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Autore: Madapple    07/07/2006    1 recensioni
[ EDIT: pubblicata nel 2006 con il nickname Arcadia_Lovegood ]
E' la prima fanfiction che ho scritto su Harry Potter ed è una trama tutta mia che mi venne in mente qualche tempo fa e che ho scritto man mano che macinavo idee... la trama è più o meno questa: l'arrivo di una nuova ragazza ad Hogwarts sconvolge la vita del Trio, dando vita ad enigmi, dubbi, perplessità... e portando addirittura ad un presagio di morte.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Draco Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun contesto
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ATTENZIONE! questo capitolo è leggermente a sfondo Auror (del resto è la "mia natura" ^^)... quindi qualsiasi sostenitore di diversa ship non deve prendersela a male XD ...scherzo, ovviamente ^^ ma è meglio avvertire... Buona Lettura!

Le lezioni sarebbero riprese l’indomani.

Erano le nove di sera ed Harry, tremante dal freddo e non solo, se ne stava accucciato accanto al camino, accarezzando la sua adorata Edvige e chiedendole cosa avrebbe potuto fare per restare illeso da quello che sarebbe stato uno scontro importante.

- Cosa faresti al mio posto? – le chiese, consapevole che la bianca civetta non avrebbe potuto fare altro che chinare il capo verso la sua mano e strofinare il suo piumaggio candido contro la pelle del suo padrone.

Harry le sorrise e per un attimo riuscì a sentirsi davvero sereno.

In quel momento, Hermione arrivò in Sala Comune per prendere un libro che aveva lasciato distrattamente tra quelli di Neville e vide il suo amico afflitto dai pensieri.

- Credevo fossi andato in Sala Grande – chiese la Granger, stupita di vedere l’amico lì, da solo – Pensavo avessi raggiunto gli altri al Torneo di Scacchi dei Maghi che hanno organizzato qualche giorno fa. Sono arrivati alla finale e indovina…? Ron è tra i finalisti. Non so con chi giocherà, ma mi ha chiesto di esserci e vorrebbe che ci fossi anche tu.

Harry sospirò. Non gli andava di starsene seduto a guardare una partita che nemmeno l’avrebbe coinvolto. Nonostante a gareggiare ci fosse il suo migliore amico, in quel momento aveva ben altre cose per la testa che un frivolo torneo di scacchi.

Se ci fosse andato, avrebbe finto di divertirsi e se pure ci fosse riuscito, avrebbe sicuramente rovinato un momento di spensieratezza degli altri.

"Meglio starmene qui" pensò "Non ho voglia di vedere gente, adesso".

- Non mi va – rispose quindi ad Hermione – Non mi va…

Lei lo guardò per qualche minuto, ma Potter non si voltò ad incrociare il suo sguardo.

Hermione si sedette accanto all’amico, raggomitolandosi sul pavimento.

Harry non poté fare a meno di incrociare il suo sguardo stavolta, abbozzando un sorriso.

Il fuoco del camino illuminava i loro volti, riflettendo le fiamme auree nei loro occhi come piume di fenice al vento.

Hermione si portò i capelli su un lato del collo e si inumidì le labbra.

- A cosa stai pensando? – chiese all’amico.

Harry fece spallucce – A niente in particolare. Potrei sembrarti alquanto noioso se te lo dicessi.

- Non saresti mai noioso per me, Harry – fece notare la Granger.

Potter le sorrise – E’ tempo che mi arrenda al destino. Combattere a cosa servirebbe? Credo a niente.

- Non dire così! – esclamò Hermione – Non voglio che tu lo ripeta!

- Cosa!? – chiese Harry, piuttosto esterrefatto.

Hermione si morse il labbro inferiore e chinò il capo dal lato opposto a quello di Potter – Non voglio che ti arrendi… non è da te.

Harry rimase in silenzio.

Ciò fece istintivamente alzare la ragazza in piedi. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori. La neve cominciò a cadere nuovamente, anche se a piccoli fiocchi informi.

- Non saresti più il ragazzo che conosco, quello che non si lascia abbattere dalle avversità, quello che a testa alta affronta i problemi sfoggiando un coraggio e una determinazione pari a pochissimi altri.

Quelle parole pronunciate piano dalla Granger, fecero capire ad Harry quanto lei ci tenesse a lui.

