Autore: FunnyBunny
Pairing: Onew/OC
Capitoli: 5/?
Desclaimer: Gli
SHINee non mi appartengono ma Key sì
This is so much like us,
We fight like we’ll never see each other again
And then become mixed in the soap called love,
Suddenly, all the animosity disappear.
We fight a hundred times,
And our hearts break a hundred times,
But like tangled pieces of string
Our love can’t be pulled apart.
Love’s
Way – SHINee
Dopo
quella giornata, non incontrai più Onew per almeno
due settimane, non che me ne fregasse qualcosa, sia chiaro. Jihyun
continuava a
parlare di tutte le loro performance e di quanto fosse bella la nuova
canzone,
“Hello”, quindi immaginavo che fosse troppo
impegnato anche per rompermi le
scatole.
«Per
caso...»
esordì una mattina Jihyun mentre mi versava il
caffè nella tazzina «Il ragazzo
che ti piace e che ti portò a casa... è lo stesso
che ora è seduto laggiù su
quella sedia? Ti sta guardando da un po’, ed è lo
stesso che pensavo ti stesse
importunando quella volta»
Deglutii,
cercando di mantenere un’espressione
indifferente. Mi girai appena, visualizzando la persona di cui parlava
Jihyun. Pantaloni
della tuta neri, felpa grigia e il cappuccio tirato su fino a coprire
praticamente gli occhi... Sì, era senza dubbio Onew.
«Ho
indovinato, vero? Forza, fammelo conoscere!»
sussurrò tutta eccitata.
Neanche
morta.
«Non
oggi. E poi non mi piace, è solo un deficiente con
atteggiamenti da stalker» dichiarai. Portai la tazzina di
caffè alla bocca e
ingoiai tutto in contenuto, scottandomi come una scena. Mi alzai, mi
misi il
giubbotto -ormai era metà ottobre, e il freddo iniziava a
sentirsi- e mi avviai
verso l’uscita.
«Muoviti
ed esci»
sussurrai una volta arrivata di fianco a lui «Sta
venendo da te per conoscerti perché pensa che tu
sia il mio fidanzato o robe del genere. Non oso immaginare la sua
reazione se
ti vedesse» sibilai squadrandolo impazientemente. Lui
annuì, e dopo aver
lasciato il conto sul tavolo mi seguì, senza dire nulla.
«Potresti
evitare di farti scoprire, grazie? Se proprio
vuoi venire al bar fallo con discrezione!» mi lamentai mentre
mi circondavo il
collo con una sciarpa.
«Scusa!
Facciamo un giro?» chiese mettendosi le mani in
tasca e iniziando a camminare.
«Non
hai nulla da fare?!»
«Avrei
anche troppe cose da fare, è quello il punto...
Grazie a Dio ho una mattinata libera e avevo voglia di ascoltare le
lamentele
di una certa ragazza»
esclamò
ridacchiando. Rimasi leggermente stupida da quello che aveva detto, ma
decisi di
stare al gioco.
«Beh,
questa ragazza non ne ha voglia»
«Ma
io sì!» afferrò il mio polso, girando
all’improvviso a destra, in una strada secondaria. Pochi
attimi dopo ci
ritrovammo nello stesso parco in cui c’eravamo incontrati la
prima volta.
«Scorciatoia» mormorò girandosi verso di
me.
«Me
n’ero ac-» fui interrotta dal suono improvviso del
mio cellulare, che iniziò a vibrare nella tasca della mia
borsa. «Aspetta un
attimo... Ah, eccole di nuovo» sussurrai osservando il
display.
«Vuoi
che mi allontani?»
«No,
fa lo stesso. Ci metterò poco» poi sospirai,
premendo il tasto verde.
«Pronto?»
«Che
vuoi ancora?»
