando il vistoso vaso di fiori che occupava il centrotavola.
Fissò il disastro con uno strano sorrisetto, poi guardò per aria, come se avesse scordato qualcosa.
“Allora?” la incitò, riparando immediatamente il vaso con un incantesimo.
“Sai che dimentico sempre le cose,” rispose, sorridendo di nuovo.
Frank ebbe un moto di fastidio: gli succedeva ogni volta che la vecchia goffaggine di sua moglie tornava a far capolino, come la ricaduta di una malattia difficile da estirpare. Si era innamorato dell’Alice conosciuta al corso per Auror - sicura di sé, sveglia, coraggiosa - non della maldestra ragazzina di Grifondoro che non faceva altro che combinare pasticci, fin dal suo imbarazzante Smistamento.
Allora aveva riso assieme all’intera Sala Grande nel vedere quella buffa bambina, il Cappello Parlante calato sugli occhi, che all’annuncio della Casa a cui era stata assegnata si era alzata con uno strillo di gioia e cercato subito dopo di tornare a sedersi, mancando comicamente lo sgabello. Quella finita col sedere per terra non era il genere di compagna che voleva al proprio fianco.
Pur disprezzandosi per questo, temeva che quando avessero avuto un figlio, questi potesse ereditare da lei quella goffaggine che tanto lo infastidiva e metteva in imbarazzo, soprattutto davanti a sua madre: lo spaventava l’idea che lei la potesse considerare non alla sua altezza.
“Tu sei mia moglie,” le disse amandola disperatamente, ed era sincero: non amava tutto di lei, ma quello che non gli andava era nulla in confronto al resto.
“Sposarti era quello che volevo, ma forse non quello di cui avevo bisogno,” sussurrò lei mordendosi le labbra, le mani con cui si era afferrata i gomiti che tremavano.
Frank, ancora troppo concentrato su di sé, l’aggredì impulsivamente, senza darsi il tempo di comprendere le sue parole:
“Lo hai fatto apposta a rovesciare il vaso e a dirmi che non ricordi le cose, perché sai che non lo sopporto! Vuoi allontanarmi, non è così? E se il nostro matrimonio deve finire, vuoi che sia per una mia decisione!”
Alice si alzò all’improvviso dalla sedia, rovesciandola non per fingere un altro pasticcio, ma per rabbia.
“Fuori!” gli urlò, diventando rossa fino alla radice dei corti capelli biondi.
“Cosa?”
“Ho detto fuori! Non mi stai neanche a sentire!”
Frank prese la Pluffa al balzo.
“Invece il lupo mannaro ti ascolta, vero? Non è vero?!”
Un attimo dopo si stava sbattendo la porta alle spalle.
La luce che lo accolse in strada lo colpì: malgrado l’ora tarda, il cielo era chiaro e la via illuminata a giorno.
“Luna piena,” comprese.