Lo stimava sul serio. Soffriva e gioiva per lui e con lui.

Sapeva che il loro legame era speciale. Del resto anche quello con Ron lo era, ma adesso dov’era Weasley?

Ad una partita di scacchi.

Ed Hermione?

Lei gli stava accanto. Stava rinunciando al divertimento. Si stava perdendo un momento di ritrovo di tutti gli studenti, spensierato e

divertente. Stupido, forse, ma certamente di gran lunga meno triste di un ragazzo ormai dedito a rivolgere a sé stesso domande pessimistiche sul suo destino.

Per la prima volta in tutti quegli anni di amicizia, Harry si rese conto che le voleva bene, anche più di quanto ne volesse a Ron.

Si alzò, quindi, anch’egli per raggiungerla alla finestra, ma Hermione si voltò prima che potesse farlo.

Lo guardò negli occhi: non sorrideva, non piangeva, non trasmetteva alcun sentimento.

Un’espressione vuota, come se Hermione fosse assente. Come se stesse scrutando il nulla.

Harry fece un passo verso di lei. Sentiva i bottoni della camicia stringergli il collo e sudava tra i palmi delle mani, che continuava a sfregare sul retro dei jeans.

E poi, Hermione avanzò velocemente verso di lui, insinuando le sue esili braccia tra quelle di Harry e stringendolo in un caldo abbraccio.

Lì per lì, il giovane Potter rimase immobile, credendo di vedere una realtà diversa da quella effettiva, ma poi si accorse che stava accadendo: la sua migliore amica lo stava abbracciando come non aveva mai fatto, in un modo ben diverso dalle altre volte.

Ricambiò. Non poteva fare altrimenti.

Hermione, dentro sé, sapeva che probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe toccato, sfiorato, sentito…

Cercò di memorizzare ogni curva del suo corpo.

Cercò di ricordarne ogni sensazione, ogni attimo.

Qualcosa stava accadendo quella sera, ma evidentemente non doveva essere abbastanza forte da permettere ai due di capirne le conseguenze.

Infatti, Hermione si allontanò di scatto da Harry, guardandolo in quegli occhi così vicini ai suoi e tanto profondi da sembrare come il mare.

Harry istintivamente, imbarazzato come non mai, le sorrise.

Lei ricambiò – Promettimi che non ti darai mai per vinto.

- Lo prometto – disse Harry, cercando di essere convincente solo per lei.

Le guance di Hermione arrossirono improvvisamente al suono di quelle parole.

- Perché… ehm… – cominciò Harry tentando di cambiare argomento il più in fretta possibile - …perché non vai dagli altri? So che ti piacerebbe esserci.

Hermione annuì – Non ti dispiace se vado?

- Tranquilla, a Ron farà piacere vederti lì – rispose lui – Fallo per Ron.

La Granger rise lievemente – Già… per Ron – ripeté, con espressione quasi delusa. Quelle parole non erano forse ciò che si aspettava che Harry dicesse?

Potter, però, non si accorse di nulla.

La ragazza scomparve dopo l’uscita che della Sala Comune di Grifondoro porta ai corridoi della scuola, lasciando Harry nuovamente da solo con sé stesso.

Quello che era appena avvenuto tra lui ed Hermione venne spazzato via dagli ormai onnipresenti pensieri che aveva per l’incontro che lo attendeva con Voldemort e ad Harry questo dispiacque tanto.

Al volto di Voldemort, simile ad un serpente squamoso e viscido, preferiva di gran lunga gli occhi castani e i capelli vaporosi della sua amica.

Le dieci e trenta.

Gli studenti tornarono in Sala Comune, trascinandosi assonnati verso i Dormitori, quasi incuranti di Harry, che sveglio sedeva sul divano e guardava il soffitto.

La stanchezza, però, prese il sopravvento.

Harry si addormentò profondamente dopo qualche minuto, sognando di quella volta al cimitero dei Riddle.

Ma stavolta non c’era Cedric Diggory con lui, ma Hermione… la statua alle sue spalle aveva il volto di Piton.

E Voldemort non era tra le braccia di Codaliscia, ma di Parker.

Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato rideva insieme alla ragazza, che vestita di sottili veli di seta nera, volteggiava lasciandoli ondeggiare nell’aria fredda.