«Tua
padre pensa che il gioco sia durato abbastanza, 3
mesi sono tanti. È ora di tornare in America e
pren-»
«Senti,
puoi gentilmente riferire a mio padre di andare
al diavolo e smetterla di insistere?! Siamo tutti più
contenti se sto qui in
Corea, no? E smettete di chiamarmi ogni cazzo di settimana, siete
strettanti,
tu e le altre segretarie!»
chiusi
la chiamata, poi mi sedetti a fianco ad Onew, che nel frattempo si era
appoggiato all’albero. Grazie a dio non sapeva
l’inglese, non sarei stata
capace di spiegargli l’accaduto.
«Chi
era?»
«Un’amica
con cui ho litigato... quando ero in America»
mentii sul momento. In silenzio, anche lui si abbassò al mio
livello, sedendosi
accanto a me. Nessuno disse nulla per qualche minuto, finché
lui puntò lo
sguardo verso di me.
«Sai,
a scuola avevo i voti più alti dell’istituto in
inglese» disse semplicemente.
Ah.
Colta
in flagrante, rimasi in silenzio. «Però se non ne
vuoi parlare va bene, non ti costringo. Potresti evitare di mentirmi su
ogni singola
cosa, però» aggiunse poi, evitando il mio sguardo.
«Io-»
«Scusa,
fra 3 ore abbiamo una registrazione di un
programma e mi devo ancora preparare. Ci vediamo, Erin» si
alzò e, con senza
voltarsi, si allontanò agitando la sua mano.
«Sono
proprio una deficiente...» sussurrai.
Domenica
mi svegliai tardi ma, nonostante le tante ore
di sonno, mi sentivo ancora esausta e stanca. Fuori aveva appena smesso
di
piovere, e le poche persone che si avventuravano per strada erano
coperte da
giacconi e sciarpe. Era tanto che non mi facevo una giornata
fotografiamo-tutto-e-tutti, pensai, qualche scatto mi farà
bene. Uscii di casa
un quarto d’ora dopo, macchina fotografica in mano e
cappuccio calato sul viso.
Mi
piaceva scattare foto in giro per la città, e
l’atmosfera che vi era quella mattina era perfetta. Il cielo
plumbeo e il
cemento bagnato rendevano la città più cupa del
solito, molte insegne erano
spente e i visi grigi delle persone sembravano esprimere tristezza
qualunque
cosa facessero.
Feci
parecchi scatti girovagando per le vie della
città, finché, dopo quasi un’oretta,
non mi ritrovai davanti al parco in cui
ero stata con Onew solo il giorno prima. Rimasi ferma proprio davanti
all’entrata, fissando il parco completamente vuoto. Non
capivo come fossi
arrivata in quel posto, ma decisi che una piccola pausa avrebbe giovato
alle
mie gambe. Appoggiai la reflex accanto a me sulla panchina, mentre il
mio
sguardo vagava senza una meta precisa.
«Forse
avrei dovuto chie... No, Neanche morta»sussurrai
tra me e me ripensando «Non è colpa mia»
rimasi lì per almeno un quarto d’ora,
in attesa di qualcosa...
Qualcosa
-o qualcuno- con un carattere insistente e
ossessivo, ma con un sorrido decisamente affascinante.
Passai
la settimana a lavorare, come se nulla fosse, ma
anche il sabato mattina successivo tornai al parco. Lui non si fece
vedere.
Continuavo a ripetermi che non dovevo farmi condizionare da quel
ragazzo, ma
non riuscivo a togliermi dalla mente il suo sguardo poco prima di
andarsene.
«Jihyun...»
esordii mentre apparecchiavo la tavola.
«Si?»
«Io...
Devo chiederti un consiglio» mormorai
all’improvviso. Lei si girò, il mestolo in una
mano e il sguardo incuriosito.
«Certo...
Parla...» Dovevo forse inventarmi una storia
a parte? Avrei dovuto lasciar perdere? Però infondo non ci
avrei perso nulla, e
lei era una mia amica...
«C’è
questo ragazzo...»
«...Ti
piace?!» esclamò immediatamente.
«NO!
