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Autore: FunnyBunny    07/11/2011    2 recensioni
«Senti, abbiamo iniziato con il piede sbagliato! Perché-»
«Il piede era giustissimo, invece!»

Erin non ha mai voluto amare nessuno. Un antipatico ragazzo riuscirà a farle cambiare idea o rimarrà tutto come prima?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Onew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: FunnyBunny
Pairing: Onew/OC
Capitoli: 5/?
Desclaimer: Gli SHINee non mi appartengono ma Key sì

 

This is so much like us,
We fight like we’ll never see each other again
And then become mixed in the soap called love,
Suddenly, all the animosity disappear.
We fight a hundred times,
And our hearts break a hundred times,
But like tangled pieces of string
Our love can’t be pulled apart.

Love’s Way – SHINee

 

Dopo quella giornata, non incontrai più Onew per almeno due settimane, non che me ne fregasse qualcosa, sia chiaro. Jihyun continuava a parlare di tutte le loro performance e di quanto fosse bella la nuova canzone, “Hello”, quindi immaginavo che fosse troppo impegnato anche per rompermi le scatole.

 

«Per caso...» esordì una mattina Jihyun mentre mi versava il caffè nella tazzina «Il ragazzo che ti piace e che ti portò a casa... è lo stesso che ora è seduto laggiù su quella sedia? Ti sta guardando da un po’, ed è lo stesso che pensavo ti stesse importunando quella volta»

Deglutii, cercando di mantenere un’espressione indifferente. Mi girai appena, visualizzando la persona di cui parlava Jihyun. Pantaloni della tuta neri, felpa grigia e il cappuccio tirato su fino a coprire praticamente gli occhi... Sì, era senza dubbio Onew.

«Ho indovinato, vero? Forza, fammelo conoscere!» sussurrò tutta eccitata.

Neanche morta.

«Non oggi. E poi non mi piace, è solo un deficiente con atteggiamenti da stalker» dichiarai. Portai la tazzina di caffè alla bocca e ingoiai tutto in contenuto, scottandomi come una scena. Mi alzai, mi misi il giubbotto -ormai era metà ottobre, e il freddo iniziava a sentirsi- e mi avviai verso l’uscita.

«Muoviti ed esci» sussurrai una volta arrivata di fianco a lui «Sta venendo da te per conoscerti perché pensa che tu sia il mio fidanzato o robe del genere. Non oso immaginare la sua reazione se ti vedesse» sibilai squadrandolo impazientemente. Lui annuì, e dopo aver lasciato il conto sul tavolo mi seguì, senza dire nulla.

«Potresti evitare di farti scoprire, grazie? Se proprio vuoi venire al bar fallo con discrezione!» mi lamentai mentre mi circondavo il collo con una sciarpa.

«Scusa! Facciamo un giro?» chiese mettendosi le mani in tasca e iniziando a camminare.

«Non hai nulla da fare?!»

«Avrei anche troppe cose da fare, è quello il punto... Grazie a Dio ho una mattinata libera e avevo voglia di ascoltare le lamentele di una certa ragazza» esclamò ridacchiando. Rimasi leggermente stupida da quello che aveva detto, ma decisi di stare al gioco.

«Beh, questa ragazza non ne ha voglia»

«Ma io sì!» afferrò il mio polso, girando all’improvviso a destra, in una strada secondaria. Pochi attimi dopo ci ritrovammo nello stesso parco in cui c’eravamo incontrati la prima volta. «Scorciatoia» mormorò girandosi verso di me.

«Me n’ero ac-» fui interrotta dal suono improvviso del mio cellulare, che iniziò a vibrare nella tasca della mia borsa. «Aspetta un attimo... Ah, eccole di nuovo» sussurrai osservando il display.

«Vuoi che mi allontani?»

«No, fa lo stesso. Ci metterò poco» poi sospirai, premendo il tasto verde.

«Pronto?»

«Che vuoi ancora?»