La statua con il volto di Piton cominciò a muoversi.

Harry stava in piedi accanto ad Hermione, che sembrava aver perso conoscenza.

Si avvicinò a lei, la chiamava.

- Hermione! – urlava – Hermione!

E poi la Granger prese le sembianze di Ron.

Il ragazzo teneva un alfiere tra le mani e perdeva sangue dalla testa.

- Ron! – urlò ancora Potter, confuso da quei cambiamenti che solo nei sogni avvengono.

Intanto, Voldemort continuava a ridere. Rideva e provava piacere nel vederlo stare male per i suoi amici.

Al momento, però, ad Harry importava solo di loro.

E così, Ron riprese le sembianze di Hermione, nuovamente priva di conoscenza.

- Hermione! – la chiamò Potter.

La Granger aprì gli occhi di scatto, accompagnando il tutto da un urlo spaventoso, che fece svegliare Harry da quel sogno orribile.

Aveva il respiro affannoso, era impaurito, gli venne la nausea.

Riuscì a calmarsi solo dopo qualche minuto.

Il fuoco del camino era spento e faceva piuttosto freddo, ma un vero brivido venne ad Harry quando udì nuovamente quell’urlo di ragazza provenire dall’esterno.

Stavolta non era un sogno. Qualcuno stava urlando.

"Hermione?" pensò. Fu il primo nome che gli venne in mente.

Armato di bacchetta, Harry scese le scale del castello, seguendo il rumore assordante di quell’urlo.

"Perché nessuno viene a controllare?" si chiese stupito.

In effetti, nessuno sembrava aver udito quelle urla di ragazza.

E poi vide una figura adulta seduta in corridoio, con la testa rivolta da un lato.

Si avvicinò cautamente. Poteva essere chiunque.

Fortunatamente, si trattava solo di Gazza.

Harry gli si avvicinò – Cos’è successo? – chiese, ma non ebbe risposta.

Gazza era immobile, senza vita.

Credeva fosse morto. Ebbe paura.

Ed, invece, Gazza era solo addormentato, privo di conoscenza come se fosse in coma.

Harry capì che nessuno udiva le urla, perché tutti erano sotto l’effetto di qualche incantesimo.

"Stanno tutti dormendo" osservò, ormai certo che fosse così.

Le urla non cessavano ed Harry riuscì a carpirne la provenienza.

Non gli sembrò tanto scontato.

Il Club Dei Duellanti.

La profezia si stava compiendo.

La paura fece spazio al coraggio e così Potter si avviò con passo deciso verso il suo nemico.

Aveva davanti a sé l’enorme portone del Club e doveva solo spingerlo.

Spingerlo ed entrare.

Un gesto tanto facile, ma al contempo così rischioso da bloccarne l’azione.

Harry fece un gran sospiro, chiudendo gli occhi e ripensando alle parole della sua amica Hermione.

- Promettimi che non ti darai mai per vinto – gli aveva fatto promettere.

Promettimi che non ti darai mai per vinto… queste parole riecheggiavano nella sua mente, così come adesso stavano facendo quelle urla.

"L’ho promesso" si disse "Ed io mantengo sempre ciò che prometto".

Strinse gli occhi, come impaurito da ciò che avrebbe visto se avesse spinto il portone ad occhi aperti ed entrò lasciandolo chiudersi alle sue

spalle. Era dentro.

Aprì gli occhi e nello stesso istante le urla cessarono.

La stanza era vuota, completamente normale.

Nessuna strana ombra, nessuna luce particolare.

Niente di niente.

Tutto sembrava al suo posto, ma così non era. No.

Prontamente, qualcuno disintegrò quella normalità, manifestandosi davanti agli occhi di Harry in tutta la sua malvagità.

Finalmente Voldemort era arrivato.

Aveva lo stesso aspetto cupo, tetro… lo stesso aspetto di quella sera al cimitero o di quella volta al Ministero della Magia.

Negli occhi, vibrava ancora il fuoco della vendetta e intorno a lui l’aura del male ondeggiava come la spuma del mare quando le onde sbattono sulla scogliera.

Che essere terrificante era mai quello?

Harry per un istante ne ebbe paura, ma poi si disse che non doveva averne. L’aveva già sconfitto altre volte e una di queste gli aveva procurato un marchio indelebile.