Fammi finire! Lui ha sentito una mia conversazione
con le segretarie di mio padre... io mi sono inventata una scusa
convinta che,
insomma, non capisse l’inglese... Ma invece lo sa benissimo,
e se n’è andato»
mi fermai per un attimo, sedendomi su una delle sedie attorno al
tavolo. «Mi sa
che l’ho... deluso? Non lo so nemmeno io. Forse si aspettava
che gli spiegassi
la mia situazione però, insomma, l’ho appena
conosciuto! E poi ora non riesco a
togliermi questa strana sensazione dallo stomaco che-»
«Da
come ne parli... Sembra che tu a questo ragazzo ci
tenga, o comunque lo consideri degno di nota, visto che è la
prima volta che ti
preoccupi così per qualcuno» si sedette davanti a
me, mentre l’acqua per la
pasta bolliva «Dovresti parlargli. Spiegargli che non era tua
intenzione
ferirlo»
«Non
ho nemmeno il suo numero di cellulare!»
«Va
a casa sua, no? Saprai dove abita se ti ha portato
a casa!»
«I-Io
non ho mica detto che è lo stesso ragazzo!»
replicai sbarrando gli occhi.
«Beh,
te lo si legge in faccia che è lo stesso
dell’altra volta. L’hai portato via dal bar solo
perché avevi paura che ci
parlassi, deve essere una persona importante!»
decretò rialzandosi.
«Co-»
«Erin,
quando imparerai che sono un ottima
osservatrice? Forza, gli spaghetti sono quasi pronti!»
L’avevo
fatto davvero, alla fine. Andare a casa sua,
intendo. Avevo solo dovuto girare qualche minuto prima di ritrovare la
strada
che poi mi avrebbe portato dritto dritto davanti al condominio.
Se
Jihyun mi avesse visto in quel momento, si sarebbe
sicuramente lasciata andare a una risata. Probabilmente, con il suo
consiglio,
non pensava davvero di condizionarmi.
Passate
le porte di vetro, camminai velocemente
attraverso l’ingresso elegante e mi diressi verso
l’ascensore. Spinsi il
bottone del 4° piano e in pochi attimi mi ritrovai nel
corridoio in cui ero
stata poche settimane prima.
«Probabilmente
non sarà in casa...» sussurrai tra me e
me suonando il campanello. «...Appunto» aggiunsi
senza udire nessun suono al di
là della porta.
Mi
appoggiai al muro, chiudendo gli occhi. Era meglio
aspettare o andarsene? Non sapevo nulla dei loro impegni, e telefonare
a Jihyun
per sapere dov’erano
ora -ero sicura che
lei lo sapesse, le fan sanno sempre tutto,
no?- mi sembrava come minimo sospettoso. Sbuffai, sistemandomi la borsa
sulle
spalle. Stavo quasi per andarmene, quando l’ascensore si
aprì, e gli SHINee al
completo uscirono, ridendo a una battuta che probabilmente qualcuno di
loro
aveva detto pochi attimi prima. Quello alto fu il primo a notarmi, poi
seguirono tutti gli altri.
«...Erin!
Che ci fai qui?» esclamò Onew avvicinandosi.
I quattro ragazzi dietro di lui ci guardavano in silenzio, curiosi.
«Io...»
le parole non riuscivano ad uscire dalla mia
bocca a causa dei ragazzi, che mi fissavano ininterrottamente. Onew lo
capì
subito e, salutati i ragazzi, mi prese per mano, infilandosi dentro
l’ascensore.
Osservai silenziosa le nostre mani, incapace di emettere anche solo un
suono.
«Oh...
Scusa» mormorò allontanando la sua mano una
volta notato il mio sguardo.
«Ecco,
che mi volevi dire?» mi chiese sedendosi sulla
panchina del piccolo giardino dietro il condominio. Mi sedetti
anch’io,
osservandolo distrattamente. Aveva probabilmente registrato una puntata
per
qualcosa, visto i capelli perfetti e i resti di un leggero fondotinta
sul viso.
I suoi occhi brillavano di curiosità, le sue labbra erano
curve in uno dei suoi
soliti sorrisi.
Non
sembrava arrabbiato con me.