«Tua padre pensa che il gioco sia durato abbastanza, 3 mesi sono tanti. È ora di tornare in America e pren-»

«Senti, puoi gentilmente riferire a mio padre di andare al diavolo e smetterla di insistere?! Siamo tutti più contenti se sto qui in Corea, no? E smettete di chiamarmi ogni cazzo di settimana, siete strettanti, tu e le altre segretarie!» chiusi la chiamata, poi mi sedetti a fianco ad Onew, che nel frattempo si era appoggiato all’albero. Grazie a dio non sapeva l’inglese, non sarei stata capace di spiegargli l’accaduto.

«Chi era?»

«Un’amica con cui ho litigato... quando ero in America» mentii sul momento. In silenzio, anche lui si abbassò al mio livello, sedendosi accanto a me. Nessuno disse nulla per qualche minuto, finché lui puntò lo sguardo verso di me.

«Sai, a scuola avevo i voti più alti dell’istituto in inglese» disse semplicemente.

Ah.

Colta in flagrante, rimasi in silenzio. «Però se non ne vuoi parlare va bene, non ti costringo. Potresti evitare di mentirmi su ogni singola cosa, però» aggiunse poi, evitando il mio sguardo.

«Io-»

«Scusa, fra 3 ore abbiamo una registrazione di un programma e mi devo ancora preparare. Ci vediamo, Erin» si alzò e, con senza voltarsi, si allontanò agitando la sua mano.

«Sono proprio una deficiente...» sussurrai.

 

Domenica mi svegliai tardi ma, nonostante le tante ore di sonno, mi sentivo ancora esausta e stanca. Fuori aveva appena smesso di piovere, e le poche persone che si avventuravano per strada erano coperte da giacconi e sciarpe. Era tanto che non mi facevo una giornata fotografiamo-tutto-e-tutti, pensai, qualche scatto mi farà bene. Uscii di casa un quarto d’ora dopo, macchina fotografica in mano e cappuccio calato sul viso.

Mi piaceva scattare foto in giro per la città, e l’atmosfera che vi era quella mattina era perfetta. Il cielo plumbeo e il cemento bagnato rendevano la città più cupa del solito, molte insegne erano spente e i visi grigi delle persone sembravano esprimere tristezza qualunque cosa facessero.

Feci parecchi scatti girovagando per le vie della città, finché, dopo quasi un’oretta, non mi ritrovai davanti al parco in cui ero stata con Onew solo il giorno prima. Rimasi ferma proprio davanti all’entrata, fissando il parco completamente vuoto. Non capivo come fossi arrivata in quel posto, ma decisi che una piccola pausa avrebbe giovato alle mie gambe. Appoggiai la reflex accanto a me sulla panchina, mentre il mio sguardo vagava senza una meta precisa.

«Forse avrei dovuto chie... No, Neanche morta»sussurrai tra me e me ripensando «Non è colpa mia» rimasi lì per almeno un quarto d’ora, in attesa di qualcosa...

Qualcosa -o qualcuno- con un carattere insistente e ossessivo, ma con un sorrido decisamente affascinante.

 

Passai la settimana a lavorare, come se nulla fosse, ma anche il sabato mattina successivo tornai al parco. Lui non si fece vedere. Continuavo a ripetermi che non dovevo farmi condizionare da quel ragazzo, ma non riuscivo a togliermi dalla mente il suo sguardo poco prima di andarsene.

«Jihyun...» esordii mentre apparecchiavo la tavola.

«Si?»

«Io... Devo chiederti un consiglio» mormorai all’improvviso. Lei si girò, il mestolo in una mano e il sguardo incuriosito.

«Certo... Parla...» Dovevo forse inventarmi una storia a parte? Avrei dovuto lasciar perdere? Però infondo non ci avrei perso nulla, e lei era una mia amica...

«C’è questo ragazzo...»

«...Ti piace?!» esclamò immediatamente.