Il suo destino stava per compiersi quella notte e avere paura non avrebbe cambiato le cose.

Voldemort teneva la testa alta e guardava Potter dritto negli occhi, inquietandolo – Harry Potter! – disse poi a gran voce – Rivederti è sempre un piacere, perché ogni volta potrebbe essere quella giusta per ucciderti!

Harry ingoiò frettolosamente – Sono qui, avanti! Non ho paura di te!

- Perché hai tutta questa fretta di morire? Non ti sei chiesto come abbia ingannato tutti? Non hai curiosità di sapere chi fosse la ragazza che stava urlando?

Potter non rispose.

- Te lo dico lo stesso – continuò Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

- Non mi importa! – urlò Harry.

- Neanche se ti dicessi che ad urlare era la tua sciocca e insulsa madre babbana, Harry!?!! – urlò Voldemort.

Un tuffo al cuore. Ecco cosa prese Harry al sentire quelle parole.

Aveva riprodotto le urla della madre per tutta Hogwarts, probabilmente per attirarlo a sé, consapevole che sarebbe corso immediatamente.

Quelle urla dovevano essere le stesse che la madre lanciò quella notte, prima che fosse uccisa.

Gli venne da piangere. Una lacrima gli rigò il volto, pensando a sua madre.

- Cosa c’è, Harry? Piangi…! – chiese Voldemort, con disprezzo.

Potter stringeva la sua bacchetta. L’istinto lo spinse ad agire.

- Expelliarmus! – urlò con tutta la rabbia che aveva in copro, ma il Signore Oscuro schivò il colpo facilmente.

- Sai fare di meglio, Potter – disse ridendo – Prendi me, ad esempio.

Sollevò la bacchetta e lanciò verso Harry la Maledizione Cruciatus, centrando in pieno il suo bersaglio.

Il dolore fece accasciare Potter al suolo, urlando più che poteva, come a sperare che le grida potessero scacciare via quell’agonia.

Furono minuti interminabili.

Finalmente, Voldemort lasciò la presa proprio mentre Harry pensò di non farcela a sopportare oltre.

Riprese fiato affannosamente, tossendo quando l’aria iniziava a mancargli e tentando di rialzarsi per affrontare il suo nemico guardandolo negli occhi.

- Harry, quanto sei ingenuo! – esclamò Voldemort – Eppure sapevi che sarei venuto qui… perché non ti sei allenato? – chiese sarcasticamente.

- Io… è vero… lo sapevo – rispose Harry, tremante dal dolore – Come fai a… saperlo?

Voldemort sembrò sorpreso da quella domanda. Gli girava intorno come fa un falco prima di colpire la sua preda – Lo so, Harry, perché sei stato tu ad aprirmi le porte per Hogwarts. Trovare tutti qui, dormienti… che

magnifica idea. Quasi lodevole – osservò – In questo modo, ti ucciderò senza che nessuno possa intromettersi!

- Expelliarmus! – gridò una voce.

La bacchetta del Signore Oscuro venne scaraventata a qualche metro di distanza.

Alle spalle dei due, Parker teneva la mira puntata verso Voldemort.

- E tu cosa ci fai qui? – chiese il Signore del Male.

Parker fece qualche passo – Non è il momento di pensare a Potter.

Harry si alzò e velocemente si allontanò da Voldemort.

- Tu! – urlò, poi, verso la ragazza – Tu hai tradito tutti quanti! Sei dalla sua parte! Sei stata tu ad aiutarlo, vero!? VERO!?

Parker scosse il capo – Non puoi capire, Harry…

- Basta! Capito!? BASTA! – Potter aveva perso il controllo. Provava odio e rabbia per Voldemort e gli stessi sentimenti, uniti alla delusione, li provava per Parker. In quel momento, se ne avesse avuto l’occasione, avrebbe eliminato entrambi.

Il Signore Oscuro continuava a tenere lo sguardo fisso su Harry – Non crederai che mi sia alleato ad una ragazzina!! – disse e rapidamente raccolse la bacchetta che giaceva alle sue spalle, per poi puntarla immediatamente contro Parker – Imperio! – urlò.

La ragazza venne scaraventata a metri di distanza e tenuta immobile sotto macigni pesantissimi che erano rotolati su di lei, dopo l’impatto violento contro il muro.

Harry divenne confuso.