***

Non sapeva ancora bene cosa fare. Semplicemente, non voleva fermarsi.
“Ehi, Frank, entra!”
Diede un’occhiata veloce dietro le spalle di un allegro James Potter: Peter e Sirius lo stavano salutando dal tavolo del salotto, improvvisando un brindisi con delle bottiglie di Burrobirra.
“Remus?” chiese, fingendo di non avere notato la luna piena. Il ragazzo traslocava sempre più spesso e aveva perso il filo dei suoi spostamenti.
Quella sera doveva per forza essere a casa: sapeva che per evitare di ammazzare qualcuno si rinchiudeva apponendo ogni genere di incantesimo di protezione al locale scelto per la trasformazione.
“A casa,” gli rispose tranquillamente James.
“E dove…?”
“Al solito posto. Al contrario delle scale di Hogwarts, né a lui né alla casa piace cambiare. Capito, no?” gli strizzò l’occhio da dietro gli occhiali storti. “È una battuta sul suo ‘Piccolo Problema Peloso’,” chiarì, un po’ deluso di non vederlo sorridere.
“Mi puoi dire dove vive, ora?” tagliò corto Frank, troppo turbato per preoccuparsi di essere cortese.
“Sono ben cinque mesi che si è accampato nell’East End e tu non lo sai?!” sbottò James, sbigottito dal fatto che a qualcuno potesse non importare quanto a lui di sapere tutto di uno dei suoi migliori amici.
Frank si fece dare l’indirizzo esatto e, senza dare alcuna spiegazione, si Smaterializzò, pensando che vedere quello che si nascondeva dentro a Remus lo avrebbe fatto sentire migliore di lui, la scelta giusta per Alice.
Avrebbe messo a tacere quella vocina nella testa che gli sussurrava che era meglio lasciarla andare, che senza la paura di essere se stessa che lui le incuteva sarebbe potuta essere più felice.
Non seppe perché, malgrado le circostanze, bussò alla porta dello squallido appartamento del ragazzo, ma quando lui gli aprì nella sua forma umana quasi gli venne un colpo.
Remus lo accolse con un enorme sbadiglio rivolto al cielo, una parodia dell’ululato di un… no, dovette ammettere che somigliava a tutto tranne che a un lupo. Non c’era nulla di feroce in lui.
“Oh…” biascicò, interpretando correttamente il suo sconcerto. Indicò la luna con gli occhi gonfi e lucidi. “Sembra piena, ma non lo è. Domani è il grande giorno. Cioè… grannotte…”
Frank si diede dello stupido, era stata una leggerezza dare per scontato che fosse il plenilunio, avrebbe dovuto controllare! Era un Auror, conosceva bene le fasi lunari e quanto fossero ingannevoli agli occhi di un umano.
“Quindi…” iniziò, irritato per la brutta figura e per il fastidio di doverlo affrontare così: quello che aveva davanti era un suo compagno, un membro dell’Ordine della Fenice e, purtroppo, un ragazzo molto più giovane e inesperto di lui. Fosse stato in forma di lupo, avrebbe potuto almeno sperare in un confronto ad armi pari. Non poteva attaccarlo in quelle condizioni, come mago era tanto superiore a lui che avrebbe vissuto lo scontro come un atto di bullismo.
“Sì?” lo incalzò Remus, comprensibilmente perplesso.
“Tu sei umano.”
“Sembri sorpreso.”
Pensò di averlo offeso, ma il suo tono era allegro e… stanco.
Rimasero sulla porta per parecchi minuti, in silenzio, prima che si decidesse a farlo entrare.
“Non è bello, qui,” si scusò. “Per questo non faccio mai venire nessuno.”
“Neppure Alice?”
Frank aveva quasi urlato, prendendo di sorpresa persino se stesso.
Non sentiva più la rabbia per il tradimento, era diventato rabbia e si ascoltava parlare dall’esterno, come fosse un fantasma.
Remus, che gli stava offrendo una sedia sgangherata, si immobilizzò, ed era chiaro che stava riflettendo molto velocemente.
“Stavo male, ma non mi serviva aiuto. Come adesso,” e lo sfidò con un’espressione che diceva a chiare lettere: ‘Non ho bisogno della pietà di nessuno!’
Solo il muscolo contratto della mascella suggeriva imbarazzo o senso di colpa, ma il morso al nulla durò solo un secondo, poi i suoi denti presero a battere e si fece ancora più pallido.
Pensava forse di poter usare il suo malessere per fregarlo? Aveva idea di quanti interrogatori aveva svolto con successo, facendo capitolare Mangiamorte che avevano il doppio o persino il triplo dei suoi anni?
“Quindi incolpi Alice?” sbraitò furente. Non si doveva permettere di mettere in discussione il desiderio di Alice di essergli fedele. Se aveva sbagliato, la colpa doveva essere solo di Remus!
“Sì…”
Frank, dimentico delle remore che si era fatto per la disparità di forze, si lanciò contro di lui, inchiodandolo alla parete scrostata con l’avambraccio premuto sulla gola.
“…se l’accusa è quella di avermi aiutato a mettermi a letto e preparato qualcosa di caldo da mandar giù,” concluse con la voce leggermente strozzata a causa della sua stretta.
“Smettila di dire cazzate!” gli sbraitò in faccia. “Non fingere di non sapere di cosa sto parlando, tu sai perché sono qui!”
Remus cercò di deglutire e Frank, rendendosi conto di stare sul serio soffocandolo, allentò la presa.
“Cosa vuoi che ti dica?” riuscì a soffiare quando ebbe ripreso un po’ di fiato.
“Non devi dirmi quello che voglio sentirmi dire!” gli urlò pieno di risentimento, perché invece era proprio di quello, che aveva bisogno. “Dimmi la verità!”
L’altro non rispose, ma i suoi occhi parlavano per lui: sapeva quello che stava pensando, era come se fossero stati a lungo grandi amici e Frank, al contrario di lui, si fosse scordato tutto.
Era quello che aveva attratto Alice? La consapevolezza di essere capita senza dover lottare per farsi ascoltare? Comodo, certo, anche per lui: a causa della licantropia doveva essere costretto ad amare in silenzio, di nascosto. Quello che Alice probabilmente aveva interpretato come generosità era, al contrario, solo egoismo.
“Lei ti ama?” gli chiese con la voce che andava scemando. Perché alla fine, era tutto lì quello che davvero importava. Lei.
“Scusa,” mormorò Remus, e tremava, mentre lo diceva. “Non voglio che mi tocchi.”
Si liberò definitivamente dalla sua presa con una spinta, lasciandogli la sensazione che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento.
Lo osservò senza muovere un dito scivolare a terra con le spalle al muro, la luce della luna che tagliava in due la parete appena sopra la sua testa, come una ghigliottina pronta a calare sulla sua gola livida.
“È la luna… è la luna che non vuoi che ti tocchi? O…”
Non riuscì a pronunciare il suo nome, ma le parole di lei gli tornarono nitide nella mente, e lui le ascoltò per la prima volta:
‘Mi ama perché non può avermi.’
Frank provò pena per lui e si sentì molto fortunato: Alice era sua e avrebbe lottato per riconquistare anche il suo cuore, non con proclami urlati e usando i muscoli, ma dandole quello di cui aveva realmente bisogno.