«NO! Fammi finire! Lui ha sentito una mia conversazione con le segretarie di mio padre... io mi sono inventata una scusa convinta che, insomma, non capisse l’inglese... Ma invece lo sa benissimo, e se n’è andato» mi fermai per un attimo, sedendomi su una delle sedie attorno al tavolo. «Mi sa che l’ho... deluso? Non lo so nemmeno io. Forse si aspettava che gli spiegassi la mia situazione però, insomma, l’ho appena conosciuto! E poi ora non riesco a togliermi questa strana sensazione dallo stomaco che-»

«Da come ne parli... Sembra che tu a questo ragazzo ci tenga, o comunque lo consideri degno di nota, visto che è la prima volta che ti preoccupi così per qualcuno» si sedette davanti a me, mentre l’acqua per la pasta bolliva «Dovresti parlargli. Spiegargli che non era tua intenzione ferirlo»

«Non ho nemmeno il suo numero di cellulare!»

«Va a casa sua, no? Saprai dove abita se ti ha portato a casa!»

«I-Io non ho mica detto che è lo stesso ragazzo!» replicai sbarrando gli occhi.

«Beh, te lo si legge in faccia che è lo stesso dell’altra volta. L’hai portato via dal bar solo perché avevi paura che ci parlassi, deve essere una persona importante!» decretò rialzandosi.

«Co-»

«Erin, quando imparerai che sono un ottima osservatrice? Forza, gli spaghetti sono quasi pronti!»

 

 

L’avevo fatto davvero, alla fine. Andare a casa sua, intendo. Avevo solo dovuto girare qualche minuto prima di ritrovare la strada che poi mi avrebbe portato dritto dritto davanti al condominio.

Se Jihyun mi avesse visto in quel momento, si sarebbe sicuramente lasciata andare a una risata. Probabilmente, con il suo consiglio, non pensava davvero di condizionarmi.

Passate le porte di vetro, camminai velocemente attraverso l’ingresso elegante e mi diressi verso l’ascensore. Spinsi il bottone del 4° piano e in pochi attimi mi ritrovai nel corridoio in cui ero stata poche settimane prima.

«Probabilmente non sarà in casa...» sussurrai tra me e me suonando il campanello. «...Appunto» aggiunsi senza udire nessun suono al di là della porta.

Mi appoggiai al muro, chiudendo gli occhi. Era meglio aspettare o andarsene? Non sapevo nulla dei loro impegni, e telefonare a Jihyun per sapere  dov’erano ora -ero sicura che lei lo sapesse, le fan sanno sempre tutto, no?- mi sembrava come minimo sospettoso. Sbuffai, sistemandomi la borsa sulle spalle. Stavo quasi per andarmene, quando l’ascensore si aprì, e gli SHINee al completo uscirono, ridendo a una battuta che probabilmente qualcuno di loro aveva detto pochi attimi prima. Quello alto fu il primo a notarmi, poi seguirono tutti gli altri.

«...Erin! Che ci fai qui?» esclamò Onew avvicinandosi. I quattro ragazzi dietro di lui ci guardavano in silenzio, curiosi.

«Io...» le parole non riuscivano ad uscire dalla mia bocca a causa dei ragazzi, che mi fissavano ininterrottamente. Onew lo capì subito e, salutati i ragazzi, mi prese per mano, infilandosi dentro l’ascensore. Osservai silenziosa le nostre mani, incapace di emettere anche solo un suono.

«Oh... Scusa» mormorò allontanando la sua mano una volta notato il mio sguardo.

«Ecco, che mi volevi dire?» mi chiese sedendosi sulla panchina del piccolo giardino dietro il condominio. Mi sedetti anch’io, osservandolo distrattamente. Aveva probabilmente registrato una puntata per qualcosa, visto i capelli perfetti e i resti di un leggero fondotinta sul viso. I suoi occhi brillavano di curiosità, le sue labbra erano curve in uno dei suoi soliti sorrisi.

Non sembrava arrabbiato con me.