Voldemort ritornò ad occuparsi del suo nemico numero uno.

- Devo ucciderti, adesso – disse, fissandolo con quei suoi occhi fiammeggianti.

Potter indietreggiò di qualche passo. Doveva trovare un modo per sfruttare al meglio quello che sapeva della profezia.

"Un sacrificio d’Amore… ma quale?" si chiedeva.

E poi gli venne un’idea.

"Lo farò per mia madre" disse a sé stesso "Così come lei lo fece per me".

Voldemort puntò la bacchetta verso Harry – Avada Kedavra!!! – urlò, ma istintivamente Potter lo schivò, rotolando alla sua sinistra.

- Non mi sfuggirai, Potter! – urlava il Signore Oscuro.

Harry portò brevemente la sua attenzione verso Parker, notando che la ragazza era ancora distesa al suolo, probabilmente svenuta.

- Avada Kedavra!! – urlò ancora Voldemort, ma Harry venne fortunatamente riparato da una colonna posta tra lui e il suo nemico.

Schivò ogni tipo di Maledizione lanciatagli contro dal Signore del Male e ormai affannosamente si trascinava da un lato all’altro del Club dei Duellanti, devastato irreparabilmente dagli impatti violenti degli Incantesimi sulle pareti.

Harry era stanchissimo. Si reggeva a malapena in piedi e perdeva sangue da una coscia.

Voldemort gli lanciò uno sguardo assassino – E’ giunta la tua ora! Il mio rito di Magia Nera si compirà stanotte! Ucciderò il Bambino Sopravvissuto e tornerò grande! Tornerò ciò che sono sempre stato!

Potter strinse gli occhi. Era venuta la sua ora. Scappare a cosa sarebbe servito? A ritardare l’inevitabile…?

Avrebbe mantenuto, ugualmente, la promessa fatta ad Hermione: non si sarebbe dato per vinto davanti alla morte.

- Avada Kedavra!!! – urlò Voldemort.

Un fascio di luce verde prese forma, la punta della bacchetta del Signore Oscuro scintillava di potere.

Un sibilo attraversò la stanza, Harry strinse ancora più forte gli occhi e…

E poi, non gli accadde nulla.

Scosso dal non aver provato alcunché, aprì gli occhi e vide qualcuno accasciarsi al suolo, qualcuno che gli aveva fatto da scudo.

- Parker… - sussurrò incredulo.

Voldemort spalancò gli occhi, rabbioso e sorpreso.

Aveva completamente rimosso la presenza della ragazza.

- No!! – urlò alzando il capo verso il cielo – Tu, sporca traditrice! I tuoi genitori non hanno saputo insegnarti nulla! Niente di niente! – disse, ma proprio in quel momento una nube verde cominciò ad avvolgerlo, partendo dai piedi e salendo verso la testa – Guarda cosa hai fatto! Tornerò, Potter! Non credere di esserti salvato! Tu morirai, Harry!

E così dicendo scomparve all’interno della nube.

Harry non sapeva cosa pensare. Si avvicinò a Parker, stesa al suolo, probabilmente morta e si chiese ancora una volta, chi fosse quella ragazza.

Le strinse un polso e gli sembrò di sentire il cuore battere ancora.

Aveva perso molto sangue, intorno a sé tutto sembrava girare, senza sosta.

Harry sentì lo stomaco in subbuglio e la coscia cominciò a fargli un male tremendo.

Era questo il sacrificio espresso nella profezia?

Ma allora, chi era davvero il Bambino Sopravvissuto descritto dalla Cooman?

E poi la vide.

I vestiti strappati sulla spalla della ragazza lasciavano intravedere un segno.

Un segno molto simile ad una cicatrice… a forma di saetta.

- Cosa!? – disse Harry incredulo, con un filo di voce.

Non poteva essere.

Anche Parker era sopravvissuta a Voldemort?

E perché nessuno ne aveva parlato?

Quello che stava accadendo, non aveva poteva trovare spiegazione in nessuno, se non nella stessa ragazza.

Ma combattere contro Voldemort, rese Harry debole e privo di forze.

Si accasciò al suolo poco distante da Parker.

Gli occhi divennero pesanti, un velo grigio gli coprì gli occhi.

Ad incantesimo svanito, finalmente qualcuno corse ad aiutarli.

  
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