***

Arrivò a casa, a piedi, guidato dalla luce della luna, e Alice lo accolse in lacrime.
L’ascoltò singhiozzare mentre l’abbracciava: piangeva come chi sa di aver perso qualcosa di insostituibile. Frank la contraddisse, ascoltando senza alcun rancore quelle lacrime che non erano per lui.
Ascoltando lei.







Questo primo capitolo (sono solo due) è ispirato alla canzone: "Fix you" dei Coldplay. Il titoletto è una citazione della canzone.

NDA:

Riguardo la caratterizzazione, so come Frank e Alice vengono di solito rappresentati nelle ff, e io li vedo diversamente. Alice assomiglia fisicamente a suo figlio Neville e, secondo me, anche caratterialmente. Frank, invece, sempre messo sul piedistallo dalla madre nei libri della Rowling, lo vedo più come una specie di James Potter. Ulteriore conferma alla mia teoria: la bacchetta di Frank non è adatta a Neville, infatti il ragazzo avrà notevole giovamento quando finalmente potrà averne una davvero sua.
Ho comunque dato a Frank delle insicurezze (teme il giudizio della madre, malgrado sia un adulto) e una lealtà degna di un Tassorosso: quando si trova davanti Remus, invece di attaccarlo subito (cosa che sarebbe stata comprensibilissima!), si fa dei problemi perché si ritiene molto più forte di lui.
La scelta di Remus come “amante” è dovuta al fatto che devo ficcarcelo ovunque (ehehe…), no, scherzo, al fatto che caratterizzando Alice mi sono resa conto delle analogie con Tonks.
Oh, ormai è diventato un cliché mettere Alice e Frank nella stessa annata dei Malandrini, ma questo non è possibile: loro due erano Auror già affermati (o addirittura famosi) durante la Prima Guerra Magica, e i Malandrini avevano 21 anni quando è finita. Considerando che si diventa Auror proprio a 21 anni, ho calcolato che i Paciock avessero almeno cinque, sei anni più di Remus.