«Ecco, io... quella volta, quando...» distolsi lo sguardo dal su viso, puntandolo per terra. Più concentrata, decisi di continuare «Ok, te lo dirò una volta e basta: mi dispiace se ti ho fatto arrabbiare quella volta al parco. Pensavo... Ecco, non volevo raccontarti quello che avevo lasciato in America»  mi alzai in piedi, ma le mie gambe si rifiutavano di allontanarsi anche solo un centimetro.

«Erin… Sei incredibile!» esclamò dopo qualche attimo, iniziando a ridere a crepapelle «Pensavi che fossi arrabbiato? Ti conosco abbastanza da non prendermela quando m’insulti o mi nascondi qualcosa!»

«Messa così sembro... Una stronza» borbottai infastidita dalle sue risate.

«Non lo sei, tranquilla. Ci vai vicino, però»

«Tu si che sai sollevare il morale alla gente! Me ne vado!» dichiarai offesa. Non feci in tempo a girarmi che la sua mano raggiunse il mio polso, fermandomi.

«Scusa, scusa! Avrai freddo, che ne dici di andare a prendere un caffè in un bar?» propose alzandosi a sua volta.

«Potrebbero scoprirti» mormorai guardandolo negli occhi.

«No, fidati. Abbiamo i nostri trucchi! Vieni, cinque minuti e usciamo»

 

Fissai diffidente il ragazzo che mi stava davanti. Era davvero Onew, quello lì?

I soliti pantaloni attillati avevano lasciato il posto a dei pantaloni larghi e a vita bassa, mentre una felpa dei Muse e un piumino nero gli coprivano il torso. Ai piedi aveva un paio di sneakers e un cappello era calato sui capelli. Mi sorrideva trionfante, osservando la mia espressione scioccata. Respinsi un moto di orgoglio quando vidi la felpa –forse qualcosa in comune avevamo!- e mormorai:

«Uhm... Penso tu abbia ragione. Faccio fatica a riconoscerti»

«Te l’avevo detto! Andiamo!» disse mettendosi un paio di occhiali posticci.

 

 

«...Quindi questa ha iniziato a provarci con Taemin, ma aveva al massimo 13 anni, e puoi capire che...» seduti in un tavolino ascoltavo Onew, intento a raccontare i fatti più strani mai capitati al suo gruppo. Ogni tanto prendevo un sorso di cioccolata calda, altre volte lanciavo uno sguardo verso la vetrata poco lontano da noi, osservando la strada pressoché deserta. Non parlavo io, come al solito, ma mi andava bene così: parlare non era il mio forte ed era quasi piacevole ascoltarlo.

Un ora e due cioccolate calde dopo, era ancora lì a parlare.

«...Poi c’è stata una volta in cui Jonghyun e Minho si sono quasi picchiati per una ragazza e io sono dovuto intervenire perché-»

«Più che un gruppo mi sembra una famiglia!» lo interruppi appoggiando la tazza sul tavolino «Aspetta, com’è che mi diceva Jihyun...? Quello con il senso della moda sotto sopra, che oggi portava le scarpe gialle-»

«Kibum, ma tutti lo chiamano Key»

«Ecco, Key era la mamma… Tu eri il padre mi pare… Il piccolino-»

«Taemin»

«Taemin il figlio!» esclamai alla fine «O almeno credo fosse così... Forse in effetti...»

«Key è la mamma, Jonghyun il padre; tutti gli altri sono i figli» disse un’altra voce.

La voce non era di Onew.

 

-

 

Note dell’autore

Rieccomi!

Personalmente questo capitolo mi piace un sacco, perché Erin inizia a riconsiderare Onew, anche se la strada è lunga! è_é  

Di chi sarà la voce? Tadadadaaaaan (dovrebbe essere una canzoncina lol)

p.s. Avete visto ieri sera i Big Bang? Erano così belli mentre ricevevano il premio *__*

---

Shinee: Grazie *_* sono contenta che ti piaccia!

Too Fast To Live: Grazie anche  a te! :3 Erin sta avendo successo a quanto vedo! XD Lo studio mi sta uccidendo, spero di aggiornare più velocemente!
  
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