«Ecco,
io... quella volta, quando...» distolsi lo
sguardo dal su viso, puntandolo per terra. Più concentrata,
decisi di
continuare «Ok, te lo dirò una volta e basta: mi
dispiace se ti ho fatto arrabbiare
quella volta al parco. Pensavo... Ecco, non volevo raccontarti quello
che avevo
lasciato in America» mi
alzai in piedi,
ma le mie gambe si rifiutavano di allontanarsi anche solo un
centimetro.
«Erin…
Sei incredibile!» esclamò dopo qualche attimo,
iniziando
a ridere a crepapelle «Pensavi che fossi arrabbiato? Ti
conosco abbastanza da
non prendermela quando m’insulti o mi nascondi
qualcosa!»
«Messa
così sembro... Una stronza»
borbottai infastidita dalle sue risate.
«Non
lo sei, tranquilla. Ci vai vicino, però»
«Tu
si che sai sollevare il morale alla gente! Me ne
vado!» dichiarai offesa. Non feci in tempo a girarmi che la
sua mano raggiunse
il mio polso, fermandomi.
«Scusa,
scusa! Avrai freddo, che ne dici di andare a
prendere un caffè in un bar?» propose alzandosi a
sua volta.
«Potrebbero
scoprirti» mormorai guardandolo negli occhi.
«No,
fidati. Abbiamo i nostri trucchi! Vieni, cinque
minuti e usciamo»
Fissai
diffidente il ragazzo che mi stava davanti. Era
davvero Onew, quello lì?
I
soliti pantaloni attillati avevano lasciato il posto
a dei pantaloni larghi e a vita bassa, mentre una felpa dei Muse e un
piumino
nero gli coprivano il torso. Ai piedi aveva un paio di sneakers e un
cappello
era calato sui capelli. Mi sorrideva trionfante, osservando la mia
espressione
scioccata. Respinsi un moto di orgoglio quando vidi la felpa
–forse qualcosa in
comune avevamo!- e mormorai:
«Uhm...
Penso tu abbia ragione. Faccio fatica a
riconoscerti»
«Te
l’avevo detto! Andiamo!» disse mettendosi un paio
di occhiali posticci.
«...Quindi
questa ha iniziato a provarci con Taemin, ma
aveva al massimo 13 anni, e puoi capire che...» seduti in un
tavolino ascoltavo
Onew, intento a raccontare i fatti più strani mai capitati
al suo gruppo. Ogni
tanto prendevo un sorso di cioccolata calda, altre volte lanciavo uno
sguardo
verso la vetrata poco lontano da noi, osservando la strada
pressoché deserta. Non
parlavo io, come al solito, ma mi andava bene così: parlare
non era il mio
forte ed era quasi piacevole ascoltarlo.
Un
ora e due cioccolate calde dopo, era ancora lì a
parlare.
«...Poi
c’è stata una volta in cui Jonghyun e Minho si
sono quasi picchiati per una ragazza e io sono dovuto intervenire
perché-»
«Più
che un gruppo mi sembra una famiglia!» lo
interruppi appoggiando la tazza sul tavolino «Aspetta,
com’è che mi diceva Jihyun...?
Quello con il senso della moda sotto sopra, che oggi portava le scarpe
gialle-»
«Kibum,
ma tutti lo chiamano Key»
«Ecco,
Key era la mamma… Tu eri il padre mi pare… Il
piccolino-»
«Taemin»
«Taemin
il figlio!» esclamai alla fine «O almeno credo
fosse così... Forse in effetti...»
«Key
è la mamma, Jonghyun il padre; tutti gli altri
sono i figli» disse un’altra voce.
La
voce non era di Onew.
-
Note
dell’autore
Rieccomi!
Personalmente
questo capitolo mi piace un sacco, perché
Erin inizia a riconsiderare Onew, anche se la strada è
lunga! è_é
Di
chi sarà la voce? Tadadadaaaaan (dovrebbe essere una
canzoncina lol)
p.s.
Avete visto ieri sera i Big Bang? Erano così belli
mentre ricevevano il premio *__*
---
Shinee:
Grazie *_* sono contenta che ti piaccia!