Seconda classificata

La scelta giusta per Alice
Totale: 43,50/45

Grammatica e sintassi: 10/10
Perfetta. Nessun errore da farti notare, tutto meravigliosamente scritto giusto, senza nessun errore particolare.

Lessico e stile: 10/10
Anche qui mi ritrovo costretta – volentieri, ovviamente – a darti punteggio pieno. Ho trovato tutte le scelte lessicali molto buone e adatte a ciò che scrivevi, senza ripetizioni o quant’altro; le parole non cadono mai nel banale né sono troppo particolari o di poco uso. Una buona varietà molto apprezzabile.
Per quanto riguarda lo stile, stesso discorso. Semplice, diretto. Mi è piaciuto tantissimo perché si legge veramente bene e senza problemi; lettura scorrevole e liscia, fluida. Ogni movimento è descritto davvero bene ed ogni pensiero con altrettanta efficacia. Complimenti, sul serio, uno stile ammirevole.

Caratterizzazione personaggi: 9/10
Mi è piaciuto vedere Frank e Alice caratterizzati in modo diverso dal solito.
Alice riporta le goffaggini del figlio, e questo è un particolare che ho davvero molto apprezzato. Anche il fatto che Frank speri con tutto il cuore che suo figlio non riporti quel “difetto” della moglie mi è piaciuto particolarmente, perché fa vedere che proprio queste particolarità si sono tramandate, anche quelle che non si vorrebbe mai che il proprio figlio guadagnasse.
Invece mi ha un po’ lasciata perplessa la caratterizzazione di Frank; ho capito dove volevi andare a parare – che sua madre lo mette in un piedistallo che non merita così tanto, a tuo parere – ma così è un po’ troppo… Uhm, fuori da Neville? Nel senso, non sembra che abbia qualità che ricordano suo figlio. Per quanto la situazione sia credibile, su questo la caratterizzazione di Frank pecca un po’, non molto comunque.
Remus, Sirius, James che son di sotto fondo sono i soliti di sempre. Soprattutto Remus, e su questo non ci piove.

Originalità: 10/10
Ecco, anche qui non ho nulla da dire. In realtà Frank e Alice non si vedono molto, specialmente in queste situazioni, quindi come si potrebbe dire che questa One-Shot non è originale? Lo è eccome. Già a partire dall’insolita caratterizzazione dei personaggi, per sfociare in uno “pseudo-tradimento” con Remus è chiara l’originalità di questa storia. Mi piace anche perché hai paragonato Alice a Tonks, un’idea che ti rende onore su questo punto di vista: sei riuscita a ricollegare un amore di un personaggio facendolo trasformare in un interesse verso un’altra persona.
Bravissima, complimenti.

Gradimento personale: 4,5/5
Devo dire che la cosa che mi ha lasciata più soddisfatta di questa fanfic è stata senza dubbio la frase: “La logica non trovava spazio in amore, l’amore era solo pazzia” che ho letteralmente adorato. Hai scritto una cosa originale, ben scelta, con dei punti veramente unici e all’apice della bellezza. Sì, mi è piaciuta molto, ma il finale mi ha lasciata un po’ insoddisfatta; avrei voluto sapere come finisce, come riusciranno a re-instaurare un rapporto d’amore Frank e Alice dopo tutto questo. Certo se è parte di un’altra storia era inevitabile che non fosse finita qui, quindi posso solo dirti che è meravigliosa, e di continuarla assolutamente.




   
 
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